Creato da Silentvoid il 23/01/2005
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My Own Summer

Post n°110 pubblicato il 18 Ottobre 2015 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Sei così bella e importante.
E non hai volto, nè corpo.
Ma sei qui, sento la tua mancanza.
Qui mi troverai, nelle note mi troverai, nelle mie canzoni mi troverai, troverai il mio focolare acceso, non importa quanto sia forte la tempesta.
Un porto sicuro. Un punto fermo io sarò.
Arriva presto, che io possa non sfiorarti mai.
Ti lascerò il mio dono e porterò il tuo peso.
Vattene.
Che io possa rimanere lo stesso, e tu così diversa.
Sempre mi troverai qui.
E' solo amore, non darti pena.
E' tutto ciò che c'è.

 
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Cathedrals to our pain

Post n°109 pubblicato il 11 Settembre 2015 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Chissà se ancora qualche persona ricorda.

Dieci anni fa, abbiamo parlato, abbiamo riso e forse abbiamo perfino pianto, chi lo sa, chi se lo ricorda...

E ora sono qui, non mi sono mai mosso da qui immagino, sono solo più vecchio, più provato, più forte.

E voglio provare a vedere se si può ancora tentare di lasciar cadere una parola o due nel vuoto silenzioso, per ascoltarne l'eco, che nel vuoto, come il suono, non c'è.

L'eco che non è la parola detta.

Quante cattedrali abbiamo eretto al nostro dolore nel frattempo? Dieci anni, un lampo, una vita, un soffio, un uragano.

Eccolo qui, l'uomo vuoto, l'uomo di vetro.

Se sei una vecchia conoscenza,bentornata; ti abbraccio forte, a lungo.

Se ancora non ci conosciamo, benvenuta, benvenuto.

Con l'azzurro negli occhi,

D.

 
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THE HOLLOW MAN

Post n°108 pubblicato il 06 Marzo 2011 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Eccolo qui, l'uomo vuoto, il fantasma, l'etereo continuo spirito che ovunque passa.

Che forse chissà, in qualche modo resta, da qualche parte resta, in qualche cuore pesa.

ho freddo.

nel calore dove scrivo, tremo.

nella musica mi perdo, immerso.

infinito.immane.immenso

il mio pensiero si stende luminoso e vola e viaggia e guida e strade strade strade

corrono sguardi dai finestrini, ogni paesaggio che scorre ogni casa ogni

silente

emozione

porto in me ogni istante d'umanità, dell'umanità.

sempre mi troverai qui.

 
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Post n°107 pubblicato il 05 Novembre 2006 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

I MISS YOU ALL AND I REPEAT MYSELF...

È tempo per me.
Forse presto sarò andato, passato come un soffio tra i tuoi capelli.
Il mio canto, una canzone per dirti addio.

Forse presto ogni mio tocco, ogni parola che abbiamo scambiato, i sorrisi, le lacrime, forse presto saranno sempre, non più legati ad una presenza.

O forse no, forse non è ancora tempo.

Ma la pressione su di me aumenta, il tremito che annuncia la terra che si spacca, la morte di coloro che amo, il mio guardare te e vedere dentro te.

Non vi ho mai parlato con parole e parole sole.

E di quante cose abbiamo parlato, per paesaggi strani e cangianti passeggiando, io e te, io e voi, noi noi noi.

Sbaglio tutti i tempi, sono sempre sfasato. A dire il vero, il tempo è in continua torsione, me ne accorgo.

Di quanto forse, attraverso queste infinità, abbia compreso l’importanza di un tocco, uno sguardo. Leggero, intenso.

E ognuna di voi, e ognuno di voi, ringrazio sempre, in ogni gesto, in ogni cosa che sfioro, la presenza di coloro che qualcosa mi hanno dato, insegnato, trasmesso, fatto provare, è come una fragranza, un profumo che percepisco, sottile danza del mio animo.

Osservo il comportamento della gente. Sono assolutamente ricettivo, immobile. Ne ascolto i corpi. Ne colgo i dettagli. Essi hanno molto da dire e manifestano le loro volontà che in taluni casi differiscono dalle volontà di coloro che in quei corpi abitano.

Una dei problemi della definizione di essenza è che è necessario darne una definizione senza utilizzare la nozione di essenza stessa, ci pensavo qualche tempo fa…

Io disperdo molto mentre parlo, pur faticando molto per contenere le dispersioni, perché ogni parola mi apre una o più porte che sono interi modi o passaggi o scorciatoie verso mondi. In un certo senso, ogni volta che utilizzo il linguaggio, mi metto in viaggio.

Io e te, abbiamo parlato di quasi ogni cosa, dalla fisica quantistica all’amore, dalla pispola al pesce che diviene anfibio, passando per l’orgasmo femminile e quanto venga poco compreso, senza dimenticarci dell’amore, e del linguaggio, e del gatto di schrodinger. Siamo stati a chiacchierare con Zenone.
E un sacco di altre cose. È incredibile, in quanti posti siamo stati, che dici?

Per me, lo è…

E sai, credo che in molti altri posti andremo, e cammineremo in equilibrio sull’azzurro dell’alba, a rotolarci nelle fiamme del tramonto, e saremo feroci immersi nel sangue di crepuscoli ramati dove ci guarderemo negli occhi per ferirci, e faremo l’amore avvolti dal velluto di notti scure e dense. Ognuno con ognuno.

Dono, a te, perché è probabile che io e te ci conosciamo, o magari no, una lacrima. La lascio stillare, con dolcezza dalla punta del mio indice…se la segui, vedrai ciò che i miei occhi hanno visto, e la mia bocca pronunciato, in un altro tempo, in un luogo dove chi c’era non c’è più, e sempre esiste, e sempre cambia. C’è ora, ci sono ora, sono qui con me.

E chissà dove sono io…

Sei rimasta intrappolata, la tua libertà è stata annullata. Le tue ali sono state mozzate.
Solo le cose si possono possedere, mai le persone. Come puoi possedere una persona? Come puoi dominarla? Come puoi renderla una proprietà? Impossibile!
Eppure, è quello che il marito sta tentando di fare con la moglie, la moglie con il marito, i fidanzati e le fidanzate, i genitori con i figli, perfino tra amici, perfino tra amiche.
Vedo spesso conflitto, l’essere distruttivi l’uno con l’altra.
Di fatto, quando possiedi una persona odi, distruggi e uccidi, divieni un assassina. Sei un assassino. L’amore è libertà. Renderà l’amato sempre più libero, darà ali all’amata, l’amore aprirà un cielo sconfinato.
Non può trasformarsi in una prigione, in una gabbia.
Ma tu non conosci quell’amore, quasi mai.
E questo vale per molte cose che facciamo. Anche se provi a fare qualcosa di buono, farai del male. E allora sarari frustrato, e soffrirai, e te la prenderai con te stessa, e avrai poca fiducia, o magari un ego che si gonfia dismisura, nel terrore sopito che spunti un ago abbastanza appuntito e lo faccia scoppiare…
I vostri templi, le vostre chiese e moschee si sono tutte macchiate di peccato nei vostri confronti, perché vi vorrebbero dominare.

