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il cielo brucia dentro la terra

 

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Impegnatevi di più con i post non posso essere l'unico...
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salutino ^__^ ciao
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L'hanno scampata entrambi...fiuu.. pensavo peggio
Inviato da: angi2010
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Bobby XIX

Post n°211 pubblicato il 16 Marzo 2016 da deteriora_sequor







"Ah, ero venuto solo a dare un'occhiata. Non ho molto appetito." Rispose
Bobby afferrando il bicchiere di sherry e vuotandolo d'un sorso. Il drink gli
fece l'effetto di un cazzotto nello stomaco e lo piegò in due mentre il padre
rideva di gusto e lo indicava all'amata. "Ah, il caro Bobby. Non è mai riuscito
a reggere decentemente l'alcol! Figliolo non puoi pretendere di bere quella
roba senza mangiare nulla al mattino. Non siamo russi!" Il figlio si ricompose
rapidamente dopo un'altra scarica di tosse, maledicendo in cuor suo il gioco
del gatto con il topo che il padre stava esplicitando. Si sollevò in
piedi facendo rovesciare la sedia. Aveva gli occhi lucidi e le labbra gli tremavano
per l'emozione. "Hai intenzione di incontrare la mamma?" "Beh, certo che no.
Se posso evitarlo.
Poi lei sarà così tanto impegnata con quel suo Anthony Montague. Non intendo
certo disturbarli." "Tu conosci perfettamente la ragione per cui la mamma è
venuta alla clinica, vero?" Il padre si fece improvvisamente serio e crollò il
capoccione, fingendo egregiamente di non saperne nulla. "Allora te lo spiegherò
Io, papà: la ragione per cui Louise Jordan è arrivata è la stessa per la quale
sei arrivato tu, e lo sai benissimo." Poi girò la schiena senza salutare e si
allontanò verso il terrazzo su cui stavano già picchiettando i primi
fiocchi di neve. Prima di uscire si fermò davanti all'immensa vetrata e da lì poteva vedere il
riflesso di Mark Everard Fawcett ed Elizabeth impegnati in un fitto
conciliabolo. Chiuse gli occhi istintivamente e sentì una mano sfiorargli il gomito. si voltò
bruscamente e si trovò di fronte, riaprendoli, il viso bizzarramente
affascinante della ragazza. "Mi dispiace" disse ella "Mark ha un concetto tutto personale
del divertimento e dello scherzo...è un personaggio così...sopra le righe, ma
le assicuro che non è malvagio né beffeggiatore. Penso sia un modo per
celare una forma di insicurezza e dubbio. Lui ha bisogno di inquadrare le
persone in un certo modo prima di aprirsi totalmente." Bobby la fissò
sospettoso :"Anche con suo figlio?" "Soprattutto. Mi ha raccontato di non
essere stato un buon padre." "Beh, Lui e mia madre fanno una bella gara.
Non saprei davvero dire chi vincerebbe nella competizione dell'insicurezza
e dell'assenza." Elizabeth afferrò uno dei suoi lunghi capelli rossi e lo stirò
dolcemente sino alla punta :"Non lo prenda come giustificazione. Da quel
poco che so anche lei non ha fatto nulla per riscattare la crapula dei suoi
genitori carnali. La sua vita, Robert, è stata un susseguirsi di fallimenti
e vizi malvagi. Non siamo fatti con lo stampino: abbiamo la possibilità e
 il dovere di imparare dagli sbagli dei nostri prossimi e riscattarli attraverso
una condotta morale sufficientemente dignitosa." Il giovane uomo si sentì
avvampare dalla rabbia e dall'indignazione; l'amante ventenne di suo
padre veniva a dargli lezioni di morale? Veniva a rimproverarlo della sua
condotta viziosa senza prima darsi una rapida occhiata? La misura era
colma anche per Lui. "Signorina Elizabeth..." "Powell" Chiosò lei con una
voce che non avrebbe sfigurato dentro un bicchiere di cristallo. "Signorina
Elizabeth Powell, nemmeno ci conosciamo e lei viene a suggerirmi il
comportamento che dovrei seguire nella mia già lugubre vita? Non le
sembra un po' troppo? Ha mai considerato quello che viene comunemente
definito esame di coscienza? è in grado di portarne a termine uno
scrupolosamente?" Bobby era sfigurato dalla rabbia, il viso paonazzo
e una grossa vena che gli pulsava in mezzo alla fronte. La signorina
Powell tornò a stirarsi con tranquillità la sua larga profusione di capelli
fiamma e iniziò a parlare mentre sollevava le sopracciglia con morbida
indolenza.









