Questo è l’ultimo ricordo che terrò per me, di una persona con cui ho condiviso vent’anni della mia vita.
Rapporto conflittuale il nostro a causa della sua innata diffidenza, mi ci è voluto molto tempo per conquistarmi la sua fiducia e la sua stima.
Non era un granché diplomatico nell’esprimere le sue opinioni, il suo punto di vista.
Non badava tanto alla cortesia e se ti doveva urlare dietro, lo faceva anche in presenza di terze persone.
Credo di averlo detestato fin da subito, era distante anni luce dal mio intendere un datore di lavoro.
Mi ha portato spesso al limite delle lacrime, che non sono, per orgoglio, mai scese davanti a lui.
Poi, come sempre la vita fa strani scherzi, si abbatte con violenza e senza guardare in faccia tra chi detiene il potere e chi lo subisce, così anche per lui sono arrivati momenti bui e dolorosi, nei quali ha “capito” con chi aveva a che fare.
Da lì è stato un crescendo di considerazione e stima per me, fino a darmi la più totale e assoluta fiducia.
Ho smesso di detestarlo, in molti casi ho provato una sincera compassione per le sue vicissitudini, soprattutto famigliari, ho continuato a fare il mio dovere, a volte anche più di quanto mi competesse.
Fino a un paio di mesi fa, quando il mio rapporto di lavoro è finito.
Un’altra mannaia ha centrato la vita di questa persona, una malattia grave, molto grave.
Improvvisa, fulminante che non lascia speranze.
Me ne ha reso partecipe, con quella ritrosia che gli era propria: non voleva mai ammettere le proprie debolezze.
E’ stata l’ultima volta che l’ho visto.
Il suo saluto, ora capisco era il suo addio.