Ma fa nulla.

Basta pensare, fallo come fosse un gioco. Perché, vedi, per TE c’è spazio, nel momento presente, ma non per i pensieri, quelli hanno bisogno di un passato e di un futuro
Seduta accanto all’amato, mano nella mano, semplicemente esisti. E quando esisti con chi ami, figlio, amico, marito, animale, collega, moglie, chiunque, chiunque tu ami, quando esisti con chi ami si verifica un dialogo particolare, entrambi siete diventati uno…

Ma fa nulla…

La lacrima è caduta.

Ed io, beh, chissà dove sono ora…
 
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Post n°106 pubblicato il 08 Agosto 2006 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

THE EYES OF THE DEVIL

Un paio di notti fa, vedete, ho baciato il diavolo.
Sognavo, ed era a terra, soffriva.
Bellissima, i capelli dalle spalle, a terra, era così bella…
E quando sono caduto le ho chiesto se mi sarebbe stata vicina, se non mi fossi rialzato.
E così ci siamo stretti, a terra, e ci siamo baciati, forte, sulla bocca.

E poi…

Poi ha aperto gli occhi, gli occhi che erano nei miei occhi, la sua bocca premuta sulla mia.
Ed era il diavolo. No no, non scherzo.
E mi ha terrorizzato. Non lo ricordavo così feroce e violento. Non lo ricordavo così capace di VEDERE.
E non riuscivo più a staccarmi, e lui mi guardava. Per farmi male.
Per uccidermi. Per eliminare ogni equilibrio. Niente più patti di non interferenza.
E poi, mi sono trascinato brutalmente via, e non potevo parlare. L’ agghiacciante afonia.
Devo urlare e non posso. Non ho bocca.

E rientro, a ritroso, prendo il tempo e lo torco, lo stringo e piego, e torno nel ventre, a cercare un aiuto che non posso chiedere, non ho la bocca e devo urlare.

Con un unico grido, il mio risveglio. E gli occhi del diavolo, nei miei.

Ricordo la cattiveria con la quale ha piantato i chiodi del suo sguardo nelle mie pupille.

E magari fosse una cosa che scrivo per parlar d’una donna…
Magari è che invecchio e reggo meno le emozioni tachicardiche…
Ma gli occhi del demonio, piantati nei tuoi, ad un centimetro…

Fa paura.

Fa paura solo pensarci.

Ma io torno qui dopo tre quattro vite e dico queste cose, sono proprio sgarbato…

Chissà se ancora sarete qui, dopo tanta scortesia, e se ci troveremo, vicini, a vedere i vostri visi bellissimi…

Si dice che il sogno dell’uomo
Fa sì che il proprio domani
Sia senza il calar del sole

 
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Post n°105 pubblicato il 02 Agosto 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidI AM BACK AND BLEEDIN'...

Ohibò, sono tornato.
Sanguino mooooolto...
Ma, signore, signori, che piacere rivedervi...

sorrido sorrido sorrido davvero...

 
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Post N° 104

Post n°104 pubblicato il 21 Luglio 2006 da Silentvoid

A LITTLE SOMETHING KEEPS ME AWAY...

Ecco, il punto è che sono senza il computer.
Da un bel po', oramai.
E ci metto così tanto perchè se non recupero i datio che ho nell'hard disk perdo un anno e mezzo di lavoro, il libro che sto scrivendo, progetti musicali in pieno mastering, più tuuutte le piccole cose irrecuperabili che si perdono in questi casi, foto, scritti, etc..

Questo detto, ecco perchè sono assente.

E questo detto, è successo che questa settimana l'esistenza mi ha rammentato che o faccio la mia parte, e anche se vi dicessi quale è e cosa sono non ci credereste e fareste bene, o vengo disintegrato.
E siccome ho la tendenza ad essere quasi indistruttibile, anche se strapieno di segni, beh, ecco, in estrema sintesi, sono distrutto.

Ma, una cosa ancora voglio dire, che il tempo stringe e il pc dove scrivo non è mio...

che io sono un essere triste, tristissimo, sepolto sotto un mare di cazzate.

Lei lo sa, lei vede.

E non posso esser triste, per quanto sotto i colpi, perchè me l'ha chiesto, e tutto sommato è una richiesta ragionevole.

Sto scrivendo un pezzo nuovo.

Ve lo farò sentire, vi va?

See you somewhere in time,

D. 

 
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Post n°103 pubblicato il 09 Giugno 2006 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