 
 
 

Bobby XVIII

Post n°209 pubblicato il 12 Marzo 2016 da deteriora_sequor









Piegò la testa verso Elizabeth e le sussurrò qualcosa nell'orecchio mentre
Bobby si allontanava spontaneamente e fingeva di cercare un piatto per
servirsi dell'abbondante colazione sparsa sopra capaci contenitori. Ma
era una manovra inutile e patetica. Lo stomaco gli si era chiuso e l'idea
di mangiare qualcosa di consistente in quella mattinata gli rivoltava le
budella. Quando si accorse con la coda dell'occhio che il padre aveva
smesso di confidarsi con la sua nuova fidanzata tornò a inclinarsi
leggermente verso quest'ultimo, quasi ad attendere disperatamente
che gli sussurrasse di non essere quel mostro insensibile e spietato
quale si stava rivelando. Aspettava solo una parola, un gesto, forse
persino un abbraccio e intanto andava con la memoria a giorni felici
dell'infanzia, ad aquiloni, cavallucci e spiagge assolate. Mark Everard
Fawcett lo squadrò con sospetto (di certo pensava fosse in combutta
con la madre), poi cavò un cioccolatino dalla tasca interna del panciotto
e glielo porse. "Browning" Disse "è inglese. Dei migliori." Il figlio lo prese
cortesemente e cominciò a scartarlo, poi lo infilò rapidamente in bocca
sentendo tutta la differenza fra il gusto paradisiaco del cioccolato e la
miserabile situazione nella quale cominciava a infilarsi. Tornò a tossire,
ma questa volta con misura, e il padre lo guardò attentamente, quasi
volesse imprimersi per bene nel cervello ogni ansimo di Bobby. "Che
imperdonabile cialtrone sono. Nemmeno ti ho chiesto come stai?"
"Ah" Rispose asciugandosi con un fazzoletto le lacrime che gli erano
affiorate dagli occhi "Penso che ne avrò ancora giusto per alcuni mesi,
se va bene..." "Cosa intendi? Parli della..." "Lo sai benissimo che sto
per morire, babbo. La questione si può porre così: in modo molto
semplice." L'austero e beffardo personaggio parve ricomporsi e
trovare espressioni adeguate al momento, ma, dopo un momento
di intensa riflessione, scoppiò in una risata omerica e batté con il
dorso della mano sulla coscia di Bobby. "Buontempone! Lo sai che
io ho il dono di portare fortuna? Me l'hanno detto sempre tutti, anche
quando le cose andavano...beh... andavano..." "Meglio, papà?"
Il genitore girò la testa fingendo di avere sentito qualcosa da
Elizabeth. Ma quando lei lo fissò con il suo volto d'alabastro fu
costretto a guardare nuovamente suo figlio e a sillabare alcune
parole senza senso dandogli il colorito acceso dell'imbarazzo.
"Beh, figliolo. I titoli oscillano" Fece poi, riprendendosi "E a un
periodo fausto può succederne un altro meno felice. Anche i beni
aviti sono fortemente deprezzati, tranne...tranne qualche rara
eccezione che forse anche tu conosci..." A Bobby fu come se un
fulmine illuminasse l'intera vallata. Dopo un primo attimo di
costernazione sorrise di un sorriso languido e stanco :"La donazione
Fawcett e quella Jordan, vero? I terreni che mi hanno lasciato
in eredità i miei nonni?" Il maturo buontempone annuì senza
la minima esitazione, poi versò incongruamente dello sherry
nel calice del giovane uomo. "Ma, non mangi, figliolo?"






(Continua)







 
 
 

