Creato da tantiriccirossi il 02/01/2008

*Incedere Silente*

In punta di piedi in silenzio ti cerco...in silenzio sparisco. Affinchè le notti non abbiano l'unico suono del sospiro di chi soffre e tace, ora quel sospiro avrà una voce...e l'avrà qui.

 

Tra nuvole BIANCHE

Post n°125 pubblicato il 22 Giugno 2010 da tantiriccirossi
 

              
                             

 

Un cerchio nell’acqua

un grano di sabbia

un petalo giallo, un petalo rosa,

un abito bianco

un velo da sposa,

del riso, un confetto... è

tutto perfetto…si, tutto perfetto.

 

Sul letto è seduta

una bambola triste,

un gioco passato

tra mani di bimba

che stringono ora

un mazzetto di rose

son grandi le bimbe

e son piccole spose.

 

Sul ciliegio in fiore

seduta che sbircia

la strega rossiccia

del  libro di fiabe

sbiadite, perdute, volate,

raccoglie pistilli, distilla rugiada.

 

E come ogni cosa

si traccia il confine

una vecchia bambina

una giovane sposa

delle foto ingiallite

tanto tulle, un bouquet

e sul letto seduta

una bambola triste

che racconta a una strega rossiccia

una favola fatta d’amore.

 

Un cerchio nell’acqua

formato da un sasso

un giro di niente a

piccolo passo

che danza, che ride, che vola

tra nuvole bianche, tra nuvole rosa.


 
 
 

Da Madre a Madre

Post n°124 pubblicato il 11 Maggio 2010 da tantiriccirossi
 

Ti guardo…
e ai miei occhi, oggi, appari così stanca.
Vorrei parlarti ma ne ho il timore, perché stanca anch’io, non so se riuscirei a dirti tutto e a finire il discorso.
E continuo a guardarti, in silenzio, vedendo me al posto tuo e chiedendomi quanto ti abbia dato e quanto abbia preso.
Non si ferma il ricordo di quante volte mi abbiano stretto le tue braccia, le stesse che ora scendono senza forza, unendo le due mani sul tuo grembo. Abbracci…che toglievano d’incanto ogni dolore, ogni paura, ogni smarrimento e tra le quali avrei bisogno di tuffarmi ancora, accolta con amore e invece…
Ti guardo…
ed il mio sguardo segue le carezze che il tempo ha lasciato sul tuo volto, così come sui tuoi capelli, togliendone ad alcuni il loro colore e ornando il tuo capo di fili d’argento.
Ascolto i tuoi ricordi, quelli che già conosco …e i tuoi rimpianti; i vecchi aggiunti a quelli nuovi, come facevo da bambina.
Ascolto e taccio...                                                   e quel tuo “ se non avessi te” oggi lo hai trasformato in un “ se non avessi avuto te” chiudendo a modo tuo quello sfogo…come allora, come sempre, pari ad un solenne “ Così Sia”.
Distolgo lo guardo e fingendo un atteggiamento distratto sussurro appena un “ ti voglio bene mamma” e il tuo sorriso mi risponde “ anch’io”.
Tu madre e madre io, mi sono spesso domandata se fossi stata all’altezza di questo ruolo e ho letto la risposta negli occhi dei miei figli, nel loro continuo cercarmi, nel loro affannoso correre da me, quando erano affranti dai tormenti; proprio come ho fatto io con te...e tu... lo avrai letto nei miei occhi, mamma, quanto t’ho sempre amato?
Tu oggi seduta…
le gambe al sole e il capo all’ombra, quasi volessi dirmi della tua grande voglia di andare avanti e nascondessi i tuoi pensieri, i tuoi timori, i tuoi desideri nella penombra di questa pergola, perché tutti venivano prima di te e tutti per primi, dovevano essere accontentati; come hai insegnato a fare a me.
Tu oggi …
seduta ed io di fronte a te, m’accorgo che da te ho imparato ad amare …senza sforzo, senza fatica, senza aspettarmi nulla in cambio e a te io dico …
Grazie mamma.

 
 
 
 

Profumi

Post n°122 pubblicato il 14 Aprile 2010 da tantiriccirossi
 

Sedeva in silenzio tra i suoi fiori.
La sua aria serena lasciava credere a tutti che quello fosse il suo regno.
Di tanto in tanto sollevava lo sguardo dal suo libro, volgendolo ai monti intorno, e sorridendo appena, si consolava al pensiero che da lì a poco, le ginestre sarebbero fiorite e tutto intorno si sarebbe macchiato di colate di giallo profumato.
Si portava la mano al petto quasi a voler fermare il battito di quel cuore che impazzito, batteva e sbatteva, senza pietà; chiudeva gli occhi che le si riempivano di lacrime, per  quella nostalgia che s’impadroniva di lei da sempre.
Aprile, e poi sarebbe stato maggio…
Il tempo ormai le sfuggiva; sabbia tra le dita, quel tempo, che abbandonata la clessidra della vita, volava via in un sottile filo dissolto e sparso dal vento.
Immobile chinava la testa, lasciando che i tiepidi raggi di un sole al tramonto l’accarezzassero con amore e riabbassando lo sguardo, riprendeva la lettura, senza parlare, che inutile era parlare e voglia non ne aveva.  A farle compagnia, il gioco delle rondini in cielo e lo sguardo sonnecchiante di un micio che seduto sul davanzale della finestra, tra i vasi di ciclamini ancora carichi di fiori, la guardava indolente.
Il suo regno, i suoi fiori, i suoi pensieri lontani riscaldati al sole di un aprile che da qualche tempo, per lei, aveva il profumo di piccoli fiori.

