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« "Essere denunciato per ...L'Italia è nel burrone?... »

Aborto e salute delle donne. Parla Eleonora Artesio Consigliera di Rifondazione Comunista nel Consiglio regionale del Piemonte

Post n°8141 pubblicato il 27 Settembre 2013 da cile54

LA SALUTE E L'AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE E' L'ULTIMO DEI PENSIERI DI COTA

È in crescita in Piemonte l’obiezione di coscienza sugli interventi di interruzione di gravidanza da parte dei medici. Lo denuncia la consigliera della Federazione della sinistra, Eleonora Artesio, che ha svolto un’indagine sull’attuazione della 194 presso tutte le aziende sanitarie del Piemonte sui dati del 2012, da cui è emerso come il 67,5% dei ginecologi e il 40% degli anestesisti si rifiuti di attuare la pratica abortiva.

“Un trend in aumento - dichiara Artesio - visto che i dati del Ministero evidenziano come nel 2011 questo dato fosse rispettivamente del 65,7% e del 37,7%. Siamo ancora al di sotto della media nazionale (69,3% e 47,5%), ma se il fenomeno dovesse continuare rischierebbe di portarci alla stessa situazione denunciata recentemente da molte forze politiche in Parlamento e da inchieste giornalistiche e cioè che potrebbero crearsi zone della regione in cui abortire risulti troppo complicato, se non impossibile, e si ritorni all’aborto clandestino, soprattutto tra le donne straniere e le minorenni.

Un fenomeno oggi già presente in alcune Regioni, ma che non è escluso che, continuando così, si verifichi anche da noi, visto che il numero di ginecologi obiettori in Piemonte è in quasi tutte le Asl superiore a quello dei medici attivi sulla legge. Diverse le situazioni molto critiche: all’Asl di Novara, ad esempio, è disponibile un solo medico, due all’ospedale di Alessandria e tre in quello di Cuneo”.

“Al momento - prosegue la consigliera - non sembra che ciò incida sulle liste di attesa al punto da superare i limiti temporali imposti dalla 194, almeno stando alle dichiarazioni dei direttori generali (e anche al fatto che dal 2011 al 2012 le Ivg siano scese da 9.267 a 8.856) ma certo non induce a stare sereni. E soprattutto è evidente come tale ineguale diffusione del fenomeno provochi una forte mobilità interna tra ospedali. Basti vedere a Torino i numeri del Sant’Anna, di fronte ai quali appare evidente la necessità di un intervento che produca una migliore distribuzione nei servizi dei medici obiettori e di quelli non obiettori, anche perché la situazione ha dei riflessi pesanti anche sulla carriera dei ginecologi. I pochi che non si rifiutano di applicare la 194, finiscono infatti per occuparsi di aborti per tutta la vita, a scapito della propria professionalità e della carriera. Un problema già sollevato in molte sedi, tanto che al Ministero è stato creato un tavolo tecnico con tutte le Regioni per trovare delle soluzioni che salvaguardino i diritti di pazienti e professionisti. In tutto questo spicca il silenzio della Giunta Cota, che naturalmente non ha avviato né una discussione sul tema, nonostante le richieste delle opposizioni, né attuato una politica di rafforzamento dei Consultori, nonostante, cito dalla relazione del ministro Lorenzin, “la necessità di una maggiore valorizzazione dei Consultori familiari quali servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo e di una effettiva loro integrazione con i centri in cui si effettua l’IVG, potenziando anche il loro ruolo di centri di prenotazione per le analisi pre-IVG e per l’intervento. Tale integrazione determinerebbe una maggiore utilizzazione dei consultori da parte delle donne, anche tenendo conto che indagini dell’Istituto Superiore di sanità, riguardanti il percorso nascita, hanno evidenziato un maggior grado di soddisfazione per tale servizio e migliori esiti in seguito alle loro attività”.