Bobby XVII

Post n°208 pubblicato il 08 Marzo 2016 da deteriora_sequor








"Bobby" riprese incurante la voce di Mark Everard Fawcett mentre indugiava
su ogni dettaglio sgradevole del viso del figlio. "Papà. Quale cattivo vento..."
L'uomo si asciugò le dita in un tovagliolo, poi scostò la sedia di lato per potere
parlare con più tranquillità mentre sul suo viso si allargava, da un orecchio
all'altro un sorriso sardonico e infelice. "Io e Betty siamo appena arrivati e,
visto che la colazione era pronta sui tavoloni, abbiamo pensato bene...
capisci..." Lo sguardo di Bobby passò involontariamente alla ragazza che
era assisa nel posto accanto a quello paterno. Un brivido violento lo scosse.
La ragazza non doveva avere più di vent'anni  e, senza dubbio, una volontà
di ferro per avere incrociato il proprio destino con quello del padre che, nel
frattempo non smetteva un solo istante di esplorare ogni minuscola ruga
di sofferenza che solcava il figlio. Si presentarono. Lei era una ragazza
magra sino al dolore e al paradosso, un viso pallidissimo e parzialmente
nascosto da lunghissimi capelli rossi, occhi verdi come giada e una mano
che strinse quella dell'uomo con mollezza e scarsità di vigore. "Deve
certamente compensare in qualche maniera una simile debolezza fisica"
Rifletté Bobby." "Io ed Elizabeth eravamo a Milano di passaggio, così
abbiamo deciso di fare un salto a trovarti. Non è un viaggio proibitivo."
"No, sicuramente." Fu la risposta asciutta del figlio di fronte all'evidente
bugia paterna. Mark Everard Fawcett si passò una mano possente sui
corti e ispidi capelli bianchi. Era il ritratto della salute e non riusciva a
celare quella sua prorompente vitalità nemmeno con il più serrato degli
sforzi. Le pupille erano distanziate dal naso e la larga bocca testimoniava
di una sensualità ferina, prossima alla promiscuità. La pelle delle guance
era liscia e ben rasata e un anello con incastonato un opale gli aggraziava
le dita robuste della mano destra. Bobby si chiedeva quale era l'inghippo
per cui alcune delle persone a lui più vicine si fossero date appuntamento
nell'Engadina e per quale motivo non riuscisse ad esserne contento
neppure per un minuscolo frammento di tempo. L'aria puzzava non solo
di tubercolosi ma anche di menzogna e inganno. E, fatto ancora più grave,
lui non riusciva a sbrogliare la matassa con una domanda decisiva. Era
come se il timore di vedere svelate le reali intenzioni di tutti i convenuti
potesse apportargli un colpo fatale e feroce. Qualcosa che non sarebbe
stato in grado di sostenere. Comunque fece uno sforzo e cominciò ad
articolare una sorta di discorso mentre si agitava tutto sulla robusta
sedia. Grandi gocce di sudore presero a solcargli la fronte mentre
il cuore era sul punto di far deflagrare la gabbia toracica. "Papà, lo sai..."
"Cosa?" "Non sei arrivato per primo. Mamma è già qui dall'alba insieme
a sir Anthony Montague." Per una volta la matura impudenza di Mark
Everard Fawcett parve subire il colpo. Scostò la sedia all'indietro, quasi
volesse allontanarsi dal figlio e si fece pensoso mentre un'inattesa ruga
di riflessione gli scompigliava la fronte perfettamente stirata.





(Continua)






 
 
 

Bobby XVI

Post n°207 pubblicato il 04 Marzo 2016 da deteriora_sequor

 








E proprio in quel momento decise che non vi sarebbe stato un trionfo
della disperazione sulla vita. Non avrebbe lasciato il suo corpo guidare
il suo spirito e ridurlo a brandelli prima di essere calato nella bara. Si
rialzò dalla bacinella e iniziò a tossire rumorosamente, quasi per togliersi
di torno ogni scusante prima di imboccare quella porta e discendere per
il breakfast, incurante della possibile presenza di sua madre, di Anthony
Montague e di Alice Muir. Era tornato a essere colmo di sé stesso e a
catturare con le dita adunche i pezzi di ultimo orgoglio che vol
avano
via. Una volta impadronitisi di questi li metteva sotto pelle affinché
gli garantissero quella forza di cui aveva assolutamente bisogno
per discendere quelle scale fino al grande salone comune. Così si
sarebbe salvato e così fece mentre, con mani tremanti, si spogliava
dei vestiti per l'escursione e indossava la tenuta elegante da colazione,
tentando di nascondere la profonda incertezza che lo trapassava. Gli
ci volle una buona mezzora per essere pronto e, alla fine, profumato e
impomatato aprì timidamente la porta della sua stanza e guardò a
destra e a sinistra. Nessuno era in vista. Con le scarpe di vernice
nera s'avviò dopo avere chiuso a chiave il suo rifugio. I primi passi
furono di sollievo: aveva compiuto un buon quarto dell'impresa e
non gli restava che prendere l'ascensore o imboccare le scale
principali sino al pianoterra. Rimase incerto per due minuti buoni
poi si ficcò nell'ascensore che lo avrebbe vomitato esattamente al
centro della sede del suo incubo. Ma era uno di quei momenti in

cui si va al patibolo con paura e forza, un passo avanti costa un
pezzo di eternità, ma un passo indietro è impossibile. Entrò insieme
al boy e guardò illuminarsi i miseri due piani che stava discendendo.
Finché con uno squillo poderoso gli fu segnalato che erano giunti
nell'atrio della clinica e che gli restava solo da dirigersi verso la
sala - breakfast. Si guardò intorno e la vita ferveva come sempre:
fu salutato dalla reception e lui rispose legnosamente, un vecchio
malato inglese Joseph Gretton lo prese subito sotto braccio e
cominciò a sproloquiare di titoli di borsa e di andamento dell'economia
mondiale. Bobby se ne liberò in fretta con un sorriso, fece la stessa
cosa con la giovane signorina Heinz e, quasi senza accorgersene,
fu sulla soglia della sala colazione dove ferveva un feroce lavorio
di mascelle e labbra, sovrastato da una nuvola di chiacchiere e
gesti. L'uomo cominciò a guardare febbrilmente attraverso i
tavoli e le sedie, e in un minuto aveva fatto una supervisione
puntigliosa di tutti gli esseri umani presenti a quel gigantesco
rituale mattiniero. Louise Jordan, Sir Anthony Montague e Alice
Muir non erano presenti. Quasi sentì le gambe cedergli per il
sollievo e il sudore fresco farsi di ghiaccio sulla sua fronte. Non
poteva crederci: avrebbe evitato una scenata, il suo povero