Giuly

 
 
 

Abbracciami

Post n°121 pubblicato il 31 Marzo 2010 da tantiriccirossi
 

Abbracciami!!
Alza le tue braccia e …stringimi!
Apri gli occhi e guardami, che ho bisogno del tuo sguardo.
Non c’è luce che possa illuminare il buio che mi avvolge e la mia luce sei tu… che non mi guardi e… non mi parli.
Dove sei?
E come farò a proseguire il mio cammino senza te? Io che per te vivo e per te venni creata!…
Parla! Parla! Parla!… Chiama il mio nome e dimmi quale Dio, quale Padre ti ha portato via e ha trafitto il mio cuore.
Abbracciami… ti prego abbracciami… alza le tue braccia e dimmi che nulla è accaduto, che questo è solo un incubo, che si dissolverà la notte, il buio, e il terrore d’averti perduto sparirà con loro…
Figlio mio.

Stringimi …che è freddo il mio corpo e il dolore non si spegne!
Abbracciami, come se fossi l’unica gioia venuta al mondo, io, che per te lo fui.
Non abbandonarmi ancora, non è ancora il momento di deporre il mio corpo, che la paura non s’è spenta, né il desiderio di perdermi tra le tue braccia… io uomo, io bambino, IO… figlio di donna.
Poi avvolgimi e posami con cura; non voltarti, non cercarmi altrove, e apri gli occhi che attraverso il tuo sguardo io possa entrare in te donandoti la luce.
E scolpisci sul tuo volto il mio dolore, il tuo dolore… affinché  chi mi  uccise possa impazzire nel guardarti e ...chiedere perdono…
E solo allora tu mi avrai vendicato…
Madre.


Giuly



 
 
 

Stazioni

Post n°120 pubblicato il 25 Marzo 2010 da tantiriccirossi
 



Non si poteva fare a meno di chiedersi come e a chi fosse venuto in mente di costruirla lì e non era facile rispondersi mettendo pace ai “perché”, che a porseli, sembrava tempo perso.

Sola e lontana, circondata da monti e colline dai fianchi dolcemente degradanti,
non riusciva a donare alla fantasia, il ricordo di giorni migliori.
Una piccola casa spuntata nel niente e dal niente, era quella piccola stazione abbandonata a se stessa e dimenticata da tutti.
Così tanto lontana dalla vita, che guardandosi attorno non si capiva se fosse scappata lei dal centro abitato, o se spaventato dallo sferragliare del treno,
qualcuno avesse spostato, via via nel tempo, ogni singola casa del paese,ricostruendolo e nascondendolo, dietro una delle tante colline, incollandolo sulla cima della montagna addormentata al sole. Persiane divelte, sbattevano contro il muro ad ogni soffio di vento e dalle finestre senza imposte, a tratti, ne usciva l’odore di muffa, di vuoto; del niente che la riempiva.
L’intonaco scrostato, si nascondeva vergognoso, dietro la cascata d’edera che
ormai aveva preso piede ovunque e sulla facciata che guardava il tramonto, si leggeva appena il nome di un paese che non c’era.

All’ombra di un gelso, la panchina in pietra attendeva l’arrivo di qualcuno pronto a sedersi, attendendo con lei, il passaggio di un treno che non si sarebbe mai fermato e ai suoi piedi, l’incessante andirivieni di formiche rosse che entravano e uscivano dal formicaio.

Un unico binario e due rotaie tra le pietre bianche, invase da rigogliosi ciuffi d’erba che nascondevano qualche lucertola che di tanto in tanto si affacciava a riscaldarsi e una coccinella, andava su e giù da uno stelo, senza fermarsi,quasi fosse in cerca di qualcosa che aveva perduto e non ritrovava, per poi aprire le ali e volare poco più lontano, su di un nuovo stelo tutto da scoprire.

Silenzio;tutt’intorno e dentro!

L’unico rumore era proprio quello del… silenzio, che ti faceva sentire ancor più forte il battito del cuore che nel risalirti dal petto in gola, ti riempiva d’angoscia e risvegliava le paure che da bambina ti avevano perseguitato; quella di perdersi e di non essere mai ritrovata.

Tra il grano ancora verde, s’avvertiva il frusciante avanzare della serpe nera, che in cerca di cibo non aveva altro che d’accontentarsi di un piccolo rospo sperduto. 