MEDLEY NUMBER ONE. SOMETHING I ALREADY SAID, MASKS DOWN AND SOME MORE...
Pssst! Ehi, sono qui…
Già, direte voi, ma cosa ci fai lassù, seduto nella posizione del loto sulla biforcazione dei grossi rami della vecchia quercia?
Guardavo un posto.
Dove porterò chi vuole venire con me. ORA.
Non seguire, che qui nessuno segue nessuno. Ma passeggiare con me. Ed io con voi.
Giusto fino a quell’altura, la vedete, no, quella collinetta laggiù…
Sarà piacevole e a me gradita, la vostra compagnia, la vostra sola presenza, essenziale e sincera.
Che a nulla servono le maschere, qui. Abbandoniamo le maschere. E’ l’unica speranza di cogliere la verità.
E, ognuno di noi lo sa, la verità non è affatto lontana, l’amore non è affatto lontano. Sono semplicemente nascosti, relegati dentro di noi. E noi ci aggrappiamo alla menzogna. La nostra personalità è una menzogna. E’ anche a causa della personalità che non siamo in grado di andare verso l’essenza. E’ la società che insegna la personalità; essa crea le menzogne. E, a dire il vero, esse sono davvero molto convenienti. Le menzogne funzionano come lubrificanti, semplificano la vita. Vedi qualcuno e gli sorridi. E quel sorriso è una menzogna, perché non viene quasi mai dal cuore, è solo dipinto sulle labbra. L’hai costruito, l’hai creato artificialmente, è una sorta di esercizio delle labbra. Ma semplifica la relazione: anche l’altro comincia a sorridere.
Ho banalizzato, sicuro. Ma di certo nessuno di voi ha perso il senso di ciò che intendevo. Osservate la gente…
Se tu sei vero, se ognuno di voi, di noi, è vero, se davvero siamo come siamo, sarà molto difficile. Le relazioni diventeranno difficili.
Ho sentito più d’uno psicologo affermare che se ognuno cominciasse a rivelare cos’ha nel cuore, cosa sente veramente dentro, l’amicizia scomparirebbe dalla terra, l’amore scomparirebbe dalla terra. E sarebbe probabilmente vero, se guardiamo all’amore tra maschere che la cultura di questo decadente tempo ostenta. Osservate la gente…
Continuiamo a tenere tutto nel cuore, e continuiamo a recitare qualcosa che non è affatto reale…facciamo qualcosa di diverso, molte volte l’opposto di ciò che sentiamo. Sei arrabbiata, e sorridi. Sei ferita, e sorridi. Ti senti ribollire dentro, e sorridi. Hai voglia di gridare, e continui a cantare. Hai voglia di fare qualcosa di diverso da ciò che fai, ma non è possibile, non è conveniente, non è la cosa giusta da fare…
La società crea questa persona, queta maschera intorno a noi, questa personalità. La società, tutti noi.
La parola “personalità” ha la sua radice in “persona”. Nel teatro greco si usavano delle maschere. La voce proveniva dalla maschera: “sona” significa “voce, suono”, e “Per” significa “attraverso la maschera”. Questo etimo è davvero interessante, non trovate? Non si conosce il vero volto, chi sia il vero attore, la vera attrice. C’è una maschera, attraverso la quale giunge la voce, sembra proprio che venga dalla maschera, e tu non conosci il vero volto. La parola “personalità” è bellissima, viene dal teatro greco.
E noi siamo pieni di maschere, strato su strato, se scaviamo un po’ potrebbe sorprenderci quante facce ci siamo portati dietro.
MA.
Vi ho annoiato a morte con le mie futili chiacchiere, e siamo oramai arrivati…ecco, siamo sullo spiazzo verde in cima alla collina...
Come, non mi vedi? Ah, già, dimentico sempre che io mi muovo di continuo, evanescente, uno spettro, presente, un’intera montagna…ma, anyway, siete qui, ed io sono qui…
Così, giusto per parlare con voi, per seguire con gli occhi i vostri animi, per stare un pochino assieme…sono qui, appena dietro l’angolino…
Prendiamo la vita in modo giocoso. E’ un’arte, nel vero senso della parola. Il suono e il silenzio, l’amore e il dolore, stare con la gente, avere relazioni e stare da soli…tutte queste cose si possono vivere contemporaneamente, in una sorta di simultaneità, come un fiume in piena, inarrestabile. Siete piene di vita, colmi di vita. L’intero pianeta è così sbalorditivamente gravido di vita, dai virus ai batteri alle piante agli animali agli esseri umani, tutti che sgomitano per avere uno spazio proprio, per muoversi, per cibarsi, per conoscere e assaporare tutto ciò che si riesce ad arraffare all’esistenza…ed io vi dico, prendete ogni cosa, esperite, fate davvero vostro ogni minimo istante, senza limiti, senza freni. Ubriacatevi di vita, di dolore, di gioia, di ogni, ogni cosa. Ubriacatevi d’amore.
Gli esseri umani sono meravigliosi, complessi e meravigliosi, oh sì…
La vita dovrebbe essere una festa, non un digiuno, ogni istante una celebrazione.
Il peggior nemico, ed il più grande ostacolo, lo troviamo in noi. Come in noi è ogni bellezza. L’ostacolo si può rimuovere, la bellezza è invece essenziale al nostro essere, è propria dell’essenza. Esistono metodi per vedere. Non credetemi, per carità. E’ in voi. Oh sì.
Il problema può essere l’ego. L’ego può esistere come disturbo alla tua felicità se prendi te stessa/o e ogni altra cosa troppo seriamente. L’ego teme l’allegria e il riso (non lo pensate, eh?), ha quasi sempre bisogno di un’atmosfera greve, seriosa, di tristezza, per essere forte, per rafforzarsi. Anche le persone più umili, possono in realtà essere molto egoiste, possono essere molto fiere della loro umiltà. La prendono molto seriamente. Ma una persona davvero consapevole celebra l’istante, con passione ed intensità, come ghiaccio e fuoco, è un sole, e non ha affatto BISOGNO di essere seria…guarda gli alberi: sono seri? Guarda gli uccelli, ascoltali: sono seri? Osserva le stelle, la luna, il sole: sono seri? L’esistenza è intimamente non-seria; è una danza continua, è una celebrazione eterna, è una festa.
Solo l’uomo è serio, perché solo lui ha provato a creare una separazione netta tra sé e l’esistenza. Non vuole essere parte del tutto, vuole la sua definizione. Vuole una bella etichetta stampata in fronte che lo distingua. Anche se ciò crea infelicità. Non solo, si scaglierà con tutti i mezzi possibili contro chi prova anche solo ad ipotizzare che davvero non serve a nulla, tutto questo gran lavoro di auto-affermazione. E’ già qui, è evidente, è ora. Non c’è bisogno di etichette di nessun tipo. Anche un colibrì percepisce le differenze tra un colibrì, un gatto ed un uomo. Ma noi cerchiamo la perfezione, tendiamo a ciò che può solo bloccarci, che ci può far stagnare. L’imperfezione è il modo d’essere della vita, si può crescere solo se si è imperfetti. Se sei perfetta non esiste crescita, né evoluzione. Se sei perfetto sei bloccato. Perfezione vuol dire morte; imperfezione significa flusso, movimento, dinamismo. Non siamo soddisfatti, quasi mai…non siamo soddisfatti da ciò che è ordinario. Eppure l’ordinario è splendido, meraviglioso, se impariamo a vederlo, a coglierlo, le cose comuni divengono bellissime, lo sono già. E noi quante cose perdiamo…
Eppure, non ci sembra…e tutte le religioni inventano storie false sui loro fondatori. La verità è che non potrete trovare un uomo più normale del Buddha, di Gesù, di Mahavira, di Zarathustra, di Lao-tzu. Sono assolutamente semplici! Vivono nel tatuata, nello stato di fatto delle cose. Non ambiscono ad alcuna perfezione. Sono completamente a proprio agio con l’imperfezione del mondo. E non si prendono poi così sul serio, ce ne sarebbero di aneddoti, non pensano di dover superare tutti, raggiungere risultati prestigiosi, traguardi ambiti. Sono gente bellissima, e la loro bellezza consiste nell’aver scoperto che l’ordinario è straordinario, che il mondano è sacro. Ma tutti si prendono sul serio, tutti prendono gli altri davvero seriamente.
Sii più allegra, più allegro, gioca. Ridi di più.
Te lo dice uno che non ride mai.
QUASI mai.
Ma io non sono affatto serio.
Io vi ho osservato ridere (sì, lo so, lo so, pensate sia così per dire, etc etc…)…
E sapete cosa ho visto, qundo ridete DAVVERO?
Che ti sei sciolta, non più rigida, fluisci, hai energia lucente…ed è sempre lì…
La persona seria è tesa, spesso preoccupata. Sempre ansiosa di essere sulla giusta via…ma non esistono cartelli indicatori.
Eh già, tutte le vie sono immaginarie. L’esistenza è come il cielo, non esistono vie. La tua consapevolezza è simile ad un cielo, ma molto più chiaro e terso, senza strade né sentieri. Non puoi perderti. Per andare fuori strada ci vuole una via. E trovare la felicità non è un obiettivo. E’ trovare la verità. Trovare la verità equivale a trovare se stessi. Chi può allontanarvi da te stessa/o? Puoi andare ovunque, provare ogni dolore e ogni tensione, ma non puoi allontanarti da te stessa/o.
Ovunque sei, esisti.
Se, dico se, nella vita inizi a giocare, magari apprenderai il sentiero privo di sentiero.
Bene, immagino di aver fatto la mia solita quantità di confusione.
Optime.
Ora devo davvero scappare, ma torno presto presto.
Ho tempi biblici, è uno dei miei infiniti difetti, ma risponderò a tutti coloro che sanno che in un modo o nell’altro una risposta da me arriverà.
Sono un ragazzo serio, in fin dei conti….
;)
 
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Post n°102 pubblicato il 16 Maggio 2006 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

MINUETTO X MY NOVEMBER

Le parole. Le parole che mi mancano.

