Creato da alfazulu31 il 06/07/2011

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A volte capitano giornate che a pensarle non diresti mai poi accadano davvero I parte

Post n°130 pubblicato il 17 Settembre 2013 da alfazulu31

 

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La compagnia era davvero noiosa, più del solito. Me ne accorsi subito dopo i saluti di benvenuto. Lavoro, tasse, politica, calcio e formula 1, questo mi aspettava. Ma d’altro canto era la punizione che mi davo una volta all’anno una specie di tentato suicidio all’amicizia antica.

Una mattinata iniziata per i più con una sveglia quando il sole era già alto, non per me. Mi ero svegliato presto ed ero andato a procurarmi dei croissants freschi al forno di Luca, l’amico che conoscevo da sempre con cui si pescava la notte. Evitai accuratamente di comprare i giornali, avrei dovuto tra l’altro spendere un capitale, gli ospiti erano di estrazione politica diversa o meglio così amavano far credere. Li invitavo apposta per vederli prima dialogare, poi discutere, accalorarsi e litigare perdendo ogni residuo di controllo e civiltà. Ipocrisia, quando se ne sarebbero andati si sarebbero abbracciati con la promessa di rivedersi presto. Si, all’anno dopo, quando, sempre io, li avrei radunati ancora.

Non li sopportavo più da parecchio. Avevo provato a dire loro, prima nelle discussioni di gruppo e poi singolarmente, che parlavano di aria fritta, ma non era servito a nulla. Ricchi sfondati, tutti. Chi giocava al dittatore, chi al paladino del popolo. Stronzi che non avevano mai dovuto far fatica per mettere insieme il pranzo con la cena.

Alcuni accoppiati, altri divorziati ma con al seguito l’accompagnatrice di turno (ho sempre pensato che Giovanni le pagasse, era troppo idiota oltre che un ciospo da far rizzare solo i capelli, a lui che ne erano rimasti pochi, nemmeno quelli).

Arrivarono alla rinfusa disattendendo le mie richieste di radunarsi tutti al cancello e di chiamarmi solo allora. Spiccavano per assenza di attenzione nei confronti di chiunque. Feci la strada che mi separava dal cancello automatico, ma apribile solo da due passi, non so più quante volte. Li mandai a cagare tutte le volte e tutte le volte la stessa risposta: “Sempre il solito buontempone”. Che teste di cazzo di “vecchi” amici che avevo.

Quando furono tutti entrati preparai un paio di moke di caffé, misi sul tavolo i croissants, divisi per farcitura (conoscevo a memoria le loro abitudini), e finalmente ci sedemmo sulle sdraio distese al prato a rimirare, io, quel panorama che non mi stancava mai.

Eravamo in un residence, dove da tempo avevo l’ultima casa di testa, in fondo alla ripa quasi a lambire l’acqua, in una dei tanti lotti in cui il complesso era diviso e in cui passavo i mesi da giugno a settembre. A due passi la piscina di forma irregolare, vagamente dall’alto sembrava ad un fagiolo. Azzurro che risaltava fra il verde del prato curatissimo e il blu del lago.

Si, il panorama era il lago e le cime che lo incorniciavano, le barche a vela che ondeggiavano, i gabbiani e gli aironi e il loro volo, gli svassi e le loro immersioni, le nubi che correvano, i raggi del sole e la brezza leggera che soffiava.

 

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 Loro già dentro il chiacchiericcio che sarebbe finito solo alla fine della giornata.

L’offerto del tour operator, io, durava due giorni, un fine settimana. Comprendeva:

colazione, pranzo, cena, pernottamento, colazione, pranzo…

Sapevo che non si sarebbero fermati per "l’ultima cena" della domenica. Impegni improbabili per tutti. Ma sarebbero tornati l’anno dopo con i loro impegni improbabili. Meglio così.

Eravamo in undici, tutti abbondantemente sopra i cinquanta. Tutti accoppiati come sempre, tranne io, come sempre.

Carlo e Maria, Roberto e Graziella (la sua compagna, si dice così, da circa tre anni. Pallosissima e quasi muta), Marco e Luisa, Franco e Lidia (altra compagna, splendida, colta, interessante, che cazzo ci faceva con quel animale di Franco?), Giovanni e Cristina (new entry, spettacolo della natura. Ah lei sotto i cinquanta abbondantemente così a colpo d’occhio). Maria e Luisa le mogli ufficiali, che dire, le classiche mogli fotocopie, tanto che si sarebbero potute chiamare, accomunandole, Marialuisa entrambe.

Io chi sono?

