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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Flame sperimentale II (seconda parte)

Post n°291 pubblicato il 01 Luglio 2008 da falco58dgl
 

Passo un giorno d’inferno. Lacerato dall’indecisione che aumenta a misura che l’appuntamento s’avvicina. Mi costringo a perdere il treno. Mancano tre ore all’incontro. Mi ritrovo, senza averne consapevolezza piena, su un taxi ad urlare concitato “A Fiumicino, in fretta, in fretta, per favore”.
Entro nell’aeroporto correndo, cerco un aereo per Milano. Niente, tutto occupato.
Mi dirigo verso il terminal dei voli internazionali, batto i pugni come un ossesso al banco della Lufthansa, dell’Iberia, della KLM.
Ritorno verso le partenze nazionali, vado ad informarmi presso una compagnia dal nome sconosciuto.
Solo posti in prima, grazie per favore, fa settecento euro, Dio la benedica, dico proprio così, correndo verso il check in con il biglietto che sventolo come un salvacondotto in una zona di guerra.
Salgo, decolliamo, arriverò a Linate venti minuti prima dell’ora fissata. Con un taxi e senza troppo traffico ce la faccio. Atterriamo con sette minuti di ritardo. Esco dall’aeroporto livido e contratto, guardato con sospetto da due vigilantes interni. Salto su un taxi senza rispettare la coda, mettendo in mano al taxista un biglietto da cento euro ed urlando “si muova, vada, tra 9 minuti devo arrivare in centrale”.
Mi guarda come se fossi un mentecatto, farfuglia un’imprecazione che non afferro, si slancia con rapidità verso la città. Sono le 14 e 52, c’è poco traffico, grazie al cielo. Arriviamo miracolosamente Alle 15 o 06. Salgo i gradini a quattro a quattro, con una sensazione di asfissia imminente, arrivo al binario 16.
Tanta gente che transita, che si sposta trascinando valigie con rotelle o carrelli per borse, qualche crocchio di nordafricani, il casino, impersonale e indifferente,di sempre.
Mi guardo intorno e non vedo nessuno che risponda all’immagine che mi sono fatto di Erosia.
Cammino nei binari adiacenti, torno indietro per timore che arrivi e vada via. Niente.
Sono le tre e quindici quando si avvicina una ragazzina di forse 14 anni, che mi guarda e mi domanda tranquilla “Sei Andrea ?”. Rimango sbalordito. “E tu ?” :”Lo sai chi sono”. “No, non so chi sei”.
“Guarda, allora” e mi consegna il testo della mail che mi ha inviato.

Solo il finale è cambiato. Invece del suo nome, leggo, a caratteri cubitali, una frase che mi esplode nel cranio come frammenti di granate, “HO VINTO IL GIOCO”.

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Rispondi al commento:
falco58dgl
falco58dgl il 03/07/08 alle 00:36 via WEB
Roberta, hai descritto bene la dinamica della dipendenza, in cui un gioco diventa più vitale dell'aria che si respira. Può essere un gioco d'amore o di potere (spesso le due cose sono collegate), ma è difficile staccarsene, a meno di avere forti agganci nella "real life". ciao. W.
 
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avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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