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Dal Veneto oscurantista della DC al Veneto fascioleghista, senza soluzione di continuitą. A quando i roghi dei libri?

Post n°4273 pubblicato il 24 Gennaio 2011 da cile54

Quella lista nera che speravamo di non dover vedere

Lista nera. Un termine da film sulla Germania nazista, o sull'Argentina di Videla e dei desaparecidos. In tutta franchezza, malgrado i tempi bui che stiamo vivendo, non pensavo di dover ancora fare i conti, nel 2011, con una definizione come questa. E invece mi sbagliavo, visto che da qualche giorno, grazie alla trovata dell'assessore alla Cultura della Provincia di Venezia - il pidiellino Raffaele Speranzon - una specifica lista nera (comprensiva anche del mio nome, assieme a quelli di una cinquantina di altri scrittori e di circa duemila persone) viene pubblicata su giornali quotidiani e siti internet, con accanto simpatiche definizioni, tipo «gli amici di un terrorista assassino».

La storia è ormai nota, ma vale la pena riassumerla. Il suddetto assessore, sollecitato da un'iniziativa assunta dal sindacato di polizia Coisp, ripesca un appello diffuso sette anni fa e firmato, per l'appunto, da circa duemila persone, tra le quali scrittori, giornalisti, docenti universitari, artisti e intellettuali. L'appello chiedeva alla Francia di scarcerare Cesare Battisti e di non estradarlo in Italia (applicando così la "dottrina Mitterrand" anche in quel caso), sulla base di fondati dubbi in merito alla sentenza che aveva condannato - in regime di leggi speciali e in violazione dello Stato di diritto - lo stesso esponente di un gruppo armato di sinistra all'ergastolo per aver commesso quattro omicidi. In quell'appello, per altro, si poneva una questione più generale, relativa alla necessità di chiudere, a livello politico e non solo giudiziario, una fase pesantissima della nostra storia recente, e cioè i cosiddetti "anni di piombo", puntando a fare una chiarezza - da tutte le parti in causa - che non è mai stata fatta.

Ora, in presenza di una nuova coda della vicenda Battisti (con il governo brasiliano che ha deciso di non estradarlo in Italia, sulla base degli stessi dubbi espressi nel testo di quell'appello di sette anni fa) l'assessore Speranzon ha deciso di lanciare una campagna di boicottaggio dei libri di tutti gli scrittori firmatari, proponendo ai dipendenti delle biblioteche pubbliche veneziane e di tutto il Veneto di togliere i nostri libri dagli scaffali, chiedendo anche alle istituzioni culturali della sua regione di non invitarci a incontri e conferenze, dichiarandoci "persone sgradite". La presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, si è dissociata da questa proposta minacciando di togliere le deleghe a Speranzon, ma subito dopo l'assessore regionale all'Istruzione, Elena Donazzan, ha esteso l'idea anche alle scuole superiori venete (della serie: nessun insegnante deve parlare in classe delle opere letterarie dei firmatari, né adottarle, né inserirle negli scaffali delle biblioteche…).

Un'altra questione: quell'appello esprimeva simpatia nei confronti di Battisti e delle azioni dei "Proletari Armati per il Comunismo"? Assolutamente no, e sfido chiunque a dimostrare il contrario, ma evidentemente chi oggi sta impugnando quell'appello come una clava (o meglio: una spranga) non l'ha mai letto. Per quanto mi riguarda (ma credo valga per tutti), non solo non ho mai condiviso le posizioni e le azioni di chi, ai tempi, scelse la lotta armata, ma le ho apertamente contrastate, consapevole del fatto che, tra l'altro, contribuirono a togliere spazio ai grandi movimenti giovanili degli anni Settanta. E infatti il problema non era (e non è) certo quello di simpatizzare per scelte totalmente sbagliate, bensì di difendere il diritto di tutti ad essere sottoposti a processi equi, non condizionati da legislazioni speciali e mostruose, né da sentimenti di vendetta (e questo, sia chiaro, deve valere per tutti e non solo per i militanti armati della sinistra).

Solo che la questione, oggi, non è quella della correttezza dei processi, o di trovare una soluzione a quella fase in grado di tener conto anche di altre responsabilità (le stragi, i servizi deviati dello Stato, la P2, la Gladio, ecc.), ma è tutt'altro. La vicenda Battisti è solo un pretesto, dietro il quale si nasconde la volontà di mettere a tacere chiunque la pensi diversamente, chiunque osi mettere in dubbio le verità ufficiali, chiunque rifiuti l'omologazione (sub)culturale proposta dai sistemi mediatico e politico (per lo più coincidenti), basando quest'operazione su una sorta di caccia alle streghe (altra definizione che credevamo consegnata alla Storia, quella più cupa) e sulla diffusione di una forma di odio nei confronti di chi continua a pensare che la cultura sia un terreno in cui coltivare il senso critico e il confronto tra idee diverse. Ed è proprio il concetto di "diversità" ad essere al centro di quest'attacco, concepito - guarda caso - in un momento in cui il concetto dominante di democrazia è quello che si basa sull'alternativa «o voti come dico io, o perdi il posto di lavoro» e il nostro Paese viene rappresentato, a livello internazionale, come una specie di postribolo di lusso.

Per fortuna, questa assurda vicenda ha provocato le reazioni indignate (e molta solidarietà nei nostri riguardi, anche in campo internazionale) da parte di tantissime persone, a partire da quelle che non firmarono il famoso appello. E' una buona notizia, sufficiente a farci sperare che questo Paese non sia né morto, né del tutto normalizzato, senza dimenticarci, però, le lezioni della Storia: quando si comincia colpendo i libri e subito dopo i loro autori si sa perfettamente dove si rischia di finire. Pensiamoci.

Stefano Tassinari 

23/01/2011 

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