Soffiava lento il vento, una canzone di foglie e rami, di stanze vuote attraversate, di fontane che buttano un filo d’acqua e il suo canto accompagna da sempre il passo stanco di un povero vecchio che arranca lungo il tratturo polveroso di terra bianca e arsa.
Ogni sera arrivava, da non si sa dove, per sedersi su quella panchina, in attesa del passaggio del treno, quel treno che passava veloce e non si fermava e che lasciava intravedere appena, attraverso i finestrini, i volti di chi aveva avuto la fortuna di trovarsi in una stazione in cui i treni arrivano, si fermano e ripartono,uno dopo l’altro e nel suo sguardo il rimpianto di un tempo lontano, un tempo in cui sarebbe riuscito anche lui a salire sul quel treno, afferrandolo al volo, salendoci in corsa… ma i treni passano e si fermano una sola volta nella vita e in alcune stazioni…mai.

Giuly


 
 
 

Sospiro di Fate

Post n°119 pubblicato il 16 Marzo 2010 da tantiriccirossi



Accadeva ora, che le Fate, malgrado vivessero in un regno tanto meraviglioso, avessero nel cuore un sospiro, che lasciavano andare quando si avvicinava il periodo di luna piena.
Il loro desiderio di posare i piedi nel regno degli uomini, ai quali si sentivano legate e ai quali spesso avevano portato aiuto, era tanto forte da dar loro motivo di nostalgia e di quel sospirare, e così era stato da sempre,… tanto che nel periodo di plenilunio, quando Selene, la luna, illuminava il buio delle notti e le radure, loro aprivano la porta del regno e tra lo scintillio di polvere di stelle, giungevano sulla terra, per ballare le loro danze d’amore e di gioia.
Anche quella notte fu così e attraversata la porta, scivolarono ridendo felici lungo il tunnel del tempo e giù … in quella lunga corsa che tanto le divertiva.
La loro felicità accese il firmamento di altre stelle e sulla terra a nord, dove le notti sono lunghe giorni e giorni, apparve quella magica luce che fluttuava nel cielo componendosi, addensandosi e scivolando lentamente, nei colori più belli del viola, dell’indaco del rosa, e azzurro, verde giallo e bianco.
Non erano lampi ma nastri luminosi forse più simili a strascichi di tulle che gli uomini chiamavano Aurora Boreale e che guardavano incantati, intessendo storie fantastiche e leggende, ma finendo sempre per credere che si trattasse puramente di magia.

Giuly                                                   
                                                                                           (da "Una Fiaba per Diana"
                                                                                                   di  Tantiriccirossi)
 

 
 
 

Fili Sottili

Post n°118 pubblicato il 18 Febbraio 2010 da tantiriccirossi
 

Ti sfiora delicatamente, il tiepido tocco del sole d’inverno,
Non osa,  non azzarda spingere il suo calore oltre il golf di lana.
Pallido, oltrepassa le nubi e ridona luce ad una stanza,  nella quale non vuoi vedere niente, e di cui conosci bene il bianco del soffitto guardato per ore e  che ora sembra ancor più bianco.
E volgi lo sguardo a quei vetri ancora gocciolanti di una pioggia sbattutagli contro con rabbia.
Scendono, le piccole gocce  trascinandosi lentamente il loro sottile strascico d’acqua.
Gocce…perle strappate al cielo e pronte a riempirsi di arcobaleni  rubati a quei raggi  che continuano a sfiorarti dolcemente, temendo di sciuparti.  Perle di acqua e sole che  infili con lo sguardo, una ad una, in collane di luce e guarderai  dissolversi senza lasciar ombra del loro passaggio.
Gira l’arcolaio e stretto nella mano il fuso, la tua mente, fila pensieri in fili sottili che  ricamano disegni  mai finiti, su di un cuscino trapuntato di parole che ora non hanno  suono e scomposte giocano su di un letto sfatto.

Giuly

 
 
 

CUORI

Post n°117 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da tantiriccirossi
 

Cuori in vendita; ne sono pieni gli scaffali dei supermercati, le vetrine del centro…gli angusti spazi degli autogrill.
Di carta, di stoffa, di plastica…sono lì, a impolverarsi, nell’attesa di una mano che li afferri, li rivolti e li conduca alla cassa.
Cuori menzogneri, che non palpitano e non amano, ma ruffiani dichiarano amore a chiunque e illudono chi ancora crede.
Lo stesso rito e  tutto sempre uguale a sempre, senza variazioni, senza propositi, senza sentimento…un atto dovuto.
Arriva quasi nauseante, il rosso che sembra aver cancellato il ricordo di ogni altro colore e si arranca nelle false certezze che un sentimento, motivo di vita, non sia tale se non profuma di cioccolato. Malinconicamente sbiadisce il ricordo del profumo che l’amore aveva avuto un tempo; lo stesso profumo di un piccolo fiore raccolto in un prato e  posato nella tua mano, e quello dell’erba calpestata perdendosi l’uno negli occhi dell’altro. Non si parlava d’amore, non lo si chiedeva al sapore di cioccolata e il desiderio  più grande era  quello di dargli un sapore esclusivo, che fosse solo tuo e il più importante; sapore d’amore…quello di un bacio rubato e trasformato in un unico respiro.
Cuori in vendita… tristemente sfavillanti in un rosso che acceca ogni verità: non pulsano, non provano, e pretendendo di parlare d’amore….  muti... non dicono niente.

