Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Terremoto

Post n°171 pubblicato il 16 Agosto 2007 da falco58dgl
 

In Perù un sisma violentissimo, di 7, 9 gradi della scala Richter ha completamente distrutto la città di Pizco e causato (ma il numero è destinato ad aumentare di dieci volte) 500 morti e 4000 feriti.

Questo è un video sulle distruzioni

Nel 1985, un terremoto della stessa magnitudo ha semidistrutto il centro di Città del Messico, provocando più di 20.000 morti e centinaia di migliaia di sfollati. Uno di quelli ero io, costretto ad abbandonare la mia casa gravemente lesionata dal sisma.

                                          (Città del Messico, 19/09/1985)

Ore 7 e 19 del mattino. Una mattina nuvolosa di settembre. Due persone abbracciate in un letto che non riesce ad essere matrimoniale. Està temblando, Claudio. Come? Fammi dormire, Isabel. Muoio di sonno. Claudio, si muove tutto, alzati, in fretta. Una scossa di terremoto, è normale. Alzati, per Dio, alzati, non è come le altre volte.

 -         Non è la prima volta che mi toccava un terremoto. Il Messico è zona sismica, al largo di Acapulco e lungo tutta la costa dell’America Latina si sfiorano due grandi faglie che ogni tanto si scontrano, liberando tutta la loro energia. Ma, in passato, si trattava di piccole scosse, quindici o venti secondi e via. Ma adesso  no, l’intensità cresce progressivamente, le oscillazioni diventano sempre più estese, simili a onde lunghe che investono una barca. Tutto scricchiola vibrando, una forza superiore scuote la casa dalle fondamenta,  rovescia pile di libri, fa cadere i mobili come se fossero di carta, sovverte il tranquillo disordine dell’appartamento. Mi aggrappo alla porta della stanza per non cadere, per non cadere sul pavimento che sembra diventato un tapis roulant, Isabel s’afferra a me con disperazione, come un naufrago a un salvagente-.

A un tratto parve loro che il movimento diventasse sussultorio e volesse coinvolgere rabbiosamente tutta la città nella sua rovina, mentre la lampada della camera da letto sbatteva più volte contro il soffitto. Poi entrò il silenzio.

  -         E’ finita, sant’Iddio, è finita. Mi guardo intorno con smarrimento, cercando di ritrovare le immagini ordinarie. Sul pavimento mobili  rovesciati, acqua nel corridoio, sul balcone piante divelte. Non vedo niente, mi affaccio al balcone e non vedo niente. Fumo e polvere, una nuvola spessa simile a nebbia che copre gli edifici, la strada. Quando la cortina si dirada, scorgo una moltitudine di persone simile a un esercito di sfollati che cammina nel centro della  strada, tenendosi lontana dai marciapiedi. Lo sguardo sale ai palazzoni di fronte. Lì una sbrecciatura, davanti un balcone crollato, in fondo intravedo un tetto mezzo sfondato. Decine di sirene, di allarmi stridono senza interruzione  non si sa da dove.

 Il telefono. Come state ? Bene, mamma, stiamo bene, però è stato spaventoso. Lo sapete che è successo a Tlatelolco? No, che è accaduto. Accendete la televisione, ci sono migliaia di persone sotto le macerie. Non restate lì, non è sicuro, venite da noi.

 -         Il tam-tam telefonico allarga gli scenari del disastro. Sembra che centinaia di case, di edifici, palazzi siano crollati. I grandi edifici, di dieci o dodici piani, sono tra i più colpiti. La televisione rimanda immagini del Ministero dei Trasporti, il cui corpo centrale è stato quasi raso al suolo, mentre nella Piazza delle tre Culture un enorme condominio che ospita più di mille persone si è letteralmente sbriciolato. Si parla di fughe di gas, l’ospedale generale è distrutto. Il reparto maternità è esploso. Davanti all’Alameda Central due hotel sono diventati un cumulo di macerie e un giornalista terrorizzato parla in mezzo a fiamme e sibili. Sappiamo dal telegiornale che il nostro quartiere è tra i più colpiti. L’elenco delle distruzioni traccia un cerchio stretto intorno alla nostra casa-.

