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Post n°4609 pubblicato il 28 Novembre 2020 da ninograg1
Fonte: Il Fatto Quotidiano Elezioni USA 2020 - 27 Novembre 2020 Centro studi Unimed di Roberto Iannuzzi* La presidenza di Joe Biden aprirà certamente una nuova fase in America e nel mondo, ma la sofferta transizione presidenziale conferma che gli Stati Uniti non usciranno rapidamente dalla crisi nella quale sono progressivamente sprofondati negli ultimi anni. Lo dimostrano le prime settimane post-elettorali con l’interminabile conteggio delle schede, il risultato finale incerto per giorni, il rifiuto del presidente uscente di riconoscere la sconfitta, il presidente eletto costretto ad avviare i preparativi della transizione senza la collaborazione dell’amministrazione in carica. Trump le ha provate tutte per ostacolare il suo avversario. Ha avviato una campagna legale per contestare il risultato elettorale, poi rivelatasi fallimentare. Per venti giorni (fino a lunedì scorso) ha impedito alla General Services Administration di riconoscere il nuovo presidente, negando così al team democratico di transizione l’accesso ai briefing dell’intelligence e ai fondi federali – una cosa mai verificatasi dal 1963, allorché le attuali procedure della transizione presidenziale vennero tradotte in legge. Ha suscitato allarme e interrogativi nominando figure a lui fedeli ai vertici del Pentagono. Tutto ciò non impedirà il passaggio di consegne alla Casa Bianca, ma indebolisce ulteriormente la democrazia americana. Trump non è però l’unico responsabile del deterioramento del processo democratico negli Usa. Sebbene regolarmente eletto nel 2016, egli stesso era stato vittima di una campagna di delegittimazione ad opera dei democratici, della stampa e dell’intelligence ben prima del suo insediamento alla Casa Bianca, in quello che sarebbe poi divenuto il tormentone del Russiagate, ridimensionato dopo anni di indagini a un teorema senza prove. Che la crisi statunitense precorra l’ascesa di Trump, e che non terminerà con la sua uscita di scena, lo dimostra una semplice osservazione: quella guidata da Biden è la quarta amministrazione consecutiva che promette di ricostruire l’America, dopo che le tre precedenti (Trump e Obama per due mandati) hanno fallito in questo stesso obiettivo. La verità è che, dopo il tracollo finanziario del 2008, la ricostruzione del tessuto economico e infrastrutturale degli Stati Uniti non è avvenuta perché non è stato ripensato il modello neoliberista che ha prodotto quel tracollo (erodendo i diritti dei lavoratori e della classe media, producendo precarietà e disuguaglianza, provocando devastazioni ambientali). Analogamente, non è stato ripensato il modello strategico americano adottato a livello internazionale (in particolare l’interventismo militare, diretto o indiretto, che ha provocato o alimentato conflitti disastrosi in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia e Yemen). Sia i repubblicani sia i democratici si ostinano a non voler rinnovare né la propria classe dirigente né i propri schemi ideologici. Il risultato è che, mentre i primi sono divenuti ostaggio di un outsider imprevedibile come Trump, i secondi continuano ad essere dominati da un’oligarchia gerontocratica che ha portato Biden, il quale proprio una settimana fa ha compiuto 78 anni, a diventare il più anziano presidente mai eletto negli Stati Uniti (si pensi che l’età media dei presidenti americani, al momento del loro insediamento, è di 55 anni). Biden ha vinto, ma non ci sarà nessuna “restaurazione” dell’immagine e del ruolo dell’America. Con il Congresso spaccato e il senato forse destinato a rimanere in mano repubblicana, e con il paese reale profondamente lacerato, quella Biden sarà una presidenza debole. Sebbene Trump abbia perso, il risultato elettorale conferma che il trumpismo rimane vitale e radicato nel tessuto sociale statunitense. Solo l’élite di Washington, così disconnessa dal paese reale, poteva credere che Trump fosse un interludio bizzarro e passeggero nella vita politica americana. Il trumpismo è la conseguenza, non certo la causa, della crisi democratica degli Usa. Con un Congresso ampiamente schierato a suo favore, Obama non riuscì a rimettere in sesto l’America. Difficilmente ci riuscirà Biden con una fragile maggioranza, con una Corte suprema ostile, e con un partito democratico diviso al proprio interno nel quale la sinistra rivendica quello spazio che le è stato troppo a lungo negato. Fra l’altro con la prospettiva, se