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PRIVATE DELLA LIBERTA', UMILIATE, TORTURATE: DOVE? IN ISRAELE!

Le disumane condizioni delle donne palestinesi prigioniere degli israeliani

L’esercito israeliano sta lanciando proprio in questi giorni un’offensiva contro la Palestina tra le più pesanti degli ultimi anni.

Le città palestinesi, fisicamente circondate dal muro eretto da Israele, sono state trasformate in vere e proprie carceri per la cittadinanza palestinese, che ha bisogno di un permesso per entare e uscire da Gaza.

Nelle carceri israeliane risultano detenute 74 donne palestinesi, che, secondo un dossier presentato dal gruppo spagnolo Piattaforma delle Donne Artiste, vengono sottoposte quotidianamente a umiliazioni e torture.

Una volta in carcere, le donne sono isolate e sottoposte ad abusi vari, che vanno dalle ispezioni corporali immotivate agli insulti, alle umiliazioni fisiche e psicologiche.

"È importante per noi raccontare al mondo le condizioni di detenzione e la tortura praticata nelle carceri israeliane", spiega Abo Tonky Sawson Dawod, una ex prigioniera palestinese che ha accettato di raccontare la sua storia di detenzione.

A 14 quando è stata arrestata mentre fuggiva da un soldato israeliano che le aveva sparato ed ha passato in carcere e 14 mesi.

"La mia reazione naturale è stata quello di fuggire, racconta, ma i soldati mi hanno acciuffato, picchiata e ferita in varie parti del corpo. Ho ricevuto insulti che fatico a ripetere", afferma Sawson Dawod.

In carcere è stata trattata "peggio di un animale" e per protesta ha indetto uno sciopero della fame che l’ha portata a perdere coscienza costringendo i sui carcerieri a trasferirla nell’infermeria del carcere dove i sanitari invece che curarla hanno continuato a maltrattarla.

In manette e catene un gruppo di soldati l’ha poi sottoposta a interrogatori ogni tre ore sotto la minaccia di ricevere un colpo per ogni domanda a cui non avesse risposto prontamente. Infine è stata tenuta in isolamento per 20 giorni in cui non poteva vedere nessuno, neanche un avvocato/a.

Questa è anche la storia della detenzione di Nura Jaber, detenuta a Hebron nel 2006. Condannata a sei mesi, dopo aver attraversato vari centri di detenzione, sottoposta a duri interrogatori, Nura Jaber ha attuato uno sciopero della fame che le è costato 27 giorni di isolamento.

La violenza fisica nei confronti delle prigioniere viene usata come uno strumento di punizione personale e collettiva.

Danni o sofferenze fisiche, molestie sessuali e pratiche vessatorie fanno parte della routine. A volte le detenute non vengono lasciate dormire, altre volte vengono incatenate ad una sedia in posizioni dolorose, altre ancora picchiate. Inoltre, è stata denunciata la continua e prolungata esposizione alla luce artificiale, a temperature estreme, e il lancio di gas lacrimogeni all’interno delle celle.

A questo proposito, Samira Janazreh, arrestata a 24 anni con l’accusa di aver pianificare un attacco suicida, racconta che a più riprese le è stato impedito di dormire e denuncia di essere stata picchiata mentre era legata mani e piedi. Può vedere i suoi figli solo due o tre volte l’anno e attraverso un cristallo.

Per quanto riguarda le condizioni all’interno del carcere, Sawson racconta di celle sovraffollate, e di detenute affamate e torturate.

Le sue dichiarazioni coincidono con i dati dallo studio della Piattaforma delle Donne Artiste, che documenta come alle detenute non venga offerto un abbigliamento adeguato anche perché i parenti possono portare indumenti alle loro congiunte detenute solo oni tre mesi.

Carenti anche gli oggetti necessari all’igiene personale e del tutto inadeguate le cure mediche anche per malattie contratte a causa della durezza del regime detentivo.

Secondo la serie di schede "Dietro le sbarre: donne palestinesi in prigioni israeliane", che contiene diversi punti di vista delle organizzazioni per i diritti umani, quattro donne hanno partorito in carcere tra il 2003 e il 2008 in circostanze estreme. Le donne sono sole, senza l’appoggio della famiglia, al momento del travaglio.

Sotto la sorveglianza stretta del personale militare, vebgono trasferite in ospedale e qui sempre tenute legate al letto ad eccezione del momento del parto vero e proprio.

Secondo Sawson Dawod, "questa è solo la minima parte di ciò che soffrono in carcere le detenute palestinesi, e lancia un messaggio a Israele: "Noi non siamo contro di voi perché siete israeliani, ma perchécommettete veri e propri omicidi. Questa è la terra delle 3 religioni e vogliamo la pace perché crediamo in essa. "

Traduzione a cura di Cristina Papa

redazione www.women.net

L’articolo è disponibile in versione originale sul sito www.amecopress.net

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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