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Anche nelle forze dell'ordine sta crescendo la coscienza di essere lavoratori usati da poteri deviati e anticostituzionali?

Post n°8307 pubblicato il 26 Novembre 2013 da cile54

La Polizia piange miseria. E' la Troika, bellezza! In evidenza 

Dove andremo a finire, signora mia... Viviamo in mezzo ad allarmi continui, senza sapere più a chi rivolgerci. Obbligati ad avere paura dei pericoli eventuali, e a non preoccuparci tanto di quelli immediati, reali, già davanti a noi.

E i volenterosi media mainstream si accaniscono su un corpo sociale che non ha più – da tempo – la capacità di reazione razionale, né – ancora e per fortuna - quella dell'affidarsi a un “tutore” o a un dittatore purchessia.

Oggi il giornale scalfariano, in preda al consueto delirio di “sicurezza”, dà grande spazio all'ennesimo “allarme”. Lanciato stavolta dal capo della polizia, Alessandro Pansa. Tema: se ci tagliano ancora le risorse, non possiamo più garantire la copertura del territorio. Sottotema: se poi cominciano a mettere l'esercito a coprire ruoli di polizia, sorgono anche problemi “costituzionali”, oltre che di gelosie tra corpi armati.

Togliamo subito di mezzo la prima e più scontata finalità dell'allarmismo di Pansa: mantenere alta la dotazione finanziaria destinata alla Polizia (non genericamente alle “forze dell'ordine”; qui si parla di un capitolo di spesa molto preciso e solo di quello; i carabinieri, per capirsi, dovranno lamentarsi per conto loro, nel caso). È sicuramente la prima ragione per “promuovere” l'articolo che qui di seguito riportiamo. Si trattasse solo di questo, potremmo anche dire “chissenefrega, risparmiate un po' pure voi e non rompete...”.

Come sempre, però, vogliamo guardare al “non detto”, per illuminare un processo di trasformazione interno anche ai corpi repressivi; che è a sua volta un riflesso della più generale – e a suo modo “grandiosa” - ristrutturazione del potere “statuale” al tempo della Troika.

Vista dall'Unione Europea, l'Italia dei corpi militari appare per quel che è: una pletora di truppe esagerata rispetto agli scopi, alla popolazione, alle risorse disponibili: 110.000 poliziotti, 118.000 carabinieri, 68.000 finanzieri, circa 48.000 “agenti di custodia”, 8.500 forestali, oltre a 106.000 militari dell'esercito, 31.000 della Marina, 44.000 dell'aeronautica. Un totale di 352.000 addetti alle “forze dell'ordine” e 181.000 “militari” veri e propri. Troppi, soprattutto i primi, e con compiti spesso sovrapposti (vedere la Guardia di finanza impegnata in compiti di “ordine pubblico”, anziché nella repressione dei reati fiscali e finanziari, è diventato “normale” da Genova 2001 in poi).

 “Logico” che, in tempi di crisi e di austerity, si vada alla riduzione di questa dotazione.

Il modo in cui avviene, però merita qualche attenzione. Perché dal punto di vista della Troika il compito di “controllo del territorio”, ovvero di contenimento dei reati che effettivamente comportameno un “allarme sociale popolare” (rapine in casa, furti, scippi, aggressioni, ecc), non è affatto fondamentale; e comporta costi troppo alti. Al contrario, la logica repressiva “multinazionale” si concentra sui focolai di opposizione organizzata, territoriale e/o sociale; in questo senso va letto, per esempio, la destinazione in Val Susa di circa 400 soldati fatti rientrare dall'Afghanistan (non saranno magari fisicamente le stesse persone, ma la logica è illuminante).

Lo scenario di medio lungo periodo è abbastanza chiaro: abbandono del “controllo territoriale” mirato a regolare la convivenza sociale (il “welfare repressivo”, se vogliamo chiamarlo così, l'altra faccia della “coesione sociale” fondata su diritti universali) e concentrazione delle forze a tutela dei nuovi e più “lontani” assetti di potere.

Quando sui media mainstream si parla di “riduzione del campo di intervento dello Stato” si intende anche questo. Di fianco alla progressiva eliminazione del sistema sanitario nazionale (per il momento siamo nella fase della sua “balcanizzazione”, ovvero di una differenziazione territoriale su base regionale che deve favorire l'eliminazione progressiva del servizio pubblico a favore di quello privato, con ovvio “sbarramento” rappresentato dalla ricchezza personale del malato), del sistema previdenziale, nonché dell'istruzione e in generale di tutti i servizi (a partire dai trasporti)... c'è anche la “militarizzazione” della repressione; la progressiva scomparsa del suo ruolo tutelare al “servizio del cittadino” in favore della “difesa del potere multinazionale”.

Ed è ovvio che questo trasferimento di compiti sia in antitesi totale con la Costituzione “nata dalla Resistenza”. Così com'è ovvio che questa sia una delle cento conseguenze dell'inserimento dell'obbligo al “pareggio di bilancio” nella Carta costituzionale. L'unica cosa non ovvia – e che perciò rappresenta motivo di vergogna per l'intera classe politica del paese – è che questa obiezione “costituzionale” venga sollevata, a mero scopo “corporativo”, dal capo della Polizia italiana. Ovvero da uno dei corpi che con più costanza si è tenuto al riparo dall'applicazione dei princìpi contenuti in quella Costituzione. Non possiamo dimenticare, infatti, che nelle questure, “normalmente” si tortura e si muore. Né che i poliziotti (e carabinieri, ecc) pretendono per questo l'impunità.

Dante Barontini

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