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Messaggi di Ottobre 2019

Ue, 15 anni di Costituzione Europea. E non c’è nulla da festeggiare

Post n°4518 pubblicato il 30 Ottobre 2019 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Zonaeuro - 29 Ottobre 2019 Diego Fusaro

Sono passati esattamente quindici anni da quando è nata la Costituzione europea. Eppure, a giudizio dello scrivente, vi è ben poco da festeggiare. Senza esagerazioni, lo si dovrebbe considerare un giorno di lutto nazionale in ogni Paese del vecchio continente. Come ho cercato di mostrare nel mio recente studio, scritto con Silvio Bolognini e intitolato Il nichilismo dell’Unione Europea, l’Unione europea corrisponde, per sua essenza, alla ristrutturazione verticistica del potere nel quadro post-1989.

È, in sintesi, l’unione delle classi dominanti d’Europa contro le classi lavoratrici e i popoli europei mediante quello che è stato a ragion veduta definito l’euro experiment. Con le grammatiche del Marx del Discorso sul libero scambio (1848), la classe dominante procedeva ancora una volta a “indicare con il nome di fratellanza universale lo sfruttamento nella sua forma cosmopolitica”.

L’Unione europea, in quanto realtà della Europe in the global age, secondo la formula di Anthony Giddens, è l’emblema dello spirito della globalizzazione cosmomercatista come vittoria della classe dominante liquido-finanziaria. Non ci protegge dai drammi del globalismo, ma li favorisce in tutto il territorio europeo: genera quella che ho definito la “glebalizzazione” (confronta Glebalizzazione. La lotta di classe al tempo del populismo, 2019), ossia l’abbassamento generale delle condizioni di vita e di lavoro dei ceti nazionali-popolari.

L’Unione europea corrisponde, allora, a una controrivoluzione neoliberista: è la rivolta dell’aristocrazia finanziaria, passata all’offensiva nel nuovo, e per essa favorevole, diagramma dei rapporti di forza successivo all’annus horribilis del 1989. Con la fondazione dell’Unione europea, si è prodotta la cessione delle sovranità nazionali dei popoli: le quali non sono state recuperate a un più alto livello, ossia come nuova sovranità del popolo europeo unificato. Sono, invece, state cedute a un ente privato, post-nazionale e non democraticamente eletto, rispondente al nome di Banca centrale europea (Bce, un soggetto sovrano, extra-nazionale, privato e sottratto anche alle procedure della democrazia elettiva.

In altri termini, secondo quella che è stata etichettata come the retreat of the State, il governo di Roma e quello di Parigi, quello di Madrid e quello di Berlino hanno ceduto la propria sovranità, anzitutto quella monetaria, a una società privata, la Bce, emanazione diretta della classe globocratica dominante. Quest’ultima, grazie al suo monopolio dei mezzi di informazione, è altresì riuscita a fare in modo che ciò, nell’immaginario collettivo, coincidesse con la “democrazia” e che, di conseguenza, ogni movimento orientato al recupero della sovranità nazionale fosse aprioricamente delegittimato come antidemocratico e parafascista, nell’apice dell’inversione orwelliana tra parole e cose. È la “Matrix europea”, come l’ha appellata Francesco Amodeo.

“L’euro è irreversibile”, ripetono gli euroinomani, ogni giorno più numerosi: perfino Matteo Salvini s’è recentemente scoperto adepto dell’europeisticamente corretto. Dalla struttura stessa della Ue sono scaturiti tanto il deficit democratico strutturale (e non accidentale, né transeunte) dell’Unione europea, quanto il suo neocolonialismo finanziario, che decide della vita e della morte dei popoli degli Stati europei. Stati che – giova rammentarlo – hanno rinunziato alla propria sovranità monetaria, senza che si ricorresse alla “estetica dei supplizi”, come l’avrebbe appellata il Michel Foucault di Sorvegliare e punire, connessa alle bombe e ai carri armati.

Complici i processi di desovranizzazione organizzata, le politiche economiche e il futuro dei popoli europei sono ora decisi da consigli di amministrazione. Su queste basi poggia anche quella che vorremmo definire, senza perifrasi edulcoranti, l’irriformabilità dell’Unione europea: irriformabilità che deriva more geometrico dal fatto che non si può, “per la contradizion che nol consente”, riformare e ridemocratizzare uno spazio che è stato pensato e creato ad hoc per svuotare le democrazie europee, ponendo i processi decisionali nelle stanze chiuse e postdemocratiche dell’aristocrazia finanziaria.

Insomma, non v’è davvero nulla da festeggiare. A meno che, ovviamente, non si sia membri della classe dominante, dell’aristocrazia finanziaria che comanda nell’Unione europea.

 

 
 
 

un occasione mancata...

