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La giunta leghista/berlusconiana del Piemonte ha chiuso un modello di eccellenza sanitaria e di razionalità gestionale

Post n°7366 pubblicato il 05 Febbraio 2013 da cile54

la scure leghista sulla sanità colpisce anche i valdesi

Che la chiamino taglio dei rami secchi o spending review, la razionalizzazione dei costi nella sanità piemontese ha in realtà ben poco di razionale se è andata a colpire proprio l'Ospedale evangelico valdese, una struttura modello di efficienza non soltanto in Piemonte ma in tutta Italia per i servizi alla persona e la competenza medica, con un costo medio per paziente inferiore a molti altri per la gestione intelligente e senza sprechi dei mezzi e dei posti disponibili.
Eppure la fine, annunciata nei mesi scorsi, è arrivata puntuale il 31 dicembre 2012. Una chiusura inesorabile, senza rinvii e senza dilazioni, per il secondo ospedale del Piemonte specializzato in tumori alla mammella, con all'attivo 600 interventi per tumore al seno e 20 mila mammografie l'anno, 800 mila prestazioni di laboratorio e un totale di 7000 interventi chirurgici. 4500 pazienti oncologici completamente presi in carico dall'équipe medica, dalla prima diagnosi all'intervento e alle cure successive, senza impicci di burocrazie e attese inutili, efficienza sempre importante ma decisamente preziosa (e spesso vitale) nel caso di una patologia tumorale.
Ridimensionati all'osso anche gli altri due presidi in provincia di Torino, anch'essi un tempo proprietà della Chiesa valdese, gli ospedali di Torre Pellice (in val Pellice, dove rimangono solole attività poliambulatoriali) e Pomaretto (in val Germanasca, ora destinato a mantenere provvisoriamente, oltre alle attività poliambulatoriali, 20 letti di riabilitazione).
La Regione Piemonte del governatore leghista Roberto Cota è stata sorda non soltanto agli impegni presi con la legge regionale 11/2004 e successivi protocolli di intesa del 20 aprile 2005 e del 2 luglio 2007, che prevedevano il parere obbligatorio della Tavola Valdese sugli atti di programmazione e organizzazione relativi al presidio di Torino, ma anche alle molte manifestazioni dei cittadini, pazienti e non, che dallo scorso autunno continuano a scendere in piazza per protestare contro una decisione calata dall'alto e di cui nessuno comprende il senso. Un risparmio di soli otto milioni di euro (il personale sanitario sarà tutto riassorbito) che oggi stride con i sei milioni di euro appena spesi per la ristrutturazione delle sale operatorie.
Eppure, appena sette anni fa, era stata proprio la Regione allora guidata da Enzo Ghigo (Pdl) a garantire la continuità assistenziale degli ospedali valdesi. Nel 2004 la Tavola, l'organo che amministra la Chiesa valdese, pressata da 65 milioni di debiti (in gran parte dovuti ai mancati rimborsi per le prestazioni in convenzione), era stata costretta a cedere a titolo gratuito i suoi ospedali alla Regione per la simbolica cifra di un euro. A Torino restava il nome all'ingresso, a testimoniare di una presenza nel cuore del quartiere popolare di San Salvario che risale al 1871, il culto evangelico e soprattutto la garanzia di una commissione consultiva che avrebbe dovuto coinvolgere anche i valdesi su tutta la programmazione dell'attività sanitaria ma che nei fatti non è stata mai convocata dalla Giunta Cota. A nulla sono serviti gli incontri del moderatore della Chiesa valdese Eugenio Bernardini con il ministro della Salute Renato Balduzzi e nemmeno la lettera inviata al presidente della Repubblica dai cittadini e dalle cittadine del Pinerolese in cui si metteva in evidenza la situazione drammatica delle zone fino ad ora servite dagli ospedali di Torre Pellice e Pomaretto, un territorio particolare, stretto fra pianura e montagna, già duramente provato dal taglio ai servizi, alla scuola e ai trasporti, abitato da molti anziani che ora non avranno più un ospedale a meno di 50 chilometri da casa.
