la memoria dispersa
un mondo di affetti perduto (ricordi, pensieri, riflessioni)
TEMPO
Il tempo che passa è tiranno ma è l'attimo che conta, l'attimo che ti prende, ti fa pensare, ti fa sentire, racchiude un mondo, ti fa passare oltre...
Ci sono amori che non muoiono mai, anzi traggono forza dalle rovine, così come ci sono vite che muoiono nel momento di esplodere in tutta la loro bellezza.
La vita e l'amore sono atti di coraggio.
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Messaggi di Giugno 2016
Post n°566 pubblicato il 29 Giugno 2016 da lorifu
Tag: America, ANALISI, ARTE, Charles Bukowski, conformismo, CULTURA, POESIA, RIFLESSIONI, società, vita
I gemelli
A volte insinuava che ero un bastardo e io gli dicevo di ascoltare
morire su un pavimento di cucina alle 7 del mattino
ecco, stacco un’arancia e le tolgo la buccia lucente;
ed è morto
dentro, mi provo un vestito celeste Charles Bukowski
Partirei proprio da questa poesia da brivido, autobiografica, splendida per la quantità d’immagini che evoca nel descrivere il mondo solitario di quest’uomo, angelo e demonio insieme, perché come lui diceva si parte sempre dall’alto e prima trovi gli angeli. Che lui fosse un angelo caduto dal cielo e si fosse sporcato le ali nel putridume di una realtà inaccettabile lo si capisce leggendolo, basta qualche poesia, qualche racconto e se riesci a penetrare lo zoccolo duro della sua anima indurita trovi il cielo...
Inizia a bere adolescente per fugare inquietudini, scarso amore in famiglia, emarginazione, tanto che a vent’anni è già fuori casa con un diploma in mano e un futuro da inventare.
Sregolatezza, scarsa propensione all’ordine e alle regole, lavori precari.
Il viso devastato dall’acne non è che il segno esteriore degli sfregi e graffi che portava dentro, impossibili da nascondere.
Anni di vagabondaggio, lavori precari, un breve periodo con un’occupazione stabile, i readings poetici tra tormenti e abissi esistenziali e poi l’affermazione come scrittore che se anche gli toglierà il bisogno non gli regalerà la felicità.
Le donne e l’alcol sono una costante della sua vita errabonda, tra amori autentici e un’infinità di rapporti occasionali, spinta liberatoria per non morire.
Basterebbero alcune sue irriverenti citazioni per capire cosa pensava dell’umanità e della vita.
Il realismo esacerbato gli alienò la simpatia dei critici di un’America perbenista e puritana che si crogiolava nel “sogno americano” da lui impietosamente infranto e dissacrato.
Tutte le sue opere descrivono il mondo degli emarginati, dai barboni, alle prostitute, dai giocatori d’azzardo agli alcolisti, il suo universo è popolato dagli ultimi, non della sua scala valoriale, tanto che il tanfo dei bordelli ha un odore più allettante dei prati e delle case che odorano di pulito. Il suo è un messaggio chiaro e scomodo e quanto più sentiva il rifiuto da parte dei benpensanti tanto più si divertiva a provocare con il suo linguaggio scurrile e senza filtri.
La mia unica ambizione è quella di non essere nessuno, mi sembra la soluzione più sensata.
Voleva scuotere le coscienze, sottrarsi ai diktat della competizione e del successo che travolgevano e stravolgevano i rapporti, tanto da non riuscire a trovare un briciolo di umanità nella società dell’opulenza.
Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere umano.
I suoi romanzi, racconti, poesie, aforismi sono un affaccio sulla mostruosità del degrado metropolitano, tra rifiuti e baracche sgangherate dove chi vive ai margini della società, nel suo niente riesce persino a cogliere barlumi di felicità.
Solo i poveri riescono ad afferrare il senso della vita, i ricchi possono solo tirare a indovinare. Indipendente, anarcoide, il grande “Hank” ha percorso il suo viaggio esistenziale solo tra una folla di esseri stritolati nell’ingranaggio del conformismo, un inferno forse peggiore di quello da lui stesso sperimentato nei suoi vagabondaggi.
La perfezione mi fa schifo, mi repelle. Tutte quelle donne e quegli uomini che cercano la perfezione negli stereotipi creati dalla società mi fanno venire il vomito. Fottuti manichini di carne, senza personalità o amore per se stessi. Stessi vestiti, stessa musica, stesse espressioni, stessi cibi, stesse scopate, stesse auto, stesse vite, e alla fine?... Stessi suicidi neurali di massa. Perché vivere come un automa è senza ombra di dubbio un suicidio. Quando tutti si è uguali, Tutti si è nessuno. La perfezione è un uccellino in gabbia che vive, mangia, caga e muore con il solo scopo di essere ammirato. Lo voglio libero, spiumato, infreddolito, denutrito ma libero..."