 Claudio, vieni qui. Cosa c’è, Isa? La casa di Francisco è distrutta. Distrutta? Sì, guarda. Un’intera parete è crollata e si è   trasformata in un’enorme finestra, sotto l’impatto di un garage di cemento armato di sei piani che il movimento oscillatorio ci ha scagliato contro. Il pavimento  sbrecciato termina nel vuoto.

 - Scendo in strada, non ce la faccio a restare a casa. Le vie sono un caos, un casino inimmaginabile. Iniziano ad arrivare i primi soccorsi, ma sembrano  impotenti. Tutt’intorno, un palazzo crollato a ogni isolato. Calle del Oro, Tamaulipas, Medellin, Vicente Guerrero, un perimetro di rovine. Il terremoto ha colpito a caso, determinando forme architettoniche nuove. Alcune case sono venute giù completamente, ogni piano ha distrutto quello inferiore e assomigliano a castelli degradati in mucchi di sabbia. Altre sono distrutte parzialmente, il crollo si è arrestato nei piani superiori, mentre il resto ha mantenuto la sua forma originaria. Altre ancora sono sgretolate, come se fossero state corrose e morse da un gigante incattivito e mantengono un equilibrio quasi impossibile, mostrando oscenamente i propri interni.

 Ma non c’è tempo per pensare o per prestare i soccorsi. Bisogna lavorare per spostare i mobili dalla casa di Francisco alla nostra, relativamente intatta. L’appartamento si riempie fino all’inverosimile, non riusciamo neanche a muoverci e questo rende definitiva la dimensione dell’evento-.

Writer

http://www.writer-racconti.org/

Commenti al Post:
silent_sky
silent_sky il 17/08/07 alle 00:09 via WEB
Ogni volta che il terremoto colpisce una parte del mondo qualsiasi, mi chiedo che cosa ho fatto per essere così fortunata da nascere in una terra meravigliosa alla quale sono sconosciuti gli eventi sismici. La natura è potente, nel bene e nel male... e tu scrivi benissimo! Ciao falco.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:04 via WEB
Sì, Silent_sky, tu vivi in sardegna, un angolo di mondo immune dai terremoti. Lì la natura è stata benigna, ha dispensato alla tua terra bellezza e non disastri. Ti mando un saluto. W.
 
cateviola
cateviola il 17/08/07 alle 00:34 via WEB
Il terremoto che ha colpito il Perù ti ha riportato alla mente il terremoto della stessa devastante magnitudo che sbriciolò e scosse tanti edifici in quella Città del Messico che ci hai narrato con amore... e in cui hai vissuto anche questa terribile esperienza.. Non riuscivo a legger con la giusta distanza il tuo racconto. Questa è una pagina di diario di un amico. Non commento, ti abbraccio
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:07 via WEB
Grazie dell'abbraccio, Cate. Il terremoto di Città del Messico è rimasto indelebile nella mia memoria, è una ferita ancora viva. Recentemente sono tornato davanti alla mia vecchia casa e sono stato sopraffatto da un'ondata di emozioni forte e potente. W.
 
mariasole99
mariasole99 il 17/08/07 alle 02:35 via WEB
bello...ti ringrazio di avermi invitata..ma non ero presente a ferragosto...buon proseguimento di ..vacanze...in citta'..o ovunque tu sia . :-) mariasole
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:07 via WEB
Grazie, Mariasole. Buona continuazione anche a te. W.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 17/08/07 alle 08:14 via WEB
ri_memorazione. il passato si attacca alla pelle. la pelle brucia ancora sotto la polvere. macerie intatte, nella memoria.ti prendo per mano e ti porto a guardare infiniti azzurri dove al ricordo non è permesso entrare. abbraccio forte. ambra
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:11 via WEB
Ambra, per fortuna col tempo altre immagini si sono sovrapposte a quelle di distruzione, di rovina, di sradicamento. Adesso Città del Messico è ridiventata un luogo vitale, incasinato, in continuo movimento. L'azzurro aiuta a stemperare i ricordi e fissarli sulla linea dell'orizzonte. Un bacio. W.
 
