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La tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze per ridare almeno 30 miliardi di euro dai ricchi ai lavoratori” č rivoluzionaria?

Post n°8835 pubblicato il 05 Maggio 2014 da cile54

Censis, la crisi arricchisce i paperoni: aumenta il divario tra sfruttati e dirigenti

 

I 10 uomini piu' ricchi del Paese hanno un patrimonio pari a quello di 500mila famiglie operaie messe insieme. A fare i conti sul divario sociale in Italia è il Censis. Ne esce un quadro inquietante, da cui si capisce che la crisi non è uguale per tutti.

Le cifre sono davvero impressionanti e parlano di una vera e propria “trasfigurazione” del nostro paese ad opera della crisi economica. "I 10 uomini piu' ricchi d'Italia dispongono di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500mila famiglie operaie messe insieme. Questo vuol dire che poco meno di 2mila italiani ricchissimi, membri del club mondiale degli ultraricchi, dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi

di euro (senza contare il valore degli immobili): cioe' lo 0,003% della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del 4,5% della popolazione totale.

 

Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, "serve immediatamente una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze per distribuire immediatamente almeno 30 miliardi di euro dai ricchi ai lavoratori”. “Se il governo non fa nulla – aggiunge - è perché Renzi difende i ricchi e le banche. I 10 italiani più ricchi che guadagnano come mezzo milione di famiglie operaie sono dei porci: questa ricchezza è un insulto agli italiani e alle italiane".

 

Il confronto storico è implacabile: le classi popolari continuano a perdere reddito

E’ chiaro infatti che se questi dati dovessero venire confermati si afferma la dinamica di una “crisi a senso unico”, cioè un prezzo che stanno pagando soltanto i più poveri, mentre i più ricchi addirittura si avvantaggiano. Facendo un confronto storico il divario viene alla luce con maggior forza. Oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente e' pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent'anni fa. Il patrimonio di un libero professionista e' pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent'anni fa). Quello di un imprenditore e' pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent'anni fa)". Rispetto a dodici anni fa, i redditi familiari annui degli operai sono diminuiti, in termini reali, del 17,9%, quelli degli impiegati del 12%, quelli degli imprenditori del 3,7%, mentre i redditi dei dirigenti sono aumentati dell'1,5%. “L'1% dei top earner (circa 414mila contribuenti italiani) – afferma il Censis - si e' diviso nel 2012 un reddito netto annuo di oltre 42 miliardi di euro, con redditi netti individuali che volano mediamente sopra i 102mila euro, mentre il valore medio dei redditi netti dichiarati dai contribuenti italiani non raggiunge i 15mila euro. E la quota di reddito finita ai top earner e' rimasta sostanzialmente stabile anche nella fase crisi".

Il risconto sui consumi conferma il quadro

Negli anni della crisi (tra il 2006 e il 2012), "i consumi familiari annui degli operai si sono ridotti, in termini reali, del 10,5%, quelli degli imprenditori del 5,9%, quelli degli impiegati del 4,5%, mentre i consumi dei dirigenti hanno registrato solo un -2,4%. Distanze gia' ampie che si allargano, dunque, compattezza sociale che si sfarina, e alla corsa verso il ceto medio tipica degli anni '80 e '90 si e' sostituita oggi una fuga in direzioni opposte, con tanti che vanno giu' e solo pochi che riescono a salire. In questa situazione e' alto il rischio di un ritorno al conflitto sociale, piuttosto che alla cultura dello sviluppo come presupposto per un maggiore benessere". Nel 2013 le famiglie italiane - precisa infine la Coldiretti - hanno tagliato la spesa dal pesce fresco (-20 per cento) alla pasta (-9 per cento), dal latte (-8 per cento) all'olio di oliva extravergine (- 6 per cento) dall'ortofrutta (- 3 per cento) alla carne (-2 per cento) mentre aumentano solo le uova (+2 per cento), sulla base dell'analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primi undici mesi. In particolare si e' assistito ad un calo nelle quantita' di alimenti acquistati, ad una riduzione degli sprechi ma soprattutto all'affermarsi dei prodotti low cost a basso prezzo in vendita nei discount che sono gli unici a fare registrare un aumento (+1,6 per cento) nel commercio al dettaglio nel 2013.

Fabio Sebastiani

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