la leadership democratica dovesse continuare a rifiutare di rinnovarsi, di un prepotente ritorno repubblicano in salsa trumpiana già alle elezioni di medio termine nel 2022. Le prime nomine annunciate da Biden – a cominciare dal clintoniano Antony Blinken alla segreteria di Stato, uno dei fautori delle disastrose politiche condotte in Libia, Siria e Yemen – non lasciano presagire né un rinnovamento ideologico né un nuovo impianto strategico, facendo invece sospettare che il neo-presidente sarà una sorta di Obama 2.0. L’America è tornata, ha detto Biden. Egli si porrà alla guida di una superpotenza profondamente indebolita, aspramente divisa al proprio interno, con l’ambizione alquanto velleitaria di ristabilire il primato di Washington a livello internazionale. La strada appare a dir poco accidentata, a cominciare dai rapporti con Cina e Russia. Ci sarebbe da augurare buona fortuna a tutti noi, prima ancora che a lui. * Autore del libro “Se Washington perde il controllo. Crisi dell’unipolarismo americano in Medio Oriente e nel mondo” (2017).
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Post n°4608 pubblicato il 21 Novembre 2020 da ninograg1
Fonte: Il Fatto Quotidiano di F. Q. | 19 Novembre 2020 Sono diventate un caso le parole pronunciate dal presidente della commissione Antimafia Nicola Morra dopo l’arresto del presidente del Consiglio regionale calabrese Domenico Tallini. Intervenuto a Radio Capital, il senatore M5s (a lungo insegnante al Sud) ha dichiarato che “Tallini è stato il più votato nel collegio di Catanzaro, se non il più votato in Calabria. È la dimostrazione che ogni popolo ha la classe politica che si merita”. Poi aggiunge: “Sarò politicamente scorretto, ma era noto a tutti che la Presidente della Calabria Jole Santelli fosse una grave malata oncologica. Umanamente ho sempre rispettato la defunta Jole Santelli, politicamente c’era un abisso. Se però ai calabresi questo è piaciuto, è la democrazia, ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte”. Immediata la reazione del centrodestra che ne ha chiesto le dimissioni: Matteo Salvini ha definito quelle di Morra “parole vomitevoli”, dedicando” un pensiero per la cara Jole Santelli”, in riferimento alla governatrice calabrese scomparsa a ottobre. Per la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, “questo signore, oltre che essere un parlamentare della Repubblica italiana, è anche presidente della commissione parlamentare Antimafia. Indegno, dimettiti!”, ha scritto sui suoi social. A stigmatizzare le dichiarazioni di Morra sono intervenuti anche la forzista Licia Ronzulli, che chiede al governo e al Movimento 5 stelle di prendere le distanze dalle parole del senatore, e Maria Stella Gelmini: “Si dimetta o blocchiamo i lavori in Antimafia”. Attacchi durissimi che hanno spinto lo stesso Morra a intervenire nuovamente. “Salvini ed altri esponenti del centrodestra chiedono le mie dimissioni facendo un truffaldino taglia e cuci di mie dichiarazioni, strumentalizzandole”, si legge in una nota. “Nel giorno in cui Domenico Tallini, di Forza Italia, viene arrestato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, per un business che la ‘ndrangheta ha fatto a danno della Sanità – infatti era stato messo nella lista degli impresentabili – guarda caso parte un attacco nei miei confronti, basato sul nulla“. Il presidente della Commissione torna quindi a difendere quanto dichiarato a Radio Capital: “Ho parlato di dati di fatto. Se poi qualcuno vuole fare il taglia e cuci come fosse il vestito di Arlecchino faccia pure, ma non è informazione, non è verità“
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Post n°4607 pubblicato il 15 Novembre 2020 da ninograg1
Fonte: Il Fatto Quotidiano Antonio Marfella Società - 13 Novembre 2020
Maschio, over 60, diabetico, iperteso, sovrappeso o anche leggermente obeso, non ricco, magari pure ammalato di cancro e/o di altra patologia cronica concomitante. Questo è l’identikit sempre più preciso di chi muore, oggi, per Covid-19 in oltre il 95% dei casi. Tutti gli altri pare che la facciano in gran parte franca “quoad vitam” in questa pandemia di inizio XXI secolo. E pare proprio che “pittano” a me! Covid-19 è a caccia per uccidere me? Non certo Cristiano Ronaldo, ma neanche Silvio Berlusconi. Il mio principale impegno quotidiano diventa così non solo cercare di non infettarmi ma anche superare la depressione che questo secondo lockdown, per me indispensabile, provoca in tutti noi ormai ogni giorno. Ho fatto tanto per