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L'addio alla "signora della scienza" è ancora più doloroso di fronte alla stupidità, mentre i cervelli vivi vanno via

Post n°7241 pubblicato il 03 Gennaio 2013 da cile54

Rita Levi Montalcini e il cervello da australopiteco dei maschilisti

Rita Levi Montalcini. Una vita di impegno intellettuale, scientifico, sociale, soprattutto dalla parte delle donne, per la loro emancipazione e autodeterminazione. A cominciare dalla propria, quando fin dalla fanciullezza caparbiamente si oppose alle rigide regole che l’avrebbero voluta nel ruolo prefissato (“stia in casa e piaccia”, come ricorda nel suo Tempi di mutamenti).

Senz’olio e controvento (è il titolo di un altro suo libro) ha dimostrato che è possibile avventurarsi con le proprie forze sulla strada libertaria dell’autodeterminazione.

Ci ha insegnato con l’esempio della sua vita che bisogna essere i creatori della nostra vita. Per questo amava ripetere: «non mi sento una scienziata, ma piuttosto un’artista della vita».

Femminista di fatto aveva dato ascolto all’illuministica forza della ragione per contrastare la “naturale” predestinazione a quel ruolo di femmina predicato dal millenarismo dominante: «un ruolo del tutto secondario… e di sottomissione al maschio … Non faceva per me».

Ed è stato l’inizio per la sua vita da donna libera e autonoma, non conforme agli stereotipi bacati ed ipocriti che ancora oggi allignano nel piccolo cervello dei reazionari nostalgici del bel tempo andato, in cui predomina l’area cerebrale pulsionale-gregaria-identitaria (estesissima nel cervello del nostro antenato australopiteco) e che ottunde quella analitico-cognitiva che pur caratterizza l’homo sapiens.

Rita Levi Montalcini che di cervello si intendeva, ha dedicato ampio spazio alla dicotomia celebrale: australopiteco-homo sapiens. Questa tematica è centrale in ogni suo scritto (da La galassia mente fino al recente La clessidra della vita) e ricorre in ogni suo pubblico intervento.

La illustrava sempre col suo dire pacato e fermo per mettere in guardia dai guasti che l’insidiosa mente-clan può provocare.

«Quello che in molti ignorano – ripeteva – è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell’ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni fa a oggi. L’ altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150.000 anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura. Si trova nella neo-corteccia. … Tutte le grandi tragedie – la Shoah, le guerre, il nazismo, il razzismo.. sono dovute alla prevalenza della componente emotiva su quella cognitiva» (la Repubblica, 19 febbraio 2009).

Allo studio del cervello aveva dedicato una vita di studio, questa piccola grande semplice donna che continua a vivere tra noi…

Ne era scientemente consapevole e per questo a chi le chiedeva se avesse paura della morte rispondeva: «non mi importa, perché l’eternità è nel messaggio che lasciamo».

Ha coniugato ricerca scientifica e impegno civile. Si pensi al suo apporto nelle battaglie per il divorzio, l’aborto, gli anticoncezionali. E ancora per contrastare leggi confessionali come la 40. Agli aiuti alle donne di tutto il mondo.

La scienza è cieca senza umanità. La vita è inutile se non si nutre del riconoscimento del diritto per ciascuno alla propria dignità. Non è solo amore dell’altro, sottolineava, ma molto, molto di più. È un dovere esistenziale per ciascuno!

Esempio grandioso essa stessa di come il cervello non invecchi (per la scoperta della proteina che stimola la crescita delle fibre nervose aveva ricevuto il Nobel nel 1986) se lo si impegna nello sviluppo della cognitività, negli ultimi anni si era divisa tra il suo infaticabile lavoro di ricercatrice e quello di aiuto in particolare alle donne africane.

Ancora l’emancipazione delle donne, per la dignità delle donne!

Cosa del tutto incomprensibile agli australopitechi maschilisti che non sanno uscire dalla tautologia del non senso “sono superiore perché sono maschio”.

Incapaci di conquistare al cervello analitico-critico sempre maggiori spazi di cognitività, non comprendono che Lucy ne ha fatto di cammino.

Allora aprano la botola del loro recinto mentale e camminino. Perché, per usare ancora le parole di Rita Levi Montalcini «la mente dell’uomo diretta dalla cognitività arriva all’autocoscienza, ovvero alla consapevolezza di essere proprietari della propria mente, che è la più bella esperienza per la quale vale la pena di vivere».

Maria Mantello

02/01/2013 Fonte: micromega

 
 
 
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