Sono un scrittore, non ricco, ma senz’ombra di dubbio benestante. Vivo nella casa che mi hanno lasciato i miei nella periferia giù in città,. Quattro locali, cinque per cinque di una volta, in una cascina con il suo fienile e un pezzo di terra e la siepe a recinzione. Non scrivo bestsellers ma piccole storie di nicchia, ho il mio pubblico come si dice, arrotondo con la scrittura di articoli su diverse testate sempre locali di diverse regioni. Insomma non m’ammazzo di fatica, il sudore devo corrergli dietro negli hobbies. Ogni tanto una pagina addobbata da qualche mia foto e qualche mia pittura. Non so dipingere, ma lo faccio solo per fare dispetto a quel idiota dell’insegnante delle medie, la Cuciaro,  che mi maltrattava. Una che premiava chi sul tema “il razzismo” disegnava campi di cotone e negri incatenati a raccoglierli e criticava (riassunto in un bel 2 meno meno) me, che dividevo in due il foglio bianco, ne coloravo una parte di nero e aggiungevo nel settore bianco cerchi neri (tanti a servire) e bianchi in quello nero (pochi a comandare). Quando stavo in città, una sera si ed una no, suonavo in una osteria con un trio bluegrass, in cambio si cenava gratis e le libagioni erano abbondanti. E poi mi divertivo e, anche se gli amici non l’hanno mai saputo perché non avrebbero mai potuto  frequentare un locale di così basso livello per loro, rimorchiavo alla grande.

Non mi ero mai sposato né avevo convissuto come va tanto di moda. Ero e restavo un cane sciolto e questo a loro dava un immenso fastidio. Non parlavo mai di donne, loro solo di quello. Ovvio quando le accompagnatrici più o meno ufficiali erano a distanza di sicurezza.

Carlo esordì: “E bravo il nostro Andrea, sempre da solo con i suoi libri, i suoi scritti, le sue contemplazioni e i suoi articoli, le sue passeggiate, le nuotate, le remate, le …che ci invita ancora qui”

Maria a seguire: “Chissà come fai a resistere per quattro mesi qui senza una donna”

Giovanni (quello ciospo che più ciospo non si può): “Perché in città l’abbiamo mai visto accompagnato a qualche donzella? Ahahah”. Ciospo e stronzo, un’accoppiata che si rilevò…perdente.

Roberto uno per cui  mettere insieme due parole era un’impresa: “Io non resisterei per più di una settimana in questo posto. Troppo umido”. La stessa identica battuta di due anni prima. Ne aveva due, le alternava, secondo me se le segnava su un taccuino per non sbagliare, perché in effetti non sbagliò mai a ripetersi per due anni di fila. Era un pluriripetente alternato.

Cristina, la tipa che accompagnava Giovanni (lo stronzo) e che era nuova del gruppo guardò prima me negli occhi e dopo gli altri e lasciò andare il suo timbro per un tempo superiore al  “piacere” con cui mi aveva accolto: “E’ un posto meraviglioso e se lui si sente bene qui non comprendo le vostre ironie che mi sembrano virare al sarcasmo”. “Oh cazzo! Giovanni ha rimorchiato una col cervello e col fegato” pensai senza indagare oltre.

“Cristina per piacere è la prima che volta che ti porto con gli amici fai che ci sia la seconda” "Minchia che classe Giovanni!” pensai in un silenzio che si specchiava in quello di Cristina che guardava già silenziosamente il lago.

 “Ora amiche ed amici miei, ritenetevi liberi, io preparo per la grigliata, la piscina vi attende, nella settimana di Ferragosto non c’è quasi nessuno, la tavola d’olio che è oggi il lago vi darà le risposte, per quelli che volessero cercare prima le domande ahahahah”. Mi arrivò un sottovoce di Giovanni a cui non diedi seguito “…ma vaffanculo rompicazzo”. Mi divertiva troppo il controllo delle emozioni, le mie, e l’esplosione delle loro.

Per la grigliata le donne si offrirono di aiutarmi ma le invitai a godersi il tempo immergendosi nello spazio che le circondava. “Mi basta che resti solo una di voi e visto che Cristina è l’ultima arrivata che ne dite di farle pagare pegno?” Cristina dentro un sorriso “Andrea, preparati ci so fare tra i fuochi dei fornelli”. “Vedremo, sono uno chef esigente, ti metto alla prova allora, ma non ti darò voti, non sopporto nemmeno i giudizi.” Il sorriso di risposta era già una sfida.

Cristina sa dialogare, sa mettere a proprio agio l’altro, sa distaccarsi dalla sua bellezza…non ho dubbi stavolta Giovanni l’ha pagata. E’ una professionista. Sono attimi di silenzio è troppo intelligente comprende che ho capito e tira fuori un altro dei suoi sorrisi, il migliore della giornata, sino ad allora. Giovanni è un cretino ma sa scegliere bene, il suo problema è che resta un cretino, mai fatto sforzi per evolversi.

Lidia, con un gesto ad accompagnare le altre: “Ma si  Cristina resta pure tu, Andrea non sarà bravo con le donne ma è di sicuro una compagnia migliore di Giovanni ahahah.” Mi fece l’occhiolino Lidia, sapeva bene che mi piaceva e sapeva bene che di donne me ne intendevo come nessuno lì dentro, ma aveva fatto la sua scelta di vivere la noia.


alfazulu31


* immagini prese dal web, forse saranno sostituite con foto originali.

 

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** per chi rilegge, ho variato il nome Adele con Cristina, mi è venuto in mente che ho un amica da quelle parti, chissà se leggerà :)


 
 
 
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