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Togliatti, Basso e Nenni: anche loro erano degli inconfessabili sovranisti

Post n°4452 pubblicato il 06 Giugno 2019 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Società | 4 Giugno 2019 

 

La categoria di sovranismo viene liberamente impiegata dai pretoriani del pensiero unico politicamente corretto ed eticamente corrotto per dissociare democrazia e sovranità e, insieme, per associare sovranità e dittatura. Eppure la sovranità, nel dopoguerra, era intesa come base del socialismo e della democrazia. In modo opposto, la rimozione della sovranità era assunta come base della perdita della democrazia e come baluardo del cosmopolitismo capitalistico. Palmiro Togliatti, in un intervento alla Camera dei deputati del 2 dicembre del 1948, difese strenuamente, come peraltro sempre avrebbe fatto, la sovranità nazionale, respingendo incondizionatamente il progetto della creazione di una federazione europea che si ponesse al di sopra delle sovranità nazionali: ciò avrebbe significato – sono parole di Togliatti – “non unire, ma scindere l’Europa”.

La forza con cui la guida del partito da lui fondato con Gramsci difendeva la sovranità nazionale contro le ingerenze statunitensi era la stessa con cui la tutelava da una decostruzione mediata dal mito dell’integrazione europea. Togliatti rigettava senza mediazioni la visione cosmopolitica, ravvisandovi la quintessenza dell’ideologia della classe dominante:

Il comunismo non ha nulla di comune col cosmopolitismo. […] Il comunismo non contrappone, ma accorda e unisce il patriottismo e l’internazionalismo proletario poiché l’uno e l’altro si fondano sul rispetto dei diritti, delle libertà, dell’indipendenza dei singoli popoli. È ridicolo pensare che la classe operaia possa staccarsi, scindersi dalla nazione. La classe operaia moderna è il nerbo delle nazioni, non solo per il suo numero, ma per la sua funzione economica e politica. L’avvenire della nazione riposa innanzi tutto sulle spalle delle classi operaie. I comunisti, che sono il partito della classe operaia, non possono dunque staccarsi dalla loro nazione se non vogliono troncare la loro radici vitali. Il cosmopolitismo è una ideologia del tutto estranea alla classe operaia. Esso è invece l’ideologia caratteristica degli uomini della banca internazionale, dei cartelli e dei trust internazionali, dei grandi speculatori di borsa e dei fabbricanti di armi.

Sono parole su cui dovrebbero meditare specialmente quanti, nel quadrante sinistro, confondono oggi l’internazionalismo proletario con il cosmopolitismo liberista.

Sempre nel 1948, Pietro Nenni, guida del Partito Socialista Italiano (PSI), si oppose fermamente ai progetti di federazione europea e di patto atlantico. Nel secondo caso, si sarebbe avuta una subordinazione dell’Italia alla monarchia del dollaro. Nel primo caso, invece, sarebbe stata “la Germania alla testa dell’Europa”, come Nenni ebbe ad asserire presso la Camera dei deputati il 30 novembre del 1948. Contro questa duplice eventualità, Nenni proponeva di “organizzare il paese in libera democrazia autonoma” e, dunque, sul fondamento della sovranità nazionale, intesa come ineludibile base del progetto democratico.

Tanto a Togliatti, quanto a Nenni e, ancora, a Lelio Basso era immediatamente chiara l’implicazione antidemocratica della sovranazionalizzazione dei processi decisionali, nonché, in modo convergente, la loro reale portata nel quadro del conflitto di classe. Così si pronunziò Basso alla Camera dei deputati, il 13 luglio del 1949:

L’internazionalismo proletario non rinnega il sentimento nazionale, non rinnega la storia, ma vuol creare le condizioni che permettano alle nazioni di vivere pacificamente insieme. Il cosmopolitismo di oggi che le borghesie, nostrana e dell’Europa, affettano è tutt’altra cosa: è rinnegamento dei valori nazionali per fare meglio accettare la dominazione straniera.

