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Oggi più che mai, l’informazione è merce, anche quella gratuita (Repubblica.it è in testa) in realtà sta vendendo un prodotto

Post n°6681 pubblicato il 19 Luglio 2012 da cile54

I miracoli di Hollande: la bufala che ha fatto cadere Repubblica.it nella "rete"

Da almeno tre anni a questa parte, si sarà notato, i principali quotidiani italiani (la Repubblica in testa) corredano i propri articoli online di “discussioni sul web”, reazioni del “popolo della rete”, “leggi il tweet di...”, “guarda i commenti degli utenti”, e via dicendo, per dimostrare di essere al passo coi tempi, per sfruttare la “viralità” della rete e potenziare la circolazione di contenuti e, soprattutto, per egemonizzare fette di target di lettori che non comprano giornali di carta, e si informano solo su internet. Internet serve a stare sul pezzo, a non bruciare la notizia e ad arrivare per primi: non vi è dubbio. Internet serve anche a smussare ruoli e gerarchie, e a sfumare i confini fra produttori e consumatori di contenuti (si dice spesso che la verticalità del rapporto giornalistilettori abbia ormai ceduto il passo all’orizzontalità): per questo ultimamente si usa, e abusa, il termine “prosumer” coniato dallo scrittore Alvin Toffler oltre 30 anni fa. Che il termine sia stato pensato per descrivere un modello di utente-acquirente, e abbia prettamente a che fare coi campi del marketing e dell’economia, poco importa. Anzi: oggi più che mai, l’informazione è merce, e anche chi la fornisce gratis (anche qui Repubblica.it è in testa) in realtà sta vendendo un prodotto. Succede però che la rete, anche per giornalisti esperti, si trasformi in una trappola. Succede che, soprattutto quando metà del sistema dell’informazione va in ferie, e gli italiani si informano meno, una bufala che circola nel web, possa essere pubblicata senza accertarsi se sia attendibile o meno, pur di aggiornare freneticamente pagine e catturare l’attenzione di migliaia di utenti.

È quello che è successo ieri a Leonardo Coen, giornalista e socio fondatore di Repubblica. Un esperto di Hollande, si direbbe, che il programma politico del neo-presidente francese garantisce di averlo letto durante la campagna elettorale, e che conosce bene le vicende politiche francesi per scriverne in Italia. E di un esperto ci si fida. Così quando domenica pomeriggio Coen riceve un’email che “riportava un ‘pezzo’ sulle iniziative del governo Hollande” (come si legge nel suo ultimo post in cui prova a giustificarsi) e, senza pensarci due volte, lo lo pubblica sul blog che cura per Repubblica.it, "Blogtrotter", migliaia di lettori sono convinti che Hollande è diventato più comunista dei comunisti, così comunista che al confronto Mélenchon apparirebbe un moderato qualunque. Quel post, in poche ore, viene condiviso su Facebook e Twitter da diverse decine di migliaia di utenti, fioccano i “mi piace” e i “retweet”. È fatta: il pezzo funziona e di per sé fa metà dell’opera, l’altra metà la fa l’atteggiamento “compulsivo” (come ha ben scritto qui Miriam Vicinanza per Globalist) del “popolo della rete”. Peccato che, appunto, sia una bufala. E non solo. Perché quel testo pubblicato da Coen, in realtà girava anche su Facebook indipendentemente dal blog firmato Repubblica.it. Dunque, a rigor di legge, si tratta anche di plagio. Come se niente fosse l’articolo sparisce e ricompare modificato e personalizzato. E se ne accorge subito Paolo Attivissimo, che informa i lettori su "Il Disinformatico".

È ovvio che un testo che inizia con “Ecco cosa ha fatto Hollande (non parole, fatti) in 56 giorni di governo: ha abolito il 100% delle auto blu e le ha messe all'asta; il ricavato va al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate”, e prosegue sciorinando numeri e misure politiche - presentate come già in vigore - più rivoluzionari delle promesse fatte in campagna elettorale da Hollande, non poteva non insospettire i lettori più attenti. Molti iniziano a chiedersi dove siano le fonti di questi annunci, altri si chiedono come mai i principali giornali online e siti di informazione francesi non dedichino nemmeno un trafiletto a tali notizie. Possibile che solo gli italiani abbiano lo scoop?