Giuly

 
 
 

Finestre

Post n°116 pubblicato il 02 Febbraio 2010 da tantiriccirossi




Sta per nevicare!
Lo annuncia l'odore polveroso del gelo.
Che strano...non se n'era mai accorta prima che, il gelo avesse un odore.
Lascia andare lo sguardo verso l'orizzonte lontano, in cerca di qualcosa di nuovo.
Lo cerca sui monti dalle cime imbiancate e crocefisse al cielo, quel cielo ovattato di nubi bianche, e segue con lo sguardo, il percorso scuro dei tratturi delle mulattiere ...e dei confini tra un campo e l'altro.
Non c'è niente di nuovo!
Senza accorgersene tende la mano aperta verso l'alto, come in un gesto elemosinante ed un primo cristallo di neve ci si posa sopra... ghiaccio su ghiaccio.
Nevica fitto ora!
Un ultimo sguardo ai rami grigi e nudi del sambuco dove, il merlo stacca le ultime bacche nere, per finire il suo pasto, prima di volar via verso il suo nido.
Respira profondamente... ed è il rivivere in un momento di sinestesia.
Si! Profuma di gelo l'aria; e allora gelo sia!
Richiusa l'imposta resta ancora qualche attimo immobile a guardare e tutto ciò che è fuori, le appare come un quadro fatto di uno squarcio su di una parete... incorniciato e chiuso in una finestra.

Giuly


 
 
 

Principessa d' Inverno

Post n°115 pubblicato il 13 Gennaio 2010 da tantiriccirossi
 

Era proprio quello che volevo e le avevo trovate tra i tanti fiori che in quella mattina finivano sul banco del fiorista per essere sistemati in composizioni che avrebbero arricchito i tavoli dei locali, pronti a festeggiare il nuovo anno. Non loro, non quelle rose bianche che tanto mi piacevano e che belle più che mai sembravano essere lì ad aspettarmi per diventare il bouquet di una sposa.
Le avevo prese tutte e ancor più preziose apparivano, con quei piccoli gelsomini bianchi, avvolte nella delicata rete di tulle spruzzata di lustrini argentati.
Un bouquet da sposa per un’amica, fiori bianchi come la neve, luccichii azzurrognoli, quasi quel piccolo mazzolino, fosse venuto da un giardino di ghiaccio; fiori di neve che sarebbero andati tra le mani di una sposa speciale e per quel giorno, “Principessa d’Inverno”.

Nessun prezzo, nessun ringraziamento sarebbe stato ripagante quanto lo sguardo sorpreso di quella “giovane donna matura”, che niente s’aspettava credendo il ricordo di quel giorno così lontano, così speciale e tanto importante, fosse qualcosa di vivo solo per lei. S’era sicuramente guardata allo specchio quella mattina, e su quel viso ancora tanto bello, vi aveva visto qualche ruga che un tempo non c’era, l’aveva sfiorata e s’era sforzata di ricordare quando fosse comparsa, poi aveva mosso i suoi passi fieri, verso la mia casa, stringendosi nel morbido piumino e accarezzando il crocifisso di brillanti che portava al collo…era ora di andare e …di arrivare da chi forse non ricordava che quello era un dì importante.

Uno sguardo stupito, sorpreso e tanto dolce… e ho creduto di vederla davanti all’altare, in quel giorno che non vidi mai, m’è sembrato di sentirla fanciulla spaventata e felice, ne ho percepito il palpitare del cuore che batteva forte mentre le porgevo quelle rose bianche. “Rose Bianche”;che oggi lasciano andare uno dopo l’altro i petali stanchi. Piccole ali,sottili piume, caldi fiocchi che dondolandosi piano si posano sul centro d’organza. Li guardo…e provo una stretta al cuore per quel malinconico triste sfiorire, ma che hanno assolto il compito di far rifiorire,  quel giorno, il sorriso di donna bambina,meravigliosa signora e…sposa d’inverno. Tutto sfiorisce, tutto passa, tutto finisce e tutto resta comunque vivo in un album di foto sbiadite in “pelle di cuore”…il suo, il nostro e quello di chi ha saputo amarla sapendo che lei ha amato restando signora e regina di vita.

