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Moltissimi i punti di connessione tra il popolo comunista e antagonista con la massa critica del popolo "viola"

Post n°3876 pubblicato il 05 Ottobre 2010 da cile54

Viola e rosso, rosso e viola

Qualcosa si muove anche all’interno del “popolo viola”. La massa di cittadini che si riconosco sotto quello che viene da loro definito come l’unico colore non ancora usato dalla “politica” sembra aver preso coscienza del fatto che il giustissimo e semplice marciare per le vie della capitale urlando “Berlusconi vattene” (come espressione più sobria e galante verso il Cavaliere nero di Arcore) non è sufficiente a far scendere dal trono colui che si ritiene il padrone del Paese. E allora nascono discussioni, contrapposizioni e anche aspre polemiche e prese di posizioni conseguenti: c’è chi decide di partecipare fisicamente al “No B day 2″ e chi, all’ultimo momento – per non danneggiare mediaticamente la manifestazione – comunica che non ci sarà e che questa assenza è legata al semplice fatto che riguarda un calarsi più specifico nelle azioni quotidiane per la difesa della democrazia in ogni ambito, in ogni lotta.

Ed, infatti, quella grossa parte dei viola che non scende a Roma, si manifesta in altre città, in altre manifestazioni: vanno a Messina contro quel ponte sullo Stretto che anche il loro amico Di Pietro aveva approvato in Parlamento… Vanno con i valsusini contro le trivellazioni per la costruzione della Tav; vanno a protestare ad Adro contro i 700 simboli del Sole delle Alpi che svettano dai banchi ai posaceneri ai tappetini di ingresso alla scuola intitolata al razzista Gianfranco Miglio.

Insomma, oltre i cortei, ma senza svalutarli. Oltre le urla, ma senza abrogarle. Perché si urla anche a queste manifestazioni, ci si assembra, si discute e si cerca di coinvolgere altra gente su problematiche che investono direttamente, ogni giorno, la vita di ognuno di noi.

Un salto di qualità notevole per una “massa critica” che sino a poco tempo fa si limitava appunto a sloganeggiare e a anatemizzare sempre e solo contro un’unica persona: il capo del governo. Con questa presa di posizione, almeno una parte del popolo viola mostra di accorgersi che, per battere il Cavaliere nero di Arcore, serve un’azione politica e anche sociale a tutto tondo, serve scendere su tanti terreni della politica e della vita dei cittadini: serve, in poche parole, calarsi in un ambito che include anche le manifestazioni ma che non si esaurisce in quelle e che lancia ogni giorno un grido d’allarme per la restrizione degli spazi democratici a scapito sempre e solo dei ceti più martoriati dalle politiche economiche liberiste, dalla demoralizzazione del lavoro, dalla sua riduzione a variabile dipendentissima dalle scelte azzardate della competizione imprenditoriale, dal rischio di impresa e da tante altre fiches avvelenate sul tavolo da gioco padronale.

I giornali hanno definito questa discussione interna al popolo viola come ad una “scissione” del movimento spontaneo nato contro la figura e le politiche del governo Berlusconi. In realtà mi sembra che si possa tranquillamente dire che siamo in presenza di un normalissimo processo dialettico che nasce nel momento in cui qualunque forza vuole fare un salto di qualità, estendera la propria egemonia, allargare il suo campo critico e fare sì che siano coinvolti altri soggetti collettivi e singoli.

Tutto questo è un bene, perché si abbandona un antiberlusconismo di maniera tutto dedito alla solitaria critica del capo del governo, e si indagano realtà, territori, percorsi e problemi che sono strettamente connessi al berlusconismo e alla sua trama eversiva, ma che necessitano di approfondimenti concreti e quindi di un supplemento di forze sia intellettive che manuali per mettere in piedi e far nascere nuove lotte.

Di sicuro il popolo viola troverà molti punti di contatto con Rifondazione Comunista e con la Federazione della Sinistra. Non per superbia, non per spocchia mi viene da dire, ma molte di quelle tematiche che i viola stanno scoprendo noi le denunciamo da decenni, più o meno inascoltati. Dalle questioni ambientali in contrasto con il lavoro e viceversa alle vicende giudiziarie, dalla scuola pubblica al problema sanitario, dalle grandi opere fatte di cemento e collusione con poteri troppo distanti dalla legalità sino alla povertà più diffusa, all’economia riversa sul profitto e lontana dai salari.

Dunque, viola e rosso possono andare d’accordo. Possono scambiarsi, se non i colori, almeno aggiungersi l’uno all’altro e portare insieme avanti una lotta per mettere fine, quanto prima sia possibile, il dominio berlusconiano sull’Italia e, con esso, anche il tentacolarismo del berlusconismo, insidioso processo egoistico e campanilista, xenofobo e omofobo che ha permeato il Paese, che lo ha da decenni ricondotto ad un medioevo dove i diritti sono scomparsi e i doveri si sono trasformati in inchini al potere di un cesarismo che sembrava scomparso dall’agenda politica e sociale del nostro povero Paese.

Marco Sferini

4 Ottobre 2010

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