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L'ordine del Fondo Monetario Internazionale (la direzione strategica delle bande ai governi occidentali) ci deve allarmare o no?

Post n°6277 pubblicato il 24 Aprile 2012 da cile54

Una morte lenta e senza cure palliative

 

Vivere l’oggi è un’impresa, anche se hai una professione, delle competenze e tanta esperienza. Ti senti estraneo al crudo quotidiano che ti emargina nel cercare, nel relazionare, ti rende sempre più acritico nei pensieri e nelle parole che provi a pronunciare negli atti che ti ritrovi a compiere, comunque. Noi in sanità lavoriamo per la salute di chi è obbligato a relazionare con noi.

Lavoriamo ancora convinti di stare in un sistema pubblico da tenere in vita per i capelli per non lasciarlo affondare, nonostante ci si senta oggetti impotenti, alla mercé di decisioni di estranei, di stranieri che ci hanno invaso e dettano le loro regole senza contemplare la tua presenza come persona.

 

In questi veloci anni di grandi incertezze, che c’impongono di guardare a dove mettiamo i piedi per non pestare cacche di soggetti che volano sopra la nostra vita, sono le nostre azioni che ci consentono di restare ancorati al principio di realtà. Una realtà che però non è la sola a calcare il palcoscenico della vita lavorativa e sociale. C’è la realtà di non ha un lavoro "garantito" e di chi un lavoro non ce l’ha proprio, ed è vissuta guardando la nostra come un mondo a parte.

Questa è una delle cacche citate prima e forse la più puzzolente perché ha segnato un solco profondo dentro il quale è rovinosamente caduta la solidarietà dei simili, e le prospettive sono divaricanti.

Noi “garantiti” conosciamo le azioni della vita quotidiana di un giovane senza lavoro o di un ex lavoratore? La risposta non riguarda i nostri parenti stretti comunque “coperti” dalla nostra presenza, riguarda quella realtà, a noi estranea e che i comunicatori di carta e d’immagini, ci erudisce contro gli “altri” in quella pianificata tragica opera della guerra tra i poveri.

 

Come fare per far incontrare noi indigeni dal lavoro “garantito”con i migranti della precarietà? Forse, anzi sicuramente, bisogna ripartire da quello che rimane delle fondamenta della nostra condizione di classe sociale, per intenderci quella che vive, guadagna e risparmia del proprio lavoro materiale.

Bisogna ricominciare a pensare insieme dietro al palcoscenico che i media c’impongono, leggendo il copione della nostra giornata quotidiana, per ricostruire un senso comune e una visione di resistenza quotidiana a iniziare dai nostri atti in famiglia, sul lavoro e ovunque ci troviamo a camminare, per costruire e ricostruire giorno dopo giorno la nostra identità di persone, la nostra autostima basata sui principi della dignità personale, l’unica genitrice di diritti e di doveri, e di solidarietà verso i nostri simili, presunti diversi da noi.

 

Ci dobbiamo ricostruire, ripulendoci dal qualunquismo che ci hanno spruzzato addosso da oltre vent’anni, insegnandoci l’antipolitica per farla loro, indisturbati ma chiedendoci comunque di fare il tifo al momento del voto, L’antipolitica è un virus, è patologia sociale portatrice di mostri potenti e allo stesso tempo persone insulse, vedi il fascismo del ventennio e il periodo berlusconiano, che trasforma i cittadini in sudditi da manipolare secondo le convenienze.

E’ una malattia psicologica che si chiama qualunquismo e l’unico spazio che ti offre come rifugio è la fede, quella religiosa come quella calcistica, quella dello show televisivo come quella delle cattedrali del consumismo.

 

Nel frattempo ci propongono un olocausto graduale, una “morte lenta”.

L’11 aprile ultimo scorso, il Fondo Monetario Internazionale (la direzione strategica delle bande ai governi occidentali) ha affermato l’economia mondiale sarebbe vicina al coma se nei prossimi decenni non si verifica la morte “naturale” ma spintonata dalle politiche monetarie di milioni di anziani nell’Occidente sviluppato, causa la loro longevità troppo costosa per le casse degli Stati.

Capito?

Questi signori in doppiopetto vogliono ammazzarci dopo i 60 anni e dopo oltre 40 anni di lavoro, per arricchirli. Delinquenti della peggiore specie!

