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Il 6 maggio è una data insufficiente, la Cgil dimostra di avere una direzione debole e incerta

Post n°4464 pubblicato il 12 Marzo 2011 da cile54

Lo “sciopericchio” del 6 maggio: si può fare di più!

 

Dopo un travaglio lungo e doloroso, la segreteria generale della Cgil ha partorito la data e le modalità dell´annunciato sciopero generale. Si svolgerà il 6 maggio (tra due mesi!), durerà solo 4 ore e prevede manifestazioni territoriali invece che un unico corteo a Roma. È chiaro che questo “sciopericchio” (come direbbe Leonardo Sciascia) è un compromesso tra le componenti interne della Cgil, ma non solo.

 

Il compromesso è giustificato da due ragioni. La prima sta nella componente di maggioranza dell´ultimo congresso Cgil, ovvero il tentativo di ricucire l´unità di azione con Cisl e Uil. Un desiderio che dopo le vicende degli ultimi mesi appare non solo irrealistico ma ormai improponibile. Il governo Berlusconi insieme a Cisl e Uil operano da tempo per escludere la Cgil da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione. La parte più concertativa della Cgil vuole evitare che ciò accada. L’indizione di un mezzo sciopero con le modalità sopra indicate è frutto di questa situazione. Non è un caso, infatti, che alcune categorie (Funzione Pubblica, Flc e Fiom) abbiano già dichiarato che per i propri iscritti lo sciopero sarà di 8 ore.

Dall’altra parte c’è un compromesso con Confindustria, con cui la Cgil ha aperto un tavolo di contrattazione nazionale per arrivare a concertare un nuovo patto sociale per il lavoro, che dovrebbe riscrivere le regole di determinazione del salario, i modelli contrattuali, gli ammortizzatori sociali e i contributi fiscali in nome dell’incremento della produttività del lavoro. Per la linea di maggioranza della Cgil si tratta dell´ultima occasione per essere soggetto istituzionale riconosciuto. Così, nel comunicato di indizione dello sciopero non si criticano le posizioni del padronato italiano, che dopo alcuni tentennamenti si è schierato a testa bassa sulle posizioni neo-autoritarie di Marchionne. Obiettivo dello sciopero è solo l’inefficienza del governo (che è molto efficiente, invece, nel colpire i precari con il colpo di spugna sulla possibilità di fare causa alle aziende contenuto nel Collegato lavoro).

In questo contesto, la critica allo “sciopericchio” è sacrosanta. Il 6 maggio è una data insufficiente, la Cgil dimostra di avere una direzione debole e incerta, e che la giusta invocazione dello sciopero politico è stata travisata. Si può pretendere di più: abbiamo bisogno di uno sciopero politico contro

Berlusconi e la precarietà! Chiedere semplicemente che vengano attuate politiche per lo sviluppo (quale sviluppo? Quello dell´automobile e della crescita quantitativa fine a se stessa?) significa accentuare la precarietà. Abbiamo bisogno d’altro e per questo noi convochiamo tutte e tutti agli Stati generali della Precarietà a Roma a metà aprile, dove discuteremo e decideremo le forme di un vero sciopero precario. E si tratta di una strada che non può passare né per scorciatoie né per accordi di vertice: al contrario la sua potenza sarà quella dell’intelligenza collettiva dei precari.

Per questo lo sciopero generale del 6 maggio non ci basta. E non ci basta neanche nella sua versione generalizzata. Dobbiamo costruire sperimentazioni più ambiziose e audaci, sfruttare l’esperienza dei precari e delle precarie, native o migranti, costruire una mobilitazione contro la precarietà che sappia colpire i profitti. Quindi per noi tutti i prossimi appuntamenti diventano verifiche di questo percorso: gli Stati generali della precarietà, la Mayday del primo maggio e lo sciopero del 6 maggio sono il banco di prova che deve portarci alla costruzione di uno sciopero precario.

 

Le realtà di base e di movimento che hanno animato conflittualmente i mesi passati, dalle manifestazioni contro il DDL Gelmini, alla giornata del 14 dicembre scorso, passando per gli Stati Generali della Precarietà e l´esperienza delle realtà autoconvocate del lavoro, pur nella diversità delle soggettività, devono essere unite da un filo rosso che ponga con forza la questione del nuovo welfare, del protagonismo migrante, dell´accesso ai beni comuni (acqua, casa e saperi), del superamento della precarietà e di ogni forma di discriminazione socio-economica.

 

Questa è la nostra scommessa.

 

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10/03/2011

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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