cuore non sarebbe stato testimone dello scontro fra le due
donne. Con la vista annebbiata si sedette sulla prima sedia
a disposizione davanti a un tavolo appena imbandito di leccornie.
Spinse goffamente il gomito verso la sua destra e andò a
sbattere su un braccio maschile robusto e ben tornito. "Mah..."
"Bobby!" Sentì una voce tuonargli nell'orecchio. Una voce ben
 nota, anche se da tempo obliata attraverso gli strascichi del
tempo. Si girò attonito di lato e vide suo padre impegnato
a rosicchiare una piccola salsiccia tenuta ben salda con la
forchetta. E, Dio gli era testimone, gli parve istantaneamente
di essere diventato proprio quella minuscola salsiccia, pronta
a essere sbranata dal rodomonte che ora lo fissava attraverso
la fessura di due piccoli occhi ridenti.







(Continua)








 
 
 

Bobby XV

Post n°206 pubblicato il 01 Marzo 2016 da deteriora_sequor









Sollevò lo sguardo dopo essere stato, lungamente, immerso nei suoi pensieri. Alzò gli occhi
e pure Alice era scomparsa senza che lui se ne accorgesse. Soffiò tra le labbra rumorosamente
e pensò che quello doveva essere il destino della sua giornata: che la gente gli facesse il vuoto
attorno, che la gente lasciasse terra bruciata intorno al suo accampamento. Non capiva da dove
provenisse la malasorte che lo stava perseguitando; in tutta sincerità non riteneva di meritare
quel tipo di accanimento negativo. Certo, era stato infido nella sua vita, farfallone e vanesio,
era stato banale e inaffidabile, traditore e imbroglione. Ma, che diamine, anche i suoi lati
positivi dovevano essere messi nella tinozza insieme a tutti gli altri stracci e passati con energia,
sbattuti, lavati, strizzati e messi al sole ignominiosamente come qualsiasi difetto? No, si rispose
fiero; non meritava tale disprezzo e brutalità e non era giusto fare di tutta la sua erba un fascio
e gettarla da ruminare a qualche vacca pezzata in qualche aspro angolo di montagna. Non
voleva finire nel bolo ed essere digerito come qualsiasi altro avventuriero ignobile. Dio solo
sapeva se, durante il giorno precedente, non avesse veramente pensato a ricostruirsi una vita
partendo da zero. Persino gli era insorta la speranza di potere guarire al fianco di Alice, di
ritrovare quell' ottimismo perduto nel corso degli ultimi mesi. Quel piccolo tesoro gli era
apparso come un inviato del cielo, una sorprendente ancora di salvataggio per evitare di
finire a schiantarsi sugli scogli dell'esistenza. E ora poteva essere cambiato tutto? L'irruzione
di Louise Jordan aveva avuto il potere di riportare indietro le lancette e di fargli apparire tutti
i difetti di Alice Muir? Sentì montare la collera verso la madre e, per un attimo, strinse i pugni
fino a farsi sbiancare le nocche. Di certo ella non era arrivata solo per schernirlo o fargli da
sostegno nei giorni che precedono la morte! Di certo stava elaborando qualche piano contorto
nella sua testolina cospirativa. Di certo doveva avere lasciato qualche conto in sospeso, e ora
faceva irruzione nella sua esistenza per sciogliere gli stessi nodi irrisolti. La presenza di Anthony
non costituiva una sorpresa, abituato com'era, da anni, a vederlo nel ruolo di accompagnatore
in carica del suo genitore. Sir Anthony Montague aveva la stessa impalpabile consistenza
dell'aria, era superfluo ai piani di Louise tanto quanto un pelo di gatto è superfluo al peso di
una mano. La sua presenza non aggiungeva nulla, e non serviva a chiarirgli i progetti di quella
donna. Improvvisamente un mal di testa feroce cominciò a impadronirsi della sua persona e
si vide costretto a stendersi sullo stesso letto fino a poco prima occupata dalla madre. La
cosa gli faceva un po' senso ma non riusciva a distendersi sul pavimento, e nel frattempo
percepiva gli aromi forti di Louise, i suoi profumi invadenti e conturbanti, si rotolava affranto
nell'odore lasciato da Lei. Alla fine non resistette più e si sollevò di scatto recandosi verso
la bacinella e versandovi ,abbondantemente, dell'acqua fredda. Si bagnò il viso e si frizionò
il collo, poi si guardò nello specchio appeso di fronte a lui. E vide il ritratto di un uomo deluso
e scornato, patetico e bruciato. I capelli gli si stavano diradando sulle tempie e un occhio era
più piccolo dell'altro forse a causa del suo indugiare nel laudano e nella tintura d'oppio che,
di sovente, lo sostenevano quando il peso della vita si faceva insopportabile. Rimase, con
coraggio, a fissarsi e si sentì amaramente come un uomo che avesse ingannato sé stesso.
Non era rimasta più traccia del vecchio Bobby e le sue speranze con Alice erano state un
completo inganno: malgrado i suoi 37 anni, chi aveva di fronte era quanto di più simile a un
uomo di mezza età o a un vecchio pugile suonato si potesse immaginare. Si guardò le gengive
opache e biancastre, si toccò le rughe agli angoli della bocca, e comprese che anche per lui
era suonato il rintocco della resa dei conti.







