Si chiama R.O.S.A. e di “rosa” non ha solo l’acronimo a significare rete per l’occupazione e i servizi per l’assistenza, ma anche il colore di genere, giacché interessa quelle che nel linguaggio comune vengono definite “badanti” e che grazie a questa nuova progettualità potranno definirsi vere e proprie assistenti familiari.
In Puglia il progetto ha portato alla creazione di una vera e propria task force interistituzionale che vede partecipi le sei province pugliesi e l’Ufficio della Consigliera di parità di Lecce. Tutto questo con unico obiettivo: qualificare e regolarizzare il lavoro di cura. Primo elemento di qualificazione la creazione di albi provinciali per le assistenti familiari: a partire dal 1° marzo sono aperte le iscrizioni presso tutti i Centri l’impiego provinciali. L’iscrizione è subordinata al possesso di alcuni requisiti formali (obbligo scolastico, maggiore età, permesso di soggiorno, ecc.) e professionali certificati attraverso la definizione di un profilo di competenze redatto dal Centro per l’Impiego. Possono iscriversi agli elenchi anche gli assistenti già in possesso di regolare contratto che vogliano certificare la loro professionalità.
Ma l’azione di emersione diventa più diretta con il secondo elemento messo in campo dal percorso della rete per l’occupazione, l’erogazione di incentivi alle famiglie che assumono gli assistenti familiari dalle apposite liste. Gli incentivi sono commisurati al valore dei contributi previdenziali versati nell’arco di un anno e comunque sino a un massimo di euro 2.500 euro, contributo più che sufficiente ad evitare che il lavoro delle badanti sia lavoro nero. Vi potranno accedere quelle famiglie che hanno fino ad un reddito massimo di 25 mila euro.
L’intera operazione dovrebbe portare alla sottoscrizione di almeno 800 contratti di lavoro e l’inserimento di 200 assistenti familiari all’interno di percorsi di formazione e di qualificazione professionale.
“Il lavoro di cura affidato a terzi – spiega l’assessore regionale al welfare Elena Gentile – è incardinato nelle nostre famiglie, non vi è famiglia che non abbia sperimentato almeno una volta l’apporto professionale di persone esterne per il supporto dei propri cari. ROSA fa questo, ha la pretesa di contribuire in maniera forte all’emersione del lavoro nero nei servizi di cura, anche attraverso il sostegno economico alle famiglie che se ne fanno carico, ma soprattutto attraverso una fitta rete interistituzionale che agisce fino al singolo cittadino”.
Fonte:redattoresociale.it