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Medicina delle Migrazioni: modificare urgentemente la legge sulla cittadinanza per assicurare i diritti dell'infanzia

Post n°4235 pubblicato il 14 Gennaio 2011 da cile54

“BAMBINI E MIGRAZIONI”

DOCUMENTO FINALE DEL CONVEGNO CONGIUNTO SIMM – GLNBI SIP

 

Una delle necessità psichiche fondamentali durante l’età evolutiva è quella della stabilità. I bambini hanno bisogno di sapere di avere un luogo e un tempo sicuri in cui crescere e progettare il proprio futuro. Politiche migratorie che tengano le famiglie in condizioni di precarietà, ad esempio con permessi di soggiorno a cadenza annuale o biennale, che comportano nei bambini un’incertezza anche riguardo alla possibilità di poter continuare il loro percorso scolastico nell’anno successivo, sono potenzialmente assai nocivi sia per la crescita psicologica che per il senso di appartenenza sociale di quelli che saranno gli italiani di domani. Così come lo sono scuole in cui l’inserimento e lo sviluppo di un senso di appartenenza siano ostacolate da norme o risorse (economiche e pedagogiche) non adeguate alle necessità.

Per questa ragione proponiamo tre punti ormai ineludibili per prospettare le basi di un sereno convivere sociale perché riteniamo che la salute psichica e fisica dei bambini stranieri oggi (e cioè degli italiani di domani) sia preziosa, e vada tutelata prima di tutto sul piano sociale, creando le premesse perché possano crescere sereni e sviluppando un senso di appartenenza alla loro patria, che è anche la nostra.

1.Modificare urgentemente la legge sulla cittadinanza che oggi permette l’acquisizione della cittadinanza italiana ai minori stranieri al superamento del 18° anno solo se regolarmente soggiornanti fino alla maggiore età. Chiediamo con urgenza che venga riconosciuto il diritto di cittadinanza italiana (ius soli)     insieme con il diritto al mantenimento della cittadinanza dei genitori (ius sanguinis) a tutti i bambini nati in Italia da genitori stranieri, in osservanza con la richiesta dei genitori e con il rispetto delle norme sulla cittadinanza dei paesi di provenienza. Premesso che l’obiettivo primario da conseguire è lo jus soli che riconosce come cittadini tutti i bambini nati da genitori stranieri regolarmente residenti, si evidenzia come in Europa la posizione Italiana sia attualmente la più restrittiva per la concessione della cittadinanza ai bambini nati da genitori stranieri. Appare inoltre necessario predisporre percorsi agevolati per l’acquisizione della cittadinanza per i minori stranieri che, pur non essendo nati nel nostro paese, vi abbiano trascorso un tempo significativo, in specie di scolarizzazione. Interventi di questo tipo non solo sono protettivi per la salute dei minori, ma si configurano anche come un investimento per la collettività: consentono infatti di non disperdere un capitale di competenze che è costato finanziariamente al nostro paese, che ha sostenuto le spese per la scolarizzazione di questi minori.  E’ necessario inoltre che le procedure per l’acquisizione della cittadinanza, oltre a essere semplici e garantite sul piano legislativo, incontrino anche un iter burocratico sufficientemente snello. A oggi l’esame delle pratiche arriva a richiedere un tempo di oltre tre anni.

2.Iscrivere al SSN e quindi al Pediatra di libera scelta ed al Medico di medicina generale tutti i minori stranieri presenti sul territorio nazionale secondo l’art. 24 della convenzione di New York (diritto del minore al miglior stato di salute possibile) e l’art. 2 della Costituzione (diritti fondamentali dell’individuo): attualmente i bambini figli di immigrati irregolari non godono di questo diritto, con un potenziale danno per la loro salute. Questa richiesta, già formulata nel Documento di Sabaudia della FIMP nel 2007, non ha ancora riscontro su tutto il territorio nazionale. Alcune Regioni, in modo autonomo, hanno cominciato a garantire questa assistenza, ma in molte altre manca.

3.Estensione del Permesso di Soggiorno per gravidanza. Attualmente viene rilasciato un permesso per tutta la durata della gravidanza e per i primi sei mesi dopo il parto, dopo di che scatta l’espulsione della donna e del bambino. Comprensibilmente molte mamme preferiscono non richiedere questo permesso, che in realtà diventa un’autodenuncia, e rimangono nell’irregolarità, non riuscendo così a godere appieno degli interventi a tutela della maternità. Gli indicatori di salute relativi agli esiti al parto ci dicono che i figli di mamme straniere sono ancora assai svantaggiati rispetto agli italiani proprio perché le gravidanze delle loro mamme sono meno protette. Prolungare il permesso di soggiorno per gravidanza a 12 mesi con la possibilità di trasformarlo successivamente in permesso per lavoro proteggerebbe la salute dei neonati e sarebbe un ulteriore intervento di tutela per il futuro. Di fondo, ci sembra anche assolutamente necessario affrontare in modo definitivo la questione della iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari oggi garantita grazie ad una circolare del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2009 prot. 0008899: il “diritto umano” alla iscrizione anagrafica viene “prima” della questione della cittadinanza e attiene ai diritti civili fondamentali dei bambini (vedi le campagne per l’iscrizione anagrafica che molte ong conducono in vari paesi africani etc) e ci sembra fondamentale assumere iniziative che attribuiscano valore normativo al contenuto specifico di tale circolare fornendo così strumenti più sicuri e incontestabili per garantire tale diritto, sancito dall’art. 7 della Convenzione di New York, Legge 176/91 dello Stato Italiano.