È incredibile che io sia arrivato fino a qui.

Con voi, con voi, con te.

Con te, amore mio.

Quando succede, quando sento le carni della mia schiena che si lacerano, il sangue che scorre, e poi la sensazione, sempre un po’ estranea, delle ali. Amore mio, amore mio, non fermatevi.

Non lasciare che ti fermi nulla, davvero, per primo il linguaggio, le parole, la paura tremenda che ne hai.

No. Non ti fermare.

Sono così triste, qualche volta. Perché penso a lei che è morta, e nulla potevo fare, tutto il molto che ho potuto l’ho fatto. E non ho rimpianti, davvero no. Né magari mi manca nemmeno. Certo era bella, bella e forte.

E penso a lui, mio padre che mio padre non era, che io padre non ho, e alla sua dolcezza rude, le sue forti mani, lui che suonava l’organo con dieci parti di sé.

E quanto poco, ricordo ora, quando era vivo, abbiamo parlato di musica, e che strano per me, che faccio il musicista, è stato.

Ma mica serviva parlarne. Stare assieme era musica. E sono stato l’ultima persona che ha visto da vivo.

Ricordo mia madre sanguinante appoggiata alla mia spalla. Che piccolo ero allora, avrò avuto un secolo sì e no.

Ma vedi, a me manchi anche tu, mi manca il tuo sguardo. Quella leggera presenza che potrebbe lasciare che io per un istante o due mi abbandoni con infinita dolcezza, un riverberare d’anime, che i sorrisi sono negli occhi.

Non temere le parole, le parole, le opinioni, non v’è nulla come te, nulla che possa essere più di te meraviglia.

Certo che non mi credi, che non lo vivi davvero, ma sapessi i miei occhi quando ti vedono.
Quello che vedono.

Io sono qui, resto qui. Qui mi troverai a distanza d’anni, di millenni, a milioni d’anni luce di distanza.
Né io sono speciale.

Ognuna di voi, che bella che sei, ho il tuo volto di fronte, pieno di nomi e volti, che bella sei.

Ma riesci a sentire che parlo con TE? Perché credi che sia così, genericamente rivolto a chiunque? Na na, qui parlo con ognuno ed ognuna, ed ognuna ed ognuno sa dove e come parlo con lei, e lo so anche io.

Ecco il livello di esperienza dove accadono cose al di là delle parole, dove il linguaggio viene lasciato alle spalle, una distanza misurabile in anni luce, là dove non è affatto possibile concettualizzare ciò che sperimenti.

Senza che nulla in te si agiti, senza il minimo fruscio interiore.

L’amore è il mio messaggio. Portato su braccia piene di cicatrici, portato con un corpo forte e stanco, con quello sguardo che è per dirti che l’esistenza è ricca, è immensa.

Vedo persone che non hanno mai vissuto. È vero, sono venute al mondo, ma questo non basta per essere vivi.
Vegetano pensando, pensando di essere vivi. E un giorno moriranno, senza aver mai vissuto un solo istante.
Perché si vive? Per amare, per gioire, per essere estatici. Il resto sono storielle che ci raccontiamo.

E cos’è mai la “ricchezza”? godere la vita sempre di più, renderla sempre più ricca d’amore, sempre più vasta la nostra danza.

Milioni di persone continuano a vivere senza mai ammirare un’alba, senza mai fermarsi una sola volta per guardare un tramonto e tutti i colori che il sole si lascia alle spalle nel cielo. Milioni di persone non alzano mai gli occhi al cielo e al suo splendore.

Vivere una vita multidimensionale, immagina…e v’è musica, e poesia, e pittura e prosa e scultura e filosofia, v’è religione e v’è sesso, ogni cosa, ogni architettura, ogni passo di danza, ogni bacio ed ogni lacrima…

L’esistenza è lussuosa, è un lusso sfrenato…là dove un fiore basterebbe, ne spuntano milioni…a cosa mai serviranno tante stelle?

La vita evolve, su questo pianeta, e a detta degli scienziati, su un sacco di altri pianeti…e né su questo né su quelli sappiamo mai bene che tinte la vita abbia preso, che forma, che splendore…ma una cosa è sicura, perfino per me che certezze non ho…l’esistenza è una forza straripante, abbonda in ogni cosa, nel dolore straziante come nella gioia accecante, è un lusso. Non è affatto povera.

La povertà è una creazione umana.

Oh sì.

Ed io, io vorrei tanto potermi fermare tra braccia che mi cullino, strana cosa ch’io lo dica, per un istante o due.

Poi, ripartirò subito, davvero…

Per un istante o due…
 
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Post n°101 pubblicato il 27 Aprile 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidMINUETTO IX DO YOU KNOW WHERE THE STARS ARE?


Ma quanto via sono stato?
O forse che non mi sono mosso da qui.
Solo ho cambiato sostanza, mi sono liquefatto, fluido, ho assunto la forma d’ogni luogo e d’ogni corpo.
E in molti luoghi sono stato, in questi lunghi giorni senza respiro.
Ma non scordo, non dimentico quasi mai quasi nulla.
E così, ripasso qui, dove voi mi siete così care, dove voi siete così gentili.
E vi ringrazio, così tanto, io che sempre meno riesco a passare del tempo in questo lato dell’esistenza.
Ma gli esseri umani sono meravigliosi, e quanto amore fanno, e quanto male infliggono.
A volte mi piacerebbe così tanto poter tornare a toccare la carne dell’umanità.
E vi ringrazio, perché sempre siete state care e sempre gentili siete stati, e la vostra presenza è per me, spettro senza casa, dolce e confortante.
Vi ringrazio perché non conosco dolcezza a sfiorare le mie cicatrici da molto molto tempo.
Ma quanti piccoli preziosi sorrisi ho intravisto accendere di luce delicata i vostri volti segnati dallo stupore dell’esistenza, dai vostri dolori e dai vostri crucci. E' anche così che faccio a poter dire che vivo e sboccio in ogni istante dei vostri colori.
E me? Che dire di me?
Non credo servirebbe molto, né credo possa esser di qualche interesse che io parli di me, delle epoche che ho attraversato.
Magari non dormireste più la notte, se sapeste cosa ho attraversato. O magari ne ridereste.
Che è proprio quello che attraversi tu che soffri.
E ho solo voglia di ascoltarti.
Attenzione all’educazione, a coloro che parlano di valori, ne parlano tutti.
Per questo si vedono in giro tanti robot. Sono perfetti come impiegati, come capistazione, perfetti come operai e come amministratori delegati. Sono bravi, e in profondità sono dei mendicanti. Che raramente assaporano la vita. Raramente vedono amore e luce, né cantano, né danzano né celebrano.
Non si conosce più la grammatica della vita.
Non si conosce più la grammatica della vita.
Bisogna educarsi alla ricchezza interiore, non solo essere più istruiti, non solo guadagnare di più, non solo avere successo. Queste sono idee molto primitive, le definisco primitive perché nascono dalla paura, e sono in profondità violente; insegnano la competizione, rendono ambiziosi.
Avanti su, tutto questa tensione non è altro che la preparazione ed il perpetrarsi di un mondo di tagliagole, dove tutti sono nemici di tutti.
Vedi, tu sei unica. Tu sei unico.
Tu sei unica. Non c’è nessun altra come te, non è mai esistita, né ci sarà mai.
Essere unico è la tua gloria, la tua profonda, grande bellezza.
Non imitare, non serve essere fotocopie.
Ma parlo a vanvera, come sempre, come non riesco altrimenti a fare.
Ho la mente piena dei vostri nomi e dei vostri volti, delle vostre voci e parole.
Chiaro che la mente è uno strumento, la uso io, non è lei che usa me. Ma qui si divaga.
L’oceano del mio animo, nella quieta tempesta del suo sognare che non ha fine, è piena di voi.
Il mio corpo è teso, stanco, conosce poco riposo, e molto ancora v’è da fare, tra i flussi e i riflussi del tempo, mio compagno di giochi, caleidoscopica lente dalla quale, talvolta, è con stupore che guardiamo l’esistenza e la sua danza. Il dolore lacerante della morte che incombe sulle persone che si amano.
Lo sguardo che brucia nello sguardo di chi è appena stato dilaniato. Ci vuole tempo. Oh sì.
Ma neanche tanto. Quello che serve.
Brucio dal desiderio di portarti a guardare le stelle con me.

