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Italietta: connivenza tra eversori mediatici ed evasori fiscali. I grossi e grassi commercianti mandano in piazza la destra
Post n°8356 pubblicato il 11 Dicembre 2013 da cile54
Se la stampa borghese simpatizza con i "forconi" Certo che qualche domanda vien proprio da farsela. Perché i grandi giornali e le grandi televisioni, in prima fila quelli della destra e della grande borghesia, questa volta non stanno suonando i tamburi dell'allarme al terrorismo? Le proteste che divampano in diverse città italiane - oggi - sono guardate con strana imparzialità, se non con simpatia. Dove sono finiti quei giornalisti che di fronte alle mobilitazioni contro la Tav, alle nostre lotte nelle Università, alle occupazioni delle scuole, agli scioperi dei metalmeccanici, ai picchetti anti-sfratto parlavano di "pericolo insurrezionalista", di "terroristi"? Che seminavano ovunque panico, psicosi da rivoluzione? Spariti, non ci sono (quasi) più. Soprattutto nei giornali di destra. E contemporaneamente pure i poliziotti a Torino si tolgono i caschi, solidarizzando. E contemporaneamente scendono nelle piazze alcune curve organizzate e gruppi di estrema destra: c'è Forza Nuova, c'è Casa Pound, c'è la Destra di Storace, c'è un gruppo chiamato la "Lega della Terra", agghiacciante amarcord nazionalsocialista. E poi c'è Grillo, il populista Grillo, il comico neo-nazionalista che invita il movimento a non fermarsi e le forze dell'ordine a «non difendere più i politici». Che cosa sta succedendo nel nostro Paese? Che aria tira? Tira l'aria di un movimento eterogeneo, senza un programma di classe, senza un progetto di trasformazione democratico e progressista, senza un modello di società avanzato. E qui dentro, tra chi ha in mano le redini e chi affianca, tra chi promuove e chi partecipa, c'è tanta destra sociale, tanti rigurgiti neofascisti. Quelli che hanno interesse a indirizzare il malcontento verso una rivolta contro i partiti, i sindacati, l'apparato democratico prima ancora che le sue burocrazie. Insomma: che hanno interesse a distruggere in maniera classicamente eversiva pezzi di un sistema che va già a rotoli da solo. Tutto questo è presente in una misura sufficiente da imporci una riflessione. Perché il punto vero è un altro, chiarito che in piazza non c'è più il movimento di Seattle o quello di Genova, e neppure il sindacalismo di classe e di massa organizzato. Il punto vero è che la crisi è devastante, divora il lavoro, divora le vite di milioni di persone disperate, precipitate nella povertà e nel disagio più nero. Divora le vite persino di un pezzo importante di classe media, che ha motivi e ragioni validi per entrare in conflitto con l'ordine delle cose. Questo è lo snodo che abbiamo di fronte a noi. Perché nella persistente assenza di un'alternativa forte e credibile, questo è lo sbocco inesorabile. Lo abbiamo detto tante volte: dalla crisi del neoliberismo non è per nulla scontato che si esca a sinistra. Se la sinistra soggettivamente non si organizza, dalla crisi del neoliberismo si esce anche a destra, nella rabbia e nella rivolta incontrollata. Che è la precondizione - questo lo sappiamo bene - per l'emergere di un nuovo ordine forte, autoritario, di una riorganizzazione dei poteri forti contro le soggettività di classe organizzate. Una volta chiarito quel che oggi c'è in campo, dobbiamo pensare a noi. E rapidamente agire. Nessuno oggi, a sinistra, è in grado di dare una risposta credibile a questa sofferenza sociale diffusa. Nessuno è in grado di dare uno sbocco alternativo e credibile a questi sommovimenti. Non può farlo il nuovo Pd centrista al governo con il nuovo Centrodestra centrista. Non possono farlo, sole, formazioni politiche ridotte al lumicino, sia che siano posizionate in Parlamento sia che ne siano ad oggi escluse. Non può farlo - da solo - un sindacato ingessato, non del tutto autonomo, blindato nella concertazione. E non possono farlo organizzazioni sindacali di base troppo fragili per assumersi un compito di guida e di trasformazione. Qui, anche qui, vive il bisogno del salto di qualità, della coraggiosa capacità di mettersi tutti a disposizione di un nuovo percorso, di lotta e di organizzazione. La società non aspetta più, non c'è più tempo. Simone Oggionni 10/12/2013 www.liberazione.it |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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