Giuly

 
 
 

Stelle

Post n°114 pubblicato il 21 Dicembre 2009 da tantiriccirossi
 


Sprazzi di luce che illuminano il buio; piccole stelle che cadute dal cielo, sembrano essersi posate tra gli aghi di un abete che ora risplende nella notte.
Occhi di bambina le aveva guardate, quando incollate al cielo, splendevano, brillavano e si spegnevano, offuscate dal passaggio di     un’ impercettibile foschia … un velo leggero, che le rendeva ancor piu’ belle e colorava      l’ aura luminosa della luna, di un leggero color rosa.
Piccole stelle,ora prigioniere tra i rami, che sembrano non essersi accorte di dove siano finite e  continuando allegre il loro giocare donano un calore che non hanno.
Si spengono, s’accendono, si rincorrono, salgono… e brillano, rispecchiandosi nelle vitree sfere opalescenti che si dondolano legate ai rami, con un nastro argenteo e oro. E sono occhi di bambina quelli che, restano fermi a guardare sentendosi riempire di un’ innocente gioia che scende… che cola…fino al suo cuore; un cuore bambino che non ha mai smesso di  credere che esista una notte in cui si  possano avverare i sogni, i desideri segreti, quelli legati al cuore da un grazioso nastrino rosso, quelli che ti venne detto che avresti dovuto meritarli, ricevendo il perdono per un capriccio che nemmeno ricordavi d’ aver fatto e non capivi  perchè... tu fossi convinta che, “il perdono non andava meritato ma donato”.
A cosa servono quelle stelle cadute dal cielo, come briciole da una tovaglia? A che serve tutto quel loro rincorrersi, accendersi e a cosa serve quel loro sfavillio? Non l’adulta bensì la bambina potrà rispondere; serve a mettere in luce quel poco di buono che resta nascosto in noi, e a mettere in ombra la cattiveria, la gelosia, l’invidia con le quali usciamo di casa dopo averle imbellettate e nascoste con un abbondante spruzzo di profumo d’ipocrisia. 
Si chiudono gli occhi di donna, quelli che hanno visto e capito, calano le palpebre stanche di un brutto vedere, di un vuoto guardare, di un triste capire che , nessuno è piu’ buono a Natale, forse siamo solo meno cattivi.
Saranno occhi di bimba a guardare le piccole stelle trafitte dagli aghi di abete, sapendo in cuor suo che “ non sara’ mai veramente importante chi avrà avuto ragione bensì colui che avrà saputo Perdonare,”e potrà continuare a credere che ci sarà per tutti una notte, per tutti il dono di un sogno esaudito da stringere tra le mani e Una Magica Notte  che profumi d’ amore.

Giuly

 

 
 
 

Tempo

Post n°113 pubblicato il 09 Novembre 2009 da tantiriccirossi
 





 

 

 

 

 


 
 
 

Le Filastrocche di Strega Rossiccia

Post n°112 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da tantiriccirossi
 




Raccolto ha le brume
la strega Rossiccia
che fila…che tesse
e trine le rende…

Le stende di notte
poi scuote le  stelle
col lor scintillio le
rende più belle.

Son trine incantate
son trine sottili
son fatte di bruma
quei leggeri fili.

 
Trine di strega

che si nasconde
trine di strega
che la mente confonde.

Le indossa soltanto
la notte del Sabba
e tutti gli altri

si struggon di rabbia

 Nessuno sa tessere
come Strega Rossiccia
nessuno ci prova
nessuno s’impiccia

Dal magico libro
ha imparato l’arcano
che muove leggera
la sua candida mano

 La strega Rossiccia
ha raccolto le brume
e tesse e ricama
alla luce del lume 

su quella trama
vi lega un sospiro
con una lacrima

ci lava il suo filo.

Notte di streghe,
non tutte cattive
notte d’incanto,
di pura magia

 notte di filtri,
di riti e pozioni
notte d'intrugli
di furbe intenzioni...

notte di balli di
luna, e di stelle…
di streghe brutte
di streghe belle.

 Graffia la luna
le ombre terrene
nuvola va, nuvola viene

e sulla scopa
di nuova saggina
strega Rossiccia
si trasforma in Regina.

Giuly

 

 
 
 

BRINA

Post n°111 pubblicato il 16 Ottobre 2009 da tantiriccirossi

Era uno scintillio irreale,quello della brina sfiorata appena dai tiepidi raggi del sole del primo mattino.
Sarebbe durata poco! Un manto incantato, steso sui sogni di una natura pronta al riposo.
Riprendeva piano spessore il mondo circostante, e in silenzio usciva delicatamente e senza fatica alcuna,  dalle ombre che sembravano  lacerarsi nel vano tentativo di trattenerlo dopo aver creduto di essersene appropriato, di averlo ingoiato,sminuendolo, pigiandolo nel buio.
Dolce e leggero era il lento scivolare delle foglie ingiallite che si lasciavano trasportare dal vento in un delizioso Valzer. Dolcemente vibravano, scivolavano, volteggiavano disegnando spirali e al fine, posandosi al suolo.
Sembravano feriti i rami, che s’allungavano spogli, come mani rinsecchite e sterili, lasciandoti dentro la sensazione che non potendo più donare, fossero pronte a portarti via l’anima.
Ed era il gracidare fastidioso ed insidioso della rana dalla bocca larga, che nascosta sotto le foglie di nifea, adescava, ricoperta dai bianchi petali della sfioritura del  fiore, ignari insetti in cerca di una sosta tra i pistilli color oro.  Non aveva increspatura l’acqua,  se non quella data dal movimento dei cigni che s'avvicinavano a mangiare il pane donato dalla manina di un bimbo ricciuto.
Tra il fitto del bosco, s’intravedeva appena la sagoma di una baita e si faceva forte il desiderio di calore, di caffè caldo da bere davanti al fuoco di un camino.
Ha smesso per un attimo il suo gracidare, quella rana... giusto il tempo per mostrare la sua lingua smisurata, nell’atto d’afferrare una libellula… un breve volo, che ha conosciuto il mattino di un giorno e non ne vedrà il tramonto. Restano sull’ acqua le piccole ali iridescenti che si allontanano come barchette pronte ad affondare ed in quel dolce mattino….il triste gracidare…