Ci sono stelle ovunque.

Un inchino ed un sorriso, che sorrido con moderazione…


Ciao, meraviglie…

Stelle ovunque…
 
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Post N° 100

Post n°100 pubblicato il 13 Marzo 2006 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

MINUETTO VIII I MISS YOU ALL

È tempo per me.
Forse presto sarò andato, passato come un soffio tra i tuoi capelli.
Il mio canto, una canzone per dirti addio.

Forse presto ogni mio tocco, ogni parola che abbiamo scambiato, i sorrisi, le lacrime, forse presto saranno sempre, non più legati ad una presenza.

O forse no, forse non è ancora tempo.

Ma la pressione su di me aumenta, il tremito che annuncia la terra che si spacca, la morte di coloro che amo, il mio guardare te e vedere dentro te.

Non vi ho mai parlato con parole e parole sole.

E di quante cose abbiamo parlato, per paesaggi strani e cangianti passeggiando, io e te, io e voi, noi noi noi.

Sbaglio tutti i tempi, sono sempre sfasato. A dire il vero, il tempo è in continua torsione, me ne accorgo.

Di quanto forse, attraverso queste infinità, abbia compreso l’importanza di un tocco, uno sguardo. Leggero, intenso.

E ognuna di voi, e ognuno di voi, ringrazio sempre, in ogni gesto, in ogni cosa che sfioro, la presenza di coloro che qualcosa mi hanno dato, insegnato, trasmesso, fatto provare, è come una fragranza, un profumo che percepisco, sottile danza del mio animo.

Osservo il comportamento della gente. Sono assolutamente ricettivo, immobile. Ne ascolto i corpi. Ne colgo i dettagli. Essi hanno molto da dire e manifestano le loro volontà che in taluni casi differiscono dalle volontà di coloro che in quei corpi abitano.

Una dei problemi della definizione di essenza è che è necessario darne una definizione senza utilizzare la nozione di essenza stessa, ci pensavo qualche tempo fa…

Io disperdo molto mentre parlo, pur faticando molto per contenere le dispersioni, perché ogni parola mi apre una o più porte che sono interi modi o passaggi o scorciatoie verso mondi. In un certo senso, ogni volta che utilizzo il linguaggio, mi metto in viaggio.

Io e te, abbiamo parlato di quasi ogni cosa, dalla fisica quantistica all’amore, dalla pispola al pesce che diviene anfibio, passando per l’orgasmo femminile e quanto venga poco compreso, senza dimenticarci dell’amore, e del linguaggio, e del gatto di schrodinger. Siamo stati a chiacchierare con Zenone.
E un sacco di altre cose. È incredibile, in quanti posti siamo stati, che dici?

Per me, lo è…

E sai, credo che in molti altri posti andremo, e cammineremo in equilibrio sull’azzurro dell’alba, a rotolarci nelle fiamme del tramonto, e saremo feroci immersi nel sangue di crepuscoli ramati dove ci guarderemo negli occhi per ferirci, e faremo l’amore avvolti dal velluto di notti scure e dense. Ognuno con ognuno.

Dono, a te, perché è probabile che io e te ci conosciamo, o magari no, una lacrima. La lascio stillare, con dolcezza dalla punta del mio indice…se la segui, vedrai ciò che i miei occhi hanno visto, e la mia bocca pronunciato, in un altro tempo, in un luogo dove chi c’era non c’è più, e sempre esiste, e sempre cambia. C’è ora, ci sono ora, sono qui con me.

E chissà dove sono io…

Sei rimasta intrappolata, la tua libertà è stata annullata. Le tue ali sono state mozzate.
Solo le cose si possono possedere, mai le persone. Come puoi possedere una persona? Come puoi dominarla? Come puoi renderla una proprietà? Impossibile!
Eppure, è quello che il marito sta tentando di fare con la moglie, la moglie con il marito, i fidanzati e le fidanzate, i genitori con i figli, perfino tra amici, perfino tra amiche.
Vedo spesso conflitto, l’essere distruttivi l’uno con l’altra.
Di fatto, quando possiedi una persona odi, distruggi e uccidi, divieni un assassina. Sei un assassino. L’amore è libertà. Renderà l’amato sempre più libero, darà ali all’amata, l’amore aprirà un cielo sconfinato.
Non può trasformarsi in una prigione, in una gabbia.
Ma tu non conosci quell’amore, quasi mai.
E questo vale per molte cose che facciamo. Anche se provi a fare qualcosa di buono, farai del male. E allora sarari frustrato, e soffrirai, e te la prenderai con te stessa, e avrai poca fiducia, o magari un ego che si gonfia dismisura, nel terrore sopito che spunti un ago abbastanza appuntito e lo faccia scoppiare…
I vostri templi, le vostre chiese e moschee si sono tutte macchiate di peccato nei vostri confronti, perché vi vorrebbero dominare.

Ma fa nulla.

Basta pensare, fallo come fosse un gioco. Perché, vedi, per TE c’è spazio, nel momento presente, ma non per i pensieri, quelli hanno bisogno di un passato e di un futuro
Seduta accanto all’amato, mano nella mano, semplicemente esisti. E quando esisti con chi ami, figlio, amico, marito, animale, collega, moglie, chiunque, chiunque tu ami, quando esisti con chi ami si verifica un dialogo particolare, entrambi siete diventati uno…

Ma fa nulla…

La lacrima è caduta.

