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DESTRA E SINISTRA, LA PINA E L'AMORE... E SUL BISOGNO DI UNA TERZA DIREZIONE... (... una troppo lunga dissertazione filosofico-sociologica-ingegneristica su non so bene cosa... community non bannarmi...) Sotto la doccia di uno spogliatoio maschile, dopo un'intensa nuotatina, voi non immaginate nemmeno quali discorsi possano saltare fuori... Direi che innanzi tutto c'è da definire quello di cui si parla: destra e sinistra non esistono più come le si intendevano una volta. In soldoni, destra un tempo significava conservazione dell'esistente, difesa degli interessi dei grandi possidenti, e quindi stato autoritario e di polizia (che potesse preservare tali interessi). Sinistra significava spinta al cambiamento, ripensamento della distribuzione delle ricchezze, estensione dei diritti. Recentemente poi la cosiddetta sinistra in Italia è stata spazzata via alle elezioni, e questo comunque è una prerogativa di quello che son diventate destra e sinistra nel nostro paese, non ha alcuna attinenza con andamenti generali del pianeta. Basti pensare che un intero continente, il sud America, è praticamente in mano alle sinistre. Dunque quello su cui esprimerò il mio personalissimo parere riguarderà solo il caso italiano, che è piuttosto sui generis (ma forse nemmeno troppo). Dunque per fare un quadretto secondo me abbastanza somigliante -e piuttosto in analogia con quanto afferma un tal Raffaele Simone- in Italia la destra ha assunto una forma particolare: si è fatta paladina di uno stato minimo, che ostacola l'intervento del pubblico nella gestione dei servizi (scuola, università, sanità, poste, trasporti, energia, addirittura acqua) e che vede in certe altre rappresentanze (la giustizia, il fisco, i piccoli gruppi indipendenti) più un pericolo che un servizio per la popolazione. Rappresenta sempre i grandi interessi, ma lo fa più da un punto di vista finanziario e mediatico che industriale. Ha come valori pubblici il consumo, il divertimento, il successo, che non manca occasione di pubblicizzare in modo quasi totalitario (avendo un forte controllo in ogni mezzo di comunicazione). Si può anzi dire che non riconosca altra classe che la borghesia, dato che precari, immigrati, operai, manovalanze in genere, studiosi, scienziati, artisti, pensionati (quelli poveri) e altre minoranze vengono totalmente ignorati. La destra in Italia appare interessata solo ad espandere i consumi e a proporre un modello di vita borghese-consumistico, aiutando quello furbetto magari, specializzato a far i comodi suoi in barba a tutto. E la sinistra? La sinistra non esiste semplicemente. La sinistra non propone niente. Non ha grandi ideali da promuovere, ma nemmeno soluzioni ai problemi spiccioli (e in questo non si differenzia dalla destra). Una volta la sua classe sociale di riferimento era quella operaia, ma ora nessun politico di sinistra si azzarda nemmeno a ventilare l'idea di una vita proletaria: è una visione dell'esistenza troppo restrittiva, troppo pauperistica per una società che ormai ha abituato il suo naso ad altri profumi. Ma la cosa che destabilizza di più di questa politica moderna, e che secondo me giustificherebbe l'accensione degli animi, è per l'appunto l'uniformità di pensiero, la mancanza di alternative alla visione di vita che il nostro sistema inteso come destra e sinistra, imprese e media ci impongono giorno dopo giorno. Da una parte una folla immensa di persone che si indirizza sempre più alla ricerca del divertimento, delle vacanze, dello svago e ad aspirare ad una vita da borghese benestante. Mi viene in mente l'impresentabile Veltroni, per il quale la più grande preoccupazione, con le casse del comune a picco, era quella di organizzare (e pagare coi soldi dei romani, ora con i soldi di tutti...) le notti bianche di Roma. I cittadini a quello devono pensare. Una sinistra sinistra. E' disturbante poi constatare giorno dopo giorno come un certo modo di ragionare