Giuly

 
 
 

TEMPESTE

Post n°110 pubblicato il 14 Settembre 2009 da tantiriccirossi
 


Nasce dal niente … dal nulla appare il vento impetuoso che con le sue raffiche, piega senza pietà le chiome degli alberi, le stesse che fino ad un attimo prima, ritte, sembravano accarezzare il morbido azzurro del cielo, imbevuto, dell’abbagliante luce del sole.
Cala l’ombra minacciosa di nuvole nere che arrabbiate, si contorcono su se stesse, come in preda a spasm
i biliari e vomitano un veleno di saette che squarciano l’aria
con un sinistro crepitìo trafiggendo la terra inerme.
E’ il tuono ad accompagnare l’improvviso scroscio di   pioggia.

Violenta cade e rimbalza sul terriccio ormai polveroso da   tempo, ma senza bagnarlo, senza donargli ristoro   dall’arsura.
Acqua che con perfidia fora, schizza, si raccoglie …per poi  scorrere via in rigagnoli tormentosi e sporchi del pattume  che incontra lungo il cammino…pioggia…
che sembra illudersi di nettare gli schizzi fangosi generati  proprio da se stessa…

E’ un urlo di dolore, quello che proviene dalle piante  piegate, straziate, sferzate …tradite…da un breve ed  inutile temporale estivo che sparisce così, com’ era  iniziato… dal niente... nel niente!
Grondano dalle esauste foglie, gocce che sembrano  lacrime di un pianto di bambino.
E’ il ritorno del sole che, riappropriandosi del suo cielo,  asciuga con il suo calore, a mò' di fazzoletto, ogni segno  di  quell’umido gocciolante che ora si riassume e si  racchiude in una pozza stagnante e per poco, inutile  culla, per qualche stolida larva di zanzara.
Esili , sottili colonne di nebbia, s’alzano dalle cime  boschive di cerri e conifere, sembrano salire da fuochi di  accampamenti , ma non ne arriva l’odore acre del fumo,  bensì quello di terra grassa e fertile del sottobosco, di  muffe…di re
sine e funghi.
Finito tutto, resta il soffio di una leggera brezza e la  consolazione che ci saranno ancora belle giornate,  mentre tra rami fitti ed intricati tra loro, dove l’annestàto  fogliame è avvolto da nugoli d’insetti, filtrano i raggi del  sole e squarciano la penombra illuminando un sentiero  fiorito di teneri e delicati ciclamini.

GIULY

 

 

 

 
 
 

Ad Occhi Chiusi

Post n°109 pubblicato il 17 Luglio 2009 da tantiriccirossi

 

Era cominciata presto quella giornata e tutto era in ordine già alle prime ore del mattino, nella casa che sorgeva sulla costa poco lontana dal mare. Solo una lingua di sabbia a separarne le acque dagli scogli che scendevano quasi a picco sul mare quasi a volerne abbracciare l’insenatura in un gesto di protezione.  Una distesa di sabbia chiara e cespugli invasi dalle piccole lumache bianche dove i gigli di mare facevano bella mostra del loro candore e con il loro delicato profumo, attiravano ogni tipo d’insetto che si tuffava, sparendo, all'interno dei fiori a campana, per poi ricomparire qualche attimo dopo  pronto a spiccare il volo. Profonda e ancora selvaggia, quella spiaggia era l’unica cosa che proteggesse la casa dall’assalto delle mareggiate e come una spugna assorbiva l’acqua salmastra che restituiva al mare, spesso rabbioso e devastante. Sapeva di pulito ogni stanza di quella casa, che lei amava tanto e la corrente che si veniva a creare per le finestre aperte, faceva si che le leggere tende bianche si gonfiassero e si sgonfiassero pari a vele senza forza, lasciando intravedere il largo terrazzo che circondava la casa, le tende da sole abbassate ed i fiori che lo rendevano accogliente e vivace. Cascate di sufinie bianche, gelsomini, bounganville, ibiscus , si dondolavano con indolenza, alla brezza leggera che sembrava quasi soffiata dalle tinte di un’alba pronta a sparire e lei, seduta in silenzio, lasciava che il sole che ancora non aveva forza nel suo calore, le asciugasse i capelli. Guardava il mare e poi i suoi piedi calzati da un paio di scarpette di tela bianca con la suola di gomma e di tanto in tanto passava una mano tra i capelli che s’impigliavano nella piastra di madreperla del suo anello. Erano le cicale a soffocare il silenzio, a romperlo, a frantumarlo e lui  lentamente si spegneva tra i rumori che venivano da lontano, come quello di un treno che passava sempre alla stessa ora e che non si sarebbe certo fermato nella piccola stazione. Le cicale continuavano nel loro frinire e diventavano quasi fastidiose, segno che anche quella sarebbe stata un giornata molto calda, e guardandosi le gambe leggermente abbronzate, aspettava …semplicemente aspettava, non sapeva cosa ma sapeva che qualcosa sarebbe accaduto. Chiudeva gli occhi davanti ad un’alba che ormai era al finire, e lo sbiadire dei colori nel cielo le dava la sensazione che tutto si scolorisse, tutto diventasse inutilmente accecante in una luce abbagliante che nascondeva quasi quanto il buio, tutto ciò che un istante prima aveva chiaramente visto….tanto valeva, quindi, tenere gli occhi chiusi e restare ad ascoltare il flebile sussurrio dei suoi ricordi.

