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Quali uomini sono felici, evocando lo stereotipo della donna che va conquistata con una bella auto e un bel portafoglio?

Post n°8269 pubblicato il 12 Novembre 2013 da cile54

Fiat ritiri lo spot svilente

Un uomo giacca e cravatta, un uomo in carriera e un po’ tontarello si ferma davanti ad una Fiat 500S e ne rimane affascinato. Ad un certo punto una giovane donna prende il posto dell’auto. Aggredisce il ragazzo e poi diventa docile e ammaestrabile, seducendolo. Rieccoci al binomio donne e motori. Da parecchi anni le donne vengono accostate alle automobili evocando l’immaginario maschile. Agli uomini servono poche cose per essere felici: una bella auto e una bella donna. Da sempre la donna viene paragonata ad un oggetto: come un’auto va usata. Se è nuova è perfetta, se è “di seconda mano”, dunque se ha avuto un altro compagno/padrone, ha meno valore (come ne parlai in un post). Donne e motori sono gioie e dolori per gli uomini evocando una serie di stereotipi come quello della donna che va conquistata con una bella auto e un bel portafoglio. 

Alle fiere automobilistiche ogni anno è sempre la solita minestra. Auto affiancate da belle donne, perchè le donne si accostano alle auto ma non devono guidare perché se no fanno danni, come vuole lo stereotipo “donna al volante, pericolo costante”. Ecco che l’automobile diventa un prodotto maschile per eccellenza rafforzando così questi vecchi stereotipi. Sergio Marchionne, dirigente del gruppo Fiat,  aveva già dato prove esplicite di misoginia: “L’ultima volta che le ho viste erano completamente vestite. Tu devi abitare da qualche parte dove le donne portano pantaloni lunghi e non hanno tacchi alti. Mi dispiace per te”, si rivolse ad un giornalista svedese, facendo pure una figuraccia perché la Svezia è il paese dove le donne stanno meglio e non è governata dalla shar’ia.

Il commento classico dell’italiano medio che confonde emancipazione con abbigliamento corto e che ci vuole nude per far godere i maschi. Ma c’è anche dell’altro: per festeggiare l’8 marzo scorso, Fiat ha proposto un regalo alle donne: i sensori per il parcheggio, forte della convinzione che le donne non sanno parcheggiare. Come dire: donne e motori si accostano ma guai a far usare un auto ad una donna! La donna è ritratta passiva, è solo soprammobile da esposizione, da tenere lontana dal mondo dei motori come consumatrice ma anche dai ruoli dirigenziali. Il Gruppo Fiat, infatti, ha 23 dirigenti. Solo uno di loro è donna.

Lo spot incriminato è stato citato da noi nel nostro film “Le donne vendono , vendi le donne” ed è lo specchio di un contesto aziendale dominato dagli uomini.  Tempo fa, le consumatrici italiane hanno protestato in massa ma lo Iap con una motivazione inspiegabile non ha accolto le proteste delle consumatrici offese dall’ennesima immagine femminile stereotipata. Leggete le considerazioni della Fiat (in rosso) e quelle dello Iap che ha deciso di archiviare il caso:

Fiat ha eccepito che il suo intento era quello di utilizzare una figura femminile positiva e forte in contrapposizione alla figura maschile che risulta incerta, insicura e priva di iniziativa. La resistente, pur riconoscendo la pacifica metafora tra donna e automobile ha evidenziato che la metafora non sarebbe di per sé svilente della dignità della donna. Nel caso concreto, verrebbe rappresentata una donna di personalità, forte e indipendente, e certamente non una figura femminile subalterna al maschio. Sarebbero le qualità della figura della modella ad essere esaltate dalle caratteristiche dell’uomo coprotagonista dello spot.

[...]Il Giurì ha ritenuto che la pubblicità censurata dal Comitato non lede la dignità umana e in particolare quella femminile e pertanto non viola l’articolo 10 del Codice[...]

Su quali basi?

La metafora donna-macchina, in questo caso, esiste senz’altro, ma viene ribaltata la situazione ordinaria. Infatti, nello spot di “Fiat 500 S” è la macchina a rappresentare metaforicamente la donna, brillante, elegante e sicura di sé; l’automobile viene in pratica “innalzata a donna”. È quindi la “500 S”, e non la ragazza protagonista del comunicato, che si può comperare, possedere, avere. Anche la metafora e la commistione tra essere umano (donna o uomo che sia) e automobile è lecita, finché resta nel limite del rispetto della dignità dei soggetti coinvolti nel racconto filmico.

Lecita? ma stiamo scherzando?

Rispetto che il Giurì ha rilevato nello spot in questione, dove la figura della ragazza non è mai vista come succube o subalterna all’uomo. Ad avviso del Giurì si percepisce una metaforica rappresentazione della donna che non solo non subisce, ma anzi mostra personalità e carattere, perché reagisce, irride persino e s’impone nella storia narrata. Tutte caratteristiche che, secondo il Giurì, non ledono la dignità della protagonista. Lo spot tv, quindi, si propone come ironico, allegro e con script innovativo, rispettando nella sostanza il dettato normativo dell’articolo 10 del Codice.

