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La condizione lavorativa soprattutto tra donne e giovani peggiora sempre di pił. E' un costo da pagare a questa politica?
Post n°7500 pubblicato il 12 Marzo 2013 da cile54
Crisi, il "lavoro da buttare" per giovani e donne in Italia Aumentano le disuguaglianze sociali in Italia a causa della crisi. La percentuale di individui in famiglie senza occupati e' passata, tra il 2007 e il 2011, dal 5,1 per cento al 7,2 per cento. Ne hanno fatto maggiormente le spese i giovani under25, per i quali il dato e' cresciuto dal 5,4 all'8 per cento, e il Mezzogiorno, dove dal 9,9 si e' passati al 13,5 per cento. Parallelamente, si e' registrata una diminuzione del 5 per cento del potere d'acquisto dal 2007 al 2011. Il complessivo peggioramento del benessere economico e' certificato da Istat e Cnel, nel loro primo rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia. La condizione lavorativa soprattutto tra donne e giovani peggiora. I dati, gia' tra i piu' critici dell'Ue27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi. Il tasso di occupazione, nella classe 20-64 anni, e' sceso dal 63 per cento del 2008 al 61,2 per cento del 2011, mentre quello di mancata partecipazione e' salito dal 15,6 per cento al 17,9 per cento. Donne, giovani e Sud sono particolarmente penalizzati: il tasso di occupazione per loro e', rispettivamente, del 49,9 per cento, 33,8 per cento tra i 20-24enni e 47,8 per cento. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro e' del 22,6 per cento, 41,7 per cento e 32,1 per cento. La costante incidenza dei lavoratori a termine per piu' di 5 anni (19,2 per cento) denota una condizione d'instabilita' che non si attenua. La mancata stabilizzazione dei contratti investe soprattutto i giovani (dal 25,7 per cento del 2008 al 20,9 per cento del 2011). Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione (10,5 per cento) e di occupati irregolari (10,3 per cento) rimane stabile, mentre aumenta la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attivita' svolte (dal 15,4 per cento del 2004 al 21,1 del 2010). Non mancano le disuguaglianze nell'accesso al lavoro, territoriali, generazionali e di cittadinanza, ulteriormente accentuate con la crisi. Fa eccezione il divario occupazionale tra uomini e donne, dal momento che la crisi ha colpito maggiormente il settore edile e manifatturiero, che impiega quasi esclusivamente uomini. Eppure il divario di genere resta tra i piu' elevati d'Europa: il tasso di occupazione 20-64 anni passa dal 72,6 per cento maschile al 49,9 per cento femminile. Le donne, intanto, continuano a fare i conti con un sovraccarico di ore dedicate al lavoro, retribuito o meno: il 64 per cento lavora piu' di 60 ore a settimana, compreso il lavoro di cura. Resta inoltre stabile al 72 per cento il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli in eta' prescolare e quello delle donne senza figli. "Le condizioni peggiori delle donne meridionali fanno supporre che ad alimentare l'insoddisfazione sia anche la carenza di servizi" scrivono i curatori del rapporto. Fino al 2009 i colpi della crisi sono stati parati grazie al potenziamento degli interventi di sostegno al reddito e al funzionamento delle reti di solidarieta' familiare. Questo ha permesso di mantenere stabili i tassi di poverta' e deprivazione grave (rispettivamente al 18,4 per cento e al 7 per cento). Ma poi l'equilibrio si e' rotto. Nel 2011 la grave deprivazione e' aumentata di 4,2 punti, passando dal 6,9 per cento all'11,1 per cento, preceduta da un incremento, nel 2010, del rischio di poverta' nel Centro (dal 13,6 per cento al 15,1 per cento) e nel Mezzogiorno (dal 31 per cento al 34,5 per cento) e da un aumento della disuguaglianza del reddito (il rapporto tra il reddito posseduto dal 20 per cento piu' ricco della popolazione e il 20 per cento piu' povero dal 5,2 sale al 5,6).Le famiglie hanno tamponato la progressiva erosione del potere d'acquisto intaccando il patrimonio, risparmiando meno e, in alcuni casi, indebitandosi. La quota di persone in famiglie che hanno ricevuto aiuti in denaro o in natura da parenti non coabitanti, amici, istituzioni o altri e' passata dal 15,3 per cento del 2010 al 18,8 per cento del 2011 e, nei primi nove mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate e' passata dal 2,3 per cento al 6,5 per cento. Fabrizio Salvatori 11/03/2013 www.controlacrisi.org |
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Roma, 12 maggio 1977
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