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Messaggi del 02/08/2014

 
 

Il clan Agnelli/Marchionne abbandona Torino e l'Italia, sotto scorta armata dei loro partiti, PD, Forza Italia e Lega

Post n°9004 pubblicato il 02 Agosto 2014 da cile54

 

DIETRO LA DISSOLUZIONE DI UNA AZIENDA UN'INTERA CLASSE POLITICA E DI GOVERNO

Non si tratta solo dell'abbandono di Torino e dell'Italia quale sede legale della nuova società, la FCA, nata dalla fusione di Fiat-Chrysler votata oggi dagli azionisti Fiat al Lingotto. Il problema vero riguarda il disimpegno in atto da tempo riguardo le attività di progettazione e di produzione che hanno ripetutamente disatteso qualsiasi ipotesi di rilancio dell'azienda in Italia.

Disimpegno attuato dopo aver sacrificato diritti lavorativi e occupazione e fatto man bassa di coperture pubbliche. Le rassicurazioni di queste ore della famiglia Agnelli-Elkann e di Marchionne sul "non lasceremo l'Italia" sono aria fritta. La Fiat-Chrysler, ancor più di ieri, agirà nell'assoluto disinteresse dei contesti locali, nella fattispecie del traballante contesto italiano. Quello che non può e non deve essere dimenticato è che se siamo arrivati a questo punto di dissoluzione lo si deve anche all'insipienza dei sindacati collaborativi (con l'esclusione di Fiom e del sindacalismo di base), alle coperture politiche di una classe politica di governo locale e nazionale - Fassino e Chiamparino in testa sul piano locale- che non hanno mai mancato di lesinare il proprio appoggio alle strategie dei padroni della Fiat. Tutti questi signori hanno la loro parte di responsabilità. Tutti questi signori devono essere quanto prima mandati a casa.

Ezio Locatelli

Segretario Rifondazione Comunista Torino

Torino, 1 agosto 2014

 
 
 

Babele applicativa nella definizione degli assistiti e delle prestazioni, esenzione dal ticket e iscrizione volontaria al SSR

Post n°9003 pubblicato il 02 Agosto 2014 da cile54

La salute dei migranti, nella rete delle reti

 

Dove non c’è la volontà politica è tutto un fiorire di “reti”, “tavoli”, “osservatori”, e anche di nuove istituzioni come l’INMP (Istituto Nazionale Migrazioni e Povertà). Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: frammentazione, ritardi, inadempienze, negazione dei diritti. L’assoluta necessità che il Ministero della salute acquisisca direttamente e responsabilmente quel ruolo di governance in tema di tutela sanitaria degli immigrati che da tempo gli viene richiesto.


“Il 20 dicembre 2012 è stato sancito un Accordo in seno alla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (Conferenza Stato-Regioni e PA) che recepisce in gran parte i contenuti del documento “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane” già approvato dalla Commissione salute della Conferenza delle Regioni e P. A. il 21 settembre 2011.
Non è un accordo casuale o inaspettato, è il frutto di oltre 4 anni di lavoro tecnico ma anche di mediazione, di ricerca e analisi, di pressione politica e professionale.
È il frutto di un lavoro di rete istituzionale e non, che segna, a nostro avviso, un modello di relazioni e rapporti tra gli attori coinvolti (settore pubblico, privato sociale e volontariato, istituzioni) nel garantire operatività al mandato costituzionale dell’articolo 32 e della legge 833/78.”

Questo è l’incipit del post di Salvatore Geraci – “Nessuno sia escluso” – pubblicato il 9 gennaio 2013.

Si trattava di mettere ordine in un’inestricabile babele di comportamenti, ma soprattutto di mettere fine a una situazione di enormi diseguaglianze regionali nell’applicazione delle norme nazionali, il più delle volte accompagnata da evidenti e inaccettabili negazioni di diritti dei migranti.

