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Messaggi del 13/06/2012

 
 

Diminuisce la tendenza masochista di gran parte degli italiani ma si rifugiano nella depressione: astensione e grillismo

Post n°6507 pubblicato il 13 Giugno 2012 da cile54

Non votare chi sostiene Monti

Sono iniziate le grandi manovre dei partiti in vista delle elezioni. Di fronte al solito, sempre più insopportabile spettacolo di palazzi sempre più devastati dalla frana della credibilità, i lavoratori della Fabio Perini di Lucca hanno messo un piccolo punto fermo. In assemblea hanno deciso che non voteranno più nessuno dei partiti che approveranno la controriforma del lavoro. Siamo d’accordo per due ragioni di fondo.

La prima è che la politica, se vuol ancora parlare alle persone normali, deve misurarsi su ciò che conta davvero. Cioè la crisi economica, le controriforme sociali del governo Monti, l’Europa, la Merkel, il fiscal compact e così via.

Invece dopo la disfatta della destra, vediamo che il centro sinistra ha ripreso a discutere con le sue più antiche supercazzole. Centro sinistra classico, con liste civiche, oppure aperto ai moderati… sembra la pubblicità dell’acqua minerale. Si continua così a ignorare che una parte della crisi italiana sta nella confusione e nella indifferenza dei programmi.

 

La seconda ragione sta proprio sul terreno dei contenuti.

Il governo Monti ha scelto la via delle cosiddette riforme strutturali, quelle richieste dalla BCE e dal fondo monetario internazionale. Per il governo l’austerità ed il rigore sono la premessa della ripresa economica. Così abbiamo avuto il più feroce e ingiusto sistema pensionistico d’ Europa, la patrimoniale sui poveri chiamata Imu ed ora la libertà di licenziamento insieme al taglio degli ammortizzatori sociali.

 

Domanda semplice: cosa farebbe un futuro governo Bersani, metterebbe in discussione le controriforme approvate anche dal Pd, oppure no? Tutti sappiamo che un futuro governo di centrosinistra impregnato su chi oggi sostiene Monti non potrebbe certo cancellare ciò che si è approvato. Quindi andrebbe avanti, con un po’ più di compassione, sulla strada che ci ha portato contemporaneamente ad aggravare la crisi economica e a devastare la giustizia sociale.

 

Le controriforme vanno cancellate per seguire un’altra strada. E per questo vanno battuti tutti i partiti che le hanno fatte passare, come è avvenuto in Grecia. E per questo dobbiamo apprezzare e condividere il rigore degli operai della Perini.

 

Non solo perché hanno ragione sull’articolo 18 e sulle pensioni, ma perchè propongono una politica fondata sui contenuti, ben più seria della ridicola riproposizione degli schieramenti che han governato l’Italia negli ultimi venti anni portandola alla rovina.

 

Giorgio Cremaschi

12/06/2012

Fonte: micormega.it

 
 
 

Uno dei pochissimi momenti di democrazia sostanziale in questi ultimi 30 anni. Per questo è inviso alla classe politica

Post n°6506 pubblicato il 13 Giugno 2012 da cile54

Acqua pubblica, a un anno fa il referendum

Il 12 ed il 13 giugno dello scorso anno 27 milioni di piccole gocce d’acqua hanno riempito di partecipazione e contenuti il fiume secco della democrazia italiana. 27 milioni di donne e uomini si sono opposti agli sciagurati tentativi di mettere l’acqua nella mani del profitto ed hanno scritto a chiare lettere che l’acqua è un bene comune.

 

Un bene universale su cui non è possibile speculare.

Un voto chiaro, cristallino, netto e trasparente, che rispecchia la “forma dell’acqua”. Per dirla citando il primo romanzo che ha per protagonista il commissario Montalbano.

 

Un voto che ha dato nuova linfa alla partecipazione in Italia dopo anni di limbo e che ha sancito nuove modalità di fare politica ed un nuovo protagonismo sociale.

Un voto che ha dimostrato anche come si stia sgretolando l’idolatria del mercato instillata da lustri con violente operazioni mediatiche, politiche e culturali.

 

A distanza di un anno esatto da quei giorni, purtroppo i dettami di quel referendum non sono stati ancora attuati ed è  in corso uno squallido tentativo di scippo di quel risultato straordinario.

 

Prima il governo Berlusconi nella manovra estiva, sotto dettatura della Bce, ha ritenuto  opportuno rispolverare il Decreto Ronchi. Poi il governo Monti con  “tecnici” e gruppi di pressione ancora al lavoro per operare un ribaltone sull’acqua.

 

Enti locali  e gestori nel frattempo hanno proseguito con gestioni affidate a Spa e nulla hanno fatto per eliminare i profitti dalla tariffa. Eccezione quella del comune di Napoli che ha puntato sin da subito sulla ripubblicizzazione del servizio idrico.

