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Faccenda che assomiglia un po' al conflitto di interessi che non dovrebbe riguardare solo le forze di sinistra e i laici

Post n°4445 pubblicato il 08 Marzo 2011 da cile54

«Senza ragione la presenza del crocifisso nei luoghi pubblici»

 

Sergio Luzzatto, classe 1963, è uno degli intellettuali più brillanti della generazione dei quarantenni. Docente di Storia moderna all'università di Torino, si fa conoscere fin dagli anni '90 per una serie di pubblicazioni importanti ancorché originali, come quella su Il corpo del duce (1998) o su Padre Pio (2007), oltre per aver realizzato altre opere come il Dizionario del fascismo (2002-3) e l'Atlante della letteratura italiana, in via di realizzazione, che sta curando insieme a Gabriele Pedullà. Questa volta ha pubblicato Il crocifisso di Stato (Einaudi, pp. 127, euro 10,00), un attacco senza sconti ad un'Italia incapace di fare della religione un affare privato e di privarsi dunque di quel pezzo di legno e avorio che copre gli enormi spazi bianchi di scuole, ospedali, uffici pubblici e via dicendo. Un vero e proprio manuale di laicità che inizia ricordando la vicenda dello scrutatore Marcello Montagnana, nipote di Palmiro Togliatti, che il 27 marzo 1994 rifiutò di prestare la sua opera in un edificio - una scuola per la precisione che per l'occasione ospitava seggi elettorali - pieno di crocifissi. Come sua moglie Maria Vittoria, che nell'inverno 1987-88 sollecitò il preside a rimuovere quei simboli suscitando una reazione conformista sulle pagine dell'Unità a firma Natalia Ginzburg, scrittrice di grande livello e donna dichiaratamente di sinistra.

 

Professor Luzzatto, l'Italia non sembra capace di uscire dal tunnel della sudditanza al Vaticano e alla religione cattolica. Eppure, come lei ricorda nel suo libro, la Francia e la Spagna, paesi anche loro cattolici, sono riusciti comunque a costruire una propria laicità, cosa che appunto da noi non è successo. Le ragioni sono tante ma la prima che viene in mente è la presenza della Santa Sede all'interno del nostro territorio. Lei che cosa ne pensa?

Penso che il fatto di avere il papa e la gerarchia vaticana in casa sicuramente rende il rapporto con la propria tradizione cristiana e cattolica più complesso e fa apparire la chiesa più invasiva rispetto ad altri paesi cristianissimi. Dopo di che se nel libretto ho ricordato le circostanze del 1860, quella che Cavour stesso aveva chiamato la sua utopia, e cioè restringere la chiesa dentro un ruolo che non la rendesse in qualche maniera una specie di controparte del potere civile, l'ho fatto perché penso che se adesso si parla tanto di Unità d'Italia, se c'è un motivo per cui questo 150° anniversario forse dovrebbe riguardarci oggi è esattamente perché un secolo e mezzo fa ci si è provato a costruire uno Stato laico. Basti pensare soltanto al carattere simbolico di questo prendere possesso del palazzo del Quirinale, dove il papa abitava, da parte di Vittorio Emanuele II, cioè del re d'Italia. E i simboli contano. In quello stesso palazzo ottantacinque anni dopo sarebbe entrato il presidente della Repubblica italiana che ancora oggi continua ad occuparlo. Diciamo pure che la storia del Quirinale ci ricorda che c'è stato un momento in cui l'Italia ha provato ad essere laica. Questo momento ha coinciso con tante altre vicende che sono appunto quelle dell'unificazione avvenuta nel 1861 e con i decenni immediatamente seguenti. Poi invece la storia novecentesca paradossalmente ha fatto registrare dei passi indietro su questo tema.

 

A questo proposito la fase immediatamente successiva alla Seconda guerra mondiale, quella costituente per intenderci, è stata una grande occasione persa per cambiare le cose. Basti citare il caso più importante, quello dei Patti lateranensi, accettati all'interno della Costituzione. Lei nel libro giustamente stigmatizza la politica del Pci, che con un approccio fortemente realistico si rese responsabile di questa decisione peraltro non condivisa dal resto della sinistra...