L’Accordo indicava i punti su cui le Regioni avrebbero dovuto allinearsi:

  • iscrizione obbligatoria al SSN dei minori stranieri anche in assenza del permesso di soggiorno;
  • iscrizione obbligatoria al SSN dei regolarizzandi;
  • iscrizione obbligatoria al SSN anche in fase di rilascio (attesa) del primo permesso di soggiorno per uno dei motivi che danno diritto all’iscrizione obbligatoria al SSN;
  • iscrizione volontaria al SSR per gli over 65enni con tariffe attuali;
  • garanzia agli STP delle cure essenziali atte ad assicurare il ciclo terapeutico e riabilitativo completo alla possibile risoluzione dell’evento morboso, compresi anche eventuali trapianti;
  • rilascio preventivo del codice STP per facilitare l’accesso alle cure;
  • definizione del codice di esenzione X01 per gli STP;
  • iscrizione obbligatoria di genitore comunitario di minori italiani;
  • iscrizione volontaria per i comunitari residenti;
  • iscrizione volontaria per studenti comunitari con il solo domicilio;
  • equiparazione dei livelli assistenziali ed organizzativi del codice STP al codice ENI;
  • proposta di estensione del tesserino/codice ENI nelle Regioni/province che non lo hanno ancora previsto.

A distanza di un anno e mezzo dalla firma dell’Accordo, nel corso del Congresso della Società Italiana della Medicina delle Migrazioni che si è tenuto a Agrigento lo scorso maggio, è stato fatto un bilancio dei risultati. Ecco cosa contiene la relazione di Salvatore Geraci[1].

L’Accordo è di per sé cogente ma è uso che le Regioni lo debbano ratificare. Lo hanno però fatto solo in 8 (Lazio, Campania, Puglia, Liguria, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia) e la PA di Trento, ma gran parte di queste non lo applica nel suo ambito più innovativo e qualificante: l’iscrizione al Servizio Sanitario Regionale per i minori figli di immigrati in condizione di irregolarità giuridica. Lazio, Campania, Liguria e Abruzzo aspettano indicazioni ministeriali sul “come fare tecnicamente”; Trentino, Puglia e Friuli Venezia Giulia che in qualche modo prevedevano tale possibilità già prima dell’Accordo, faticano ad implementarlo, in particolare le ultime due; la Sicilia ha pubblicato una circolare applicativa che garantisce il pediatra ai minori figli di stranieri irregolari (STP) e comunitari in condizione di fragilità sociale (ENI); la Calabria, che partiva con un livello estremamente critico di applicazione delle normative nazionali, sta lentamente progredendo anche se con prassi operative ancora molto differenziate nelle varie province.

Le altre Regioni (la maggioranza) non hanno ratificato l’Accordo ma ognuna si comporta in modo assolutamente “originale”: la Lombardia dopo aver dichiarato di non voler assistere i minori “irregolari” attraverso il pediatra di libera scelta (PLS), anche a seguito di una causa per discriminazione intentata da alcune associazioni, ha riconosciuto l’iscrizione al SSR e la possibilità di accesso al PLS ai “minori stranieri irregolari di qualunque nazionalità” fino a 14 anni includendo, giustamente, anche i figli di cittadini comunitari in condizione di fragilità sociale non altrimenti assistibili; sempre per tale fascia di popolazione (minori fino a 14 anni, non comprendente però i comunitari), la Regione Emilia-Romagna ha previsto l’iscrizione al SSR e l’assegnazione del pediatra. La Regione Toscana da tempo garantisce il pediatra ai minori stranieri indipendentemente dallo status giuridico ma, tra i comunitari, limita l’assistenza, senza PLS, ai soli rumeni e bulgari.

Una vera “babele” applicativa! Tali differenze infatti le possiamo trovare anche nella definizione degli assistiti e delle prestazioni, nei livelli di esenzione dal ticket, nella possibilità di iscrizione volontaria al SSR da parte di cittadini comunitari e così via.

