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Lanciano allarmi su malattie che i migranti non possono importare. I medici continuano a smentirli ma loro seminano odio

Post n°9031 pubblicato il 06 Settembre 2014 da cile54

Razzismo e Tbc sono malattie della crisi (e i migranti non c’entrano)

C'è una malattia infettiva che si va diffondendo in ampi strati del Bel Paese. Ha conseguenze devastanti per la sopravvivenza stessa della specie umana, non si conosce quello che viene comunemente chiamato il caso zero, il primo portatore, ma si va espandendo da oltre 30 anni. Una tesi che va per la maggiore cerca di dimostrare come tale virus sia stato facilitato dagli spostamenti migratori, ma recenti e più autorevoli ricerche dimostra l’infondatezza di tali affermazioni. Il virus è autoctono, è veicolato attraverso il semplice proferir parola o sottoporsi ad un trattamento eccessivo di talk show. Alcune regioni italiane sembrano subirne maggiormente la diffusione. Gli effetti sono devastanti: allucinazioni, si immagina di vivere in Paesi dal nome immaginario, crisi di panico, isteria, aggressività verso gli altri e financo verso se stessi. Ultimamente poi è un proliferare di untori che, lungi dal possedere conoscenze di medicina, invocano allarmi ed apocalissi imminenti, rendendo ancora più ardui i percorsi di recupero. Poco fa il sistema sanitario nazionale (SSN) per curare tale morbo e poca prevenzione viene effettuata nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di socialità. Il nome di questa orrenda peste del XXI secolo fa venire i brividi “ignoranza”.

Ed è proprio nel rapporto con la presenza di cittadini di origine straniera che l’ignoranza esplode in maniera più virulenta. Parlando seriamente, chi si occupa del rapporto fra immigrazione e salute in termini professionali come il professor Aldo Morrone, tornato da poco alla guida del complesso ospedaliero S.Gallicano – Regina Elena a Roma, da sempre, spesso inascoltato prova a spiegare quello che in sanità viene definito “effetto migratorio sano”. Il senso è semplice: le persone che provano a giungere in Europa, fuggendo da contesti di guerra o di povertà, per richiesta di asilo o per ragioni di lavoro, sono quelle più sane, quelle che meno hanno bisogno, all’arrivo, dei servizi sanitari, quelli e quelle che, se posti in condizione di vivere e lavorare dignitosamente, di nutrirsi, di non trovarsi in disagio abitativo, migliorano di fatto con la propria presenza il livello medio delle condizioni di salute rispetto ad un paese ospitante che invecchia e con un sistema di welfare estremamente carente.

Quest’anno, con l’espandersi dei fronti di guerra e la necessità di fuggire che si è estesa, da una parte e le condizioni di viaggio e di accoglienza dall’altra, soprattutto per chi arriva via mare, hanno portato ad una crescita dei casi di scabbia. Una malattia della pelle estremamente facile da curare, scarsamente contagiosa se non si è costretti a vivere in condizioni promiscue in ambienti malsani. Ma la subcultura dell’allarme a tutti i costi per giustificare oscene ed inutili scelte repressive va ben oltre. In una classifica generale ovviamente il segretario della Lega Nord Salvini, recentemente convertitosi alle amenità nordcoreane, surclassa tutti. Mescola abilmente il timore dell’arrivo di orde islamiche pronte ad imporre la sharia alle persone che vengono colpite dall’Ebola. Chiedere all’esponente leghista di apprendere rudimenti di medicina forse non è alla sua portata e allora proviamo a riportare l’opinione delle equipe di Medici Senza Frontiere, che nei paesi in cui questo virus sta mietendo vittime, ci vanno per curare. «Non è mai stato diagnosticato un caso di Ebola in Italia. – afferma Stefano Di Carlo, Capomissione di Msf Italia – L’approdo di questa malattia con i migranti che sbarcano sulle coste siciliane è più che remoto. Il virus Ebola è molto letale e nella maggior parte dei casi provoca malattia sintomatica e poi morte nell’arco di pochi giorni dall’infezione. Questo vanifica la possibilità che una persona infettata si avventuri verso l’Europa in un viaggio che generalmente dura diversi mesi. E questo è anche un tempo troppo lungo perché una febbre emorragica virale possa “sopravvivere” fino ad arrivare a noi». La presidente internazionale di Msf ha parlato ieri di fronte alle Nazioni Unite ammonendo su come la politica restrittiva del chiudere le frontiere è di fatto responsabile della morte di molte vite umane in Africa Occidentale. E ragionando attorno a quanto sta avvenendo nei paesi africani in cui si è diffuso il virus da Msf affermano: «Misure coercitive come le quarantene forzate stanno portando le persone a nascondere i malati, allontanandoli dal sistema sanitario. Queste misure sono servite solo ad alimentare la paura e l’instabilità, più che ad arginare la malattia. L’emergenza Ebola resta prioritariamente in Guinea, Sierra Leone e Liberia, dove troppe persone stanno morendo ogni giorno. L’attenzione di MSF resta focalizzata nel salvare vite dove l’epidemia è ora in corso. Ci sono lacune critiche in tutti gli aspetti della risposta all’epidemia in questi paesi e ci deve essere una massiccia mobilitazione di risorse, se vogliamo contenerla e assicurarci che più vite siano salvate».

