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Le responsabilità sono evidenti per chi è onesto: stop con le politiche discriminatorie che sono alla base di queste tragedie

Post n°8167 pubblicato il 04 Ottobre 2013 da cile54

La beffa dell'ipocrisia e della irresponsabilità su un dramma senza fine

Dove sono? Dove è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati? Dove è l’Organizzazione Mondiale per l’Immigrazione? Dove è l’Europa capace solo di chiedere e speculare? Dove sono le immense risorse messe a disposizione a pioggia con l’orrenda motivazione “contrasto all’immigrazione illegale”? Chi nel porto di Lampedusa ci ha messo piede se lo domanda. Chi nella vita ha assistito ad uno sbarco di persone che ce l’avevano fatta a trovare riparo nella “civile Italia”, queste domande se le pone. Chi conosce quel mare turchese, quel paesaggio brullo, i volti seccati dalla salsedine dei pescatori, non può che provare qualcosa di più di un dolore, qualcosa di più atavico e profondo. Qualcosa che ti si attacca addosso e che ti porta a non sentirti parte di questo Paese, a rifiutare di essere complice silente. Mentre si scrive il numero dei morti recuperati aumenta di minuto in minuto: donne, bambini, giovani a poche miglia dalla auspicata salvezza, forse con ancora negli occhi il rumore delle bombe e il bisogno di un momento di serenità. Ora scatteranno indagini, si troverà lo scafista di turno su cui scaricare l’impossibile fardello di una strage che potrebbe rivelarsi – speriamo di sbagliarci – superiore a quella del Natale 1996 quando morirono 283 persone al largo di Portopalo. Comodo e autoassolutorio scaricare sull’ultimo anello di una catena infernale la crudeltà di una strage, senza cercare i mandanti e i complici silenti. Il panorama politico italiano del resto è ufficialmente preso da altro, solo la Lega reitera in maniera stantia i soliti epiteti contro la presidente della Camera Laura Boldrini e la ministra dell’Integrazione CécileKyenge, ree, per la misera vulgata razzista, di incentivare l’arrivo dei profughi. L’ignoranza leghista è pura miseria, probabilmente irrecuperabile. Ma quella parlamentare e governativa si può chiamare con un solo e unico termine, corresponsabilità. Pronti perennemente a votare rifinanziamenti a missioni di guerra, anche nel tempo delle larghe intese e senza incontrare reale opposizione, le tematiche connesse all’asilo e alle leggi sull’immigrazione non fanno parte delle priorità. Faceva parte delle priorità, invece (4 luglio scorso), concordare col nuovo governo libico le stesse misure di contrasto utilizzate con il precedente regime. Ovviamente si tratta di affari e di cooperazione, i profughi sono soltanto effetti collaterali da respingere senza essere sanzionati dalla Corte Europea. E chissà di cosa avranno parlato nei giorni scorsi il Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, ed il suo omologo libico, Generale AbdulsalamJadallahAlsalhinAlobaidi. Cooperazione militare per assicurare un Mediterraneo di pace, hanno lasciato trapelare, una cooperazione stabile che ha assunto il nome di Mil (Missione militare Italiana in Libia) per formare il nuovo esercito, addestrare i soldati e gli ufficiali, rafforzare l’intesa. Nei comunicati diffusi dopo l’incontro non si parla di immigrazione, ma difficile che il tema non sia stato trattato, come sempre avviene, nel segreto degli ambiti riservati in cui spesso neanche il parlamento italiano ha mai avuto completo accesso. Presto per capire se il barcone che si è rovesciato in una micidiale trappola di fuoco e acqua, provenisse o meno dalla Libia, ma la conoscenza delle rotte migratorie insegna da anni che chi fugge dal Corno d’Africa segue un percorso ormai consolidato che dal Sudan li porta a Kufra, nell’interno della Libia e poi verso le coste. Sembra per ora che chi ha trovato l’ennesima tomba provenisse da quei paesi in cui guerra e dittature delineano le sorti di ogni persona, in cui si sogna di salvare donne e bambini, in cui l’Europa è vista ancora come un miraggio e si crede che l’Italia conservi ancora il ricordo di un legame coloniale. Legame rimosso non tanto dai libri di storia, in cui comincia a entrare da poco, ma dalla coscienza civile. Siamo gli “Italiani brava gente”, quelli che sono andati in quei paesi per fare strade, portare scuole e civiltà. L’utilizzo dei gas, le leggi razziali applicate prima ancora che in patria, gli stermini di massa, i campi di concentramento, la repressione della guerriglia di chi non voleva la mano italiana ad opprimere fanno parte di un oblio che copre come una cappa il pensiero comune. Ma accadeva negli anni Trenta, ottanta anni fa, perché ricordare? Somalia ed Eritrea sono sull’orlo perenne del baratro, forse nel baratro ci sono già ma ce se ne ricorda solo se in qualche attentato cade una vita di serie A, se si attaccano gli interessi vicini. Con quei paesi si è passati, negli anni, dal disinteresse all’utilizzo di alcuni porti come discariche per i rifiuti tossici, ad interventi militari cruenti quanto disastrosi, al fastidio di questo inizio secolo. Fastidio sì, perché esportano profughi che non possano essere rispediti indietro a causa di Convenzioni a cui bisogna ancora attenersi. Profughi che generano business non solo per i trafficanti ma per chi in Europa se ne assicura la gestione in condizione di subalternità, profughi che spesso finiscono in condizioni disperate nel Bel Paese (a gennaio solo a Roma erano 1300 i richiedenti asilo senza fissa dimora a Roma): persone da discarica sociale insomma. L’accoglienza non esiste, l’indifferenza e il fastidio sono il supporto ideologico della logica liberista per cui le persone sono solo merci, se non servono abbastanza, se non producono utili, debbono finire ai margini. Oggi il ministro dell’Interno Alfano, la presidente della Camera Boldrini andranno a portare il loro cordoglio nell’isola dove anche la camera mortuaria è ormai piena e non si sa dove portare i corpi che lentamente vengono recuperati. Parteciperanno anche ad una riunione straordinaria del comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, ma cosa potrà emergere di nuovo se anche una persona come Cecilia Malstrom, commissario Ue si limita a dire su twitter “Sono vicino alle vittime e alle famiglie. Bisogna raddoppiare gli sforzi per combattere i trafficanti che sfruttano la disperazione umana”? Poco o nulla, dichiarazioni di indignazione e di pietà che finiranno nel dimenticatoio fino a quando la questione non avrà rilevanza continentale e fino a quando non si avrà il coraggio di affrontare le radici scomode su cui speculano i trafficanti. Proposte ce ne sono che provano a tradursi in politica. Ci riflette amaramente Paolo Ferrero, segretario del Prc partendo dalla situazione italiana: «Mentre la politica continua a discutere delle sorti di una persona, decine, centinaia di persone rischiano la vita e molti purtroppo la perdono, nei nostri mari. In queste ore, a Lampedusa, un altro tragico sbarco, il numero delle vittime continua a crescere di minuto in minuto, incluse donne e bambini. L’indifferenza delle istituzioni a livello nazionale è assordante: bisogna fare subito qualcosa, non è tollerabile che si stia a guardare mentre così tante persone muoiono. Serve una risposta politica immediata a questo dramma». E Rifondazione Comunista rilancia la propria proposta: «Continuiamo a chiedere che si faccia un corridoio umanitario – continua Ferrero - per evitare che i migranti finiscano nelle mani di trafficanti senza scrupoli, e che si implementi il diritto d’asilo europeo, in modo che le persone possano scegliere in quale Paese andare. Stop con la Bossi-Fini, stop con le politiche discriminatorie che sono alla base di queste tragedie. Il nostro cordoglio per le vittime di quest’ennesimo episodio: è uno sterminio che non ha nulla a che vedere con un Paese “civile”». Anche dal Consiglio Italiano per i Rifugiati giungono proposte attuabili: «I flussi di chi è costretto a fuggire dalle persecuzioni non si possono fermare, per questo è indispensabile gestirli – dichiara il Presidente Christopher Hein -. La possibilità di richiedere asilo in Italia e nell’Unione Europea ad oggi dipende dalla presenza fisica della persona nel territorio di uno Stato Membro. Ma le misure introdotte nell’ambito del regime dei visti e delle frontiere dell’Ue hanno reso praticamente impossibile per quasi tutti i richiedenti asilo e rifugiati raggiungere i territori dell’Ue in modo legale.

