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Quando a partire eravamo noi. "Cuori nel pozzo, Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone" di Roberta Sorgato

Post n°4354 pubblicato il 15 Febbraio 2011 da cile54

Quando l'Italia vendeva la vita dei propri emigranti

 

«Sono scesa nel pozzo/ ho preso il tuo cuore/ e l'ho portato con me». Cuori nel pozzo, Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone. Fin dal titolo il romanzo di Roberta Sorgato, pubblicato da Marsilio (pp. 288, euro 18.00), sembra non lasciare nulla all'immaginazione del lettore. E nello stesso modo prosegue il racconto delle vicende delle vite narrate nelle quasi 300 pagine che compongono l'opera della scrittrice nata in Belgio in una famiglia di italiani là emigrati inseguendo il sogno di un benessere economico che nella terra d'origine non sembrava proprio possibile. Benessere che non è stato raggiunto, anche per l'arrivo della morte del capo famiglia (che si ritrova nel romanzo).

Di questo libro si è parlato come di un romanzo di emigrazione, un racconto con accurate descrizioni di usi e costumi di un'Italia che non esiste più. Dopo le opere di ricerca sul fenomeno dell'emigrazione italiana e quelle di denuncia delle miserevoli condizioni in cui tanti nostri connazionali hanno vissuto, un romanzo sincero e toccante, con dialoghi e situazioni apparentemente "semplici" e "normali", che rivelano invece la sapienza e la sofisticata abilità dell'autrice nel far snodare il tutto con un montaggio temporale che ci fa ondeggiare avanti e indietro nel tempo, ma senza mai confonderci rispetto a quale momento della storia si stia narrando. Il risultato è una sorta di supporto alla memoria di un paese che sembra proprio molto smemorato, in cui le modalità di accoglienza dei migranti sono molto più dure di quelle che il governo belga riservava ai nostri compatrioti.

Roberta Sorgato ci racconta, in fondo, una storia di tragica normalità. Un amore. Una famiglia che si va formando. Una tragica disgrazia che spezza tutti i sogni. E, nelle ultime pagine, interessante appendice con spezzoni del dibattito parlamentare seguito alla disgrazia in cui perì il padre dell'autrice, anche l'evidenza di come questo paese ci abbia messo più di mezzo secolo per riconoscere quella tragedia, accaduta anche grazie alla complicità del governo italiano dell'epoca. Ed è proprio questo uno degli aspetti più interessanti del libro. Personaggi normali che svolgono vite normali e che cercano in maniera normale di riuscire a condurre una normale vita. Non ci sono eroi. Quello che sarà il finale, è evidente sin dalle prime pagine. E anche nell'episodio in cui si parla delle scorribande di nazisti e repubblichini allo sbando sul finire della guerra, non si descrivono epici scontri, ma il modo in cui un padre disabile si ingegna per nascondere uno dei suoi figli.

Nell'epoca del 3D, degli effetti spettacolari mirabolanti e degli iper eroi, questo bel libro ci restituisce una dimensione quotidiana, riesce a farci legare ai personaggi, ci restituisce la loro intimità e i loro sentimenti senza essere sentimentale o sdolcinato. E ci ricorda di come l'Italia fosse in quegli anni un paese allo stremo economicamente. E di come il Belgio, che usciva dalla Seconda guerra mondiale senza gravi danni alle sue industrie, fosse invece affamato di manodopera. I due governi strinsero così una serie di accordi grazie ai quali c'erano delle facilitazioni per i lavoratori che emigravano in Belgio e le loro famiglie e l'Italia aveva assicurato un approvvigionamento energetico per un certo numero di anni. L'accordo è del 1946. E questo fa si che, attualmente, la comunità italiana in Belgio, che conta oggi quasi 300.000 persone, sia la più numerosa e quella radicata da maggior tempo, assieme alla comunità marocchina (tanto per avere un termine di paragone, oggi in Italia gli immigrati sono circa 4 milioni e mezzo di cui circa 900.000 rumeni e circa 60 milioni di popolazione, mentre in Belgio la popolazione immigrata è di circa 900.000 unità su meno di 11 milioni di popolazione).

Quello che non si diceva però, era che le condizioni di lavoro erano estremamente difficili, in particolar modo per chi sceglieva di lavorare nelle miniere, e i lavoratori che erano impiegati nei punti dove il pericolo era maggiore erano quasi tutti stranieri. Il romanzo colpisce anche perché riesce a far emergere in tutta la loro disarmante drammaticità, le falsità che venivano propinate per incentivare l'emigrazione dei lavoratori e i ricatti che poi subivano anche solo per far valere pochi piccoli semplici diritti. E di come la guerra voluta dalla follia della dittatura fascista avesse ridotto l'Italia a un paese che vendeva i propri figli in cambio di un po' di carbone. La Sorgato, con questa sua ultima fatica, ci regala un'opera estremamente attuale, che dovrebbe essere letta e diffusa per ricordarci tutti la strada che abbiamo percorso. «A tutti gli sconosciuti dimenticati eroi è dedicato questo simbolo d'Amore: a ognuno di loro che, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno barattato la vita con un pezzo di pane per asciugare il pianto dei propri figli».

 

Vittore Luccio

13/02/2011

Dall'inserto di Liberazione "Quando a partire eravamo noi"

 
 
 
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