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Post n°565 pubblicato il 22 Giugno 2016 da lorifu
Tag: ARTE, conformismo, CULTURA, film, La Ricotta, mediocrazia, omologazione, Orson Welles, Pasolini, RIFLESSIONI, società
La Ricotta, il magnifico corto di Pasolini, è un film nel film con infiniti piani di lettura tutti riconducibili ai tanti elementi della sua strenua critica e attacco al consumismo e alla religione di Stato, motivo per cui fu accusato di vilipendio alla religione e il film, sequestrato, poté essere proiettato con le modifiche imposte solo dopo il processo, tanto da far dire ad Orson Welles, l’attore regista di questa proletaria Passione di Cristo invece che “Povero Stracci! Crepare è stato il suo solo modo di fare la rivoluzione”, “Povero Stracci. Crepare, non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo”.
In questo “linguaggio della realtà” Pasolini si avvale dei tableaux vivants e attraverso Wells ricostruisce, in due sequenze gemelle, le deposizioni di Cristo di due pittori toscani Rosso Fiorentino e Pontormo che oltre a evidenziare il suo grande amore per la pittura diventa il modo per fissare nel film le forme del reale inducendo le sue sferzanti riflessioni.
È proprio attraverso Stracci, l’emblema di un sottoproletariato affamato che Pasolini lancia la sua requisitoria e lo fa sempre attraverso le parole di Orson Welles che intervistato da un giornalista gli mette in bocca il suo pensiero di scrittore e regista attraverso la sua pungente critica:
l’uomo medio “è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista…”.
Parole forti, che scuotono le coscienze, di un’attualità schiacciante, lo spettacolo di una società offesa e mortificata dallo spettro della fame e dell’intolleranza tanto che anche il libro di Alain Deneault, "La Mediocratie", un trattato sulla mediocrità e il pensiero unico dilagante, non può non farci riflettere sugli effetti dvastanti della società liquida che Pasolini aveva già individuato cinquant’anni fa. |
Post n°564 pubblicato il 15 Giugno 2016 da lorifu
È più facile soffrire che annullare le distanze che ci separano.
E so molto bene che non ci sarai.
Nei miei sogni non ci sarai,
Julio Cortázar
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Post n°563 pubblicato il 12 Giugno 2016 da lorifu
È da sempre che rincorro con enorme fatica la capacità di non prendermi troppo sul serio, di riuscire a ridere di me stessa, cogliendo il senso della vita con la giusta dose di autoironia e leggerezza.
Mica facile però anche per un innato amor proprio ed eccessiva autovalutazione che in fondo non sarebbe neppure una qualità negativa se controbilanciata da una sana obiettività riguardo possibilità e limiti che ho sempre onestamente riconosciuto, vivendoli però in maniera frustrante e ovviamente penalizzante.
“Non prenderti troppo sul serio”, frase fin troppo inflazionata che mi riconduce a mio padre che me lo ripeteva spesso per la mia inveterata abitudine a voler puntualizzare ogni cosa, cercare di spiegare l’inspiegabile, non riuscire a ridere mai dei miei inevitabili errori che drammatizzavo all’impossibile, sentendomi un’ameba e una fallita.
Le cose l’ho capite dopo, col tempo e tutto nasceva da una eccesiva considerazione che avevo di me, precoce Mary Poppins, col rischio di apparire antipatica a chi si accettava ed accettava inconvenienti, incompletezze incongruenze senza patema alcuno, considerandole normali mancanze di una personalità in divenire, non costruita su rigidità e schemi fissi.
È difficile ancor oggi che le cose mi scivolino addosso anche se ho imparato a vivere con un maggior distacco, o meglio, me lo impongo ma non credo neanche a chi dice “Patisce chi capisce”. Sarebbe un insulto a chi, pur non andando in profondità, rimanendo in superficie riesce a farsi carico e coniugare gioie e dolori con quella imperturbabilità e serenità che gli permette di sorridere anche quando magari ha il cuore gonfio di amarezza.
Riuscire ad essere veri sempre, è questo per me il problema.
Non riesco a fingere, non riesco a farmi una ragione di ciò che non mi piace anche se questo limite è stato la mia forza.
Credere in se stessi è l’unica cosa che conta e che ti sorregge nei momenti più bui della vita.
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Post n°562 pubblicato il 01 Giugno 2016 da lorifu
Giugno mi baciò
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BURANO 2020
Tu credi di incontrare l’amore,
in realtà è l’amore che incontra te
nei modi più strani,
inaspettati, involontari, casuali.
A volte lo confondiamo col bene
e lo surroghiamo.
Spesso siamo convinti sia amore,
fingiamo sia amore,
e leghiamo noi stessi
a una indistruttibile catena
frutto dei nostri desideri mancati
dei nostri sogni sopiti
delle nostre abitudini
delle nostre paure
delle nostre comodità
delle nostre viltà
dei nostri calcoli
della nostra apatia
dei nostri falsi moralismi.
Ma quando arriva, se arriva,
lo riconosci,
come “il sole all’improvviso”
sconvolgente, coinvolgente,
totalizzante, esclusivo,
fusione di corpo e anima
osmosi perfetta.
Se finisce,
un dolore muto, senza fine.
loretta
Inviato da: Vince198
il 07/10/2023 alle 17:26
Inviato da: Vince198
il 30/03/2023 alle 13:34
Inviato da: Vince198
il 21/03/2023 alle 01:01
Inviato da: Vince198
il 11/11/2022 alle 00:37
Inviato da: woodenship
il 02/11/2022 alle 02:52