Post n°4517 pubblicato il 29 Ottobre 2019 da ninograg1
 

il Safer Internet Day: (Giornata per una rete più sicura in italiano) è una giornata internazionale di sensibilizzazione per i rischi che comporta utilizzare internet istituita nel 2004 dall'Unione europea (Fonte Wikipedia).

Interessante e giusto, vero? La difesa dei ragazzi e il rendere la rete sicura: ecco gli obiettivi. In realtà manca una cosa: il mercato. Già perchè è il mercato o meglio quel che c'è dietro esso a rendere la rete insicura e i nostri giovani prede della rete e dell'ideologia che l'ha ormai invasa loro malgrado.

Ma prima di tutto è meglio dire come la penso (soprattutto per evitare che qualche solone mi categorizzi con qualche 'ismo', la cosa mi diverte lo confesso): non sono un regolatore né un sostenitore della protezione degli imberbi a tutti i costi; anche perchè non credo che la maggioranza di essi lo siano davvero... imberbi.

In questo paese la rete posso dire che l'ho vista nascere: comprai il primo modem a 9.600 kbps nel 1995 per poi passare ai 14.400 e ai 56.000 kbps in pochi anni..... ero e sono un sostenitore della sua terzietà rispetto a chi la usa: non credo che sia colpa della 'rete' per molti dei problemi che da: è il suo uso da parte nostra e delle nostre strutture (Stati, società, ecc,) che li crea non la struttura stessa; anzi sostengo che la rete debba restare libera e incontrollata da Stati e società commerciali. E qui cade l'asino.. gli Stati per definizione non possono accettare che ci sia un ambito che non possono controllare, usare pro domo propria (leggi attacchi informatici ripetuti che sono definiti come negativi se a farli sono cinesi, nord-coreani, e altri cattivoni e positivi se a farlo sono le cosiddette 'democrazie'), regolare ecc. e idem vale per le società: senza l'ideologia mercatara esse sarebbero spesso poco rilevanti e anche noiose e invece.. invece oggi le società la rete non solo l'hanno invasa ma l'hanno pure pervasa di sé rendendola spesso un luogo maleodorante pieno di frustrati, 'cool hunter', ecc. dove tutto è domanda e tutto è offerta: dalla pedofilia alla pubblicità; perfino la politica risponde a questa visione e ne è permeata, anzi ne è difensore strenuo. Il merito di aver scoperchiato la grande potenzialità delle rete va a Grillo ed è giusto che gli si renda merito, sia chiaro. Se non ci fosse stato lui non avremmo mai saputo delle magagne telecom ad esempio.. e se non ci fossero stati i ragazzi di wikileaks non avremmo mai sauto dello schifo di cui gli Stati, democrazie comprese, sono capaci e gli dovremmo essere grati anche per scoperchiato il vaso di pandora della paranoia di cui sono capaci pur di mantenere il cosiddetto 'segreto', capaci di uccidere ben sapendo di farlo; creando mostri (Bin Laden era un fondamentalista addestrato dagli americani per combattere i russi, per fare un nome.. ma ce ne sono altri: Saddam, Gheddafi sono altri ottimi esempi); creando virus che distruggono impianti; ecc. ecc. insomma oggi larete ha davvero bisogno di essere resa sicura e libera: ma dagli Stati e dalle multinazionali e, soprattutto, dal mercato.

Ben vengano i safer internet day, quindi.. ma servano sul serio a far pulizia non ad essere inutili date su un calendario.

 
 
 

.. e se non fosse chiaro

Post n°4516 pubblicato il 28 Ottobre 2019 da ninograg1
 

Oggi l'Umbria l'ha detto chiaro e forte: basta con i giochini, i bizantinismi, gli accordini ecc. gli italiani sono stufi di tutto ciò; vogliono chiarezza e progetti e sono pronti a votare per chiunque li prospetti solo. Ci si è fidati dei PDS prima e di Ulivo poi (meglio nota come destra economica); e poi della destra berlusconiana (destra populista) e ora dei 5 stelle perchè, tutti almeno all'inizio, avevano seriamente e ragionevolmente voglia di fare e disfare.. nei limiti del possibile e, soprattutto, dell'innato conservatorismo che ha una società anziana incarognita e incattivita dal liberismo individualista che ha distrutto, con un processo iniziato sotto il fascismo e rallentato dai 70 anni di ombrello nucleare di distruzione reciproca e ripresa con la caduta del muro di Berlino, quel poco di tessuto culturale che si era creato. Hanno voglia a far ingoiare riforme/fregatura e avventure finanziarie che gettano discredito su tutti. Il bello è che ci sono dei fessi che ancora credono al messaggio europeista e sostengono l'idea che noi 'dobbiamo' rispettare le cose che altri non rispettano... nemmeno è bastato il commissario tedesco che disse 'saranno i mercati a insegnare agli italiani come si vota': ebbene l'hanno fatto; hanno votato dimostrando che davvero hanno imparato dai mercati come e chi votare'. E se non fosse chiaro il messaggio è sempre bene ripeterlo: siamo stufi di un europa: della finanza; delle banche; della politica sottomessa ai soldi; delle élite che si accordano per rimanere come sono a scapito del destino dei popoli di cui sono espressione; ecc. ecc. e se fosse necessario, lo dico da persona di sinistra quale mi onoro di essere nonostante tutto (anche se ormai in un mondo dove il pensiero debole la fa da padrone) e tutti (citando parafrasandolo Brezinsky) voterei per il diavolo pur di levarmi dai cosiddetti sti.. europei e i loro giannizzeri locali.