evitare di morire di cancro e ora posso morire in qualunque momento per un virus del raffreddore – secondo Montagnier addirittura artificialmente manomesso e messo in circolazione con pezzi di altri virus come l’Hiv! – che lo rendono imprevedibile, negli effetti a breve e lungo termine. Riepilogherò un attimo quanto siamo riusciti a comprendere sinora di questo virus, senza taglio pseudo-scientifico, ma ragionando da semplice cittadino con una laurea di Medicina, usando solo e semplice buonsenso nella contraddittoria marea di informazioni che ci sta massacrando. Dunque: 1. Covid-19 appare un virus democratico nella eccezionale contagiosità ma altamente classista per la letalità: uccide i poveri e i pensionati e non tanto i ricchi che a quanto pare, anche ultraottantenni e pluriammalati, se ben paganti riescono a sopravvivere bene e anche in poco tempo. Questo vuol dire, senza ombra di dubbio, che la possibilità di curarlo adeguatamente, se ci sono i soldi, già ci sarebbe. In attesa del ‘vaccino miracoloso’. I medici di famiglia hanno imparato che gestendo bene i pazienti essi non muoiono e si possono curare bene pure a casa – esclusi quelli con il “trait” ad alto rischio sopra descritto, con farmaci a basso costo e fuori brevetto come eparine e cortisonici. Monitorando attentamente temperatura, saturazione di ossigeno e grazie ad analisi comuni e a basso costo (d-dimero, parametri di infiammazione come proteina C reattiva, emocromo e linfopenia, ma anche markers più specifici della iperattivazione inefficace dei monociti macrofagi alveolari come la omocisteina e la neopterina) è possibile individuare per tempo e indirizzare in ospedale solo chi realmente peggiora in breve tempo. Mi duole molto che tra i farmaci generici oggi essenziali per queste cure efficaci non rientri ancora a pieno titolo anche la idrossiclorochina, vittima a mio parere di una stranissima “cospirazione” che danneggia soprattutto i pazienti ad alto rischio e diabetici come me che non possono ricorrere a casa precocemente all’efficace cortisone. 2. E’ un virus antilegalità e antialtruisti: uccide i “buoni” , gli altruisti e i legalitari che si muovono secondo le leggi cercando aiuto dallo Stato e dal suo servizio sanitario nazionale. Uccide i medici di famiglia che fanno le visite e non quelli che, da tanti anni, si guardano bene dal visitare i propri pazienti, specie a casa. Nel festival dei virologi che impazza ormai da un anno, nessun immunologo e tantomeno tossicologo ha potuto rilevare un’altra importante osservazione clinica che andava studiata ed approfondita molto meglio: 3. E’ un virus pro-social e filo-fakenews con tutto il peggio che ne consegue sul piano delle relazioni umane: rende conosciuti e affidabili “personaggetti” del tutto privi non solo di adeguate competenze ma soprattutto di adeguata e dimostrata etica, empatia e competenza, rendendo ampiamente un favore alla eccezionale diffusione di fake news, creando confusione e terrore. E’ ormai ben chiaro a tutti che l’esito mortale della infezione da Covid-19 non dipende tanto da una azione diretta del virus ma dalla reazione immunitaria violentissima quanto inefficace dei soggetti a rischio. In questi pazienti la “tempesta di citokine” non viene adeguatamente contrastata prima di rendere necessario il ricovero ospedaliero con interventi invasivi, e non sempre salvavita. Si doveva immediatamente dare una spinta eccezionale a studi e ricerche sulla immunità innata e cellulare, che renderebbe pressoché immuni senza vaccino i giovani, gli sportivi, i tossicodipendenti e chi viene trattato con antimalarici – palesemente quindi sicuri e non cardiotossici come si vuole invece far credere. E sulle analisi e terapie precoci domiciliari che rendono possibile comunque ben curare oltre l’85% dei contagiati. A casa! Solo che una ricerca medica basata sulla clinica, autonoma, statale e pubblica nel rispetto del nostro art. 32 della Costituzione, oggi, quando tutti notiamo come la ricerca in Medicina sia completamente controllata dalle ditte farmaceutiche private, non esiste già più, con tutte le conseguenze tragiche che stiamo vivendo in questi giorni, a cominciare dal fatto che le sperimentazioni cliniche devono essere solo ospedaliere! Ed è un errore gravissimo! Questo microscopico mostro sta mostrando ampiamente quanto schizofrenica, folle e malata sia l’Umanità nella quale, per spillover naturale, si sta diffondendo. Io speriamo che me la cavo, almeno per raccontare questa ennesima follia dopo Terra dei Fuochi.
