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In 5 all’inizio, a 45 metri di altezza, su una torre hanno imposto non una lotta disperata. Arriva la vendetta leghista

Post n°4082 pubblicato il 02 Dicembre 2010 da cile54

'Cani e silenti'

 

Il ministro Fazio, almeno fino al 14 dicembre con delega alla salute, ha dichiarato di non avere competenza in materia. Il suo collega Maroni non può dire questo, quindi preferisce, per ora tacere. Il sindaco di Milano in attesa dell’evoluzione del quadro politico mantiene la consegna del silenzio, forse la signora Moratti si prepara già all’era post berlusconiana. E allora il pugno di ferro lo sbatte il vice sindaco De Corato che con il classico cipiglio da federale fascista con cui da sempre si comporta nel capoluogo meneghino, scavalca a destra la Lega Nord, pericoloso concorrente. “Quella protesta deve terminare, chi la sostiene deve pagare”. L’oggetto del contendere è la protesta iniziata il 6 novembre scorso da un gruppo di lavoratori immigrati che chiedono di poter regolarizzare la propria posizione, truffati da una “sanatoria” a dir poco ingannevole, da padroni disonesti, da circolari del Capo della Polizia che hanno avuto anche valore retroattivo. In 5 all’inizio, a 45 metri di altezza, su una torre residuo di archeologia industriale, in un quartiere a forte caratterizzazione multiculturale, hanno imposto non una lotta disperata e soggettiva ma fatto si che si parlasse di un tema ai più sconosciuto, seguendo l’esempio dei compagni a Brescia. Ora sono rimasti in due, dopo 26 giorni, col freddo che entra nelle ossa, la neve che cade fitta, un vento gelido e la necessità di produrre un risultato. Sabato pomeriggio Mahmud, egiziano, 23 anni è stato costretto a cedere da un principio di congelamento. Un medico di un ospedale era salito sulla torre, grazie ad una scala messa a disposizione dai vigili del fuoco, ad una rapida diagnosi ne aveva disposto l’immediato ricovero, una ambulanza era partita per il pronto soccorso del S. Paolo mentre sotto la torre continuava il presidio di sostegno. Mahmud era stato identificato e lasciato alle cure dei medici, non preesistevano i presupposti per un suo piantonamento. La mattina successiva, il medico lo ha dimesso, una nottata al caldo e ben nutrito lo avevano rimesso in sesto. E’ entrato come era uscito, dall’ingresso principale, non è fuggito. Poche ore dopo, probabilmente a causa di forti pressioni politiche (cfr il vice sindaco), la questura evidenziava con uno strumento non usuale, un comunicato stampa, l’ipotesi di reato verso il medico che aveva curato Mahmud e verso le persone, esterne all’ospedale, che lo avevano accompagnato a curarsi. L’accusa, incredibile ma vero, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’ipotesi verrebbe suffragata dal fatto che il medico che aveva soccorso Mahmud e quello che lo aveva dimesso, sono la stessa persona. Era tornato sul “luogo del delitto”, la stanza di ospedale, per verificare lo stato di salute dell’assistito. Ora l’ipotesi di reato è insussistente e ridicola ma non solo condiziona l’agire di altro personale sanitario ma ricade direttamente sulla vicenda dei due migranti rimasti ancora sulla torre di Via Imbonati. Come si comporterà la questura se anche gli altri scenderanno? In caso di ricovero saranno piantonati come pericolosi delinquenti? O varranno i tentativi di costruire una via di uscita legale con la prefettura, che sembra finora meno ostile a trovare soluzioni di carattere non esclusivamente repressivo? Di fatto il combinato d’uso fra silenti e cani da guardia che occupano un ruolo politico rende lo scenario ancora più fosco, toglie speranze di dialogo ed esaspera sia chi è sulla torre sia chi da sotto continua a portare sostegno. In tutto questo torna lo squisito ed elegante messaggio preelettorale, un immigrato che non è in regola con i documenti, grazie alla tipica bontà padana può anche essere curato prima di essere rimpatriato. Ma per favore, con la palla al piede e due guardie davanti alla stanza.

Stefano Galieni

01/12/2010

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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