(Continua)








 

 
 
 

Bobby XIV

Post n°205 pubblicato il 26 Febbraio 2016 da deteriora_sequor









"Andiamo, alzati." Fece a sua madre mentre sentiva un attacco di tosse approssimarlo
come una nuvola scura. Lei continuava a nicchiare e a rotolarsi nel letto mentre persino
Sir Anthony Montague girava il volto verso la finestra per evitare quella scena incresciosa.
Bobby prese la madre per un piede e cominciò a tirarla, finché la ebbe scaraventata giù
dal letto tra urla e recriminazioni. Poi, come un uragano arrivò l'attacco: Bobby ne fu
totalmente squassato per alcuni minuti, crollando in ginocchio e tenendosi il fazzoletto
premuto sulla bocca. Quando si riprese, con gli occhi velati dalle lacrime, si accorse
che non v'era più nessuno nella stanza. Rimase attonito e arrivò al punto di pensare
di essere stato vittima di una pesante allucinazione. Ma quando ritrovò il cappellino
di sua madre dimenticato sulla specchiera realizzò pienamente che tutto era stato
sin troppo vero. Si mise a camminare barcollando e rimise in ordine i pensieri, fino
a quando bussarono alla porta facendolo sbandare nuovamente. "Chi è?" disse, con
 voce rauca. "Alice" fu la risposta. "Entra pure". E lei entrò, pur restando rispettosa
mente solo pochi passi dentro la stanza. "Mia madre. L'hai vista?" Lei annuì ma non
aggiunse una parola. "Scioccata, vero?" Lei annuì nuovamente "Beh, non posso dire
che sia stato un incontro che mi augurassi. Mi ha guardato e ha subito fatto marcia
indietro per evitarmi. Lei, e quel ragazzo con cui sta." "Anthony." "Ecco, appunto. Ha
preso l'ascensore giusto per fare due piani. Ma era chiaro il suo intento di non
incrociarmi sulle scale." Bobby riuscì a sorridere amaramente. "Lo sai che non ti ha
mai sopportato. E tu non hai mai retto la sua presenza." "Perché. Tu forse ce la fai?"
"è mia madre." "Significa qualcosa, oltre che buttare fuori un figlio?" "Alice, ti prego..."
"Va bene, mi spiace di essere così brutale, ma è un'esistenza che sabota ogni cosa che
fai. Tu stesso mi confidasti un giorno che ti ha sempre detestato." Lui si sedette sul
divanetto. Non voleva dare ragione ad Alice e non voleva nemmeno prendere le
difese d'ufficio della madre. Così restava, vestito ancora da escursione, a fissare
il vuoto cercando di dimenticarsi di pensare qualsiasi cosa di significativo."Vieni a
colazione con me?" Fece la donna, con voce afona. "No. Finché non saprò
dove si è ficcata mia madre con Anthony. Forse è a al breakfast pure lei, e l'ultima
cosa che voglio è una scenata." "Così ti comporti da vigliacco." Bobby fissò Alice
con curiosità e stupore. Tutto l'amore della giornata precedente sembrava essere
evaporato in pochi istanti. Finito il rinnovato colpo di fulmine, andata la passeggiata
passionale e i baci feroci. Aveva di fronte una perfetta estranea, esacerbata e
distorta. Una femmina punta sul vivo dal genitore di una sua antica fiamma. Ora
 era l'orgoglio a parlare per lei. Era diventata una questione del tipo: o con me o
contro di me. Ora fai la tua scelta. E Bobby restava immobile, trasudando disperazione
e paura, traspirando la maggiore delusione di questo mondo. Vedeva le speranze
crollargli intorno, e un oscurità repentina calargli addosso. Diede un'occhiata dalla
finestra: fuori si avviava ad essere una pessima giornata come succede bruscamente
nell'Engadina. Avrebbe nevicato, ne era sicuro, e la coltre bianca avrebbe sepolto,
oltre a lui, anche le sue ottuse, rinnovate aspettative.