Inspiegabilmente poi i lavori del Tavolo interregionale sono stati sospesi per quasi un anno e a luglio 2013 sono state trasferite, ingiustificatamente, le specifiche competenze sulla normativa al Tavolo della mobilità sanitaria che ha partecipato con competenza alla stesura dell’Accordo ma che manca di quella visione ed esperienza di sanità pubblica “applicata” necessaria per rendere accessibile e fruibile il diritto assistenziale. Ciò ha creato un clima di insicurezza e confusione a cui è possibile attribuire parte della responsabilità delle attuali incertezze applicative ma anche ha manifestato l’assoluta necessità che il Ministero della salute acquisisca direttamente e responsabilmente quel ruolo di governance in tema di tutela sanitaria degli immigrati che da tempo gli viene richiesto.

Questi eventi ci dicono da una parte che il modello di rete istituzionale realizzato dal Tavolo interregionale “Immigrati e servizi sanitari”, come già proposto durante lo scorso Congresso SIMM, deve diventare un network stabile e che si offre alle Regioni e P.A. e al Ministero della Salute come punto di riferimento per la programmazione locale e nazionale; dall’altra che nella riorganizzazione del Ministero della salute il tema della tutela degli immigrati, nella sua diversa articolazione (dalle “emergenze” sbarchi, al tema dei richiedenti protezione, dei rifugiati e della loro accoglienza, dalla tutela delle donne all’evidenza di una transizione epidemiologica da governare, dalla presenza della popolazione di rom, sinti e caminanti alla sempre maggiore consistenza di minori non accompagnati, …) deve avere spazio e interlocutori competenti, coesi (collegamenti stabili e funzionali tra le diverse Direzioni) e riconoscibili ); la SIMM con le sue realtà territoriali e eventuali altre specifiche società scientifiche, gruppi nazionali ed internazionali di provata esperienza, possono essere riferimenti puntuali per la lettura del fenomeno e nel fornire elementi e proposte per politiche adeguate . L’Accordo deve essere considerato uno strumento prezioso soprattutto per i GrIS affinchè, attraverso una concreta azione di advocacy , nessuno sia escluso dai percorsi”.

 

Gavino Maciocco

 

1/8/2014 www.migrantitorino.it

Bibliografia

Geraci S. La dimensione regionale: prossimità o discriminazioni? Atti del XIII Congresso Nazionale SIMM, Agrigento, 14-17 maggio 2014

 
 
 

Istruzione sporadica. 33.380, tra docenti e personale Ata, a settembre entrano "fissi", ma coprono solo il turn-over

Post n°9002 pubblicato il 02 Agosto 2014 da cile54

Pochi e sottopagati, sono i nuovi assunti nella scuola italiana

Poche e a caro prezzo. Sono le immis­sioni in ruolo pre­vi­ste dal mini­stero dell’istruzione per il pros­simo anno sco­la­stico: 33.380 assunti tra docenti e per­so­nale ammi­ni­stra­tivo, tec­nico e ausi­liare (Ata). La ripar­ti­zione comu­ni­cata ai sin­da­cati mer­co­ledì scorso pre­vede 15.400 assun­zioni tra i docenti nelle scuola dell’infanzia, pri­ma­ria, media e supe­riore; 13.342 inse­gnanti di soste­gno, pre­vi­sti nel 2013 dall’ex mini­stro Maria Chiara Car­rozza; 4.599 per­so­nale Ata.

Per Mas­simo di Menna della Uil scuola restano vacanti 6 mila posti di orga­nico di diritto per i docenti, nono­stante il piano di assun­zioni abbia pre­vi­sto la loro coper­tura finan­zia­ria che alla fine non è stata garan­tita. A que­sta cifra Mar­cello Paci­fico (Anief-Confedir) aggiunge l’elenco di 7 mila inse­gnanti di soste­gno, 14 mila Ata e i circa 4 mila «Quota 96». Sono numeri che coprono i posti resi liberi dai pen­sio­na­menti, seguendo la rigida logica del turn-over. «Sono numeri molto infe­riori alle effet­tive dispo­ni­bi­lità di posti – sostiene Flc-Cgil — per i docenti su posto comune sono circa il 58%, per i docenti di soste­gno circa l’82% e per gli ATA circa il 35%». Insod­di­sfatti, i sin­da­cati chie­dono l’assunzione su tutti i posti liberi anche per garan­tire le pro­ce­dure di sta­bi­liz­za­zione per i docenti pre­cari che sono al vaglio della Corte di Giu­sti­zia Euro­pea. La pros­sima set­ti­mana dovrebbe essere effet­tuata la ripar­ti­zione effet­tiva dei docenti e pub­bli­cato il decreto.