e una certa modalità di impostazione delle questioni si stia diffondendo a macchia d'olio, e pare appiattire ogni peculiarità comportamentale. Per fare un esempio, direi piuttosto ridicolo e magari inappropriato ma che rende abbastanza l'idea, l'altra sera mi è capitato di sentire un pezzo di la Pina. Dicesi la Pina quella voce che parla a Radio DeeJay più o meno all'ora in cui si esce da lavoro alla sera, attorno alle sei. In sostanza una ascoltatrice chiedeva a tale la Pina questo: "Io ho trovato l'uomo della mia vita, con cui mi trovo benissimo, che stimo, con cui posso parlare, che mi tratta bene e che mi sento proprio di amare. Però c'è un problema. Siamo andati a letto assieme, ed insomma, non c'è stato tantissimo feeling. Con altri provati in precendenza (nda si presume non con tutti comunque...) ce n'era stato di più. Cosa devo fare?!?" Dunque la voce la Pina, dall'alto della sua saggezza, le suggeriva: "Mollalo. Perchè poi a lungo andare te ne penti. Cosa ci stai a che fare con lui? Devi pensare a godertela!" Al di là del fatto che a molti -e penso anche a qualcuno di voi- piacerebbe moltissimo che la propria ragazza parlasse del vostro rapporto alla radio (e che poi facendolo in questi termini sono sicuro la stimereste molto di più...), al di là dell'importanza della conversazione e al di là di tutte quelle che sono delle scelte personali e dei punti di vista francamente soggettivi (e che sempre francamente importano assai poco), a me preme sottolineare un certo altro aspetto che scorre silenzioso tra le parole di questa conversazione. Una sorta di background culturale, che si può rilevare in mille altre situazioni differenti di tutti i giorni. Quello della Pina e della sua ascoltatrice è un concetto di amore -comune a molti- che è borghese-consumista, e che fa supporre che entrambe abbiano una visione di tutti gli aspetti della vita che sia tarata ormai solo su quella scala. In che senso? Nel senso che nelle scelte della vita (lavoro, famiglia, rapporti personali, notizie liete oppure difficoltà) il loro modo di impostare il problema sia sempre delineato seguendo la stessa scala di parametri e gli stessi modelli comportamentali. Questa è la concezione di amore di un benestante che va in un negozio, che si prova un bel po' di vestiti e che poi ne sceglie e ne paga uno, in tutta comodità. Poi a casa, lo lava e si accorge che ha un buco in una manica, e lo riporta al negozio perchè difettato. Quindi il partner deve funzionare, e deve funzionare bene. Deve garantire certi standard, altrimenti è difettoso, e lo si riporta indietro. Non sono ammessi scarti dalla deviazione statistica, definita da precisi modelli mediatici. E' come in fabbrica, c'è un controllo di qualità che elimina i pezzi che fuoriescono dagli standard definiti (... da chi?!? chi li definisce questi standard nella vita?!?...) Però... ci possono essere altre maniere di vedere e di valutare le situazioni. Può essere che uno che ami non ti valuti con la scala degli standard in mano. Che non ti aspetti al varco per vedere come ti comporti, se necessario al massimo ti aspetta e basta, finchè gli è possibile e magari un attimo di più. Più che ad un cliente danaroso che entra in un negozio, si potrebbe pensare ad un contadino che ogni giorno si alza presto per andare a coltivare il suo pezzo di terra. Che lo cura con attenzione e al meglio di se stesso, che accetta le stagioni magre e festeggia con soddisfazione quelle grasse. E che vuol vivere -felice- col suo pezzo di terra, sapendo che la sua terra è un po' la sua vita. Ma quanta resistenza interna si è in grado di opporre, oppure quante alternative siamo ancora in grado di produrre a questo pensiero unico, a questo immaginario comune, quando il nostro orizzonte è inquinato a monte da un'impostazione che tutti -destra e sinistra, con l'aiuto martellante dei media e delle imprese- da decenni propongono con feroce costanza? |
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