 

E, come si vede in queste ore a Roma, i soliti noti sono fortemente e visibilmente mobilitati per scippare il risultato referendario. Alemanno e soci le stanno tentando tutte per svendere Acea ai privati.  

 

Ma una scelta netta sul versante della ripubblicizzazione per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico non può certo rimanere impaludata per darla vinta a interessi meschini e a mani rapaci.

 

Proprio per questi motivi il 26 novembre scorso a Roma si è tenuta una bella e partecipata manifestazione promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e che ha visto di nuovo in campo tutte le forze che si sono mobilitate sull’acqua in questi anni. Proprio per questi motivi il 2 giugno si è bissato con un’altra importante manifestazione nazionale del popolo dell’acqua.

Il percorso dell’acqua non si è quindi mai interrotto e deve ora continuare con ancora maggiore vigore perché la straordinaria vittoria referendaria venga  rispettata.

 

A livello nazionale e locale ci sono i percorsi legati all’eliminazione del profitto dal bene comune acqua, la lotta per ripubblicizzazione, il rimettere al centro dell’agenda politica la proposta di legge di iniziativa popolare.

 

A livello internazionale a marzo a Marsiglia c’è stato il FAME (Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua). Un forum che ha avuto l’obiettivo di costruire un'alternativa concreta al 6° Foro Mondiale dell'Acqua (FME) organizzato dal Consiglio Mondiale dell'Acqua, organo delle imprese multinazionali e della Banca Mondiale che pretende arrogarsi il governo mondiale dell'acqua.

Le iniziative internazionali e quelle italiane, come è evidente, si muovono dentro il quadro della crisi mostrando un’alternativa chiara rispetto alle indicazioni di istituzioni europee e mondiali e del governo italiano.

 

Una strada che tutte/i dobbiamo seguire. Perché dalla crisi si esce anche con scelte nette e alternative alla mercificazione dei beni comuni.

 

Davide Pappalardo

12/06/2012 www.rifondazione.it

 
 
 

Roma, bagno di folla per Evo Morales. A confronto i gonfiati leader italiani fanno la figura di trogloditi

Post n°6505 pubblicato il 13 Giugno 2012 da cile54

“Governare è servire il popolo"

 

Davanti a un pubblico di attivisti sociali e sindacali e a rappresentanti dei movimenti, il Presidente della Bolivia ha ricordato le tappe di un processo rivoluzionario che sta portando gli indigeni, i contadini e gli operai boliviani dall'esclusione totale al potere.

“El pueblo unido jamas serà vencido” e “Evo, Evo”. Con questi slogan ieri pomeriggio centinaia di persone hanno accolto il Presidente Morales nel centro congressi di Via Nazionale. Una visita lampo, quella del leader boliviano, che ha permesso ai rappresentanti di tante realtà sociali e politiche della capitale di ascoltare il punto sulla rivoluzione che in pochi anni ha cambiato il volto di alcuni paesi del Sud America e dell’interno continente latinoamericano.

 

Ad introdurre l’intervento dell’ex leader cocalero ci ha pensato Luciano Vasapollo, docente universitario e dirigente della Rete dei Comunisti. “Qui oggi ci sono centinaia di persone, di compagni e di compagne che lottano ogni giorno per dare un futuro e una speranza ai nostri popoli” ha detto Vasapollo affermando che così come hanno fatto i regime democratici e progressisti insediati negli ultimi anni in Bolivia, Ecuador, Venezuela, Argentina, il compito dei movimenti di lotta anche in Europa deve essere quello di impedire che il pagamento del debito rimanga il dogma dominante della politica e dell’economia, e che le risorse pubbliche vadano a coprire e a rilanciare la spesa sociale e il lavoro. “Dobbiamo fare anche noi la nostra Alba – ha detto il docente universitario – perché questa Unione Europea è contro i popoli e contro i lavoratori”. Dopo aver, tra gli applausi, condannato la detenzione dei cinque agenti cubani nelle carceri degli Stati Uniti, Vasapollo ha ceduto la parola a un Evo Morales che ha voluto ripercorrere le tappe più importanti della sua personale avventura e di quella del popolo boliviano.

 

“Quando nel 1992 decidemmo di passare dalla resistenza alla presa del potere non avremmo mai pensato di arrivare tanto lontano. A quell’epoca nessuno tra di noi voleva candidarsi, la politica era considerata una cosa sporca, da cui tenersi alla larga”.