Per i neo-assunti ci sarà anche un’amara sor­presa: il primo sti­pen­dio da lavo­ra­tori fissi resterà bloc­cato per nove anni. Il Miur ha così mostrato l’altra fac­cia dell’austerità agli inse­gnanti tra i meno pagati nei paesi Ocse: lo Stato rispar­mierà sul primo scatto sti­pen­diale, fis­sato dal con­tratto dopo due anni dall’immissione in ruolo. Chi non ha fatto sup­plenze, ma ha vinto ad esem­pio il «con­cor­sone», dovrà aspet­tarne sette in più per avere un aumento. Dopo essere stati pre­cari, si pre­para una lunga vicenda da lavo­ra­tori sot­to­pa­gati. «Que­sto gio­chino – sostiene l’Anief — è costato agli tra i 2 mila e i 7 mila euro».

Per man­dare in pen­sione gli «eso­dati» della scuola il pros­simo 1 set­tem­bre è stato appro­vato un emen­da­mento nel decreto 90 sul rias­setto della Pub­blica Ammi­ni­stra­zione che l’altro ieri notte ha rice­vuto la fidu­cia alla Camera. Già frutto di uno degli «errori di cal­colo» della riforma For­nero delle pen­sioni, appro­vata dalle «lar­ghe intese» nel governo Monti, i «Quota 96» sono rien­trati nella pole­mica che ha con­trap­po­sto lo zar della spen­ding review Carlo Cot­ta­relli al pre­si­dente del Con­si­glio Mat­teo Renzi e al mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Il respon­sa­bile dei tagli alla spesa pub­blica non ha accet­tato il prin­ci­pio adot­tato dal governo e dalla sua mag­gio­ranza di coprire le spese per il pen­sio­na­mento dei dipen­denti sco­la­stici finan­zian­doli con i risparmi sti­mati dalla sua spen­ding review. «Se si uti­liz­zano risorse pro­ve­nienti da risparmi sulla spesa per aumen­tare la spesa stessa – ha spie­gato Cot­ta­relli sul suo blog – il rispar­mio non potrà essere uti­liz­zato per ridurre la tas­sa­zione sul lavoro».

In poche parole Cot­ta­relli ha espo­sto la legge dell’austerità espan­siva, prin­ci­pio ispi­ra­tore della «ren­zi­no­mics»: si taglia la spesa pub­blica, per finan­ziare i con­sumi (gli 80 euro del bonus Irpef), tagliare le tasse (il 10% dell’Irap per le imprese), man­dare in pen­sione i fun­zio­nari pub­blici. Nei 4,5 miliardi di euro pre­vi­sti, 416 milioni dovreb­bero finan­ziare l’uscita dei «Quota 96».

«L’iter su quota 96 è avve­nuto alla luce del sole» è stata la rispo­sta a Cot­ta­relli del mini­stro Pa Marianna Madia. La deci­sione è stata presa dopo le garan­zie sulle coper­ture finan­zia­rie for­nite il mese scorso dal pre­si­dente della com­mis­sione Bilan­cio, Fran­ce­sco Boccia.

«Se Cot­ta­relli è in vena di dare con­si­gli sull’uso dei risparmi di spesa sulle pen­sioni – afferma quest’ultimo — si rivolga al governo e solo dopo al par­la­mento». «La norma non inter­viene sull’impianto del sistema pre­vi­den­ziale – sostiene Manuela Ghiz­zoni (Pd), pre­si­dente della com­mis­sione cul­tura alla Camera — ma emenda un errore che la stessa ex mini­stra For­nero ha ammesso: non aver rico­no­sciuto la spe­ci­fi­cità del com­parto scuola dove, indi­pen­den­te­mente dal momento in cui si matu­rano i requi­siti, in pen­sione ci si va solo il primo di settembre».

Roberto Ciccarelli

1/8/2014 www.ilmanifesto.it

 
 
 
 

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