SI TORNI A VOTARE!!!!

 
 
 

Venere era simile alla Terra. Il clima di un pianeta cambia: per questo dobbiamo attrezzarci

Post n°4515 pubblicato il 23 Ottobre 2019 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Scienza - 23 Ottobre 2019 Andrea Aparo von Flüe

 

Ci sono notizie che, per quanto interessanti, è opportuno lasciare decantare per evitare che qualsiasi cosa si dica venga fraintesa, perché il tempo è sbagliato. Facciamo riferimento a quanto raccontato un paio di settimane fa a proposito di Venere e di come in un tempo passato, lontano ma reale, possa avere avuto atmosfera, clima e meteorologia molto simile a quella della Terra di oggi. Venere, unico pianeta con un nome femminile. Ha una massa che è circa l’80% di quella terrestre e un diametro pari al 95%. Di fatto è il gemello diverso della Terra.

Diverso perché è l’unico pianeta del sistema solare ad avere un’orbita quasi perfettamente circolare e impiega 225 giorni a completarla. Ruota molto lentamente su se stesso, in senso orario, opposto a quello della Terra e dunque produce uno scudo magnetico debole. Un giorno su Venere è pari a 243 giorni terrestri. Ruota in direzione opposta a quella della sua orbita e quindi passano 117 giorni fra quando il sole sorge a ovest e tramonta a est.

Non ha stagioni perché il suo asse di rotazione è quasi verticale e le sue notti non hanno luna perché, come Mercurio, è sprovvisto di satelliti. Ha una struttura geologica simile a quella della Terra, con una crosta basaltica – una singola placca tettonica spessa un centinaio di chilometri di roccia dalle mille sfumature di grigio illuminate da una luce arancione, sottoposta a una pressione che è 90 volte quella terrestre e una temperatura superficiale pari a 460 gradi centigradi – un mantello e un nucleo ferrosi di circa 300 km di diametro.

Possiede vulcani attivi, montagne alte 17 chilometri. L’alta temperatura al suolo è dovuta alla vicinanza al Sole e all’effetto serra dei gas che compongono la sua atmosfera: anidride carbonica e nuvole di acido solforico spinte da venti che le fanno viaggiare alla velocità media di 3760 chilometri all’ora. Un inferno decisamente inospitale.

C’è stato un tempo però, più o meno 3 miliardi di anni fa, quando Venere era un paradiso. C’erano mari e oceani, fiumi e laghi e una temperatura superficiale compresa fra i 20 e i 50 gradi centigradi. Dello stesso ordine di grandezza di quella della nostra Terra oggi.

Secondo i risultati delle simulazioni elaborate da Michael Way e Anthony Del Genio del Goddard Institute for Space Science della Nasa, pubblicate a fine settembre scorso, per miliardi di anni Venere ha goduto di un clima stabile, che può avere consentito lo sviluppo di forme di vita. Poi circa 700-750 milioni di anni fa è accaduto qualcosa, o una serie di eventi concatenati, che hanno distrutto tutto.

Il Sole, invecchiando, diventa sempre più caldo. Può avere arrostito Venere. Può esserci stata un’attività vulcanica ed eruttiva parossistica, dove l’anidride carbonica e altri gas a effetto serra rilasciati dal magma hanno riempito l’atmosfera. Il rapido raffreddamento della lava non consentì all’anidride carbonica di essere riassorbita, innescando un effetto serra letale.

Perché non parlarne prima? Perché pochi avrebbero ascoltato e molti avrebbero usato l’informazione a proprio vantaggio. Erano i giorni di Greta Thunberg che parla alle Nazioni Unite, di Donald Trump che twitteggia, garrulo, pallido e assorto, le sue sciocchezze; dello scontro senza dialogo fra negazionisti e fondamentalisti del cambiamento climatico. Chissà se 750 milioni di anni fa è accaduto lo stesso su Venere.