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Post n°4606 pubblicato il 09 Novembre 2020 da ninograg1
Tag: blog, democrazia, elezioni usa 2020, finanza, Joe Biden, lobby, media, poltiica, Trump, White house Per tanti gli usa sono un faro.. di tutto; ma per chi usa i pochi neuroni ancora sopravvissuti al bombardamento mediatico di questi anni alcune cose non le può non notare: in primis i mali del sistema e in secundis i problemi che questi mali producono lì, cosa di cui non me ne può importare di meno (affari loro se non fosse per quella non poco importante teria del caos che sostiene che un battito d'ali in un punto crea un uragano altrove), e qui nel vecchio mondo. A me Trump non va giù per niente ma alcune cose vanno dette: ha messo all'angolo la Cina stanandola dall'angolo dorato in cui s'era nascosta; ha approfittato della favorevole congiuntura per mantenere le promesse fatte agli ex blu collar e all'ex ceto-medio (america first ecc.); ha letteralmente protetto l'america e la grande finanza, wall street gliene dovrebbe essere riconoscente (i soldi, si sa, però, che non guardano in faccia nessuno e i mercati già scontavano la sua sconfitta e applaudivano Biden), e tante altre cose... errori fatti? Tra i molti il più importante è il covd-19; il suo negazionismo gli ha fatto enormi dani di immagine e di voti. Detto ciò, però la sconfitta, come dicono i media, tale non è dato che ha ...... vinto le elezioni. Ha preso circa 3 mln di voti più del suo avversario, ma il perverso sistema americano lo sconfigge come lo sconfiggono anche i brogli (che ci sono stati.. i democrats sono storicamente famosi per aver fatto brogli lungo tutta la storia di qel paese). Ha preso più voti di Clinton, di Obama, ecc. e trovo che abbia tutte le ragioni di chiedere un ricontrollo dei voti dato che gli stessi media che lo danno per sconfitto quando poi pubblicano le slide non possono cancellare il dato reale: 77 contro 74 milioni di voti. A questo punto in ballo non c'è solo lo Stato americano ma il concetto stesso di voto e di sua espressione visto che anche qui ormai è chiaro che chiunque e qualunque cosa votialla fine decidono i mercati, quel commissario tedesco aveva ragione ahinoi, e Bruxelles... il sistema è in crisi e, come diveva Sartori ai tempi, ormai alcuni concetti forti, espressi in parole, del sistema occidentale sono ormai svuotati di ongi significato: sono simulacri, nel senso che ne dava P.K. Dick, del tempo che fu e servono solo come specchio delle allodole per noi comuni mortali.... prima ce ne accorgiamo e ne traiamo le conseguenze meglio sarà per porvi rimedio, se del caso, o crearne un altro meno verticale e.... meno elitario? |
Post n°4605 pubblicato il 04 Novembre 2020 da ninograg1
Fonte: Il Fatto Quotidiano Elezioni USA 2020 - 4 Novembre 2020 Marco Lillo Guardare la Cnn in questa lunghissima maratona elettorale americana provoca invidia nel telespettatore italiano. Non è facile raccontare correttamente la storia di un presidente in carica che proclama la sua vittoria, forte di numeri provvisori schiaccianti che lo danno vincente in molti stati, aggiungendo che in realtà probabilmente ha perso e sta mentendo. Prima di andare a letto gli americani hanno visto Donald Trump in testa in molti stati chiave: dal Michigan al Wisconsin, fino alla Pennsylvania. Poi si sono svegliati al mattino con gli stessi stati passati a Joe Biden o in bilico nonostante un residuo vantaggio del presidente repubblicano. Mentre Trump twittava sull’ingiustizia e i suoi