(Continua)







 

 
 
 

Bobby XIII

Post n°204 pubblicato il 22 Febbraio 2016 da deteriora_sequor









"Puoi anche solo pensarlo, Bobby?" Fece Lei gettandosi sul letto e iniziando
una scena madre di disperazione e offesa. "Andiamo" continuò Bobby "Lo
sai che abbiamo lo stesso, squallido, senso dell'umorismo, e che ci piace
punzecchiare le persone che...ehm...ci sono più vicine. Comunque non
posso negare di essere molto sorpreso dalla tua presenza." E cominciò a
girare per la stanza con le mani intrecciate dietro la schiena. I pensieri gli
turbinavano per il capo e non riusciva a celarsi il fatto che, dopo il bene
augurante spuntare di Alice, l'arrivo della madre e del suo giovane amante
lo avesse gettato nella solita, profonda frustrazione. Era come se l'escursione
amorosa del giorno precedente non fosse mai esistita; cancellata  dalla
violenta irruzione di Louise Jordan e dalla sua personalità irrispettosa e
aggressiva. Arrestò il suo gironzolare nei pressi dell'enorme specchio e vi
gettò un'occhiata distratta inquadrando Sir Anthony Montague alle sue
spalle. Sapeva che avrebbe dovuto odiare quell'uomo, provare una
profondissima antipatia e augurarsene la rapida dipartita, ma, malgrado
tutto, non provava nessuno di questi sentimenti: Quel ragazzone della
sua età, malcresciuto ed esacerbato, era la parodia vivente di un viveur
raffinato ed eccentrico, e sotto la maschera di esteta sottile nascondeva
unicamente un pauroso vuoto interiore. Bobby se n'era accorto un anno
prima in una villa presso Cap D'Antibes quando, ubriaco di brandy e
cognac, lo aveva convinto a una passeggiata nel giardino della lussuosa
dimora sul fare dell'alba. Gli ospiti si erano tutti pressoché eclissati e
restavano loro due e Louise Jordan, indecorosamente addormentata
su un divano in salotto. Anthony lo aveva preso sottobraccio e gli aveva
narrato la storia delle sue vite tra un rutto represso e un passo malfermo.
Bobby, anche lui abbastanza brillo, lo aveva ascoltato con tutta l'attenzione
che riusciva a fornire. E la storia era invero quanto di più bizzarro si
poteva attendersi da un simile parvenu...vicende di incesti, di castelli bruciati
nella terra avita dell'Irlanda settentrionale, fughe d'amore e duelli spietati,
aborti procurati e guerre improvvise. A Bobby era parso di stare su una
giostra e, poco dopo, aveva vomitato nell'angolo più nascosto del giardino.
Sir Anthony Montague lo aveva sostenuto e supportato battendogli sulla
schiena con discrezione, ma non aveva cessato di narrare con la sua
querula voce, accompagnandosi con gesti vagamente effeminati. Bobby
lo ricordava come in un folle dagherrotipo: i lunghi capelli ricciuti e
scomposti, la bocca aperta e storta a elencare morti, amanti e feriti,
il lungo bastone da passeggio dalla testa di gatto sventolato a mezz'aria.
Ripensandoci qualche giorno dopo aveva capito la reale essenza di
quel giovane uomo: qualcuno con una tragica odissea alle spalle e un
futuro malcerto da nobile impoverito davanti a sé. Qualcuno che poteva
contare solo sulla sua effimera (e discutibile) bellezza e una cultura
classica, seppure raffazzonata in alcuni punti, sicuramente solida.
Da quella mattina non era più stato in grado di detestarlo pur essendo
quello che era (il tragico mantenuto di sua madre) e pur provando un
 moto di indicibile repulsione al pensiero di come venisse infangata
la presenza da qualche parte nel mondo di suo padre. Si staccò dallo
specchio e dalla figura di Anthony e si accostò al letto, dove giaceva,
ancora stupidamente piangente, sua mamma.






(Continua)







 

 
 
 