Decisori venusiani certi che nulla sarebbe mai cambiato, visto che nulla era cambiato per 3 miliardi di anni, a cui gli scienziati locali mostravano inutilmente dati, modelli, simulazioni che evidenziano un cambiamento in atto. Zittiti perché non sanno quali ne siano le cause: naturali, artificiali, forse entrambe le cose. Tutti comunque maltrattati da una ragazzina, sempre venusiana, più derisa che ascoltata, che dice con voce forte e chiara che il re è nudo.

Allora come oggi, la fisica è la stessa. Allora come oggi nessuno può ragionevolmente negare che, in un sistema altamente complesso, qual è l’interazione fra geo-, atmo-, idro- e biosfera, tutti i fenomeni sono di tipo esponenziale e sottoposti a dinamiche di non equilibrio che permettono al sistema di evolvere, anche in modi quasi istantanei, in configurazioni catastrofiche, altamente improbabili, ma possibili perché già avvenute in passato. Vedi l’ultimo periodo glaciale, iniziato 110mila anni fa e terminato circa 10mila anni fa a causa di 192 anni – un niente – di eruzioni vulcaniche in Antartide.

Eppure c’è chi nega. C’è chi crede, perché si tratta di teologia e non di scienza, che quanto stia accadendo sia “causato” dagli uomini e che un opportuno intervento di segno opposto possa rimettere, linearmente, le cose a posto. Tutta responsabilità della CO2. Basta ridurla, eliminarla – dicono con la solita arroganza del genere umano – e il gioco è fatto.

Esiste invece la seria possibilità che l’attuale fase del cambiamento climatico, perché il clima cambia continuamente e da sempre, sia innescata e alimentata da fenomeni naturali di cui non abbiamo nessun controllo: variazione dell’irraggiamento solare, circolazione dei venti e delle correnti oceaniche, ventilazione degli oceani profondi, attività vulcaniche, modifica della composizione dell’atmosfera. Lista del tutto parziale.

L’attività dell’uomo può agire da catalizzatore, accelerando le conseguenze di tali fenomeni. Non è detto che interrompendola vengano rallentati o modificati. Comunque sia, qualcosa è in atto. Non importa quale sia la causa, o le cause. Comunque dobbiamo attrezzarci per affrontare le conseguenze. Siamo tutti sulla stessa barca. Le attuali politiche ed equilibri geo-economici hanno fatto il loro tempo. Servono nuove istituzioni di decisione e governo internazionale.

Una nuova coscienza democratica. Conoscenza, responsabilità, non chiamarsi fuori. Serve un’etica innovativa. Invece stiamo a menare il can per l’aia, certi di avere chissà quanto tempo a disposizione. Certezza che altro non è se non una pericolosa, criminale, sciocchezza.

 

 
 
 

Emirati Arabi Uniti, dove occuparsi di diritti umani costa 10 anni di carcere

Post n°4514 pubblicato il 22 Ottobre 2019 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Mondo - 21 Ottobre 2019 Riccardo Noury

Domani Ahmed Mansoor compirà 50 anni e, per la terza volta, trascorrerà il compleanno in carcere. Per la precisione, nella prigione di al-Sadr, negli Emirati Arabi Uniti: un paese dove occuparsi di diritti umani è un reato.

Mansoor, insignito nel 2015 del premio Martin Ennals per i difensori dei diritti umani, ha a lungo collaborato col Centro per i diritti umani del Golfo e Human Rights Watch. Arrestato il 20 marzo 2017 e detenuto per sei mesi in isolamento senza poter contattare un avvocato, il 29 maggio 2018 è stato giudicato colpevole di “offesa allo status e al prestigio degli Emirati Arabi Uniti e dei suoi simboli, compresi i suoi leader”, “pubblicazione di notizie false per screditare la reputazione degli Emirati Arabi Uniti all’estero” e per aver descritto lo stato come “una terra senza legge”.

La condanna, confermata in appello sette mesi dopo, è stata pesante: 10 anni di carcere seguiti da tre anni di libertà vigilata, oltre a una multa di un milione di dirham (circa 250.000 euro).

Quest’anno, a maggio e a settembre, ha intrapreso scioperi della fame per protestare contro le condizioni detentive. La seconda volta l’hanno picchiato duramente. Resta in isolamento, in una cella priva di acqua corrente e di un letto, da cui può uscire solo in occasione delle visite familiari.

Di questa storia, così come delle leggi liberticide degli Emirati Arabi Uniti e del ruolo di primo piano di questo stato nel conflitto dello Yemen, la comunità internazionale si disinteressa. Gli Emirati Arabi Uniti sono un generoso acquirente di armi, un vantaggioso partner per investimenti economici e uno scintillante esempio di modernità e globalità: tanto che ospiteranno addirittura Expo 2020. Con Mansoor, probabilmente e purtroppo, ancora in carcere.

 

 
 
 

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