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La stridente contraddizione fra le teorie dei "difensori della vita" e il silenzio catacombale che incombe sui malati

Post n°7441 pubblicato il 22 Febbraio 2013 da cile54

La strage degli innocenti di cui nessuno parla

Pubblichiamo l'introduzione del nuovo libro di Roberto Gramiccia La strage degli innocenti, un volume di inchiesta e di riflessione che parte dalla stridente contraddizione fra le teorie dei cosiddetti difensori della vita (caso Englaro, aborto, eutanasia ecc.) e il silenzio catacombale che incombe sul fenomeno raccapricciante che il libro intende denunciare. Questo fenomeno riguarda l’emarginazione sociale, la sofferenza, la reclusione in istituti e la morte di milioni di anziani e meno anziani socialmente fragili. L’insufficiente, e soprattutto distorta, assistenza riservata a queste fasce sociali più vulnerabili - ulteriormente peggiorata dalla crisi e dai tagli alla sanità pubblica - mentre assicura lauti guadagni all’imprenditoria privata, produce quotidianamente un attentato alla vita di cui nessuno si occupa, tanto meno i cattolici fondamentalisti. Un attentato tanto più pericoloso e spietato quanto minore è la protezione sociale di chi ne è fatto oggetto. In questo senso rappresenta il più classico e scolastico esempio di ingiustizia di classe. Il libro è arricchito da conversazioni che mettono assieme competenze diverse ma convergenti nel confermare la giustezza della denuncia di cui l’autore si fa promotore.  

Secondo la tradizione evangelica (Matteo, 2-1,16), la «strage degli innocenti» è quella che Erode perpetrò su tutti i bambini di Betlemme allo scopo di uccidere Gesù. Non è certo che questa «verità evangelica» abbia un fondamento storico ma ho pensato ugualmente di prendere a prestito l’espressione «strage degli in- nocenti», resa universale dal Nuovo Testamento, per intitolare questo libro. In questo modo, infatti, intendo denunciare, ab initio e senza giri di parole, proprio un terribile stermino, sulla cui maledetta autenticità, purtroppo, non ci sono dubbi. Lo farò a partire dalla mia esperienza personale di medico, e avendo potuto disporre dell’opinione disinteressata e preziosa di figure autorevoli che hanno competenze specifiche (filosofiche, politiche, sindacali, socio-sanitarie). Queste figure sono state accostate e interrogate con intelligenza e grande sensibilità umana da un coprotagonista di questa mia piccola ma impegnativa impresa, il giornalista Vittorio Bonanni. Anche lui, come me, ha sposato la causa della denuncia di quello che abbiamo insieme definito un vero e proprio omicidio sociale.

Ancor più delle caratteristiche raccapriccianti di questa strage, della sua entità e della sua assurdità - visto che si consuma nel cuore dell’Occidente capitalistico cosiddetto democratico - quello che appare odioso è il silenzio macabro che la avvolge, che è poi il motivo più forte che mi ha spinto a portare a termine questo libro di inchiesta e di riflessione. Almeno della strage degli innocenti, di cui Erode si macchiò, è rimasta un’autorevole testimonianza. Della morte evitabile di migliaia di vecchi e meno vecchi (o anche non vecchi) in condizioni di fragilità che scompaiono, fra gravi sofferenze, a causa di una assistenza socio-sanitaria carente e/o inadeguata, in un paese che è considerato dall’Oms al secondo posto nel mondo dal punto di vista della efficacia-efficienza del suo sistema socio-sanitario, nessuno parla.

Questo silenzio è catacombale. Pesa come un macigno sulla nostra società civile. E ciò che appare più intollerabile è che, mentre questo stermino si consuma, ogni qual volta le circostanze lo permettono, si ritorna a straparlare di «difesa della vita». Lo si è fatto sin troppo in occasione del caso Englaro; lo si fa colpevolizzando chiunque a qualsiasi titolo sollevi solamente il problema dell’eutanasia; lo si fa a proposito della legge n. 194 sull’aborto che, come i consultori materno-infantili, è ormai entrata nel mirino delle fasce più oltranziste dei cosiddetti difensori della vita; lo si fa a proposito della fecondazione artificiale.