“Per secoli, e ancora pochi anni fa, gli indigeni erano esclusi dalla politica, dalla partecipazione democratica – ha ricordato il leader rivoluzionario – Quando provavamo a fare delle proposte su alcuni temi l’oligarchia ci rispondeva che la nostra politica erano la zappa e il machete, che dovevamo limitarci e lavorare e restare al posto nostro”. Poi l’inizio di un processo politico che nel giro di pochissimo tempo avrebbe portato i movimenti indigeni, i minatori, gli operai e le classi fino ad allora sfruttate al potere e un indigeno alla Presidenza di uno Stato rifondato. “Mi hanno definito assassino, cocalero, narcotrafficante, addirittura il ‘Bin Laden delle Ande’ – ricorda sorridendo Morales – ma passo dopo passo siamo stati capaci di costruire un movimento politico con un programma di governo e nonostante le ingerenze statunitensi e gli ostacoli e le menzogne dei media locali siamo riusciti a ottenere l’obiettivo”. Un risultato, quello raggiunto dai movimenti popolari boliviani, che ha dell’incredibile se si pensa al punto di partenza, negli anni ’90. Dall’esclusione razziale e di classe dal potere e dalla partecipazione della maggioranza della popolazione alle scelte di governo, a un paese che è stato completamente rifondato su nuove basi egualitarie, di giustizia sociale, e con un’ampia rappresentazione di tutte le etnie. Ricorda i due assi dell’azione del Mas – il Movimento al Socialismo – e dei suoi alleati di sinistra Morales: il varo di una nuova costituzione democratica basata sulla democrazia partecipativa e non più fintamente rappresentativa da una parte, la nazionalizzazione delle risorse naturali del paese fino a quel momento in mano a multinazionali straniere. “Abbiamo espropriato anche una compagnia telefonica italiana” ricorda malizioso il Presidente tra gli applausi e le risate della sala. “Quando viaggiai la prima volta in Europa, nel 1989, non potevo credere che in ogni casa ci fosse un telefono. In Bolivia, dove sono nato e cresciuto, il telefono in casa sembrava un miraggio ma oggi abbiamo cablato tutti i municipi del paese” afferma soddisfatto dopo aver ricordato le tappe principali della ‘rivoluzione democratica”: la battaglia dell’acqua e quella del gas, la vittoria elettorale del 2006, la marcia di un milione di persone e poi la vittoria nel referendum per la nuova costituzione, le nazionalizzazioni del 1 maggio del 2006, la vittoria schiacciante nel referendum di revoca del 2007, i programmi sociali che in tempi record hanno ridotto l’analfabetismo e quasi azzerato l’abbandono scolastico, le infrastrutture. E poi l’affondamento della piano di integrazione colonialista promosso dagli Stati Uniti – l’Alca – e la promozione di una alleanza continentale basata sulla giustizia e le relazioni di reciprocità: l’Alba.

“Solo 60 anni fa l’Onu si è accorta che gli essere umani hanno dei diritti, ora è venuto il momento di riconoscere i diritti anche alla Madre Terra” afferma solenne Morales. “Occorre coniugare sviluppo sociale ed economico con la difesa della natura” ribadisce, criticando una lettura della difesa dell’ambiente di ostacolo allo sviluppo e al progresso che spesso viene agitata strumentalmente, denuncia il Presidente, da quei paesi colonialisti e imperialisti che poi neanche firmano il Protocollo di Kioto.

Non sono mancati, ricorda Morales, i tentativi da parte degli Stati Uniti e delle oligarchie locali di bloccare il processo rivoluzionario e di rovesciare il governo: i tentati golpe in Bolivia, e poi quelli falliti anche in Venezuela e in Ecuador. E purtroppo quello riuscito in Honduras. “Per questo noi diciamo che vinciamo sugli USA con un punteggio di 3 a 1” sdrammatizza il Presidente. “Dico spesso che gli Stati Uniti sono l’unico paese del continente in cui non ci sia stato un colpo di stato. E sapete perché? Perché è l’unico paese del continente in cui non c’è un ambasciatore degli Stati Uniti” scherza, provocando l’ilarità dell’attento pubblico.

 

E poi una chiusura molto apprezzata dagli attivisti – movimenti per il diritto all’abitare, sindacati di base e conflittuali, partiti e organizzazioni politiche della sinistra, comunità di vari paese del Sud America, collettivi antifascisti e studenteschi, rappresentanti delle diplomazie latinoamericane in Italia – che si assiepavano nelle due sale del centro congressi di Via Napoli. “Quando sono diventato presidente ho ridotto il mio compenso da 40 mila a 15 mila bolivianos, e così ho fatto per ministri e alti funzionari. Essere autorità, governare vuol dire servire il popolo, non cercare di arricchirsi a spese del popolo. Governare vuol dire sacrificarsi e impegnarsi per il bene comune” ha concluso il Presidente della Bolivia tra gli applausi, mandando un sincero messaggio di solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia Romagna.

 

Marco Santopadre

12/06/2012 www.contropiano.it

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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