Giuly

 

 

 
 
 

In Viaggio

Post n°108 pubblicato il 23 Giugno 2009 da tantiriccirossi

 

Strade incendiate dal sole e lo scorrere veloce dell’auto tra mura di fichidindia… una corsa…una fuga dall’afa della città in una domenica d’inizio estate. Fuggire!!...Lontano da tutto…lontana da tutti e da ogni pensiero o disturbo. Una strada che conosceva bene, un paesaggio che aveva visto in ogni mutare di stagione e che in altri momenti le sarebbe sembrato estenuante, monotono…ma non quel giorno, non in quel momento. Non lo guardava e …se lo faceva era in modo distratto, tanto, era il continuo ripetersi di campi mietuti e ispidi di ristoppie dove cilindriche balle di paglia, erano sparse qua e là e davano l’impressione d’essere rotolate giù dalle colline impellicciate dalla folta vegetazione del lentisco che veniva giù, disperatamente aggrappato ai calanchi scolpiti dallo scorrere del tempo, del vento e del sole. In cielo era solitario il volo del falco che non disperava e cercava attento una preda da portare al nido, gli bastava un topo campagnolo che sbucasse dalla tana e poi…  la sua picchiata. Entrava dai finestrini aperti l’odore di fieno, di bruciato, di polvere dello sterrato e del lentisco.  Fichidindia…tanti e con  pale cariche dei bei fiori che, come soli guardavano il sole  lasciandosi accarezzare dal volo d’ali bianche di farfalle danzanti un gioco d’amore. Si piegavano… ondeggiavano e si strappavano ad ogni passaggio d’automobile, i teneri rami delle piante di liquirizia che cresceva esuberante nelle cunette, formando basse siepi sulle quali si appoggiavano i tralci dei capperi che schiudevano i loro fiori violacei, belli come orchidee in un negozio di fiori. In fuga… senza fretta di raggiungere la meta…canticchiando una canzone che sapeva di vacanza e d’estate…stringendo tra le dita un invisibile filo che legava senza stringere ogni suo pensiero, ogni sua solitudine ed ogni nostalgia e…si ricominciava a contare lo scorrere del tempo.

Giuly

                                          

 

 
 
 

SOLE

Post n°107 pubblicato il 04 Giugno 2009 da tantiriccirossi

Ed è il ritorno del sole ad aprire il nuovo giorno. In un cielo ripulito dal bioccoso
grigio di nubi cariche di pioggia, s'è fatto annunciare con sferzate dorate che
hanno acceso di luce, le velature di foschia del primo mattino che s'aggrappavano all'azzurro come pallide ragnatele tessute di fumo.
Alto il volo delle rondini, predice a questo lembo di terra martoriato dalla tempesta, che oggi non pioverà.
Riaccendono le
chine dei monti, i verdi dei campi seminati e sembra
di poter ascoltare lo sforzo degli esili
fusti del grano nel tentativo di rialzare verso il cielo, le spighe arrese al peso dell'acqua crollatagli addosso con violenza, in un susseguirsi di acquazzoni. Nascondono le
radici in larghe
pozze fangose...
sporchi acquitrini, che già
si profumavano
di marciume e muffe.
Sgomento lo
sguardo di chi sperava nella mietitura ed invece ora...siede su di un muretto a
secco guardandosi gli scarponi infangati e resi pesanti dalle zolle che gli sono
restate aggrappate alle suole in quell' incerto tentativo di avanzare nel campo.
Sole...c'è bisogno di sole, per spianare i solchi su fronti corrugate da pensieri e
presagi di nuovi fallimenti, simili a magri raccolti disposti in panieri già colmi di
difficoltà.
Soffia senza violenza, un vento che sa di ginestra in fiore. Il giallo limone dei suoi
fiori, ha mutato il paesaggio e muovendosi in un indolente dondolio, si lascia rubare
il profumo dal soffio caldo del vapore che si alza dalla terra riscaldata. Non danno riposo gli insetti ai piccoli fiori. Escono pian piano, in una timida ricognizione, dalla pagina inferiore delle foglie, dove aggrappati a testa in giù, hanno trovato riparo
dalla pioggia. Umide le loro ali, non li sorreggono ancora in un volo sicuro...pochi
attimi al sole e ...ripartono tuffandosi tra le corolle gonfie di nettare e dalle quali li
si vede riemergere carichi di polline.
E' il volo della ghiandaia ad attirare l'attenzione...un volo che finisce sul ramo del ciliegio dove dondolano come legati in un diadema, i rossi frutti color rubino.
La guardi beccare appena, la polpa succosa... continuerà così, e ne lascerà solo il nocciolo spoglio e penzolante dal picciolo. Un volo verso il nido,dove la schiusa
pigola affamata.
Ed è pace... una pace che sa di fiaba, scritta....letta....e ...raccontata da un raggio di sole...un sole che ha riportato la speranza e un desiderio di vita...