E allora io voglio accettare la sfida. Se è vero che la vita va di- fesa sempre e comunque, mi spiegate come mai di quella di cittadini socialmente deboli che si trovano in difficoltà, connesse alle loro insoddisfatte esigenze socio-sanitarie, non frega niente a nessuno? Non parlo di difficoltà eccezionali o di eventi imprevedibili. Ma di circostanze dolorosamente normali, come una malattia invalidante o ancora più banalmente come una caduta le cui conseguenze pregiudichino, anche solo temporaneamente, l’autonomia funzionale. Vorrei (è questo lo scopo principale di questo libro) che lo stesso fondamentalismo schierato a favore della vita con cui si affronta, ad esempio, il problema della nutrizione artificiale nei malati pre-terminali, fosse sfoderato per difendere quei poveri cristi di cui oggi nessuno si occupa. Questi cittadini, evidentemente figli di un Dio minore, non hanno voce. Questo libro gliela vuole dare.

Che un settantenne povero e solo sia «vivo» almeno come un embrione a poche ore dal concepimento, o come un malato in stato vegetativo da anni, o come un paziente oncologico deciso a porre fine alle sue sofferenze appare difficilmente contestabile. E allora perché nessuno si occupa delle peripezie che questi cittadini fragili devono affrontare, quando vanno incontro non a eventi eccezionali, ma ad accidenti del tutto comuni nella vita di un uomo e di una donna? Queste peripezie, per una serie di ragioni, che questo libro si incarica di analizzare e denunciare, rischiano quotidianamente di condurli ad una morte dolorosa e indecente, dopo un periodo più o meno lungo di cosiddetta cronicità. E il particolare non trascurabile da porre in evidenza è che si tratta di persone che non vogliono morire. Che vorrebbero vivere e, ove possibile, recuperare ciò che è recuperabile della propria autonomia e che non possono farlo perché non sono messe nella condizione di riuscirci.

Una morte dolorosa e indecente, dicevo. Dolorosa perché purtroppo essa non arriva rapidamente a porre fine alle disgrazie di un condannato dalla propria condizione di classe, ma sopraggiunge gradualmente, con lentezza, dopo sofferenze indicibili fatte di isolamento, immobilità coatta, piaghe da decubito, cateterizzazioni, infezioni sovrapposte e ogni sorta di calamità. Indecente perché il teatro in cui questo scandalo si consuma è quello di una società che vorrebbe definirsi civile (il migliore dei mondi possibili). È quello degli spazi inadeguati messi a disposizione da un Sistema sanitario nazionale in via di progressivo smantellamento, quando addirittura non coincide con i «non luoghi» di una «non assistenza» abbandonata alla privatezza fatiscente e di- sperata di una solitudine inemendabile.

Chi pensasse che tutto questo accade per semplice (ancorché colpevole) sciatteria o insipienza da parte delle istituzioni preposte a intervenire in questi casi (le Asl e gli enti locali) sbaglierebbe di grosso. Nella patogenesi di questo mostruoso e ignorato fenomeno, purtroppo, ci sono motivazioni tutt’altro che casuali. Ci sono gli interessi colossali di un mondo imprenditoriale che infiltra la sanità pubblica per fare affari. Perché pensate che l’Assistenza domiciliare socio-sanitaria integrata sia fallita (clamorosamente nel Lazio, nonostante un’ottima legge che la dovrebbe regolare)? Forse per semplice incapacità politica? No di certo. La ragione è un’altra e coincide con la necessità di «spingere» le Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) che, guarda caso, in questa regione almeno, sono tutte private (accreditate), cioè finanziate con soldi pubblici ma generatrici di profitti totalmente privati. Una sola soluzione (non certo la migliore), rispetto alle altre possibili, per i problemi della cronicità e della perdita di autonomia. Guarda caso la più vantaggiosa per gli imprenditori privati.

Del resto, questo è solo un esempio rivelatore di un più complessivo processo di decostruzione della sanità pubblica a favore di quella privata. Processo che, a sua volta, è un sottoinsieme del più generale attacco allo Stato sociale, portato avanti dal Governo Monti su indicazione della Banca centrale europea, della Ue e delle altre centrali internazionali del potere finanziario. È su questo scandalo, avvolto fra i veli di un’ipocrisia pelosa, incredibilmente ignorato dai media, con l’aggravante della insufficiente e distorta attenzione espressa da parte di chi politicamente dovrebbe difendere gli interessi delle classi vittime di questa situazione, che questo libro intende gettare un fascio di luce.

Roberto Gramiccia

"La strage degli innocenti. Terza età: anatomia di un omicidio sociale", euro 15, pp 272, ed. Ediesse

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