Sia pure da prospettive e da inquadramenti politici reciprocamente irriducibili, Togliatti, Nenni e Basso prospettavano una via che era differente rispetto a quella delineata dal Manifesto di Ventotene: e che, di più, in sé racchiudeva tutti gli elementi fondamentali per una critica puntuale di quest’ultimo e di quella sua vocazione cosmopolitica che – è un tema centrale in tutti e tre gli autori testé menzionati – non solo era aliena alle classi lavoratrici, ma che, di più, si poneva come lo strumento ideale per dominarle ancora più intensamente.

Ancora nel 1957, il comunista Gian Carlo Pajetta si opponeva con forza all’idea di denazionalizzazione in vista di quella che oggi non esiteremmo a definire “europeizzazione”. Dal punto di vista delle classi dominate, occorreva – asserì Pajetta –  “comprendere […] quale valore grande, decisivo sia quello dell’indipendenza nazionale” (25 luglio 1957).

In queste proposte interpretative, che qui abbiamo solo richiamato per cenni, è già presente la grande alternativa tra un cosmopolitismo denazionalizzante e desovranizzante (secondo il modello del Manifesto di Ventotene), a cui aderiranno le sinistre market-friendly anti-gramsciane e che è l’humus ideale per il prosperare del rapporto di forza cosmomercatista, da una parte, e un socialismo democratico a base nazionale, sovranista e internazionalista, volto alla tutela delle classi lavoratrici (e, dunque, nemico dell’apertura post-nazionale a beneficio del capitale), dall’altra.

La prima via tende ad annullare l’internazionalismo proletario nel cosmopolitismo favorevole alla classe dominante e fondato sull’abbattimento delle sovranità nazionali: e sfocia, in ultimo, nel liberismo economico della deregolamentazione post-nazionale e nella dottrina universalista e sovranazionalista dei diritti umani da esporto missilistico (id est nel globalismo capitalistico). Sarà su questa duplice base, il cui fondamento essenziale sta nell’abbandono dell’internazionalismo delle nazioni sorelle a vantaggio del mondialismo del mercato unificato, che si consumerà la metamorfosi kafkiana del quadrante sinistro: il quale, nel suo transito dal rosso al fucsia, dalla falce e martello all’arcobaleno, aderirà al dogma liberista (contro ogni possibile seduzione di comunismo, socialismo e keynesisimo) e all’ordine atlantista del one world americano-centrico (con imperialismo dei diritti umani, interventismo etico, bombardamento umanitario ).

La seconda via, per parte sua, muove dal presupposto in accordo con il quale mantenere l’interesse nazionale non contrasta con l’internazionalismo, ma ne è anzi la condizione ineludibile. L’internazionalismo, infatti, non si regge sul superamento delle sovranità nazionali, ma sulla loro relazione solidale o, più precisamente, sul rapporto fraterno tra Stati sovrani democratici e socialisti, distanti tanto dal nazionalismo conquistatore, quanto dal cosmopolitismo mercatistico.

Società | 4 Giugno 2019

 

 

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Commenti al Post:
jigendaisuke
jigendaisuke il 06/06/19 alle 22:33 via WEB
Fusaro? Stimola il mio intestino
 
 
ninograg1
ninograg1 il 07/06/19 alle 21:53 via WEB
jigendaisuke il 06/06/19 alle 22:33 via WEB almeno un effetto lo ottine.... di altri invece non si è a conoscenza di effetti sia pur 'collaterali'!!!!
 
elyrav
elyrav il 07/06/19 alle 08:16 via WEB
Non so che dire. Sicuramente è un bel pò che siamo in dittatura ma ce la spacciano per democrazia.
 