L'assessore alla Sanità Paolo Monferino alle preoccupazioni sulla sorte delle tante donne in attesa di intervento al seno si è limitato a rispondere con comunicati ufficiali in cui si rimanda ad una futuribile "Città della Donna" presso la Città della Salute e della Scienza di Torino, un progetto per ora soltanto sulla carta. «Gli interventi oggi effettuati al Valdese - ha fatto sapere l'assessorato - saranno concentrati in quella che chiamiamo Breast Unit, un'unità di eccellenza, dove l'elevato numero delle prestazioni garantirà l'efficacia dell'esito delle stesse». Peccato che per la Città della salute torinese, a sentire il ministro Balduzzi, i soldi ancora non ci sono e l'iter per ottenerli si preannuncia parecchio tortuoso, anche se in campagna elettorale c'è chi vorrebbe far passare la cosa come già realizzata. Mentre Cota e Balduzzi polemizzavano sui fondi, lo stesso assessore Monferino, ex manager Iveco e Fiat, era stato contattato da Monti per entrare in lista - invito che, pare, è stato declinato. Intanto, com'era prevedibile, in questo momento regna il caos: pazienti non più seguite dagli stessi medici di riferimento, confusione sui nuovi ospedali dove prenotare visite e cure, tempi di attesa per un intervento già triplicati (e siamo soltanto all'inizio dell'anno). «Siamo amareggiati e indignati per la scorrettezza della Regione che ha scelto la politica del fatto compiuto», commenta il moderatore Eugenio Bernardini, mentre i medici del Valdese non hanno dubbi: la cosa più irresponsabile è stata chiudere un servizio perfettamente funzionante senza prima garantire una valida alternativa.
La popolazione comunque non è rimasta a guardare e al silenzio delle istituzioni ha risposto con i corpi: più di trecento donne (e non solo) «ci hanno messo le tette», aderendo ad un'idea proposta lo scorso novembre da tre fotografi torinesi, Davide Bozzalla, Andrea Guermani e Fabrizio Esposito dietro sollecitazione della giornalista Carla Diamanti, ex paziente dell'Ospedale Valdese. Una tenda è stata allestita in via Silvio Pellico e, nella privacy più totale, le donne hanno potuto farsi un autoscatto del seno: le foto sono quindi state stampate su un banner di sei metri, che è stato affisso al palazzo di fronte all'Ospedale e poi portato nelle manifestazioni delle settimane successive.
«"Mettiamoci le tette" è nata con l'obiettivo di sensibilizzare cittadini e (soprattutto) istituzioni a cui tutto il quartiere di San Salvario, dove sorge la struttura, ha aderito con entusiasmo, dimostrando un profondo affetto per i medici e tutto il personale dell'ospedale - ha raccontato Fabrizio Esposito - donne di tutte le età, sane, curate o con i segni delle cicatrici, molte accompagnate dai figli e anche diversi uomini hanno posato davanti all'obbiettivo. Ricordo una donna in particolare, che si è fatta fotografare con un biglietto sul seno, su cui c'era scritto "grazie dottor Drogo"». Il video dell'iniziativa, caricato su youtube, ha avuto più di 27 mila contatti in tre giorni, prima di essere oscurato senza spiegazioni (è visibile al link vimeo.com/54603932).
Intanto le proteste continuano: il 29 gennaio a Torino una delegazione di sindaci e cittadini del Pinerolese si è ritrovata alla sede del Consiglio Regionale, assenti Cota e Monferino. «Noi continueremo la nostra battaglia perché la situazione è ormai insostenibile da tutti i punti di vista - commenta Andrea Garrone, sindaco di Pramollo, piccolo comune della val Germanasca - è intollerabile che in due anni né il presidente della Regione né l'assessore nominato abbiano mai ricevuto i sindaci dei territori colpiti dalla riforma. Questa politica sanitaria è senza criterio e senza giustizia: è chiaro che ci sono meno risorse, ma che senso ha dire che si vuole togliere fondi agli ospedali per investire sul territorio se poi si chiudono le strutture di Torre Pellice e Pomaretto che potrebbero proprio raccogliere la deospedalizzazione dei centri maggiori?» Ora tutto il bacino di utenza del Pinerolese, 150 mila persone, si riverserà su Pinerolo e Orbassano (ma anche il San Luigi di Orbassano subirà tagli importanti, come il trasferimento dell'emodinamica), non si capisce con quale risparmio, mentre è chiarissimo il disagio. «Da un lato il personale delle strutture è ovviamente disorientato, perché non si capisce se e dove sarà ricollocato - aggiunge Garrone - mentre dall'altro le agende della diagnostica sono spostate al 2014 e infatti chi se lo può permettere si sta già rivolgendo ai privati».
L'assessore Monferino, comunque, pare si sia impegnato a incontrare finalmente i sindaci del Pinerolese entro metà febbraio. A Torino, invece, molti reparti del Valdese sono già stati smantellati; dalle indicazioni del piano sanitario si evince che l'immobile di Torino, come il suo omologo di Torre Pellice, sarà «iscritto al patrimonio». Proprio così com'è ora, appena ridipinto di fresco. E chi vuole intendere, intenda.

Federica Tourn

3/2/2013 www.ilmanifesto.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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