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Lampi di un primo maggio, fra comizi, manganellate, concertoni. Ma per Vasile sarà una data da incidere sulla lapide. La propria

Post n°6314 pubblicato il 03 Maggio 2012 da cile54

A Vasile, ammazzato il primo maggio in un giorno sospeso fra retorica e cariche della polizia!

 

 

Il primo maggio 2012 è passato e bisogna salutarlo come si conviene. Il primo saluto, corre d’obbligo, va alle forze dell’ordine in assetto antisommossa a cui a Torino è stata data disposizione di impedire con ogni mezzo contestazioni al sindaco Piero Fassino. Il sindaco non si può fischiare, non si può criticare, non gli si può rovinare il corteo con i lavoratori anche se a contestarlo erano le precarie degli asili nido che a giugno perderanno il lavoro perché nel bilancio comunale qualcosa si deve pur tagliare. E allora giù botte come se piovesse, su ragazzi e anziani. Gli agenti di polizia hanno lavorato.

Il secondo saluto va agli organizzatori del concerto tradizionale del primo maggio a Roma e riguarda numerosi aspetti. La contraddizione di alcuni lavoratori dello spettacolo che hanno contribuito a mettere in piedi la struttura e che sono rimasti in piazza con il loro enorme e mai inquadrato striscione “The show must go off”.

Quella della retorica sulla disoccupazione e sulle morti sul lavoro in cui in tanti fra artisti e intervenuti sono caduti. La frase oscenamente più ripetuta rispetto agli omicidi bianchi era “hanno perso la vita”. No, non l’hanno persa, non erano “distratti” (parafrasando Fabrizio De Andrè), è stata loro tolta dalla logica del profitto ad ogni costo, dall’essere unicamente numero e facilmente sostituibili.

 

In pochi sono riusciti a sfuggire a questa retorica consolatoria. Si passava fra una cover e l’altra, segno che chi crea qualcosa di nuovo raramente trova spazio, (strazianti in negativo alcune rielaborazioni di pezzi storici della storia del rock) con squarci vitali, magari gettati lì per cercare ed ottenere l’applauso che la musica non provocava, segno di distanza incolmabile fra palco e realtà. Strabordanti di vuoto le brevi interviste televisive rilasciate ai 3 segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

 

Poche le sorprese, e scarsa la capacità di rompere col rituale scandito dagli anni.

 

C’è riuscito Caparezza con la sua formidabile carica scenica a portare l’attenzione su chi dalla torre della stazione centrale di Milano, nei pressi del binario 21, da dove partiva e arrivava il “treno dei terroni”, i lavoratori sono barricati da mesi per difendere il diritto al lavoro.

 

C’è riuscito un commosso Carlo Lucarelli che si è commosso nel leggere un brano di Stefano Tassinari tratto da “Lavoro Vivo” (Alegre edizioni, AA.V.), racconto in cui un padre narra della morte del figlio in cantiere.

 

C’è riuscito Alessandro Mannarino, il lunare cantautore romano che ha dedicato i suoi brani a facce senza volto, ad Aisha morta in mare arrivando in Italia per “rubare il lavoro ad una italiana” a Vasile, rumeno, precipitato da una impalcatura, anche lui perché, “rubava lavoro”.

E dal palco alla piazza erano in pochi a sapere che quel Vasile non era solo una immagine ma una persona in meno morta proprio il primo maggio, mentre era al lavoro in un cantiere.

 

Si chiamava Vasile Copil, per l’esattezza, aveva 51 anni ed era "socio lavoratore" (costa meno) della Cooperativa edile “Rocca Di Cambio” con sede legale a Marino, in provincia di Roma. Da notare come la sede sia in realtà intestata alla "Vede Fin 90 S.r.l., una finanziaria e ad un "Professional Center studio", aziende che poco o nulla hanno a che fare con i requisiti richiesti per aprire un cantiere in sicurezza.

Vasile è caduto dal terzo piano di una palazzina in costruzione in provincia dell’Aquila, in un paese che (casualmente?) ha lo stesso nome della cooperativa, Rocca Di Cambio, inutili i tentativi di soccorso.

 

Sull’accaduto vige ancora il più stretto riserbo, risultano probabilmente 5 gli indagati, dal responsabile sicurezza al direttore del cantiere, ci si domanda come mai Vasile e gli altri colleghi lavorassero anche il primo maggio. Ma come potevano opporsi in un comparto lavorativo troppo spesso tanto frammentario da non avere neanche un minimo di tutela sindacale? E forse resta vero l’amaro commento di Mannarino, “Vasile sudava al lavoro e il suo odore dava fastidio sul pullman con cui tornava a casa…Un posto libero in più. E forse l’unico saluto che vale la pena dare per un primo maggio che di festa aveva ben poco è proprio a Vasile, ammazzato in un cantiere.

 

Stefano Galieni

02/05/2012 www.controlacrisi.org

 
 
 
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