Giuly

 
 
 

Sentieri.

Post n°106 pubblicato il 18 Maggio 2009 da tantiriccirossi

E sono ancora domande…domande senza risposta e senza speranza.
Sono percorsi già fatti, vissuti e ritrovati. Polvere lungo la strada, e passi sporchi di terra arida che si disperde come fumo ad ogni incedere.
E’ il disgelo a portare nuovi colori, un apparente fine di un freddo che lascia spazio all’illusione che tutto sia finito e che sia il momento di ricominciare, ma…da dove?
Era smarrito il suo sguardo,cercava intorno e non trovava un inizio, un viottolo…un misero sentiero. Si fermava ad osservare perdendosi, tra i colori accesi di fiori che tornavano a colorarle la vita. Quadri di petali che di tanto in tanto si lasciavano cadere sfiniti, arresi... e che volteggiando si posavano sulle sue gambe e su quei piedi stanchi di un inutile cammino. Ferma sulla sua poltrona, non aveva forza se non di guardarli senza provare né sentire niente che non fosse pena per quel lento sfiorire.  Era forte la luce del sole, e lei stanca di una notte insonne, si lasciava riscaldare da qualche raggio che penetrava dalle arcate della veranda. Cercava ancora tra le montagne, seguendone il disegno nell’orizzonte, un punto dove fermarsi e attraversare una porta da oltrepassare per dimenticare le mortificazioni di un calvario da risalire. Stanchi si chiudevano i suoi occhi…ora era lontano l’incessante cinguettare dei cardellini che avevano costruito il  loro nido d’amore tra i rami del pino. Era lontana da tutto, aveva trovato la porta per andare, sognare e credere d’essere avvolta da tanta luce che le impediva di vedere, ma non la rendeva cieca. Sentiva tutto…tutto quello che voleva ascoltare; nessun dolore… ma solo pace egioia di essere lì in quel sogno che aveva il sapore di realtà, un sapore conosciuto e mai dimenticato, quello di un giorno che fosse lungo una vita e di una vita che valesse un giorno, ma un giorno…di sole.

Giuly

 
 
 

VOLI

Post n°105 pubblicato il 23 Aprile 2009 da tantiriccirossi

Sorrisi…sorrisi ripescati tra le ansie e le paure.  Ricordi felici che le alzavano gli angoli delle labbra ed in quel momento lei si sollevava in volo. Volo leggero, lontano, sereno. Volo in un cielo che sapeva di pace e non aveva nubi nere ad oscurarne il sole, ma solo piccole candide velature d’immagini che non sbiadivano e che lei attraversava quasi a volerle rivivere. A braccia aperte, lasciava che il vento la travolgesse e quasi soffocando, tentava di respirarlo, di abbracciarlo di stringerlo a se e farlo suo per sempre. Verso il sole, verso la sua luce che l’accecava, verso quel calore che le asciugava i leggeri abiti inzuppati da lacrime che non era riuscita ad ingoiare. Voli lontani… pindariche evoluzioni della mente che non s’arrende e cerca pace in un sismico movimento. Chiusa tra le pareti di una stanza, attende ritorni che non avverranno e aspetta dietro finestre che aprono le imposte su Paradisi  desiderati, visti, toccati e quando il suo planare la riporta alla realtà, vede oltre quella finestra, il fiorire spavaldo dei suoi fiori…del suo giardino ma oltre quel cancello, nessuna casa, nessun monte, nessuna cima ancora innevata, ma il mare  che libero muove le sue onde verso l’orizzonte ed accarezza il cielo inondato di luce e colori. …E un altro viaggio, e ancora un volo…per poi tornare ad un’altra attesa... nascosta nell’ombra a guardare da quella sua finestra…continuando… ad aspettare…

Giuly

 
 
 
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questo è per Giuly

Per te, che ti fai i cavoletti tuoi ma che ti preoccupi sempre dei cavoletti altrui.

Giuly


.Sai...io lo leggo dai tuoi post e dai commenti che lasciano i tuoi amici

Potevo forse non far incidere che sei una forza della natura?

...e cos'altro dire?

Ogni altra parola sarebbe solo banale.
Ciao, carissima amica!
Grazie Theo "ogni altra parola sarebbe solo banale" se detta ad un amico che sa leggerti nel cuore.

 

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