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« Il 12 ottobre processo a...Oggi Bossi e’ a fine car... »

Dagli strali contro la partitocrazia della prima Repubblica alla scopazziatura del modello delle poltrone di DC-PSI

Post n°3867 pubblicato il 03 Ottobre 2010 da cile54

Carroccio di governo e sottogoverno

Sono sempre più frequenti le inchieste e i servizi dei principali quotidiani italiani che documentano puntualmente la penetrazione di esponenti leghisti nelle banche, negli enti e nelle fondazioni pubbliche e private, così come nelle Asl e nelle reti televisive. Si moltiplicano le tensioni e i conflitti fra la Lega e il Pdl per occupare, a Roma o nelle regioni del Nord, una miriade di posti e di posizioni di potere. Un sistema complesso, abitualmente definito come sottogoverno, che gestisce grandi risorse finanziare e favorisce la stretta integrazione fra politiche pubbliche e affari privati. Con la possibilità di ottenere importanti benefici, più o meno leciti, per tutti i partecipanti. Siamo fronte a una “mutazione genetica” del Carroccio? Può essere utile riflettere con più precisione sulle premesse, il contesto e i possibili effetti del processo in corso.

Negli anni Novanta la Lega aveva mantenuto il monopolio sul terreno dell’antipolitica con le campagne contro “Roma ladrona” e le polemiche generalizzate contro tutte le élite politiche, economiche e culturali. In molte occasioni lo stesso leader del Carroccio aveva sottolineato ed enfatizzato il carattere “popolano e popolare” del movimento. Le virtù di laboriosità, parsimonia, onestà ed intraprendenza della gente comune erano contrapposte alle logiche proprie dei grandi operatori economici (banche, grandi imprese private e soprattutto statali). La Lega non aveva però il sostegno della borghesia del Nord e neppure delle tradizionali associazioni di rappresentanza degli interessi. Il Carroccio cercò perciò di dar vita in modo autonomo a una sorta di “società civile padana”: dai sindacati alle associazioni culturali e ricreative, fino alla creazione di una vera “banca padana” (la Credieuronord). Il progetto servì a motivare e mobilitare gli attivisti e i sostenitori del Carroccio ma non ottenne grandi risultati. L’avventura della banca leghista si concluse presto con un tracollo finanziario.

Il quadro è profondamente cambiato a partire dal 2008, quando i voti leghisti sono raddoppiati soprattutto a spese dei partiti confluiti nel Pdl. Nelle successive elezioni, l’avanzata della Lega è continuata senza interruzioni. Il Carroccio ha conquistato la presidenza del Veneto e del Piemonte e guida ora 14 province e oltre 350 comuni. Le difficoltà del governo di Berlusconi e i conflitti esplosi nel suo partito hanno fatto crescere sempre più il peso del Carroccio nella coalizione di centrodestra. La Lega ha potuto assumere così il ruolo di partito molto influente sul governo, senza rinunciare, in alcuni momenti, a svolgere il compito di dare espressione a domande e proteste popolari, soprattutto a livello locale.

E d’altra parte, non sono più solo i settori popolari il riferimento della Lega, e sono stati abbandonati gli accenti polemici del passato nei confronti della grande borghesia. Il partito di Bossi ha così allargato il consenso nell’ambito delle classi dirigenti dell’Italia settentrionale valorizzando la propria capacità di rappresentarne gli interessi in modo più efficace rispetto alle altre forze politiche. Le inchieste sul territorio hanno messo in luce le simpatie crescenti e i rapporti diretti con il Carroccio di non pochi imprenditori e manager di terza, quarta fila.

Le dichiarazioni di Bossi sulla volontà di conquistare le banche del Nord hanno apertamente esplicitato un nuovo salto di qualità nella politica leghista. Il progetto, già da tempo avviato dal partito, mira alla occupazione diretta da parte di esponenti della Lega di tutte le posizioni possibili nel sottogoverno. I poteri acquisiti nelle istituzioni politiche nazionali, regionali e locali possono trovare un «naturale» e tradizionale completamento con i posti disponibili negli enti pubblici, nelle fondazioni economiche e nelle banche. In parallelo alla competizione sul terreno elettorale con il partito di Berlusconi, si è perciò sviluppata una serrata contesa fra la Lega e le diverse componenti del Pdl (in particolare con gli esponenti di Comunione e Liberazione). Le aspre dispute per le poltrone e la distribuzione dei finanziamenti richiamano alla memoria le epiche battaglie degli anni Ottanta fra il Psi di Craxi e la Dc.

La novità è che oggi uno dei protagonisti più attivi è la Lega Nord, un partito che si era affermato vent’anni fa cavalcando l’indignazione popolare contro la partitocrazia. L’attuazione del progetto pone d’altra parte al Carroccio anche altri tipi di problemi. Il numero di posti disponibili (o conquistabili) è spesso superiore al numero di esponenti leghisti fidati da impegnare. Il problema viene risolto moltiplicando a dismisura gli incarichi affidati ad alcuni dirigenti locali: una pratica che provoca critiche nell’opinione pubblica e fa emergere la tendenza alla creazione di feudi personalizzati in diversi contesti regionali. In altri casi, il problema viene risolto aprendo l’accesso al partito a nuovi soggetti attirati soprattutto dai possibili vantaggi personali. Emergono così altri problemi messi in luce dalle denunce presentate a livello locale sui favoritismi nei concorsi e nell’assegnazione delle consulenze. Non mancano d’altra parte le indagini avviate dalla magistratura su alcuni amministratori leghisti.

Occupando con maggiore disinvoltura tutte le posizioni possibili a livello di sottogoverno, la Lega sembra perdere via via molti dei tratti che l’avevano caratterizzata in passato. Da ciò la necessità di diventare protagonista di polemiche per sottolineare la “diversità” del Carroccio e la sua vocazione di rappresentanza privilegiata del Nord. L’ultimo esempio è stato la battuta sui “porci romani” proposta a freddo da Bossi al posto della tradizionale “Roma ladrona”. La Lega è ormai direttamente coinvolta negli affari economici nazionali, e preferisce spostare l’attenzione sui “romani”. Salvo chiedere scusa e battere in ritirata dopo pochi giorni di proteste, per non delegittimare troppo la sua presenza al governo e nel sottogoverno.

Roberto Biorcio

3 ottobre 2010

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