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Le slot machine in Italia arricchiscono le dieci concessionarie statali e l'undicesima e più grande di tutte: la criminalità

Post n°6765 pubblicato il 07 Agosto 2012 da cile54

Il gioco non conosce la crisi

Nei bar e nelle sale giochi, ormai anche nelle case del popolo e in un padiglione per bambini. Le slot machine arricchiscono le dieci concessionarie statali e l’undicesima e più grande di tutte: la criminalità organizzata. Un business milionario

 Si mette l’euro, si tira la leva, il nastro a ruota gira. In un attimo il gioco è finito e si riparte subito, si vinca o si perda. Un altro euro, un altro tiro di leva. C’è chi lo fa per dieci minuti, chi per un’ora, chi per l’intera giornata. Un meccanismo tanto semplice quanto seducente quello delle slot, vista la loro diffusione sempre più ramificata nelle sale giochi, nei bar e nei circoli di tutta la penisola. Ad esempio solo nel Lazio sono più di 37 mila, accese ogni giorno in più di 9 mila bar ed esercizi commerciali. Perché gli italiani, di ogni età e condizione sociale, giocano, giocano, giocano. Sono drogati dall’azzardo e stanno aumentando a dismisura, denuncia l’associazione Libera di don Ciotti, a nome dei tanti che criticano giochi in cui non serve l’abilità o la logica ma solo la fortuna. Le dieci concessionarie ufficiali dello Stato (dalla Snai alla Sisal, da Slot a Lottomatica) ribattono che le ludopatie accertate riguardano solo l’1% dei giocatori. L’undicesima concessionaria non prende parte alla discussione e continua a lavorare. Alla criminalità organizzata non è mai piaciuta la pubblicità. Se gli affari sono semplici e sicuri, meno se ne parla meglio è. Fra quelli che invece ne vogliono parlare ci sono personaggi anche pittoreschi come Marino Pederiva, che in questi giorni ha portato una slot machine sul Catinaccio della Dolomiti, a 2.275 metri di altezza, per continuare una sua battaglia personale contro la diffusione delle macchinette. È bastato che gli escursionisti alpini la notassero sul Sella, perché la notizia trovasse spazio in pagina. Almeno in Trentino. Dalle cronache fiorentine arriva invece una denuncia tutta particolare. Quella fatta da un gruppo di genitori contro il padiglione per bambini Mondobimbo al Parterre, dove insieme ai giochi di abilità c’è una macchinetta a forma di bocca aperta di rana che assomiglia tanto a una slot machine. Perché con la sua leva e il suo nastro invita i più piccoli a tentare la fortuna, per vincere non soldi ma buoni ticket per il ritiro di premi come una consolle Nintendo, oppure una bicicletta. «Sono macchine con regolare autorizzazione – hanno replicato i responsabili del padiglione – e non c’entrano con l’azzardo». Poi però hanno tolto l’insegna all’ingresso della sala giochi. Quella che recitava: «Sfida la fortuna. Gioca e vinci. Sala giochi a ticket». La macchinetta no. Quella, come tante altre, ha il via libera del ministero competente. Dai giochi lo Stato ci guadagna. Tanto. L’Agicos, agenzia giornalistica concorsi e scommesse, fa sapere che nei primi cinque mesi del 2012 le entrate totali relative ai giochi, che includono varie imposte classificate come entrate erariali dirette e indirette, sono risultate di 5 miliardi e 582 milioni di euro. «In particolare le entrate derivanti dagli apparecchi e congegni di gioco sono pari a 1.675 milioni, in crescita di 85 milioni». Poi ci sono gli apparecchi irregolari. Quelli della criminalità organizzata, che le tasse non le pagano. «In Italia ci sono 200 mila slot machine illegali – ricorda Diana De Martino della Direzione nazionale antimafia – non collegate all’anagrafe tributaria e quindi fuori dal controllo dei Monopoli di Stato. C’è grande interesse della criminalità verso il settore giochi, e prima di tutto dovrebbero essere fatte delle correzioni alle norme relative alle videolottery: non capisco come sia possibile che, a fronte di una giocata massima di 10 euro, sia consentito di introdurre nelle macchinette anche banconote da 500 euro. È chiaro che in questa maniera si favoriscono le operazioni di riciclaggio del denaro sporco. Per giunta, su un giro di affari certificato di 200 mila euro al giorno nelle slot machine illegali, la sanzione irrogata due anni fa dai Monopoli di Stato è stata di appena mille euro». La denuncia del magistrato antimafia sulle videolottery, nuova frontiera delle slot in prepotente ascesa, getta un fascio di luce su macchine che assomigliano alle slot ma erogano vincite massime di 5 mila euro contro i 100 delle slot, e assommano al meccanismo della classica slot vari altri giochi come poker, black jack e roulette. Una nuova tentazione per gli italiani, l’ennesima “offerta di mercato” per quella che l’associazione Libera ritiene essere diventata la terza impresa del paese, con i suoi 76,1 miliardi di fatturato legale. «Cui vanno aggiunti – puntualizza don Luigi Ciotti – con una stima sicuramente approssimata per difetto, i 10 miliardi di quello illegale». Proprio da Libera, nei mesi scorsi, è arrivato un dossier esplicativo fin dal dal titolo: “Azzardopoli – il paese del gioco d’azzardo. Quando il gioco si fa duro… le mafie iniziano a giocare”. All’interno trovano spazio notizie come quella relativa ai giocatori a rischio, calcolati in almeno due milioni e con 800 mila da considerare ormai dipendenti dal gioco d’azzardo. Mentre i clan della criminalità organizzata, dai Casalesi ai Mallardo, dai Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli Schiavone, si sono gettate a pesce nel lucroso business, con particolare riguardo a quello con più valore aggiunto. Guarda caso, quello delle slot: lo segnalano le indagini di ben dieci direzioni distrettuali antimafia solo nell’ultimo anno. Ma di fronte all’attività mafiosa di alterare le macchinette in modo da annullare o abbattere i dati da comunicare al fisco, per i magistrati è quasi impossibile dimostrare la presenza di un’associazione criminale. Così arrivano le denunce solo per l’intrusione abusiva in un sistema informatico, o per concorrenza sleale. Sempre dal dossier di Libera, emerge che il settore legale del comparto giochi dà lavoro a circa 120 mila addetti e muove gli affari di 5 mila aziende fra grandi e piccole. Di fronte a questi numeri, don Ciotti soppesa le parole: «Vogliamo sollecitare, senza evocare scenari di proibizionismo, una risposta da parte delle istituzioni. Perché c’è un rischio di dipendenza crescente. Bisognerebbe applicare le direttive dell’Oms, che dicono che la dipendenza da gioco è una malattia sociale e quindi va fatta prevenzione». La risposta del governo, fresca fresca, porta la firma del ministro Andrea Riccardi: «La Camera ha appena concluso un’analisi conoscitiva sul gioco d’azzardo e le sue conseguenze sociali, indicando delle norme sulla regolamentazione della pubblicità e sulla necessità di tutelare i minori e le fasce più esposte. Credo sia venuto finalmente il momento di farsi carico della questione, anche con provvedimenti d’urgenza». Ma le leve continuano ad essere tirate e i nastri delle slot a girare. Perché sono ormai diventate una necessaria fonte di introiti per i bar e gli esercizi commerciali in genere. Compresi i circoli ricreativi, e addirittura molte case del popolo.

Riccardo Chiari

05/08/2012 www.ilmanifesto.it

 
 
 
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