bimbadepoca
bimbadepoca il 17/08/07 alle 10:22 via WEB
Ho vissuto il terremoto del 80, in Irpina, che ero ancora una bambina. Ma le immagini di quei momenti drammetici mi sono rimaste dentro indelebili. Ci trasferimmo a casa di mia nonna giudicata più sicura, l'aria d'accampamento del suo appartamento diede anche a me la dimensione definitiva di quello che era accaduto.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:15 via WEB
Il terremoto dell'Irpinia è stato devastante, ricordo che colpì una porzione d'Italia molto vasta. Allora vivevo ad Arezzo e stavo per partite alla volta dell'America Latina. Seguii l'evento con partecipazione emotiva e coinvolgimento, avrei voluto andare giù per dare una mano ai soccorsi.Ma in quel momento c'era bisogno più di medici e tecnici che di psicologi. W.
 
nomore.norless
nomore.norless il 17/08/07 alle 10:30 via WEB
anch'io sono stata costretta ad abbandonare la mia casa, per il terremoto in Campania dell''80, dopo averlo sentito in tutta la sua forza; ma quello che descrivi è senz'altro più tragico, anche se allora comunque vi furono 3000 morti, e distruzioni. Per molti anni mi ha creato inquietudine, solo da poco sono riuscita a superare quei momenti.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:17 via WEB
Perdere la propria casa in seguito a un evento naturale catastrofico è un 'esperienza traumatica che lascia cicatrici profonde. Ci si sente feriti nella propria intimità, sradicati, lanciati distanti da un gigante cieco e capriccioso. Un forte abbraccio, nomore.norless. W.
 
E.v.a_K.a.n.t
E.v.a_K.a.n.t il 17/08/07 alle 13:31 via WEB
Qui è davvero difficile mantenere il distacco... ché il terremoto l’ho sentito vibrare fin dentro ossa, nonostante il tempo che ho preso tra la prima lettura e la seconda e nonostante una discreta capacità antisismica. Qui c’è qualcosa di più dell’eccellente abilità narrativa che ti appartiene... qui ci sei tu. Un abbraccio.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:20 via WEB
Questo frammento narrativo mi appartiene completamente, è vero. Nonostante la tragicità della situazione descritta, sono contento di essere riuscito a comunicarla in modo forte. Un abbraccio a te, E.v.a. W.
 
onice0
onice0 il 17/08/07 alle 16:13 via WEB
Momenti davvero sospesi nel tempo...e quanto dolore nel vedere la gente spaurita,confusa. Il silenzio dopo il violento movimento parla solo di morte,rabbia,disperazione. Deve essere stato così anche per te 22 anni fa e si avverte dalla tua lettura. Ciao Wri, un sorriso
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 17/08/07 alle 17:22 via WEB
Il momento peggiore fu quando mi resi conto delle dimensioni dell'evento. Camminatre per strada e vedere il paesaggio urbano cambiato in modo irreversibile. Dopo la seconda scossa (il giorno dopo) avevo davanti a casa un fronte di rovine di cento metri di larghezza. Grazie del commento, Onice. W.
 
adriana_ar
adriana_ar il 18/08/07 alle 15:53 via WEB
Ciao Writer sono tornata dopo una strana estate di gioie e dolori.Ho molto da leggere...lo farò. Un bacio Adriana
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 18/08/07 alle 16:10 via WEB
Bentornata, Adriana. IL resoconto dei dolori è maggiormente in sintonia con questo post ... Ciao. W.
 
moona42
moona42 il 19/08/07 alle 21:34 via WEB
Ero in Perù, a Pisco, solo 15 giorni fa; viaggiare é per me acquisire qualcosa di una cultura diversa e lasciare nel paese che visiti un po' di te. Quella parte di me che é rimasta in Perù é ancora estremamente addolorata. Ciao.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 19/08/07 alle 23:26 via WEB
Benvenuta, Moona. Direi che sei sfuggita appena in tempo a un evento catastrofico che avrebbe potuto essere molto pericoloso. Pisco è distrutta al 70%. Un saluto. W.
 
Janus_81
Janus_81 il 25/08/07 alle 17:52 via WEB
la fine di ogni cosa, di ogni miserabile e piccolo sogno umano, è vicina. I segni sono già leggibili. Ciao, pagine belle le tue. Conosci la "parola", indubbiamente.
 
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LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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