Ed io, beh, chissà dove sono ora…

 
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Post N° 99

Post n°99 pubblicato il 02 Marzo 2006 da Silentvoid
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MINUETTO VII. VUOI BALLARE CON ME? EHI, DICO A TE...

MEDÈA. UN DIALOGO IN RIVA ALL’OCEANO, AL TRAMONTO.

Un uomo e una donna si incontrano su una spiaggia, all’imbrunire. Non si conoscono. Siedono su degli scogli, l’uno di fronte all’altro. Poco distante, l’oceano, placido, continua il suo moto incessante, la sua infinita carezza.
Quella che a noi sembra la più giovane dei due, soppesa l’altro con lo sguardo, indugia con lieve perplessità sulla sua lunga, lunga barba grigio chiaro. Poi, quando finalmente arriva a fissare i suoi occhi in quelli di lui, qualcosa comincia. E questo è ciò che l’oceano mi ha raccontato di aver udito.

Medèa : Quanti anni hai?

D : Sono molto, molto vecchio..

Medèa : Eppure se ti si guarda bene, sembri un bambino..

D : Tu invece sembri vecchia, e sembri stanca..

Medèa : Perché dici questo? Non sono affatto vecchia..

D : Oh, ma non c’è nulla di male ad essere vecchi..

Medèa : Sì, ma tu intendevi dire che…

D : Ah, tu sai cosa intendo? Beh, allora perché parlare?

Medèa : Ma che dici mai? Io so cosa intendi, o credo di saperlo, mentre parli, e dopo che hai parlato!

D : Dunque ti interessa il suono delle parole che dico, se le vuoi sentire..

Medèa : No, non il SUONO delle parole, ma le PAROLE stesse, ciò che dici, ciò che le persone dicono, insomma!

D : Oh, suoni, parole…una cosa vale l’altra, se sai cosa intendo..

Medèa : Tu ti prendi gioco di me…dipende dalle parole che dici, e da come le dici..

D : Condividiamo dunque un significato unico? Ognuno di noi usa la STESSA parola quando emette la stessa serie di suoni nello stesso modo?

Medèa : Beh…sì, in una certa misura DEVE essere così, altrimenti come faremmo mai a comunicare? Certo, le sfumature possono essere differenti, e anche la
nostra interpretazione dipende da un sacco di cose, il nostro background, il nostro stato d’animo…ma in linea di massima sì, condividiamo un
significato unico.

D : (sorridendo piano, impercettibilmente)…nulla DEVE. Semplicemente, ogni cosa è così come ogni cosa è.

Nel frattempo, l’universo danzava in silenzio,stelle nascevano, stelle morivano; la luce iniziava a vestire lentamente gli abiti del crepuscolo, l’oceano continuava il suo infinito amplesso con la terra, gli uomini e le donne vivevano e morivano, come in ogni altro istante qualsiasi.
Piano piano, accarezzandosi una sola volta, placidamente, la lunga barba, D. volse lo sguardo indecifrabile e profondo verso l’acqua che lambiva teneramente l’umida spiaggia innamorata. E, con una voce senza tempo, disse, parlò…


eh, mica che vi dico tutto ora...
così è l'inizio di come andò, o magari di come va, o forse fore, di come andrà.
tanto se poi lo pubblico lo leggete intero, se vi va.
E anche se non lo pubblico.
Sì. Lo so che mi mancate.
Ma ho fatto tantissime cose, proprio tante, che se non fosse che sono un vampiro forse che non ce l'avrei nemmeno fatta.
Alle vostre preziose parole sotto la mia e nostra precedente chiacchierata risponderò prestissimo.
E ho molte cose da dirvi. Anzi, se ci penso (e mi guardo bene dal farlo, penso meno che posso) ho da dirvi qualsiasi cosa.Più o meno possiamo parlare di qualunque cosa.
Ho più risposte che domande, da un certo punto di vista...

ah, e chi è sto D.?

Ti bacio sulla bocca, pensa un po' te.
Mi sono fatto audace...

he he he...

 
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Post N° 98

Post n°98 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da Silentvoid
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MINUETTO VI NIGHTMARES AND DREAMSCAPES, I GOT ILL…

Vivo in una casa sull’abisso.
Squassato dalla tosse, vi scrivo, ascolto la ballata degli impiccati. Dolce e subliminale.
Sono un sopravvissuto. Passano gli anni, i giorni, i minuti, i secoli, e quanta morte, quante persone vedo scomparire.
E mi accorgo che sopravvivo. Per le cose che ho fatto, è davvero strano io sia ancora vivo.
Un diavolo. O un angelo.
Siedo in penombra. E quante lacrime vorrei poter ancora versare.
Qualcuna, mi rendo conto ora, forse anche per me.
Siedo in penombra. Osservo l’arcata del cielo. Vedo il sole sorgere, splendere, tramontare. Sempre più veloce, vedo il pallore lunare scivolare attraverso la notte. E ancora il sole, sempre più veloce, che attraversa il cielo, sorge, tramonta, ed è notte, ricami di stelle sulla buia trapunta dell’universo, nel freddo, ed ancora il sole che sorge, rincorre la notte che lo rincorre, un cosmico uroboro, sempre più veloce, intere settimane passano in minuscoli istanti davanti al mio sguardo immobile, sempre più veloce la corsa degli astri, anni scorrono tra le mie dita, oramai percepisco solo la scia del sole, è troppo veloce, il lampo nero della notte…le cose intorno a me cominciano a disfarsi, a cadere in polvere, gli anni seguono gli anni, tutto muore, decade, piccole lacrime gonfie scendono lungo il mio viso, saranno polvere prima che possano staccarsi dal mento e cadere a terra.
Il passaggio è pieno di angoscia, mi sento perso, tra i globi dei pensieri degli esseri umani.
Vedo la trasparenza delle forme dei pensieri, la loro duttilità, e la luminosa sottile sostanza dei pensieri stessi.
Eoni sono passati. Oramai il concetto stesso di morte si è perso, sbriciolato in malinconico dolceamaro pulviscolo di ricordi sospesi nel vento dell’immanenza.
Mi accorgo che il tempo non scorre affatto nella processione lineare che siamo abituati a percepire.

Ho la febbre, da un paio di giorni.

Ne avrei di cose da raccontarti.
Ogni cosa…

Ho ali grandi e nere.

Mi piacerebbe stare ancora un po’ con te…

Davvero davvero...

A presto, magari…

 
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Post n°97 pubblicato il 05 Febbraio 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidMINUETTO V       A GHOST IN THE SHELL... ON WRONG AND RIGHT...