L'idea di Togliatti che non si potesse governare l'Italia senza in qualche maniera andare ad una convivenza e coesistenza con le masse cattoliche e che la necessità di questo compromesso significasse operare delle concessioni molto larghe non solo alla libertà di culto ma alla chiesa come istituzione, ha pesato fortemente almeno per i primi quarant'anni della storia repubblicana. Però vale la pena di sottolineare che uno statista come Bettino Craxi, che molti di noi non riconoscono come tale, me compreso, nel senso che gli imputano piuttosto responsabilità molto gravi nella degenerazione della repubblica dei partiti e lo considerano un precursore della brutta Italia di oggi, aveva firmato nel 1984 il nuovo Concordato. Il quale avrebbe potuto essere un punto di partenza. Quindi se pure faceva tappa la ritrosia comunista all'epoca della Costituente ad interpretare una politica laica recependo nella Costituzione i Patti lateranensi, quei patti nel 1984 sono stati in parte disdetti. E da quell'anno la religione cattolica non è più stata religione di Stato. Come dimostrano le circostanze che io ricostruisco del caso Montagnana e di sua moglie. Ed altri piccoli, grandi casi di persone che li hanno seguiti e che continuano a battersi proprio sulla base di questa soluzione di continuità che però non ha cambiato nulla al di là delle relazioni diplomatiche e delle sentenze della Cassazione e della stessa Corte Costituzionale. Nel momento in cui la religione cattolica non è più religione di Stato, dal punto di vista del legislatore e delle istituzioni, il crocifisso non dovrebbe più avere ragione alcuna di essere affisso nei luoghi pubblici.

 

Secondo lei perché dopo questa revisione non è successo niente e tutto è rimasto come prima al di là appunto di alcuni spunti giuridici ai quali attaccarsi?

A mio modo di vedere non è successo nulla per un motivo molto semplice: e cioé che la cosiddetta politica laica, o meglio ancora la politica responsabile perché di questo si tratta, cioè quella che sa interpretare i cambiamenti e le novità, non si è fatta carico di normare. E' così in mancanza di una legge sui crocifissi se da un lato non si sono potuti togliere dalle aule dall'altro non si è potuto neanche punire chi, come Montagnana, in veste di scrutatore rifiutò di compiere determinati atti di ufficio. Esistono soltanto delle circolari ministeriali che, come io dimostro, risalgono all'epoca fascista. Stando così le cose i partiti laici hanno avuto 27 anni di tempo per dire, ok è venuto il momento di legiferare. E invece nessuno lo ha fatto.

 

Del resto era impensabile potesse succedere qualcosa del genere con la deriva reazionaria e populista che ha caratterizzato la Seconda repubblica, non crede?

La deriva reazionaria c'è stata sicuramente. Devo dire che questa faccenda del crocifisso assomiglia un po' alla questione del conflitto di interessi che non dovrebbe riguardare solo le forze di sinistra e i laici. Anzi, credo dovrebbero essere i veri cristiani e i veri cattolici i primi a promuovere una rimozione dei crocifissi da quegli spazi che sono profani, quando invece il vero credente vuole trovare il crocifisso negli spazi del sacro e non in quelli secolarizzati o laicizzati. Dunque faccio fatica a dire la destra o la sinistra perché dovrebbe riguardare piuttosto un'idea della cosa pubblica, e gli stessi laici dovrebbero o potrebbero essere collocati anche tra i cattolici come tra li agnostici e gli atei. Perché la laicità non è il contrario della fede ma è semplicemente un metodo di pensiero. E' lo scrupolo di chi vuole distinguere la fede dall'agnosticismo o dall'ateismo.

 

In un passaggio del suo lavoro lei ricorda il proliferare delle immagini di Padre Pio e la possibilità che queste in un futuro possano addirittura sostituire i crocifissi. Si rischia dunque una vera e propria degenerazione della fede?

Padre Pio non è ancora arrivato sopra le cattedre delle scuole o delle aule dei tribunali. Però, come lei dice, questa degenerazione corrisponde ad una specie di materialismo della fede. Con un intreccio di miracolismo, materialismo, new age e quant'altro. Padre Pio non ha ancora sostituiti i crocifissi nelle scuole ma, per esempio, nei cimiteri o in alcuni spazi pubblici comunali è già presente, raffigurato con delle statue. C'è dunque una proliferazione, qualcuno potrebbe dire una metastasi che ha colpito il nostro spazio pubblico. E non devo certo essere io a spiegare ai cristiani che cosa bisogna venerare. Ma sicuramente questa onnipresenza di Padre Pio dice qualcosa della qualità di una certa fede di oggi. Quello stesso Padre Pio diventato una icona bipartisan. Di fronte a quel sepolcro a San Giovanni Rotondo negli ultimi quindici o vent'anni sono sfilati tutti. Di nuovo il discrimine delle politica strettamente intesa non sembra applicarsi a questa storia.

 

Vittorio Bonanni

06/03/2011

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