Quindi, basta con le prestazioni sociali, pensioni, sanità, servizi sociali garantiti, alimentazione troppo genuina, che producono solo l’allungamento della vita nell’occidente, prendiamo esempio dagli USA, dove gli anziani, i disabili, i malati cronici, i poveri e i diseredati sono lasciati alla selezione naturale, come nella giungla. Fatta eccezione per i bambini che costituiscono la futura forza da sfruttare nel lavoro e nelle guerre di dominio e per le donne chiuse in casa destinate alla riproduzione della carne da macello.

Una sorta di olocausto graduale e universale, che secondo le loro intenzioni dovrebbe essere costruita da oggi per verificarsi intorno al 2050. Ovviamente, il nostro governo di tecnici e professori saputelli, ben sostenuti dai grassi e grossi PD-PDL, ha messo in pratica il suggerimento ancora prima che fosse ufficializzato l’ordine di sterminio della civiltà.

 

CONTINUA  IN ULTIMA PAGINA

 

Un ordine di sterminio da ottemperare nella maniera più “naturale” possibile, e quale migliore esecuzione può essere attuata se non quella di accampare precostituite motivazioni come la crisi da affrontare con tagli alla spesa pubblica?

E’ ovvio che s’inizia dai luoghi dove si cura la gente, dentro i quali addirittura ci sono “comunisti” che fanno cultura di prevenzione e umanità assistenziale. Intanto ci sono i mezzi d’informazione a creare i presupposti del consenso e, peggio che vada, dello sterile mugugno contro la casta. Quindi, il gioco è fatto: meno servizi a disposizione (e dove ci sono li si inibisce gradualmente aumentandone i costi con ticket e il rifiuto con insopportabili liste d’attesa) e nel frattempo si crea più attrazione per la sanità privata, tramite finanziamenti e agevolazioni sugli accreditamenti, per sconfiggere la cultura del diritto alla salute uguale per tutti.

 

Un’altra mossa in questa direzione è stata la decennale manfrina sul federalismo fiscale della Lega e di Berlusconi, con l’appoggio del PD e dei suoi alleati, vedi Di Pietro, una telenovela politica e giornalistica che ha affascinato milioni di italiani creduloni. Un federalismo che ha incentivato tagli e storni di grandi quote destinate ai Servizi Sanitari Regionali che hanno reso la sanità spesso inaccessibile e inefficiente - in particolare nel Mezzogiorno e nelle regioni sottoposte a un "Piano di rientro" - da costringere gli italiani a mettere mano ai propri risparmi pur di riuscire a curarsi. Col risultato che ormai la fiducia nel sistema sanitario pubblico è così bassa da rincorrere sempre più spesso - per chi non si può permettere di accedere al privato di alta qualità - alle offerte del cosiddetto «low cost sanitario», in strutture che nascono come chioschi di bibite e panini in tutte le città. Torino ne è l’esempio.

L'Assolowcost stima in 10 miliardi di euro annui la spesa per la cura a basso costo, con una crescita del 25% annuo. E così si finisce per entrare in circuiti non virtuosi ma viziosi e si mette a rischio la propria salute.

Inoltre, a causa della difficoltà di accesso nel pubblico e nelle strutture private, spesso inadeguate ed escludenti verso le fasce povere della popolazione, i cittadini spesso ricorrono all'automedicazione.

 

Quindi aumenta la spesa privata per curarsi e cosa bisognerebbe fare, a detta dei sondaggi, spesso fasulli per costruire spazi di affari?

Pare che quelli che se lo possono ancora permettere, sarebbero disposti ad aderire a una mutua sanitaria integrativa per le spese odontoiatriche o per l'assistenza agli anziani. Ma, soprattutto vorrebbero che si eliminassero sprechi e corruzione per migliorare il servizio pubblico. Ben detto, ma tra il volere e il contribuire di persona a quest’obiettivo c’è il gap della delega, che danno con leggerezza e paura quando votano.

 

.Per noi di Lavoro e Salute è un’impresa, in questa frastagliata e precaria dimensione sociale, scrivere per raccontare il vissuto dei nostri passi come lavoratori, come cittadini prestati a un lavoro di cura, di relazioni propedeutiche alla salute. Prestati a chi, spesso se arte né parte, si arroga il compito di governarci. Il nostro impegno di lavoratori/giornalisti tenta di descrivere, un quadro economico, sociale e politico che pennella maldestramente la nostra vita. Ci sentiamo operatori di un bene comune, vitale, crediamo che l’informazione è come la salute, sono strettamente connessi nei racconti in itinere che da ventotto anni proponiamo ai nostri lettori. Gli stessi, cittadini e operatori, che poi debilitano il loro lavoro e la loro salute con voti a perdere.   

                                 

franco cilenti

(editoriale di Lavoro e Salute n° 2 aprile 2012)

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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