 Ci sono diverse modalità con cui i richiedenti asilo e rifugiati potrebbero entrare in Europa in modo regolare, ma sono poco utilizzate dagli stati europei: il reinsediamento di rifugiati da un paese di primo asilo, le operazioni di trasferimento umanitario attivate nel contesto di emergenze umanitarie, l’uso flessibile dei visti e le procedure di ingresso protetto che consentono ad un cittadino di uno stato terzo di poter chiedere asilo già nel paese di origine o di transito. L’Italia e l’Europa devono dotarsi di questi strumenti: è un passaggio indispensabile per cercare di dare alternative alla lotteria della morte del Mediterraneo». Ma intanto si balbetta del potenziamento dell’Agenzia Frontex (centinaia di milioni di euro impiegati per il contrasto all’immigrazione) e a dirlo è l’inquilino del Quirinale che dimostra ancora una volta il proprio cinismo. Si blatera di emergenza quando i conflitti in alcune aree del pianeta sono così sedimentati da aver determinato generazioni nate e morte col rumore dei fucili nelle orecchie. Se qualcuno nelle istituzioni ha intenzione di rendersi credibile proponendo soluzioni lo faccia ora e non con le facili parole di indignazione ma con atti concreti. Dal Progetto MeltingPot Europa giunge una proposta di appello:

 http://www.meltingpot.org/Appello-per-l-apertura-di-un-canale-umanitario-per-il.html#.Uk1YvRAv6JQ, a dimostrazione che chi segue con attenzione la realtà e non le miserie personali di una classe dirigente impresentabile, ha da dire e da fare. Un primo segnale di vita, altri ne seguiranno, ne dobbiamo far seguire, perché è impossibile accettare senza far nulla il racconto di chi ha visto un mare pieno di cadaveri. Quelle banchine piene di corpi coperti non possono finire confinate nell’angolo della reazione emotiva, debbono costringere a schierarsi. E quei pescatori lampedusani che si sono gettati in acqua per salvare quante più persone possibile, che hanno agito come solo chi vive di mare sa fare, l’intera popolazione dell’isola il cui centro di primo soccorso di Contrada Imbriacola già ieri era stracolmo, non vanno lasciati da soli come lembo inutile del Paese, ma sostenuti. E va sostenuta Giusi Nicolini sindaco che come pochi rappresenta quella che potrebbe essere una diversa modalità di essere istituzione in terra di frontiera. E che non si fermi la ricerca di soluzioni, ogni attimo in più potrebbe essere foriero di nuove orrende stragi in quel cimitero che ancora chiamiamo Mediterraneo.

Stefano Galieni

03/10/2013 www.liberazione.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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