Bobby XII

Post n°203 pubblicato il 15 Febbraio 2016 da deteriora_sequor








"Sorpresa!!!" L'urlo gli echeggiò nei timpani fino a stordirlo momentaneamente.
Poi si girò in tre quarti verso la porta e una figura snella e longilinea sbucò da
sotto il tavolino per balzargli davanti al letto allargando le braccia in un gesto
di sberleffo. Era una donna che aveva superato i cinquant'anni ma tratteneva
ancora le vestigia di un'antica bellezza. Alta e magra, possedeva il tipo di volto
che si attribuisce solitamente alle giovani donne, con poche tracce di rughe e
una fronte sgombra dai troppi, inutili pensieri della maturità. Mostrava con
impeto una fanciullezza che non s'era ancora estinta, e una giocosità
irrequieta che un profano avrebbe potuto considerare poco in accordo con
la solidità degli anni. Vestiva in modo sbarazzino un completo maschile
completo di bastone da passeggio e cappellino tirolese, e il volto le si era
arrestato su una risata contagiosa ma irritante, del genere che potete
trovare su una cugina dispettosa o una sorella invadente. Il tipo di risata
a cui non potete fare a meno di unirvi pur provando le farfalle nello stomaco
e un nodo alla trachea. Questo era l'elemento femminile che s'era lanciato
innanzi al letto di Bobby e che si produceva in tutta una serie sconcertante
di smorfie e boccacce che avevano il chiaro, patetico intento di strappare
un sorriso a Robert Byron Fawcett. "La solita pagliaccia." Pensò lui mentre
si sedeva sul bordo del letto e cercava le pantofole, l'unica attrezzatura
da camera su cui poteva contare avendo egli avuto cura, la sera precedente,
di mettersi a letto completamente vestito tranne i pesanti scarponi da
montagna. Infilate le pantofole si levò un tutta la sua povera altezza e
squadrò prima la madre e poi il suo più giovane amante, avendo ben cura
di non celare la piega amara della bocca. "Che sei venuta a fare, mamma?
Come vedi non è ancora il momento del mio funerale." La donna fece una
smorfia di disappunto, come a dire :"Guarda che figlio che mi è toccato!
Nemmeno in grado di apprezzare una buona performance comica!" Poi,
però, si ricompose immediatamente e s'appressò ad Anthony Montague
strappandogli la sigaretta dalle dita e scagliandola fuori dalla finestra.
"Tony! Nemmeno le regole più elementari conosci in queste situazioni."
Finalmente Bobby sorrise e notò con espressione asciutta e furba :"Non
è un problema. Il fumo, come tubercolotico, non mi infastidisce. Semmai
la puoi chiamare una mancanza di tatto. Ma, fisicamente, non è il tabacco
altrui che mi porterà alla bara. Su questo ci puoi scommettere." "Oh, Byron..."
accennò Louise Jordan che, chissà perché, chiamava l'unico figlio con
il secondo nome. "Perdonamelo. Sai com'è fatto Tony: sfacciato, brutale,
fastidioso, irritante...Ma, in fondo, è tanto un caro, bravo ragazzo. Lo sai
forse meglio di me." Bobby fece un passo avanti verso la coppia e chiese
un sorso di grappa dalla bottiglietta che sapeva sua madre portare sempre
con sé. Lei lo guardò con fare canzonatorio e si levò una fiaschetta ricoperta
di pelle che portava sul petto, la sfilò da sopra il collo e gliela porse. L'uomo
si bagnò le labbra, poi accostò il piccolo delizioso contenitore e ne calò un
robusto sorso in gola. Il viso gli si accese, insieme a una rabbia lungamente
repressa. Poi avvolse i due in uno sguardo che poteva incendiare e, lento
e letale pronunciò a bassa voce :"Sei venuta a guastarmi la festa, vero mamma?"






(Continua)







 
 
 

Bobby XI

Post n°202 pubblicato il 09 Febbraio 2016 da deteriora_sequor







Si svegliò che qualcuno lo stava toccando sulla guancia con un dito. Un gesto
irritante e volgare che lo infastidiva persino nel sonno. Spalancò gli occhi e
tutto gli si fece chiaro in pochi secondi. Tornò alla luce e alla coscienza mentre
metteva a fuoco la stanza e i suoi contorni. L'unica cosa che non gli tornava
era quel dito sulla guancia. In un baleno pensò di avere sognato e di essersi
mosso nel letto in maniera da ottenere un effetto fisico spiacevole. Sollevò la
testa e fece per guardarsi intorno con uno strano presentimento e un peso
che, rapidamente, gli si allargava sul cuore. Si girò e si mise a sedere
stropicciando le coperte. Poi guardò in giro e il suo sguardo si posò subito
su una figura in penombra che occupava una delle sue poltrone, mentre
un filo di fumo usciva all'altezza della bocca spargendosi in volute sottili
verso il soffitto. Le imposte parzialmente chiuse gli impedivano di riconoscere
quella persona ma un sospetto atroce e confuso si faceva largo nella sua
coscienza e lo costringeva a respirare a piccoli ansimi, come se dei ricordi
spiacevoli gli venissero incontro con una folata improvvisa, spezzandogli
il fiato e costringendolo a sbattere voticosamente le palpebre. "Mamma?"
disse con una nota nella voce che sembrava sul punto di frantumarsi. La
figura, improvvisamente, si sollevò dalla poltrona e si diresse verso le
finestre. Le aprì, poi fece la stessa cosa con le imposte, facendo entrare
un riverbero accecante in tutto il locale. A Bobby furono necessari alcuni
istanti per rendersi conto di chi gli stava di fronte. Quando lo realizzò la
sua mascella cadde e un forte senso di repulsione gli invase le membra
appena ritemprate. "Caro Bobby, non sta bene dormire fino a tardi nella
mattina inoltrata, mio dolce pigrone." La voce da uomo aveva un timbro
languido e decadente, come quello di una donna di piacere consumata
da mille amplessi, e i suoi echi si spandevano molli ed imbelli per tutto
il perimetro della stanza. Bobby non riuscì a reprimere un brivido. "Sir
Anthony Montague, a quanto sembra... mi vorrebbe fare il piacere di
pormi a conoscenza del modo in cui si è introdotto nel mio rifugio? anche
se, purtroppo, tempo di saperlo con fin troppa sicurezza." L'uomo interrogato
da Bobby non accennò il minimo movimento tranne l'accenno di un sorriso
maligno e felice ai bordi delle labbra. Ora si poteva vederlo in tutta la sua
complessione. Era un uomo minuto, di età intorno ai trentacinque anni,
vestito con cura da cittadino in trasferta, un cappotto azzurro lo cingeva,
completato da pantaloni di flanella e da stivaletti neri lucidissimi. Teneva
in mano un cilindro fuori moda ma elegantissimo con una fibbia d'argento
al centro. Il suo volto era ombreggiato da una lieve, curatissima peluria
e capelli forse un po' troppo lunghi per la sua età gli cadevano inanellati
sopra la fronte spaziosa costeggiando, quasi, gli occhiali a pince-nez.
Di torace era molto magro, ma non di quella esilità che può suggerire
la malattia, bensì la tonica e costituzionale gracilità di un uomo aduso
a molte perversioni. La pelle sulle guance era liscia e di un pallore
addirittura sconcertante, non fosse stato in perfetta armonia con il resto
del personaggio. Bobby assunse tutta la durezza che gli consentiva
un cuore balzatogli in gola. Con voce il più possibile ferma domandò
"Mamma è qui?".






