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Libri&Conflitti: la violenza maschile contro le donne, modelli culturali di intervento. Lotta culturale e di piazza

Post n°8303 pubblicato il 25 Novembre 2013 da cile54

"Il lato oscuro degli uomini"

 

Il lato oscuro degli uomini La violenza maschile contro le donne: modelli culturali di intervento a cura di Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini (Ediesse online). Violenza contro le donne: cosa si sta facendo in Italia? Inasprire le norme repressive e isolare i comportamenti violenti maschili – che sono ormai arrivati ad un femminicidio ogni due giorni – facendone casi eccezionali, patologici, lascia inalterati i modelli culturali fondati su quegli equilibri patriarcali di potere contro i quali hanno lavorato fin dagli anni Ottanta i Centri antiviolenza e le Case per donne maltrattate, frutto delle lotte femminili e femministe. Comprendere invece che la violenza sulle donne è prima di tutto un problema degli uomini significa spostare l’attenzione dalle vittime agli autori, a quella «questione maschile» che tutta la violenza di genere sottende. Il volume coglie, nella parte iniziale, questo cambiamento di ottica attraverso una ricerca – la prima in Italia – che censisce le esperienze d’avanguardia rivolte agli uomini violenti nel nostro paese, nelle carceri e nei centri, in ambito privato e pubblico, e offre un quadro di programmi sviluppatisi a livello internazionale, cui le esperienze italiane fanno riferimento. Nella seconda parte sono presentate le riflessioni e le proposte di studiosi e studiose afferenti a molteplici discipline, e le esperienze di operatrici e operatori con ruoli professionali diversi. In appendice, un’analisi critica del recente decreto legge n. 93/2013 convertito nella legge del 15 ottobre 2013 n. 119.

 

Contrastare la violenza:

responsabilità maschili e politiche pubbliche

 

1. Sugli uomini autori: la negazione

Un antico proverbio «cinese» recita: «quando torni a casa picchia tua moglie, tu non sai perché ma lei sì». Poche e «antiche» parole per iniziare a svolgere un breve ragionamento su un tema che affrontando l’argomento della presente ricerca emerge con evidenza: la negazione.

L’uomo violento nega di aver commesso qualcosa di male; la donna nega che quanto accadutole sia inaccettabile introiettando, nel contempo, il senso di colpa. La rimozione della negazione o minimizzazione della gravità dell’atto compiuto è perciò rilevante, anzi punto di partenza di qualsiasi intervento rivolto ad un uomo con comportamenti violenti; così come per le donne l’avvicinarsi ad un Centro antiviolenza o comporre il numero 1522 rappresentano un primo passo per non negare quanto subito in termini di violenza o di maltrattamenti.

In questa sede il tema della negazione, oltre ad aiutarci a svolgere qualche considerazione di carattere generale sulla base di quanto rilevato sul territorio nazionale, consente di mettere in evidenza punti di incontro e di confronto proprio in ragione dei diversi approcci. Ci si riferisce, da una parte, a quegli interventi segnati da un’impostazione fondamentalmente psicoterapeutica e, dall’altra, a quei contesti che a partire proprio dalla negazione dell’atto violento come effetto di una patologia psichica – soprattutto nell’ambito dei legami affettivi/parentali – ne sottolineano la dimensione culturale; quindi la necessità di affrontare un percorso rivolto alla messa in discussione di sé da parte dell’autore di violenza non come effetto di uno «stato di malattia», quanto piuttosto di stereotipi di genere fortemente radicati.

Presentare questa dicotomia non significa ritrovarla altrettanto nitida nei diversi approcci rilevati all’interno di questa ricerca. E ciò è da considerarsi come fatto positivo, nel senso che l’interazione tra teorie e contesti disciplinari diversi (il pensiero femminile/femminista da una parte, e le diverse linee di pensiero delle discipline che studiano la mente e le sue patologie, ma anche il rapporto mentecorpo e la sfera dell’emotività dall’altra), seppure a fronte di progetti ed interventi per la maggior parte in fase di primo avvio, potrebbe dar vita ad interessanti sviluppi e reciproci arricchimenti, sia nel contrasto – e soprattutto nella prevenzione – alla violenza di genere, sia nei percorsi di fuoriuscita di chi la subisce come di chi la agisce.

Si pensi per esempio, guardando dal lato femminile, ai numeri infimi delle denunce da parte delle donne maltrattate, come aiuterebbe il riconoscimento della gravità di quanto subito; e, ovviamente, al ragionamento esattamente opposto, quando l’attenzione si rivolgesse alla parte maschile.

Ma al di là di uno sguardo in prospettiva che probabilmente è ancora prematuro da mettere in campo, e senza nessuna pretesa di esprimere giudizi sui diversi percorsi e approcci rilevati, il fatto che in più di una circostanza si siano raccolte affermazioni sull’incidenza o meno della maggiore autonomia conquistata dalle donne sia in ambito pubblico che privato negli ultimi decenni, ci ha interrogato.

Così come ci ha interrogato l’inevitabile presenza del tema della negazione svolto sia in termini culturali, con specifico riferimento al diverso ruolo della donna conquistato nella società, sia come base di qualsiasi intervento psicoterapeutico.

Per capire meglio è allora il momento di vedere come viene sviluppato l’argomento a fronte dell’interrogativo circa il legame con la maggiore autonomia conquistata dalle donne, in generale, e nell’ambito della libertà sessuale, in particolare. Dimensione questa dove il conflitto di genere incontra nodosità antiche e radicate nel profondo, tanto è vero che negli interventi di fuoriuscita dalla violenza emerge in termini di vischiosità e indeterminatezza della donna a mettere in discussione il rapporto violento con il partner maltrattante.

In sostanza, l’esigenza è quella di capire se e quanto giocano i cambiamenti intervenuti nella vita delle donne nella società e all’interno della coppia e quanto questi stessi cambiamenti siano stati elaborati fino in fondo dalle donne, a partire da una lettura che li mette direttamente in campo e, infine, approfondendo gli effetti e i nessi di una mancata o parziale autonomia e ancor più autodeterminazione femminile. (...)

 

Le autrici e gli autori: Anna Costanza Baldry, Michela Bonora, Mar co Deriu, Monica Dotti, Fran cesca Garbarino, Paolo Giulini, Bruno Guazzaloca, Monica Mancini, Barbara Mapelli, Massimo Mery, Cristina Oddone, Alessandra Pauncz, Giorgio Penuti, Chantal Podio, Roberto Poggi, Michele Poli, Amalia Rodontini, Mario Sgambato, Claudio Vedovati, Maria (Milli) Virgilio.

 

a cura di: Alessandra Bozzoli - Maria Merelli - Maria Grazia Ruggerini

pagine: 448

ISBN: 88-230-1802-0

euro 20,00

Isabella Borghese

24/11/2013 www.controlacrisi.org

 
 
 
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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

omicidio di Stato

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