 
ninograg1
ninograg1 il 07/06/19 alle 21:55 via WEB
elyrav il 07/06/19 alle 08:16 via WEB nell'era dell'america muscolare, a partire dai Bush, si parla di democrazia autoritaria... una cosa che fa dannare ai nostri democrats ma che è l'attuale evoluzione delle nostre stanche democrazie...... non è un caso che come regime è messa fra le degenerazioni dei sistemi politici!!!Leggi: https://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia_illiberale
 
woodenship
woodenship il 07/06/19 alle 18:11 via WEB
...Sinceramente, non vorrei sbagliare, però mi pare che l'idea socialista e la sua concezione della sovranità, sia uscita sconfitta da un pezzo. A proposito: ricordo che i comunisti erano i primi a difendere l'idea di un esercito nazionale di leva,come espressione di quel sovranismo di sinistra che attribuiva all'esercito popolare il compito di difendere la democrazia ed il popolo.Coloro che ancora dibattono e difendono quest'idea di sovranità nazionale da sinistra, si è mosca bianca. Quella che va per la maggiore è un'idea di sovranismo che affonda le radici nel nazionalismo populistico che diede vita ai regimi nazifascisti, o sbaglio? A meno di considerare Salvini o Farage come eredi di quel socialismo sovranista di Gramsci, Togliatti e Basso.........
 
 
ninograg1
ninograg1 il 07/06/19 alle 22:07 via WEB
woodenship il 07/06/19 alle 18:11 via WEB quella idea che è incastonata nella nostra costituzione insieme a liberalismo e cattolicesimo democratico fra l'altro.... su Barile (non un noto comunista ma in un manuale di diritto pubblico, conosci?) l'esercito, e la leva, era spiegato con la necessità di 'evitare' il corpo separato dello Stato (in pratica si esorcizzava in questo modo uno scenario.. cileno). Infine fai un evidente confusione, ma non è colpa tua, ti fidi troppo di quel che leggi e di quel che senti, fra sovranismo e nazionalismo: sono evidenze non coincidenti di una visione glocal che dispiace a chi ha qualcosa da perdere ma spiega cose come le lotte degli agricoltori francesi, i gilet gialli, l'indipendenza più che giusta della Catalogna e dei paesi baschi, ecc. ma capisco che troppe cose messe insieme creano problemi: meglio semplificare, vero? Capisco tutto ma NON la cattiva coscienza e la malafede che non giustifica l'equiparazione di giganti e di .. nani
 
   
woodenship
woodenship il 11/06/19 alle 18:01 via WEB
Salvini sovranista erede di Togliatti,Basso e Nenni?...Mi pare che sia tu a fare leggermente confusione: come anche nell' associare rivendicazioni indipendentiste catalane a rivendicazioni economiche e sociali dei gilet gialli in Francia. Non so come fai a metterle assieme,decisamente mi sfugge...
 
     
ninograg1
ninograg1 il 12/06/19 alle 22:14 via WEB
woodenship il 11/06/19 alle 18:01 via WEB ti inviterei a leggere la voce 'glocalizzazione (https://it.wikipedia.org/wiki/Glocalizzazione)' ma so che già sei edotto della cosa.. per quanto mi riguarda: ono tutti aspetti dello stesso fenomeno ossia la riscoperta della realtà locale senza negare gli aspetti, pochi, positivi della localizzazione. Prova a fare uno sforzo di umiltà e permetti ai comuni mortali di potersi esprimere :)
 
twister007
twister007 il 07/06/19 alle 19:34 via WEB
Per farmi un'idea dovevo essere di quel periodo e non nata tantissimi anni dopo quando questi pseudo eroi del socialismo erano in vita!! Non voglio commentare qualcosa di cui qualcuno ha le sue idee in merito.
 
 
ninograg1
ninograg1 il 07/06/19 alle 22:09 via WEB
ognuno ha la propria idea è chiaro; se oggi fossero riscoperti non me ne meraviglierei.. pensa a Corbyn e SAnders: non giovanissimi ma comunqu amatissimi dai giovani, chissà perchè vero?
 
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