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Le scoperte scientifiche non sono affatto neutrali, c’è sempre un pre-uso ideologico e economico ad uso e consumo dei poteri

Post n°6524 pubblicato il 17 Giugno 2012 da cile54

La scienza che verrà

 

In un articolo pubblicato su un quotidiano Umberto Veronesi annuncia ai lettori che l’uomo che verrà sarà più buono grazie alla nanoscienza. Il giornale parla cautamente di «ottimismo tipico dello scienziato». L’articolo è per diversi aspetti equilibrato. Nondimeno ci sono punti importanti che restano in ombra. Veronesi definisce la nanoscienza, «che ci permette di ricostruire il nostro mondo nella dimensione del nanometro, un milionesimo di millimetro», come nuova frontiera del progresso scientifico. Alcuni esempi che fa sono interessanti: «Circuiti nanometrici fotovoltaici mischiati alle vernici delle case»; «microspie diffuse negli ambienti con uno spray» (questo sembra un po’ inquietante); «respirociti, microorganuli iniettabili nel sangue, che assorbono enormi quantità di ossigeno, tanto che con un’iniezione di respirociti potremo correre per tre ore senza respirare».

Per Veronesi «l’impatto sociale della nanoscienza sarà enorme: intellettuale, educativo, artistico, sentimentale, passionale, politico». Pur riconoscendo in parte la problematicità della questione alla fine conclude che «la società nanoscientifica sarà una società migliore». Nel suo intervento Veronesi risolve in modo piuttosto sbrigativo un’importante questione etica. È discutibile la sua affermazione che quando c’è una possibilità di ricerca o di sperimentazione che pone problemi etici è meglio inseguirla, tanto qualcuno prima o poi la realizzerà. Al suo uso etico ci si pensa dopo. La posizione di Veronesi è questa: spostiamo la questione sull’uso della scoperta compiuta evitando di censurare un passo dell’evoluzione scientifica. Sembra ragionevole e, tuttavia, non è così semplice. Le scoperte scientifiche se sono neutrali nel discorso che le realizza non sono affatto neutrali nelle motivazioni che spostano la ricerca da un campo a un altro, che decidono i finanziamenti, che privilegiano un tema piuttosto che un altro.

C’è un pre-uso ideologico e economico del discorso scientifico che orienta il suo sviluppo. L’orgoglio e la passione conoscitiva che motivano il lavoro degli scienziati spesso impedisce a molti di loro di riconoscere il reale condizionamento, esterno al loro metodo, che spesso subiscono. Inoltre, per quanto gli scienziati amino essere intellettualmente indipendenti, un eccesso nel narcisismo indispensabile per la loro ricerca può produrre in loro sentimenti onnipotenti e condurli alla sovrapposizione tra il loro lavoro e la loro idea del mondo e quindi all’uso ideologico di questo lavoro.

La lacerazione interiore di alcuni dei padri della bomba atomica (una possibilità che qualcuno ha realizzato) mostra come non sia automatico che le realizzazioni scientifiche rendano la società migliore neppure per i realizzatori stessi. Il progresso scientifico deve essere al servizio dell’uomo non può pretendere di guidarlo, deve migliorare le sue condizioni di vita non predeterminarle. Secoli o millenni di scoperte straordinarie non hanno cambiato la natura delle nostre passioni o dei nostri sentimenti, basterebbe leggere i tragici greci, Dante e Shakespeare. Il nostro mondo interno non è tecnologico. La tecnologia deve facilitare l’espressione dei nostri desideri non può imporre loro i suoi modelli. Il mondo che verrà sarà più bello se la ricerca scientifica sarà meno condizionata dagli interessi particolari e dalle ideologie a cui a volte gli scienziati cedono.

Sarantis Thanopulos

16/06/2012 www.ilmanifesto.it

 
 
 
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