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« La rivoluzione schiavist...Don Vitaliano Della Sala... »

Gli studenti rispondono al Presidente della Repubblica che si è dimenticato di parlare delle cause del loro stato

Post n°4196 pubblicato il 03 Gennaio 2011 da cile54

«Noi, ragazzi in rivolta inascoltati e precari»

 

«Noi non scappiamo dall'Italia». Gli studenti rispondono così, con un video, al canonico messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una risposta «dovuta» ci spiegano, «visto che il Presidente ha messo i giovani al centro del suo discorso che ha sancito la fine di un 2010 che passerà alla storia come l'anno della rivolta di un'intera generazione» ci spiega Claudio Riccio del Coordinamento universitario Link. Anche per Tito Russo dell'Unione degli Studenti «le parole di Napolitano sono la dimostrazione di come il movimento studentesco sia stato in grado di aprirsi a tutta la "Generazione P", una generazione di giovani studenti, operai, ricercatori uniti tra loro dalla P di precarietà». Così, se per il presidente Napolitano «i giovani devono essere posti al centro dell'attenzione politica e sociale, e quindi dell'azione pubblica», per i giovani «il presidente Napolitano ha stigmatizzato quello che stiamo denunciando da tempo: la totale sordità del Governo rispetto alle nostre proteste e proposte per un'altra università». Inascoltati e precari, quindi. Per questo, secondo Claudio Riccio, «oltre alla discontinuità rispetto ai messaggi degli anni passati, il merito delle parole della prima carica istituzionale italiana sta nell'aver messo al centro non "i giovani" in quanto tali, ma i giovani come generazione. Una generazione "in rivolta" che è lo specchio del distacco tra la società e le istituzioni democratiche che versano, oggi, in una crisi profonda». Non è un caso, quindi, che gli studenti abbiano risposto «noi restiamo qui». «Noi restiamo qui perché vogliamo conquistare nuove opportunità per la nostra e le future generazioni. Noi restiamo qui perché non vogliamo che l'Italia venga privatizzata. Noi restiamo qui perché siamo già, di fatto, "oltre" il Ddl Gelmini: con le mobilitazioni diffuse in tutto il paese e che si sono unite alle altre lotte contro la crisi abbiamo preso parola, in generale, sul tema della società. Contro la privatizzazione dell'università, abbiamo reso pubblica la discussione su quale "altra" università ma anche su quale "altra" società». Per questo, anche se il presidente Napolitano non fornisce risposta ai giovani che, come ha spiegato nel messaggio di fine anno, «si interrogano del loro futuro», sono i giovani stessi a tracciare il percorso: il 28 gennaio saranno in piazza, come già accaduto il 16 ottobre, con la Fiom. Perché «non è Napolitano a dover elaborare soluzioni: questo è un compito che spetterebbe al Governo o, almeno, alla politica» ci spiega Tito Russo. Ma se dal Governo non ci si può aspettare niente di buono sul fronte della partecipazione, «a preoccupare è la distanza tra le nostre istanze e l'opposizione politica a questo Governo: il Pd quando parla sembra mosso da tante buone intenzioni ma poi si perde in mille rivoli. E allora vorremmo capire se quello che dovrebbe essere il primo partito dell'opposizione sta con noi o è più preso dalla finta discussione parlamentare sul concetto di merito. Ma anche se sta con gli operai o con Marchionne». Inascoltati, precari ma determinati. «Ai problemi della nostra generazione dovremo rispondere noi stessi» concludono: «il movimento studentesco ha iniziato ponendo interrogativi. Quindi chiedendo ascolto. Ora stiamo fornendo le risposte. Stiamo viaggiando non su un piano inverso o contrario a quello del Governo, ma semplicemente su un altro piano. Un piano che porta in piazza le risposte, insieme alle persone». Un piano che ha, in qualche modo, "contagiato" lo stesso presidente della Repubblica. Le parole usate nel messaggio di fine anno assomigliano molto a quelle al centro della discussione avvenuta in Quirinale lo scorso 22 dicembre in occasione dell'incontro con la delegazione del movimento studentesco. «Napolitano pone al centro del dibattito politico - ci spiega Eleonora Forenza, responsabile università del Prc - il rischio che, in questo scenario di crisi economica e democratica, il silenzio al quale è condannata questa generazione privi l'Italia e l'Europa intera di crescita, di sviluppo, di futuro. Contemporaneamente, però, denuncia la sordità del Governo alle proposte e alle esigenze della stessa generazione. Il problema centrale, quindi, è quello della democraticità del nostro sistema politico che vive di scelte calate dall'alto che non fanno altro che aumentare il distacco tra istituzioni e società». E allora, l'unica strada per invertire la rotta è proseguire con il "contagio". Per questo, il miglior augurio da parte degli studenti per il nuovo anno che si aprirà all'insegna della prosecuzione delle lotte con lo sciopero dei metalmeccanici «è di continuare sul contagio iniziato negli ultimi mesi del 2010».

 

Daniele Nalbone 

02/01/2011

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