Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

« Dignità28 Gennaio »

63 anni fa

7.000 scheletri umani  vengono liberati dai soldati dell'Armata Rossa. 7.000 su un milione e centomila persone concentrate nel complesso di Auschwitz- Birkenau e sterminate.

Sono automi, uomini e donne che pesano ormai 40 chili, persone che hanno visto orrori indicibili, che sono sopravvissute alla camere a gas, alla morte per fame, alla morte per assideramento, alla morte per esaurimento delle energie.

Cateviola ricostruisce il quadro delle persecuzioni nei confronti degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali, dei disabili, dei popoli slavi,  che sono culminate nell'olocausto.

Ne parla da giorni Grazia.pv, di cui linko una  citazione tratta dalla biografia di Primo Levi e un post suAuschwitz.

Bruno14  nel suo post ricostruisce, tra l'altro, la composizione di un massacro che ha coinvolto sei milioni di esseri umani e che rimane come una macchia indelebile nella storia dell'umanità.

Ne parlano anche, tra altri, Vedere oltre, Pensare in un'altra luce, Cana Team, Notizie Gay, Passavo da qui,  Luigi Boschi , Mahalla, Radioranza, Quattro e gli alberi in lontananza. La lista è molto più lunga, ho solo linkato alcuni dei blog che hanno pubblicato post sul tema nelle ultime ore.

Lasciate solo che aggiunga una piccola testimonianza personale. Anche la mia famiglia è stata toccata, sia pure in modo non fatale, non definitivo, dai campi di concentramento. Mio padre è stato preso, subito dopo l' 8 settembre e inviato in un campo di  lavoro forzato in Germania. Non era un campo di sterminio, ma gli internati cadevano come mosche, spossati da 14 ore di lavoro al giorno, dall'alimentazione insufficiente, dal freddo. E' rimasto due anni in quell'inferno. Ancora adesso, a più di 60 anni di distanza, me ne parla come di una condizione spaventosa, una situazione estrema in bilico tra vita e morte

Altrove, i prigionieri non hanno avuto scampo e sono stati prima spogliati dei loro vestiti e della loro dignità di persone, poi massacrati con metodo scientifico, con un'organizzazione tayloristica degli omicidi di massa.

27 Gennaio. Per non dimenticare.
Mai.
Parlatene con i vostri figli. Parlatene con
i vostri amici. Conoscenza e memoria.

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Commenti al Post:
upmarine
upmarine il 27/01/08 alle 04:00 via WEB
Perdonami Writer, ma cito le tue testuali parole del post precedente "Voglio postare qualcos'altro e liberarmi da quell'immagine disgustosa in cima ai miei post". Ti sembra meno disgustosa quella che hai messo ora? Si sa che il dolore, come quello che può provocare la visione di quell'immagine, sortisce un effetto maggiore sulla capacità di memoria. Tuttavia, esistono belle lettere che raccontano di amore e dignità da parte di chi ha subito questo trattamento da bestie e ne permette un ricordo da essere umani, che è quel che meritano. Basta con la crudeltà, mi angoscia, ed invece voglio pensare ad un mondo migliore. Senza offesa, anzi con stima.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 27/01/08 alle 15:06 via WEB
Ritengo che l'immagine che ho inserito in questo post sia tragica e agghiacciante, non disgustosa. Il disgusto è un sentimento troppo debole se riferito all'olocausto. Peraltro, sottoscrivo la seconda parte del tuo commento, ci sono anche altri modi di rappresentare il giorno della memoria, più aperti alla speranza e a storie che salvaguardano la dignità personale. Ciao, Up. W.
 
cateviola
cateviola il 27/01/08 alle 11:49 via WEB
è alla tua testimonianza personale che mi sento di aggiungere nota personale. Mio nonno, il nonno pittore che tanto mi manca, solo per una decisione saggia di sua moglie, la mia amatissima nonna, per un soffio scampò a quello stesso destino che ha segnato tuo padre.. la tragedia del dopo 8 settembre non è ancora chiara a tutti in Italia. Lo sbando totale, l'abbandono, la guerra fratricida, i tradimenti, il terrore e le meschinità...
Scrivi: "E' rimasto due anni in quell'inferno. Ancora adesso, a più di 60 anni di distanza, me ne parla come di una condizione spaventosa, una situazione estrema ..." e non se ne esce mai del tutto. Lo sa chiunque, in tragedie collettive o in storie più nascoste e di proporzioni diverse sul piano della Storia, abbia assaggiato l'inferno in terra... Quando ti sviliscono e riducono a oggetto di violenza ..è impossibile non portarsi dentro per sempre la traccia della disumanità.
Che quel che è stato sia negato, ennesima violenza.
Un forte abbraccio
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 27/01/08 alle 15:15 via WEB
Chi era giovane in quel periodo (la generazione nata negli anni '20) ha avuto inesorabilmente la vita tagliata in due, ha vissuto una giovinezza bruciata, incenerita, anche se non ha subito l'esperienza estrema dei campi di concentramento. Credo che gli strascichi della guerra e dell'orrore siano legati alla sensazione di stare dentro un meccanismo che stritolava le vite individuali, che riduceva le persone a numeri e i numeri potevno essere cancellati da una bomba, da una raffica di mitragliatrice, da una delazione, da un progetto scientifico di sterminio, dal caso. La disumanizzazione, la depersonalizzazione, le cicatrici, le ferite aperte a distanza di tanti anni nascono -io credo- proprio da questo meccanismo. Un abbraccio forte a te. W.
 
iononsonoio2
iononsonoio2 il 27/01/08 alle 15:45 via WEB
non bisogna dimenticare il proprio passato, per non commettere gli stessi errori
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 27/01/08 alle 16:37 via WEB
Non bisogna dimenticare il passato, anche per costruire un futuro differente. Ciao, iononsonoio. W.
 
santiago.gamboa
santiago.gamboa il 27/01/08 alle 18:30 via WEB
ciao, claudio, grazie. anche io ogni anno mi ostino a non dimenticare. un abbraccio, gf
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 28/01/08 alle 00:40 via WEB
Ero sicuro di questo, Gianfranco. Un abbraccio a te. W.
 
vi_di
vi_di il 27/01/08 alle 21:13 via WEB
Dopo l'8 settembre mio padre e mio zio, entrambi carabinieri, si trovavano sul fronte slavo. Papà era a Fiume, zio non ricordo. Papà riuscì a scappare e a tornare a casa con mezzi di fortuna e a non essere considerato disertore, zio fu fatto prigioniero e portato in campo di concentramento, ma si salvò, sebbene fortemente minato nella salute ( morì poi giovanissimo per problemi cardiaci)... Tutti noi se cerchiamo nelle nostre storie abbiamo dentro la memoria di quei giorni. Basta tirarla fuori, non ci vuole molto.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 28/01/08 alle 00:43 via WEB
Sì, vi_di. Un'intera generazione ha vissuto queste vicende e molti non hanno poi avuto la possibilità di raccontarle. Ho appena rivisto Schindler's list. Mi è parso straziante e commovente. ciao. W.
 
purqua.pa
purqua.pa il 07/02/08 alle 14:25 via WEB
speriamo sia così
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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