“Nel rapporto del Ministero si parla anche dell’importanza di una corretta informazione - termina Artesio - e di campagne di comunicazione rivolte soprattutto alle straniere e alle più giovani. Negli ultimi mesi della Giunta Bresso avevamo messo a punto una campagna sull’uso del preservativo che aveva il duplice scopo di allertare i giovani sulla possibilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, sia sul rischio di gravidanze indesiderate. Sospesa momentaneamente per il contestuale svolgimento della campagna elettorale, è stato uno dei primi progetti gettati da Cota nel cestino della carta straccia. Del resto, cosa ci si può aspettare da un presidente che crede che occuparsi della salute dei bambini e delle mamme voglia dire elargire un bonus una tantum di 250 euro?”

L’Agenda di gravidanza e la procreazione medicalmente assistita

La ricognizione effettuata sull’attuazione delle politiche di salute per le donne ha portato Artesio a rilevare anche come da mesi l’Agenda di gravidanza non sia più disponibile in gran parte delle aziende sanitarie del Piemonte, dalla To2 ad altre come Cuneo, Vercelli, Biella, Novara. “Su segnalazione di molte cittadine - spiega - ho svolto un controllo presso le strutture del territorio, ricevendo spesso la stessa desolata risposta da parte degli operatori dei Consultori: “La stiamo aspettando a giorni”. I giorni sono diventati mesi e da almeno prima dell’estate gran parte delle donne piemontesi che aspettano un bambino sono state private di quello che è diventato uno strumento di grande importanza per la gestione della gravidanza, sia da parte delle gestanti sia da parte dei professionisti stessi.

L’Agenda di gravidanza era stata introdotta nel 2009, per offrire alle donne tutte le informazioni relative al periodo della gravidanza e ai loro diritti, nonché per fornire loro le impegnative prestampate per tutti gli esami previsti dal profilo assistenziale regionale. A tre anni dalla sua distribuzione, l’Agenda aveva trovato notevole diffusione tra le future mamme (72% nel 2010 e 79,6% nel 2011), permettendo l’adozione di stili di vita adeguati, la semplificazione del percorso nascita con la riduzione degli accessi agli ambulatori medici (41,5% nel 2011 e 45% nel 2012 sono state le donne che, utilizzando le impegnative già fornite, hanno ridotto di almeno 8 il numero dei passaggi dal loro medico di medicina generale) e la riduzione di interventi inappropriati. Dopo una revisione prevista nel 2013, le Agende, che avrebbero dovuto essere stampate dalle Aziende sanitarie attingendo ai fondi complessivi trasferiti dalla Regione, in molti casi sono cadute del dimenticatoio, con grave disagio per le utenti.

“Cota - afferma Artesio - fin da subito si è schierato in maniera aperta nei confronti dei Movimenti per la vita, molto probabilmente per ottenerne il consenso, ma in questi anni non ha mostrato alcuna sensibilità per la salute e il benessere delle donne e dei bambini, se non a livello propagandistico, esaltando un ruolo della procreazione che non è mai stato sostenuto”.

Lo dimostra anche il fatto che sempre nel 2009 una delibera della Giunta Bresso, che riordinava il complesso tema della riproduzione medicalmente assistita, aveva disposto la creazione di due nuovi centri pubblici di II e III livello, di cui uno ad Asti e uno a Novara, in un quadro in cui i servizi in Piemonte sono quasi esclusivamente in mano ai privati, con costi spesso proibitivi per la famiglia, se si esclude il centro dell’ospedale Sant’Anna, quello del Maria Vittoria, quello di Fossano e un istituto privato accreditato di Torino. A distanza di quattro anni, i due nuovi centri non sono mai partiti per mancanza di personale e all’istituto accreditato è stato tagliato il budget, tanto che almeno da luglio opera solo in regime privatistico. “In tal modo - continua Artesio – nei pochi punti pubblici, di cui due su tre concentrati nel capoluogo, le liste di attesa si allungano e i cittadini sono costretti spesso a ricorrere al privato o a rinunciare al loro sogno di un figlio. Senza contare i costi della mobilità passiva verso altre Regioni”.

26/9/2013

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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