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IL DIRITTO ALLA FELICITA'

Post n°224 pubblicato il 03 Maggio 2008 da Akilleys
 

Ieri dopo pranzo stavo allegramente lavando i piatti (vedeste che spettacolo: le stoviglie sporche a sinistra, in mezzo i detersi o i detergendi, a destra i pronti alla sciacquatura... tutto un flusso ordinato e ritmico degno della logistica quella con la elle maiuscola, la migliore...) (me le faccio e me le dico: embè, questo mi resta da fare...) quando la mia attenzione è stata attratta da un programma su RaiUno.
In sostanza si discuteva della scelta di un bel giovanotto dagli occhi azzurri azzurri, che un giorno arrivò a casa e disse a mamma e papà: "Voglio farmi prete!". Niente di male nel dirlo, pensarono i parenti, è che poi l'ha anche fatto, e questo a suo tempo turbò non poco i due cari genitors.

Ospiti in studio c'erano -tra gli altri- Ivan Zazzaroni e Emanuela Falcetti, due persone che hanno molte cose in comune. Innanzitutto non attirano in modo particolare la mia stima (e chissene direte voi... però, siete proprio simpatici oggi, eh?!?...), poi altra cosa che hanno in comune è che entrambi hanno costruito sulla chiacchiera un lavoro, ma soprattutto che entrambi concordano sul fatto di non condividere per nulla la scelta fatta dal giovine in questione.

In particolare, la cosa che li spaventa nel profondo, che rimescola loro l'intimo come cemento in una betoniera è non tanto la scelta religiosa in sè e per sè, quanto piuttosto che così questo povero e sprovveduto ragazzo (quante cose la vita ha ancora da insegnargli!) aveva fatto una scelta assoluta, non più revocabile.
Il Zazzaroni si dichiarò calorosamente contrario a questo modo di fare: eh no eh! no alle scelte assolute, perchè sono sbagliate, in quanto poi non puoi più ritornare sui tuoi passi. A mio figlio non lo permetterei mai.
La Falcetti invece si spingeva più in là, affermando che di fronte alle scelte assolute uno si priva del proprio diritto alla felicità, che è un diritto -a suo dire- irrinunciabile.

Può essere che anch'io non capisca molto di queste cose, anzi è più che probabile date le oggettive mie condizioni. Però se vado un po' a ravanare all'interno nei miei meandri in sincerità mi sento più vicino alla sensibilità del ragazzo che a quella dei due illustri ospiti.
Una scelta cosiddetta assoluta non è un qualcosa che ti viene imposto, non c'è nessuno che ti punta una pistola alla tempia e che ti dice "fatti prete!" oppure "sposati!" oppure "fai un figlio!".
Non per questo però non esistono delle persone che affrontano questo tipo di scelte. Anzi, a mio modo di vedere, i momenti più forti, più emozionanti e più completi di una esistenza sono legati a queste scelte importanti e allo spirito con cui le si affronta.
Volete mettere che differenza passa tra una persona che si sposa, convinta e persuasa con tutto sè stessa che quella che ha davanti sarà la persona con cui condividerà tutta una vita, nella buona e nella cattiva sorte, finchè davvero morte non li separi, e una che si sposa, ma che pensa che mal che vada si è in regime di separazione dei beni e l'amico è un buon avvocato? Non vi sorge una vaga ma irrespirabile sensazione di °°°tristezza°°° di fronte alla seconda?

E poi, che vuol dire "diritto alla felicità"?
Che per tale diritto puoi rimangiarti tutte le tue promesse e decisioni, a discapito di tutto e di tutti?
A me questa di Zazzaroni e Falcetti (ma non solo loro) pare una concezione dell'esistenza che svolazza molto radente al concetto di opportunismo. In un certo senso, traspare la volontà di tenersi sempre una porta aperta in caso di problemi. E' un modo di rapportarsi "previdente" e "tattico" nei confronti della vita, molto incentrato su sè stessi. Lo puoi fare magari se devi comprare una casa, ma quando coinvolgi altre persone?

Qualche post fa riportavo la frase di un pensatore tedesco, che diceva che non c'è davvero bisogno di tattici raffinati, ma di uomini aperti, semplici e dritti. Quelle parole ogni volta che le leggo mi aprono il cuore: come si fa a non concordare?
Ritorno sempre al matrimonio, che è uno di quei momenti forti di cui tutti hanno idea o esperienza. Io penso che ognuno di noi in quel giorno preferirebbe con tutto sè stesso avere di fronte una persona aperta, semplice e dritta che un tattico raffinato. O no? E allora perchè non esserlo noi per primi?

Forse il nostro diritto alla felicità sta nel poter scegliere di essere delle persone aperte, semplici e dritte, nonchè di affidarsi a persone che ti danno questa sensazione: così vai là, metti loro in mano le tue cose e vedi un po' cosa ne fanno, sperando nel meglio. Te ne rompono qualcuna? Pazienza, se vuoi loro bene, le riaggiusti e gliele rimetti in mano con una carezza e un sorriso, perchè probabilmente -non l'hai fatto apposta- anche tu ne hai rotta qualcuna a loro, e ti piacerebbe avere un'altra chance.

 
 
 
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