Sul podio degli allarmisti sono però presenti, con simile assenza di elementari informazioni, il guru del M5S, Beppe Grillo e il ministro dell’Interno Alfano. Il primo soprattutto, evidentemente preoccupato di veder sfumato il proprio pacchetto elettorale, puntano il dito su un’altra malattia, la tubercolosi. Ed è ancora Msf a rilanciare, sempre per bocca di Stefano Di Carlo. Il capomissione in Italia. Precisa come gli operatori dell’organizzazione abbiano curato, in tutto il mondo oltre 30 mila persone affette da Tbc. «Nei primi mesi del 2014 abbiamo effettuato, insieme all’Azienda Sanitaria Provinciale di Pozzallo, il primo screening sanitario per circa 12.000 persone appena sbarcate. – precisa Di Carlo – Sono generalmente giovani, in buono stato di salute. La quasi totalità delle malattie diagnosticate all’arrivo è legata alle difficili condizioni di vita e del viaggio che devono affrontare: infezioni dermatologiche, dolori articolari, piccole ferite, debilitazione generale e così via. La maggior parte di loro viene da paesi in guerra, come la Siria e la Somalia, o da paesi in cui vengono perseguitati, come l’Eritrea. È del tutto falso che le persone arrivano sulle coste italiane e girano liberamente per il paese senza alcun controllo sanitario – continua il rappresentante di Msf – vediamo il Ministero della Salute eseguire screening sanitari ogni giorno. Noi stessi forniamo screening supplementari a Pozzallo e Augusta, due dei principali siti di sbarchi in Italia. Purtroppo, al contrario di quanto affermato in questi giorni da note figure politiche, la Tubercolosi è una malattia presente in Italia da decenni, non è stata recentemente importata dagli stranieri. Nell’ultimo cinquantennio (1955-2008), il numero annuale di casi di Tbc, registrati dal sistema di notifica nazionale, è diminuito da 12.247 a 4.418. Non si parla quindi di un riemergere della malattia. Per di più le persone positive al test cutaneo alla tubercolina (Mantoux) non sono contagiose. Solo il 10% di chi acquisisce l’infezione sviluppa in seguito la malattia tubercolare, diventando potenzialmente contagioso per altri. La Tbc non si trasmette con una stretta di mano, prendendo lo stesso autobus o frequentando gli stessi spazi pubblici».

Da aggiungere a quanto qui affermato un elemento politico di riflessione. Sono gli stessi operatori delle Asl a definire la Tbc come la “malattia della crisi”. Condizioni di vita disagiata, abuso di alcool e malnutrizione abbassano le difese immunitarie. L’esame Mantoux ha un costo per il SSN di pochi centesimi, le cure per chi incappa in questa patologia sono lunghe e debilitanti. Per sei mesi almeno si debbono assumere quotidianamente dosi massicce di antibiotici, la dieta deve essere estremamente accurata e il paziente che a quel punto non è assolutamente infettivo, deve poter vivere in condizioni di estremo equilibrio. Succede ormai da anni che le categorie marginalizzate della società di un Paese che, come ormai si usa dire, clochardizza, sempre più persone, non possano permettersi tali cure. Interrompere la terapia non si traduce nel ridivenire pericolosi veicoli di infezione. Si traduce nella debilitazione, nell’insorgere di forme extrapolmonari della malattia che invalidano senza prospettiva di ritorno. Si tratta soprattutto di persone sole, di anziani con pensioni insufficienti, di uomini e donne che, indipendentemente dalla provenienza geografica, vivono in una condizione di povertà.

La tanto temuta Tbc, caro comico miliardario, ormai sempre meno comico e sempre più miliardario, è una malattia che ti spaventa perché è dei poveri. E nel populismo misero di certa cultura politica, invece di accanirsi contro la povertà, ci si accanisce contro chi, di questo esercito che cresce a dismisura, fa parte.

Stefano Galieni

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