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Sogno e realtà

Quando è il momento opportuno tutti siamo in grado di realizzare i nostri sogni

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Una farfalla sei...

Post n°399 pubblicato il 04 Settembre 2008 da koradgl1
 

La sveglia suonò alle 6.30 come ogni mattino e, come d’abitudine, aveva aperto gli occhi da un’ora o forse più. Aveva la sensazione che doveva essere un giorno inusuale. L’intuito non l’aveva mai tradita. Dicevano che era una prerogativa del suo segno zodiacale, lei sorrideva perché non credeva agli oroscopi. Probabilmente non ci aveva mai creduto, ed ancora meno da quando un amico le aveva dato la spiegazione scientifica che sfatava ogni carta astrale per via del moto delle stelle. Eppure il blu (colore del suo segno) rimaneva il suo colore preferito, in tutte le sue sfumature. Le ricordava il cielo e il mare così amati con quella linea d’orizzonte che magicamente le richiamava alla mente sensazioni bellissime. Avrebbe speso volentieri l’intera giornata immobile su uno scoglio con lo sguardo perso all’orizzonte. Era una cura miracolosa per il suo mal di vivere, ma quel mattino inspiegabilmente il cuore le batteva forte come ogni volta che le sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe dato un senso speciale ed indimenticabile a quel giorno.
Aprì la finestra e respirò l’aria frizzante del mattino d’inverno, in attesa del gorgoglio della macchinetta del caffé, le si avvicinò il gatto che faceva le fusa strofinandosi alla sua gamba.
Che bello Ciccio, era stato un amore a prima vista, quel batuffolino grigiastro, tornato bianchissimo dopo un bel bagno, che dormiva sotto il motore delle macchine, non aveva esitato a prenderlo con sé e Ciccio la ripagava di quell’affetto con una vera adorazione. Sorseggiò il suo caffe continuando ad assaporare il mattino con i suoi meravigliosi colori e i rumori che parlavano di questa nuova vita.
Ogni sera andando a letto diceva “ adesso muoio bruco e domani risorgo farfalla” e quel mattino sentiva che avrebbe spiegato le sue ali colorate.
Si vestì sbadatamente, non aveva mai considerato l’abito più di un dovere di decenza, era convinta che quei fronzoli fossero fatti per apparire e lei voleva essere, non le importava se la moda imponesse il bello ad ogni costo, aveva indossato le maschere per molto tempo adesso voleva mostrare il volto.
Il vero volto, quello immortale.
L’anima.
Voleva essere ricordata per le sue parole, per i suoi pensieri non per i tacchi a spillo né tantomeno per uno sguardo invitante ed aveva constatato che gli altri la vedevano davvero la sua anima, anche quando indossava quel velo sottile per nasconderla e così difenderla dal mondo. Quante volte aveva immaginato di riuscire a vedere la sua anima passando attraverso gli occhi. Quando cercava di darle una forma immaginava una goccia d’acqua che si divideva in tante piccolissime gocce di rugiada.
Doveva essere fresca l’anima, come l’aria che riempiva i polmoni, come l’acqua di sorgente di montagna che si trasformava in cascate vivificanti.
Ed era trasparente l’anima per far specchiare la coscienza e mostrare sempre la verità.
E l’anima aveva le aii... si volava in alto...
Immersa in questi pensieri si incamminò, le sue gambe percorrevano quella strada familiare senza il bisogno di guardare, si fermò al chiosco dei giornali e cercando una rivista urtò inavvertitamente qualcuno. Si voltò per chiedere scusa e rimase senza fiato.
Non era possibile.
Dopo oltre venti anni trovarsi di fronte il suo primo amore.
Aveva l’argento nei capelli, ma i suoi occhi, quegli occhi amati e sognati per così tanto...
Il tempo intercorso tra l’incontro dello sguardo e il suono della sua voce sembrò un'eternità, come se ripercorresse tutti i vent’anni trascorsi tra la sua partenza e quel saluto che uscì meccanicamente dalla sua bocca. “ Sei davvero tu?” sentì dire dalla sua voce, mentre nella mente cercava la ragione per cui si era comportata così stupidamente 20 anni prima. E’ strano come un viso caro riesca a riportare a galla tante emozioni sopite... “Si sono io, come stai?”.... Avrebbe voluto dirgli che la sua assenza l’aveva torturata per tante notti, che la sua partenza improvvisa era stata devastante, voleva dirgli... “ Bene e tu?”... voleva dirgli che gli aveva mentito per lasciarlo andare incontro alla sua vita, voleva dirgli che aveva continuato ad amarlo per chissà quanto tempo... “ Benissimo anch’io, sono in questa città perché mia figlia ha una gara qui ”... aveva un mondo da raccontargli, ma ogni parola moriva in gola ... alzò lo sguardo e incontrò quegli occhi, fu un dialogo muto più eloquente di ogni parola. Non c’era più quella folla, nulla al di fuori di quegli occhi. Un brivido le percorse la schiena. Doveva andare. Si doveva. “ Vado in ufficio” sentì pronunciare alla sua voce, mentre aveva cancellato ogni spazio ed ogni tempo nel cuore. “riparto domani sono felice di averti rivisto cara amica” rispose lui, "anch'io" riuscì a biascicare lei. Lui prese un libro ci scrisse qualcosa e lo pose nelle sue mani stringendogliele forte mentre le sfiorava la guancia con un bacio. “ Arrivederci” dissero in coro.
Sulla prima pagina del libro c'era scritto con una biro rossa:

  “ Ricorda, le parole possono mentire, gli occhi non mentono mai”

Erano stati pochi minuti, ma quel giorno si sentiva viva come non accadeva da tempo e si ricordò di quella frase che era forza della sua vita.

Soffrire e gioire in continuazione.
Morire bruco per risorgere farfalla.

Quelle lacrime che scendevano l’avrebbero resa farfalla.
Avrebbe spiegato quelle ali e il cielo sarebbe stato la tela dipinta dai suoi colori.



Questo non è un ricordo e neanche solo fantasia.
Forse la fusione di due sogni che aleggiano nel limbo dell'incompiuto e come tali immortali.

 
 
 
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