Il mio spirito preme per uscire dal proprio guscio.
Il tessuto della mia interfaccia organica è flessibile ed elastico. Mi accorgo con stupore delle mie mani, dita sottili e forti. Delle parti dure sui miei palmi. Mani da lavoratore. Mi accorgo che i miei contatti fisici con il multiverso esterno sono quasi esclusivamente rudi, forti, privi di dolcezza.
E quanta stanchezza mi procura. Accarezzo ogni cosa. E ne ottengo brutali contatti. Secoli sono passati, e a volte mi mancano quei piccoli istanti morbidi, un tocco leggero sul volto che non ho, volto antico, cangiante.
Ricordo le sue mani, accarezzare le cicatrici sul mio braccio. Carezze come lacrime, come una liberazione.
E quanta morte bisogna saper bilanciare.
Ogni cosa che fai, fa la differenza. Ogni piccola cosa. La fa per te, per gli altri, crea un precedente, innesca una luminosa cascata di rapporti quantistici di possibilità di accadimento.
Non temere di sbagliare. Insomma, hai un’idea precisa di cosa sia un errore? Si tratta più che altro di sensazioni, prima, e di qualcosa come un senno di poi, dopo. Ma quale è la tua idea dell’errore? Ciò che è giusto oggi, potrebbe non esserlo domani…la vita è un flusso, continuo, mutevole, trova sempre nuovi sentieri dei quali non sappiamo nulla e si muove verso l’oceano senza mappa né guida.
E il fiume della tua vita è del tutto simile a quello di un fiume…chi dovrebbe stabilire cos’è giusto e cos’è sbagliato?
Magari ti dico una cosa o due, così, mentre guardo l’orizzonte, e lascio scorrere il freddo come una lama di luce sulle mie guancie. Io non soffro il freddo. Come puoi decidere cos’è giusto e sbagliato, come stabilirlo per te, di questo vorrei parlare, solo un paio di stupide cosine, se non t’annoia troppo. Non preoccuparti degli altri, per adesso. Quale criterio usare per te?
No, perché nessuna religione lo ha mai davvero fornito, nessun sistema di pensiero, tutti ti hanno dato idee assurde per giudicare gli altri, idee prefissate, e la vita non è mai qualcosa di fisso. Quasi tutti si limitano in ultima istanza a regalarti dei cadaveri. A trasmetterti, per così dire, le idee degli antenati.
Ma ogni tradizione è in un certo qual modo cieca. Tutte le persone troppo legate ad una tradizione sono un pochino ammalate, perché non sono ancora riuscite a trovare la propria comprensione.
Ecco, proverò a suggerire un criterio, così, tra un bicchiere e l’altro. Voglio dire, non dico cos’è giusto e cos’è sbagliato, solo provo a suggerirti un criterio grazie al quale, in qualsiasi situazione, tu possa stabilire ciò che la tal cosa è, in quel contesto.
È una cosa semplicissima, eppure per migliaia di anni ce la siamo lasciata sfuggire. Forse perché è semplice ed ovvia, e quasi tutti i pensatori ed i filosofi sono sempre proiettati, come dire, verso il firmamento, al punto talvolta di non vedere più ciò che vicino…e quanti altri occhi si sono persi in lontananza, su una metafisica immaginaria, o su paradisi ed inferni dopo la morte…
A me non interessano i tuoi dei, né cosa ti succederà dopo la morte. Mi interessa quel che ti accade in questo preciso istante, quel che accade alla tua consapevolezza. Perché ciò sarà sempre con te, dopo la morte, ovunque tu sia.
La tua consapevolezza porterà con sé la luce che divide ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Ed è giusto tutto ciò che ti rende più attento, più consapevole, più quieta, più silenziosa, più festosa, più giocoso, più gioioso…ciò che ti fa celebrare l’esistenza. E non parlo affatto del modo in cui si manifesta tutto ciò, o di quello che in superficie può apparire…
Qualsiasi cosa ti renda inconsapevole, infelice, gelosa, beh, sembra proprio che sia sbagliata…
Ma attenta alle parole, alla loro imprecisione, al loro inganno…io non ti do una lista di cose giuste e cose sbagliate.
I nomi che uso per indicare le disposizioni d’animo più varie, sono nomi, non confondiamo l’insieme con gli elementi dell’insieme.
Sono la tua luminosità e la tua oscurità, che ti permettono di avere una chiarezza rispetto ad ogni momento della vita, senza dover consultare i dieci comandamenti, o la gita, o il corano, o il libro dei morti.
Perché non chiedere alla forza vivente in te?
Hey, senti qui…ti guardo negli occhi, dentro, nel profondo, nelle vastità dell’universo, dell’abisso, del cielo e dell’oceano.
TU SEI L’UNICO TESTO SACRO CHE ESISTA AL MONDO.
E se non sei chiara rispetto a una cosa così ovvia ed evidente…beh, provaci, vorresti?
Ogni istante te ne offre l’opportunità…vedrai che il tuo criterio, quello veramente tuo, è sempre utile, libero da qualsiasi dittatura dei morti…è semplicemente la tua comprensione, che muta continuamente.
Non ascoltare altri che non sia la tua consapevolezza.
Qualsiasi cosa ti aiuti a realizzare il tuo potenziale senza fare del male intenzionale ad alcun essere senziente, è bene.
E non sarà una benedizione solo per te, porterà estasi all’intera esistenza. Nessuna donna, nessun uomo è un’isola, noi tutti siamo vasti, un continente senza confini, uniti da profonde radici. I nostri rami sono separati, le nostre radici un unico insieme.
E’ nelle tue profondità, dove sei così bella che ne hai paura, che trovi ogni cosa. Solo lì.
Il resto è in periferia, anche se lo vedi al centro.
Cambiando i sintomi non si cura una malattia.
E ora devo volare via, con ali grandi e nere e leggere, attraverso lo scorrere veloce di neon, ascoltare il pulsare dei nervi scoperti dei nostri paesaggi urbani, veloce, attraverso le città dove ognuno di voi irradia luce e calore e dolore indicibile, così immensità si stagliano nell’infinita prospettiva sempre mutevole dell’esistenza…dove vite stanche e provate lasciano cadere le loro deboli melodie nell’abisso del mio cuore, devo volare, raccogliere lacrime versate e lacrime mai piante, cercare di sciogliere qualche nodo, correre via, e vedo fabbriche di notte, enormi scatolette per uomini e donne, e palazzi di cemento e acciaio, e sento che posso flettere il tempo, e che vi amo.

Mi manca il tocco leggero d’una donna sul mio volto, sento.

Mi attendono quattro giorni di congresso.
 
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Post n°96 pubblicato il 23 Gennaio 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidMINUETTO IV    SOULSIDE JOURNEY


Ecco, ora che ci penso oggi è un anno esatto da quando ho cominciato a scrivere qui. E ne succedono di cose, in un anno.
E ho pure ripreso a scrivere il libro. Anzi, lui mi ha ripreso e mi ha rimesso a scrivere. Come se non stessi già lavorando ad un sacco di canzoni. Beh, come artista sono decisamente tormentato. E allora quando tocca, tocca, ed è un piacere. Tra l’altro non ho la minima idea di dove vuole andare a parare, tutto quello che faccio. Ma non è di questo che intendo parlare.
Oggi è il compleanno di Hic et Nunc, e stavo pensando a cosa regalarvi.
A dire il vero no, non ci sto pensando. Pensare mi serve fino ad un certo punto.
Immagino che scriverò di sabato notte.
Vi secca?
Senza contare che sto scrivendo sotto dosi massicce di musica, e comincio a sentirne gli effetti.
Andiamo, dunque, vorreste? È di nuovo sabato…e vi parlo, il tempo lo si può utilizzare un po’ come si vuole…

Siedo al bancone, solo, bevendo qualche birra, ascoltando i corpi delle persone che animano il locale, nella semioscurità.
Lo vedo arrivare. Si siede al mio fianco.
È, ad occhio e croce, ubriaco. E poi sento, sento che soffre.