Chiediamo ancora, in attesa che vengano accolti e resi esecutivi i tre punti fondamentali, di intraprendere azioni finalizzate per eliminare le seguenti criticità: garantire permessi di soggiorno a lungo termine (almeno cinque anni) alle famiglie con bambini presenti, in specie se questi bambini sono in età scolare (almeno fino al compimento del 14 anno di età), in modo da garantire la possibilità di una ragionevole programmazione degli studi e almeno del proprio futuro prossimo.

Le scuole devono predisporre appropriati percorsi di inserimento didattico dei bambini recentemente immigrati che non conoscano l’uso della lingua italiana. Questi percorsi devono venire integrati nella normale attività didattica delle classi (e non con “classi differenziate”) avvalendosi di insegnanti di supporto e ore aggiuntive per l’apprendimento della lingua, e al tempo stesso favorendo l’integrazione del bambino nel normale gruppo classe. Tutti gli Istituti scolastici devono essere in grado di predisporre specifici programmi di inserimento per i nuovi arrivati, secondo linee guida psico-pedagogiche che vanno elaborate su scala nazionale ma che debbono essere sufficientemente flessibili da adattarsi alle realtà locali. Questi programmi devono essere opportunamente finanziati, ad esempio con quote capitarie (finanziamenti alle singole scuole in proporzione al numero di nuovi allievi stranieri inseriti).

Devono venire predisposti opportuni dispositivi legislativi in modo che al raggiungimento della maggiore età, o al termine degli studi, i minori scolarizzati in Italia non rischino l’espulsione se non trovano immediatamente un contratto di lavoro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno. Appena diventano maggiorenni, infatti, i ragazzi rientrano nella normale normativa degli adulti, e  possono rimanere nel paese solo a condizione che studino o abbiano un lavoro stabile (quanto questo sia facile da ottenere a 18 anni non vale la pena di discuterlo). Una tale normativa può anche significare, ad esempio, per un ragazzino di dieci anni l’espulsione di un fratello maggiore con separazione forzata da questi.

Con lo scopo di promuovere la salute psichica e prevenire il disagio mentale, si suggerisce di finanziare uno specifico capitolo di spesa con la finalità di promuovere interventi per favorire l’integrazione (scolastica e sociale) dei minori di origine straniera nel tessuto sociale italiano, e per accompagnare i piccoli immigrati nei ricongiungimenti familiari a volte difficili (in specie quando la separazione dai genitori sia stata particolarmente prolungata). Interventi di questo tipo, diffusi capillarmente sul territorio, possono aiutare a prevenire, o quanto meno a gestire, condizioni di malessere psichico.

Sempre per la promozione della salute psichica, appare necessario agevolare i ricongiungimenti familiari. Attualmente i parametri abitativi sono assai restrittivi e, se venissero applicati anche agli italiani, molti di noi sarebbero costretti a separarsi dai propri figli. Inoltre i requisiti dovrebbero venire modulati anche sulla base dei legami tra i conviventi, riducendoli ulteriormente se si tratti di nucleo familiare semplice (genitori e figli), rispetto alle situazioni in cui siano presenti altre persone.

Appare inoltre necessario snellire l’iter burocratico: attualmente tra la domanda di ricongiungimento e la sua approvazione possono passare 10-12 mesi.

L’introduzione del consenso-assenso potrebbe essere di aiuto in tal senso. Appaiono anche promettenti interventi sociali in grado di aiutarne la gestione dopo che sono avvenuti perché a volte le difficoltà che le famiglie incontrano sono notevoli. Si suggerisce, inoltre, di consentire il ricongiungimento con le stesse regole anche per i figli maggiorenni inferiori ai 21 anni di età, e in tutti i casi in cui questo serva a non separare i fratelli (ad esempio se le età fossero 22, 16 e 12 anni).

Garantire l’accesso alle scuole per i figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno anche al di fuori della scuola dell’obbligo: attualmente questo diritto non è garantito a chi ha meno di 6 anni o più di 16. Per far questo è necessario anche annullare gli effetti dell’art. 10bis della legge 94/09 (Il cosiddetto “pacchetto sicurezza” e il relativo “reato di clandestinità” istituito) nei confronti di questi bambini e dei loro genitori, o permettere l’iscrizione, come avviene per la scuola dell’obbligo, anche senza la presentazione del documento di soggiorno.

Offrire parità di trattamento nel ricevere provvidenze economiche a tutela della donna, della maternità e del bambino tra italiani e stranieri con permesso di soggiorno in regola; attualmente questa parità è riconosciuta solo ai titolari di carta di soggiorno (permesso di soggiorno a tempo indeterminato).

Sul piano strettamente sanitario la SIMM e il GLNBI, nell’incontro di Chieti del 19 e 20 novembre 2010, hanno ribadito la necessità di elaborare percorsi formativi, strategie di prevenzione e sorveglianza sanitaria, percorsi diagnostico – assistenziali, applicabili in ospedale e sul territorio, per migliorare le conoscenze e gli interventi per il controllo, in Italia, di patologie che, ancorché a bassa prevalenza, costituiscono nel contesto culturale italiano una sfida per il medico e il pediatra e per le istituzioni sanitarie e scientifiche in popolazioni a rischio, per precarie condizioni socioeconomiche o per la provenienza da paesi ad alta endemia.

SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

Formulato il 20 novembre 2010, 21° anniversario della Convenzione di New York sui Diritti dell’Infanzia.  Sottoscritto il 10 dicembre 2010, Giornata Mondiale sui Diritti Umani a 62 anni dalla proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

13 gennaio 2011 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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