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Realtà del lavoro giornalistico. La maggioranza sono pubblicisti che rappresentano una forza lavoro senza diritti e autonomia
Post n°8336 pubblicato il 03 Dicembre 2013 da cile54
La crescita del nuovo pubblicismo: area fragile del giornalismo professionale Il lavoro giornalistico è in prevalenza nelle mani dei pubblicisti, che, però, sono in forte minoranza nel campo del lavoro subordinato. Ecco i numeri. Dalla grande mole di materiali dell'Inpgi abbiamo cercato di ricavare dei nuovi dati che permettessero di mettere meglio a fuoco le condizioni effettive dei giornalisti pubblicisti attivi. Il primo dato, apparentemente un altro paradosso, è che Il lavoro giornalistico ufficiale, almeno sul piano numerico, è in prevalenza nelle loro mani. Sono 24.864 infatti i pubblicisti attivi, contro i 21.475 professionisti. Il paradosso conferma però senza possibilità di smentite che di fronte alla crisi il sistema industriale/editoriale del giornalismo italiano ha scelto la strada della minor resistenza, concentrandosi soprattutto in una vasta operazione di esternalizzazione (outsourcing). Prosciugare quanto più è possibile i poli produttivi centrali (le redazioni, dove il costo del lavoro è più alto), concentrando lì il minimo indispensabile di attività di progettazione, filtraggio, curation e assemblaggio, e spostando invece all' esterno tutta la fase della produzione della "materia prima" (notizie e servizi), affidata a un nuovo pubblicismo sempre più robusto in termini numerici ma sempre più debole in termini di diritti e di reddito. È un' area con una fisionomia del tutto lontana dal pubblicismo di 50 anni fa. Quasi il 40% dei 65.200 pubblicisti iscritti all' Ordine hanno infatti una posizione all' Inpgi e più di un terzo di questa area (oltre 20.000 persone) sono pienamente all' interno del giornalismo professionale. Un quadro che - come abbiamo visto col Rapporto "Il paese dei giornalisti" - pone al sindacato delle sfide molto complesse ma coinvolge fortemente anche l'Ordine mostrando l'urgenza di una riforma che preveda, fra l'altro, il superamento della distinzione fra professionisti e pubblicisti e l'eliminazione dell'alibi della tessera professionale utilizzata da molti editori e dirigenti editoriali surrettiziamente come "moneta" e "sotto-salario". Un po' di numeri - Il lavoro giornalistico ufficiale, almeno sul piano numerico, è in prevalenza nelle mani dei pubblicisti, che, però, sono in forte minoranza nel campo del lavoro subordinato: 3.393 contro 15.530 professionisti. Ma nel settore del lavoro autonomo o parasubordinato sono 21.471 contro i 5.945 professionisti. Rappresentano il 17,6% del lavoro subordinato e il 75,6% di quello autonomo. Mentre i professionisti coprono l' 80,4% del primo e il 20,9% del secondo. Il resto - in entrambi i settori - è coperto dai praticanti. I pubblicisti attivi rappresentano il 38,1% dei pubblicisti iscritti all' Ordine (65.201) e il 22,2% di tutti gli iscritti (compresi pensionati, elenco speciale e stranieri). I professionisti attivi rappresentano il 92,4% degli iscritti professionisti (23.233) e il 19,2% degli iscritti complessivi (compresi pensionati, elenco speciale e stranieri. Ma proviamo a mettere a fuoco meglio le caratteristiche principali del pubblicismo attuale, almeno sul piano quantitativo.
ARTICOLO INTERO SU http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=51977&typeb=0&La-crescita-del-nuovo-pubblicismo-area-fragile-del-giornalismo-professionale Redazione 2/12/2013 www.globalist.it |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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