Della sofferenza, mi piacerebbe parlarvi.
La sofferenza è una delle emozioni più forti, più intense che un essere umano o un animale possano provare.

Ma vi dicevo di sabato. Insomma, questo dopo un po’ attacca bottone, e mi dice che ci sarebbe da suicidarsi. Così, prima mi chiede se bevo qualcosa, e poi, sospira e dice in dialetto, impastato: “certo che ci sarebbe da uccidersi”.
“beh, certo che sì” – gli rispondo io.
“ E perché mai” – sempre lui, sempre in dialetto – “perché secondo te è bene andare contro l’istinto di sopravvivenza, eh? Eh? Sentiamo, perché?”
“Tu credi che io non ti sappia rispondere, vero?” – rispondo mentre ordino da bere
“infatti” – fa lui
“Fondamentalmente perché l’istinto di sopravvivenza è perdente. L’amore lo trasforma, per esempio…”
“E’ meglio non amare, così non sperimenterai nessuna morte” questa è la sintesi della sua contorta ma in qualche modo lucida replica.
“A parte il non trascurabile fatto che è impossibile non amare, diciamo che comunque sia, puoi sempre soffrire.” – così gli dico, occhi negli occhi. Ah, lo dico anche a te, e anche i tuoi occhi vedo. Anche se tu credi di no.

“La sofferenza è una delle emozioni più forti, più intense che un essere umano o un animale possano provare. È una BUONA sensazione. Non bella, ma buona.”
Lui si sistema sullo sgabello, maldestramente. “ E sapresti dirmi in che modo? “ è la sua domanda.

Ma torniamo pure ad oggi. Che mi stufo ad aprire e chiudere virgolette di continuo.
E poi voglio parlare con te, camminare con te, guardare i tuoi occhi, accarezzare senza bisogno di spiegare, senza nemmeno bisogno di sfiorare. Eccomi qui.

La sofferenza ti spinge a lasciare te stessa, te stesso. Esci dal tuo piccolo e limitato guscio. Hai amato, e prima o poi soffrirai. Non parlo di una relazione in particolare, parlo di amare, in senso totale. La sofferenza è amore perduto, in un certo qual modo. Tu lo capisci, lo so benissimo, però spesso non vuoi pensarci. È un completamento fra i tanti possibili, degli infiniti cerchi che tracciamo con le nostre anime, amiamo, perdiamo, soffriamo, lasciamo e veniamo lasciati, poi amiamo di nuovo, tocchiamo, scopriamo, vediamo, assaporiamo, sentiamo, vediamo, annusiamo di nuovo, ascoltiamo, e ancora soffriamo.

Soffrire è intenso. Soffrire è morire ed essere vive allo stesso tempo. Una delle esperienze più totali, più assolute che possa provare.
A volte mi è capitato di pensare che non siamo fatti per superare un ostacolo simile. A volte è troppo. Il corpo arriva quasi a distruggersi, con tutti quei sussulti, quelle contorsioni. Quel vuoto impotente.
Ma io voglio poter provare dolore. Versare lacrime. Perché mai dovrei voler potere? Sembrerebbe una cosa da evitare. Da darsela a gambe non appena si comincia a provarla.
Però, siccome tanto non puoi dartela davvero a gambe, senti un po’ qui. Sì, lo so, sono vecchio e brutto e scemo e matto. Ma senti qui.
La sofferenza ti unisce di nuovo a ciò che hai perso. È una fusione. È a questo che serve soffrire. Te ne vai anche tu con la cosa o la persona amata che scompare. In un certo senso, ti dividi da te stessa e l’accompagni, fai con lei una parte del viaggio. La segui sin dove ti è concesso spingerti, fino a dove il tuo cuore e la tua mente, il tuo stomaco e i tuoi nervi reggono. È uno dei viaggi più difficili.
Ma alla fine, quando alla fine torni dal viaggio, chi lo sa quanto ci vuole, la sofferenza se ne va e tu torni in sintonia col mondo. Senza ciò che hai perso.
E piangi, continui a piangere. Che scelta abbiamo, poi? Non si torna mai del tutto indietro dal posto in cui sei andata con la cosa o la persona perduta. Un frammento che si è staccato dal tuo cuore pulsante è ancora là. C’è una lesione, una ferita che non guarisce mai. E se ti succede una volta e un’altra e un’altra ancora nella vita, col tempo se ne va una parte troppo grande del tuo cuore, e ti sembra di non riuscire più a soffrire. Ma non è così, non sarà mai davvero così.
E allora io dico soffri, se stai soffrendo. Non riesco a capire quelli che ti dicono di tirarti su. È come se tu venissi da me con la febbre a quaranta e io ti dicessi “beh, guarisci!”. No, alla febbre serve tempo. E anche al dolore.

Ma, o “mia” diletta compagna di viaggio, “mio” fedele compagno di viaggio, anche qualcos’altro dirò.
Perché ebbene sì, io sono un viaggiatore di confine, questo probabilmente già lo sai.
E ti ho vista in viaggio. E allora, quando stai male, sappi che stai camminando per impervi sentieri, che non te ne rendi spesso nemmeno conto, e io lo vedo, quanto è faticoso, e quanto tu sia esposta, quanto tu sia distrutto, nell’affrontare questo viaggio.

L’amore non finisce mai. Le relazioni finiscono, le persone muoiono, gli animali muoiono. Le persone si allontanano.
Ma noi amiamo anche qualcuno che è molto distante, amiamo qualcuno che è morto tanto tempo fa.
E allora ci incamminiamo, curvi sotto il peso dello strazio.

Ma si torna. Diverse, più complete, più donne, più uomini, più consapevoli.
La maggior parte di noi darebbe la vita per una persona che ama veramente. Per i propri figli. Per coloro che si ama.
Eccolo, l’istinto di sopravvivenza sopraffatto.

Se soffri, sei in cammino. Chi lo sa dove arriverai, e come tornerai, quale nuova bellezza sarà incastonata profondamente in te, in attesa che tu la scopra, la veda brillare in te.

Non c’è nulla da temere, nella sofferenza.

E vi sono incontri, che si fanno per queste vie. Incontri bellissimi.

Datti il tempo di guarire.

E se davvero dovessi aver paura…

Ti accompagno, che così ti faccio compagnia…

Grazie di tutt’ animo ad ognuna di voi, ad ognuno di voi, per questo anno.

Grazie infinite.

Vi bacio le labbra.

D.
 
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