Ironico? addirittura innovativo? cosa c’è di innovativo in uno stereotipo vecchissimo presente  nel 99% degli spot?

Ricordo che lo Iap è l’unico strumento che le consumatrici hanno per difendersi da queste pubblicità sessiste. Dopo l’ennesimo caso di inerzia, il gruppo La pubblicità sessista offende tutti di Annamaria Arlottaha fatto partire una petizione (FIRMA QUI) per far cessare la campagna pubblicitaria. La petizione ha già raggiunto più di 6mila firme. Ciò significa che la pubblicità sessista in Italia non è più tollerata e sono tante le persone che vorrebbero che le aziende, almeno quelle grandi, abbandonassero gli stereotipi di genere. Tanti sono anche gli uomini che hanno firmato e questo è positivo perché mette in luce un cambiamento che sta avvenendo anche nel nostro Paese.

Sempre più uomini non considerano più normale che una donna venga accostata ad un’auto e soffrono a vedersi rappresentati come dei maniaci di sesso. Questi alcuni commenti lasciati sulla piattaforma Change che ospita la petizione:

Questa pubblicità è irrispettosa sia della dignità della donna che di quella dell’ uomo, descritti l’una come puro oggetto sessuale e l’altro come un babbeo incapace di pensare e di vivere realtà non associate al sesso.  Piero

E’ svilente per le donne e diseducativo per i ragazzi.  Alfonso

Perchè all’origine di tanti femminicidi c’è una società ancora troppo maschilista. Mara

Sintomo di forte arretratezza culturale. Lesivo nei confronti di uomini e donne in egual misura. Nikolas

Le donne devono essere rispettate in quanto tali e trattate come persone, non come oggetti da desiderare e/o acquistare. Ezio

Qualsiasi legge o provvedimento legislativo in tema di rispetto di gnere, non svolge il suo ruolo se non accompagnato da un lavoro culturale che passa anche e soprattutto dai media. Ubaldo

“Le réclame che utilizzano l’immagine di donna sexy per vendere qualsiasi prodotto rinforzano i vecchi stereotipi, influenzano negativamente il modo in cui la donna è percepita e costituiscono un ostacolo verso la parità dei generi”. Mattia

Qui la mail che ha mandato Alessia:

Innanzitutto ringrazio la Segreteria per la risposta.

Non è nelle intenzioni insistere ab libitum.

D’altro canto, occupandomi tutti i giorni di comunicazione di genere e linguaggio mediatico come “attivista” (si veda il blog collettivo Un Altro Genere Di Comunicazione), non posso che ribadire le mie considerazioni.

“La metafora donna-macchina, in questo caso, esiste senz’altro, ma viene ribaltata la situazione ordinaria. Infatti, nello spot di “Fiat 500 S” è la macchina a rappresentare metaforicamente la donna, brillante, elegante e sicura di sé”

L’oggettivazione non cambia di segno. Se la donna è paragonata all’oggetto o viceversa è irrilevante ai fini della rilevazione di oggettivazione e identificazione di un essere umano con il prodotto

l’automobile viene in pratica “innalzata a donna”. È quindi la “500 S”, e non la ragazza protagonista del comunicato, che si può comperare, possedere, avere.

L’automobile sarebbe “innalzata a donna”? Messaggio alquanto criptico, di difficile comprensione. Donna e macchina sono egualmente equiparate e la considerazione della donna come soggetto che innalza il valore di un oggetto é egualmente svilente, in quando racchiude comunque il genere femminile in uno stereotipo, legato alla funzione di “ingentilire” un prodotto. Non avremmo mai sentito dire dal giurì “elevato a uomo”. Inoltre, durante il dialogo la donna fa esplicite domande all’uomo (mi desideri? ecc.), è lei che si desidera quindi possedere, avere –> comprare.

Anche la metafora e la commistione tra essere umano (donna o uomo che sia) e automobile è lecita, finché resta nel limite del rispetto della dignità dei soggetti coinvolti nel racconto filmico. Rispetto che il Giurì ha rilevato nello spot in questione, dove la figura della ragazza non è mai vista come succube o subalterna all’uomo. Ad avviso del Giurì si percepisce una metaforica rappresentazione della donna che non solo non subisce, ma anzi mostra personalità e carattere, perché reagisce, irride persino e s’impone nella storia narrata. Tutte caratteristiche che, secondo il Giurì, non ledono la dignità della protagonista.

La ragazza è una FANTASIA del co-protagonista, non esiste, e quindi non può essere connotata da caratteristiche quali forza e determinazione, portatrice di personalità e carattere. L’uomo ha l’”allucinazione” di vedere una donna al posto della vettura perché inserito in un contesto sociale sessista che oggettiva le donne.

Lo spot tv, quindi, si propone come ironico, allegro e con script innovativo, rispettando nella sostanza il dettato normativo dell’articolo 10 del Codice.

“Ironico, allegro e con script innovativo” sono giudizi di valore (positivi) personali, che non si confanno ad un giurì.

Sicura che queste considerazioni possano valere come spunto, senza particolari auspici per lo spot in questione, ringrazio nuovamente e saluto.

Cordialmente,

Alessia

11/11/2013 http://comunicazionedigenere.com

 
 
 
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