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I falsari della politica istituzionale tentano di usare come fiore all'occhiello una donna di colore. Chiuderà i famigerati CIE?

Post n°7689 pubblicato il 29 Aprile 2013 da cile54

In bocca al lupo Cécile, ma ti daranno filo da torcere

Chi si occupa attivamente di immigrazione, argomento ormai derubricato sin troppo dall’agenda politica, conosce bene il nuovo ministro Cécile Kyenge e la stima. In Italia da 1983, nota oculista a Modena, presidente dell’associazione “Giù le frontiere”, fra le fondatrici della campagna “Primo Marzo” e dal 2009 consigliere provinciale eletta nel Pd sempre nel capoluogo emiliano. Certamente una delle presenze migliori in questo governo, non perché donna e prima persona di origine africana a ricoprire il ruolo di ministro in Italia, ma per competenza, determinazione, capacità di mantenere relazioni e di proporre uno sguardo di prospettiva verso le tematiche dell’immigrazione.

Se il suo ministero avesse maggiori poteri e se gli equilibri politici che determinano il governo non fossero così marcatamente spostati verso destra, si potrebbero nutrire buone speranze: per una nuova legge sulla cittadinanza ma anche - come tante volte ha dichiarato in passato - verso la libertà di circolazione, la rottura del legame fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, la chiusura dei Cie. Insomma un radicale mutamento di rotta che in questo Paese si va sviluppando nella società reale ma non nella classe politica che la rappresenta.

Cécile Kyenge rappresenta in tal senso una novità anche nel proprio partito grazie ad un approccio meno provinciale e legato a timori connessi a necessità di guadagnare consenso. Un approccio che non teme tra l’altro il confronto con posizioni diverse e più radicali e secondo cui le tematiche che impongono di affacciarsi ad una nuova e plurale idea di società, non si risolvono nell’alveo della propria appartenenza ma abbisognano di uno spazio pubblico e largo di confronto. Insomma una professionista, donna e madre di sinistra meno distante di gran parte dei suoi colleghi presenti in parlamento dalla società reale.

Detto questo c’è da dire che il compito che la attende è dei più impervi. Se è legittimo aspettarsi passi avanti - nonostante lo sbraitare leghista o i rituali e grotteschi ringhi alla Gasparri - per una nuova legge sulla cittadinanza, che a questo punto potrebbe anche dare una immagine meno compromessa alla compagine governativa, più difficile è pensare che altri elementi strutturali della Bossi–Fini possano essere modificati radicalmente. Nonostante il fallimento della legge, anche sulla base degli obbiettivi che si prefiggeva, una sua revisione, anche minimale, metterebbe a rischio simbolicamente e non solo la nuova “santa alleanza Pd-Pdl”. Una questione non solo simbolica; si tratta di una legge che regola di fatto fondamentalmente il mercato del lavoro migrante garantendo una riserva enorme di manodopera ricattabile o da tenere al nero, una vera e propria “fabbrica di clandestinità” come è stata giustamente definita, che fa comodo a molti e non solo a destra. Quindi difficile che si possa intervenire sui meccanismi che potrebbero regolare l’ingresso legale per ricerca occupazione; difficile che si possano impiegare risorse economiche da destinare a politiche di inclusione sociale, ad esempio per limitare l’altissimo tasso di abbandono scolastico dei figli di cittadini migranti.

Cécile Kyenge ha sempre poi considerato come un proprio obbiettivo la chiusura dei Cie, da amministratrice, da militante antirazzista e già ora da parlamentare ha avuto modo di rapportarsi con il centro presente nella propria città, intervenendo più di una volta per denunciarne la disumanità ma anche su questo tema rischia di non trovare molti alleati in parlamento. Questo tenendo presente che non solo la “questione Cie” è, come gran parte di quelle legate all’immigrazione, totalmente nelle mani del ministero dell’interno, ma che molto probabilmente il neo ministro Angelino Alfano, vice di Enrico Letta, potrebbe serenamente, e incontrando scarsa opposizione, applicare il cosiddetto “Rapporto Ruperto” recentemente elaborato dai funzionari del Viminale.

Il testo in questione, commissionato dall’ex ministro Annamaria Cancellieri nel giugno 2012, prevede ulteriori giri di vite in chiave repressiva nei centri per diminuire le rivolte e i costi: celle di isolamento per i trattenuti più riottosi, reati ex novo connessi al comportamento tenuto nei centri, concentrazione presso un solo ente nazionale per gli appalti di gestione, parziale privatizzazione dei compiti di sorveglianza sono solo alcune delle chicche contenute in un testo che per altro sembra voler ignorare ogni criticità del sistema Cie.

Rischiamo insomma di vedere un film già visto, con un ministro senza potere reale che tenta di rendere più decenti le condizioni di chi viene in Italia e uno con poteri reali che depenna a proprio piacimento e sulla base di una cultura di destra, le richieste e le proposte. Insomma in bocca al lupo a Cécile. Sa bene che navigherà in un mare tempestoso e ostile, sa altrettanto bene che le toccherà votare, anche al di là delle tematiche che la riguardano direttamente, provvedimenti e decreti incompatibili con la propria cultura politica. L’importante è che non perda il contatto col proprio, il nostro, mondo, prendendosi anche la responsabilità di battere i pugni sul tavolo e, in caso se ne determinano le condizioni, anche saper sbattere la porta che si è appena aperta.

Stefano Galieni

28/04/2013 www.liberazione.it

 
 
 
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