(Continua)





 

 
 
 

Bobby X

Post n°201 pubblicato il 05 Febbraio 2016 da deteriora_sequor









Proseguirono l'uno fianco all'altro e tenendosi per mano. Nessuno dei due
capiva a cosa stava andando incontro, ma non importava. Non v'era nulla
di più bello che camminare lungo quella stradina d'alta montagna senza
incontrare anima viva e scambiandosi rapide e timide occhiate come due
adolescenti. Procedettero sin quando le gambe si indolenzirono a entrambi.
Bobby accennò a un incrocio, e disse che, prendendo a sinistra, si poteva 
rientrare alla clinica. Alice diede in un sorriso e annuì con il capo. Giunti
sul posto imboccarono una discesa abbastanza ripida e accelerarono il
passo. S'era fatto tardi e il sole stava scemando inesorabilmente mentre,
forse, c'era già chi si stava preoccupando per loro. Arrivarono a sera
inoltrata con le guance in fiamme e le giunture doloranti. Gli addetti della
Clinica non fecero una piega e non si peritarono di rimproverarli (del resto
erano clienti di prima classe). Loro si salutarono sveltamente nella hall
e salirono nelle rispettive stanze. Fecero giusto in tempo a fissarsi
lungamente negli occhi e a baciarsi con tenerezza. Poi si separarono,
disfatti ma felici. Bobby prese l'ascensore mentre Alice preferiva salire
a piedi per favorire la sana attività fisica. L'uomo entrò nella stanza
buia e si gettò sul letto senza nemmeno accendere le luci. Era contento
come non lo era da tempo e quella pura stanchezza lo riempiva di
orgoglio e soddisfazione. Non osava farsi domande e non s'azzardava
a cercare spiegazioni; l'unica cosa che gli risaltava davanti agli occhi
chiusi era la luce di quel sentimento d'amore rinato, quegli straordinari
momenti di complicità e batticuore che li aveva visti uniti per alcune,
immortali ore lungo una miserabile stradina polverosa. Pietà? Senso
di colpa? Vero amore? La sua testa era come un alveare e l'unica cosa
indiscutibilmente certa era che la sua vita cambiava da un giorno
all'altro come un guanto rivoltato. Si rendeva conto: tutto ciò che aveva
avuto valore fino a qualche istante prima ora non trovava più significato,
e si rivelava essere una mera lotta per la sopravvivenza,una sbiadita
processione di frasi fatte e atteggiamenti logori per rituali bolsi di mero
galleggiamento sopra un oceano piatto e noioso. Adesso era il momento
di nuotare selvaggiamente contro la corrente. Ed esserne felice e
orgoglioso. Gli orologi, con il loro noioso susseguirsi del tempo, non
avevano più senso. I programmi giornalieri sempre eternamente
uguali sembravano non esistere più. Con quella donna, ne era sicuro,
avrebbe potuto spingersi su strade inesplorate, fare di ogni giorno
un'avventura, e avrebbe potuto (perché no?) tornare a innamorarsi
come un ragazzino. Perché cos'era l'amore se non un costruire
dalle fondamenta una vita diversa per due persone? Cos'era, se non
rendere paesaggi desolanti e brulli una campagna fresca e rinvigorita,
nutrita dalla pioggia e scaldata dal sole?






(Continua)






 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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