Beatrice Mautino, per Wired, si occupa della vicenda: conferma che la notizia è falsa perché in Francia nessuno si è accorto che sono state adottate misure simili a quelle elencate nel pezzo, e soprattutto si scopre che la fonte originaria (il “paziente zero”), “sembrerebbe essere questo post, pubblicato l’11 luglio scorso da Sergio Di Cori Modigliani”.

Nei commenti al post di Leonardo Coen gli utenti si scatenano, si sentono presi in giro. Il “popolo della rete”, tanto caro a Repubblica.it e sempre coccolato dai suoi redattori, si sta rivoltando. Coen prova a metterci una pezza, ma peggiora la situazione:

“La verità mi fa male, lo so. Per esempio, il Cavaliere ritorna in scena e, guarda caso, una delle sue emittenti, Retequattro, manderà in onda…il Padrino. Coincidenza o no, voglio parlare d’altro. Cioè, in fondo della stessa cosa. Ho l’indubbio privilegio di trascorrere molto tempo in Francia…Ma ho anche la dolorosa abitudine di paragonare il nostro Paese con i cugini d’Oltralpe. Ahinoi, un esercizio avvilente!” 

Poi ostenta conoscenza della situazione politica francese, dà la colpa alla destra che diffonde comunicati falsi per scatenare dibattiti sulla sinistra... Se la prende con l’Italia: “Fossimo un popolo serio e coraggioso, dovremmo far piazza pulita del sistema che ci governa, ci soffoca, ci tartassa, ci sfrutta, ci dileggia. Ma questo è il Paese dei gattopardi” e non si capisce contro chi è rivolta la sua invettiva. Sia chiaro che non ce l’ha con Monti che – scrive Coen - è “costretto a fare il lavoro ‘sporco’ del tartassatore per salvare il salvabile”. Piovono altri commenti di utenti infuriati. Coen allo stesso url cancella il post e ne scrive un altro; che inizia così: “Avvertenza: questo blog è stato riscritto. Lo ‘straccio d’avviso’, come richiesto: una formalità che non cancella la sostanza. Seconda avvertenza: ho seguito la campagna elettorale francese per lavoro e per interesse professionale”, e prosegue : “Continuo a ritenere che non si tratti di “bufala”, ma di un “ukase” politico. Ecco perché ho scritto una seconda versione del blog, distinguendo il vero dal verosimile. Le ragioni di tanto clamore – specioso e fazioso – sono rivelati da un maldestro post, quando si attacca, con me, “i sinistri di Repubblica”. Sono orgoglioso di questo giornale e del suo capillare lavoro d’informazione, che così tanto è sgradito agli scherani del centrodestra e, in genere, a tutti i bricconi che depredano questo paese e lo malgovernano”.

Coen sembra in preda al delirio, si sente attaccato da destra, gli sembra un complotto contro la sua persona e contro il quotidiano di Eugenio Scalfari. Anzi no: è un complotto più vasto, che ha preso di mira il governo Hollande, e che si ispira ai metodi fascisti in vista delle prossime elezioni politiche italiane:

Un’operazione di discredito nei confronti di Hollande e di chi ne apprezza, qui in Italia, la politica. Un sistema caro ai fascisti, che fu utilizzato in modo sistematico tra il 1919 e il 1926. L’insulto è la scorciatoia della prepotenza, della violenza, dell’iniquità. L’appuntamento elettorale è ormai vicino, in Italia, e fa davvero paura. La gente ha capito che chi l’ha governata, non solo l’ha fatto male, ma ha fatto peggio. In multiloquio non deerit peccatum (le molte ciarle non possono essere tutte innocenti). E Voltaire, mia guida spiriutuale, amva dire che le secret d’ennuyer est celui de tout dire…

Coen continua in questo stile, con una scrittura nervosa e piena di errori di battitura (ma questi sono passabili). E ciò che la rete non gli ha perdonato, non verificare le fonti, far circolare una “bufala” e il plagio, diventa la sua arma per difendere il buon giornalismo:

“E’ facile e vile trincerarsi dietro pseudonimi, ed è questo il vero limite di Internet. Questo episodio conferma ciò che da qualche tempo ritengo sempre più vero: l’unica informazione valida sul web è quella che forniscono i siti dei giornali e delle riviste che possono disporre di strumenti e di redazioni adeguate. Il successo di Repubblica.it ne è la prova. Il resto è a rischio: si presta a mistificazioni, a strumentalizzazioni, a manovre losche. Come dimostra il mio caso”.

Luigi Mazza

18/07/2012 www.controlacrisi.org

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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