seguaci riempivano i social con le sue accuse strampalate di frode elettorale, i conduttori della Cnn si alternavano alla cartina luminosa e, con il tono dei professori che spiegano una lezione difficile ma molto importante, mostravano la ragione del fenomeno. Nessuna frode, nessun furto, nessuna magia. Semplicemente il voto per posta proviene da zone urbane come Detroit nel Michigan, Philadelphia in Pennsylvania o Milwaukee nel Wisconsin, tutti feudi democratici. Quando il presidente Trump ha proclamato con tanto di fanfara e bandiera a stelle e strisce la sua vittoria, la Cnn non ha semplicemente riportato le sue parole ma ha subito spiegato che si trattava di affermazioni false o non provate. Il conduttore della notte della maratona elettorale della Cnn, Chris Cuomo, ha esplicitato il concetto nel momento più drammatico. Alla collega che spiegava ai telespettatori perché alcuni stati (dove a quell’ora in testa era Trump) potevano finire a Biden, Cuomo ha detto: “Stai svolgendo un compito molto duro (…) la nostra nazione è divisa ma su una cosa dobbiamo essere tutti d’accordo: i voti devono essere contati e Trump e Biden devono avere i voti che meritano. Questo allunga i tempi. Io capisco la frustrazione. Capisco che Trump diventi nervoso, che Biden diventi nervoso. Ma questo è un loro problema. Il nostro problema è che tutto sia fatto correttamente”. Il conduttore ovviamente sottolineava anche gli elementi che in alcuni Stati in sospeso facevano presagire la vittoria di Trump, ma dal conto complessivo il telespettatore capiva che tirava una brutta aria per Donald. In studio non c’era un giornalista fazioso vicino ai repubblicani per indorare la pillola all’elettore di Trump e non c’era nemmeno uno vicino ai democratici che parteggiasse per la riscossa di Biden. Gli esperti chiamati a parlare con gli anchor erano tutti della Cnn. Da cosa nasce l’invidia? Dalla scoperta di un giornalismo che prende posizione e si assume le sue responsabilità anche nei confronti del presidente in carica senza nascondersi dietro il contraddittorio per conto terzi. Cosa sarebbe accaduto in una situazione identica nelle dirette che seguono le notti italiane? Non è difficile immaginare il solito pollaio. Da un lato ci sarebbero stati i giornalisti delle testate vicine a Biden, dall’altro quelli delle testate vicine a Trump. Il conduttore non avrebbe preso posizione e si sarebbe limitato a riportare la versione del presidente lasciando poi i giornalisti a scannarsi tra loro a beneficio dello share. Alla fine i cittadini si sarebbero svegliati in un contesto caotico senza capire bene quel che era successo nella notte. Avrebbero cercato informazioni nella rete e il seme della polarizzazione delle opinioni, avviata dal talk tv, avrebbe trovato terreno fertile. Comunque finiscano queste elezioni i giornalisti americani ci ricordano invece come si può fare informazione orientando correttamente i cittadini in un contesto polarizzato, anche sfidando il polarizzatore più potente, cioè il presidente in carica. Un giornalismo che svolge un servizio pubblico in tempi rischiosi per la democrazia e non si cura troppo di deludere quella parte del pubblico che vuol solo sentire la conferma della vittoria del suo beniamino. C’è un’obiezione possibile: i giornalisti della Cnn avrebbero fatto lo stesso a parti inverse con un Trump che risale la china? Se – come è possibile – i dati cambiassero ancora nelle prossime ore, lo scopriremo presto.
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