Sogno e realtà
Quando è il momento opportuno tutti siamo in grado di realizzare i nostri sogni
ARRESTATECI TUTTI
Chiudetemi il blog, mandatemi in cella perché eventuali multe io non le pagherò per nessuan ragione, fatemi qualsiasi altra angheria, ma la mia voce urlerà sempre il suo dissenso allo scellerato operato di certi governanti.
Le parole che seguono sono di Concita De Gregorio, io ne sottoscrivo ogni virgola.
Molto più di un bavaglio
Quel che sta accadendo in Italia è qualcosa che riguarda il mondo intero. Si sta scrivendo una legge che impedisce il lavoro d'indagine, che favorisce le mafie, che imbavaglia la stampa. Confinarla ad una sacrosanta rivendicazione del diritto di cronaca ed accontentarsi di qualche modifica in favore di editori e giornalisti è un errore. Non si tratta solo di mantenere intatta la possibilità di raccontare crimini e malaffare: si tratta prima ancora di non impedire il lavoro di chi indaga. Lasciare la libertà di parola e limitare gli strumenti di lotta al crimine otterrebbe alla fine lo stesso risultato: silenzio. E' una legge che mette in pericolo il Paese che ci è stato consegnato da chi ci ha preceduto a prezzo di enormi sacrifici. Abbiamo il dovere di conservarlo per chi verrà dopo di noi, il dovere di disobbedire. Fate pure la vostra legge: noi non la rispetteremo.
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NOTE LEGALI
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Genova G8, 20 luglio 2001. La repressione, l'omicidio di un ragazzo, la tortura sistematica di Angelo Miotto da Peacereporter Carlo Giuliani aveva 23 anni, quando fu ucciso. Ricordiamo Il Giornale, che uscì in questi anni con le foto del ragazzo esile, il rotolo di adesivo all'avambraccio, in mezzo alle strade martoriate dagli scontri. Cercando quasi una giustificazione alla 'punizione'. Ricordiamo il veleno lanciato dalle colonne del Corriere della Sera, a firma Ostellino. La memoria va anche alle parole ingiuriose e fasciste di Alleanza nazionale e i toni e le azioni di Gianfranco Fini, prima che il clima politico del dramma italiano non portasse l'attuale presidente della Camera a vestire i panni dell'uomo fedele alle Istituzioni, a un riformismo moderato e costituzionale. Eppure c'era lui a Genova, in quelle ore, a dare conforto alle operazioni di carabinieri, polizia, guardia di finanza, reparti speciali della polizia penitenziaria, reparti speciali della polizia, carabinieri arrivati dalle recenti missioni all'estero (il Tuscania) che sbarcavano a Genova come in una cittadina balcanica divorata dall'odio etnico o nella solitudine della tragedia somala. Eravamo chiusi nelle gabbie, dietro le reti alte di metallo e assediati da ostacoli di cemento. Zona rossa, zona gialla... E ricordiamo anche quando il sabato maledetto, 20 di luglio, l'opposizione riformista decise di invitare a non andare a Genova, la solitudine dei manifestanti, il sindacato assente, unico vessillo a confortare quello della Fiom. In molti, dopo, chiesero scusa. Ricordiamo le visite, dopo, di Luciano Violante, Piero Fassino, Sergio Cofferati. Dopo. E' stato scritto molto, fiumi di parole, analisi e retroscena. Non si scriverà mai abbastanza di quei giorni che furono uno dei momenti più dolorosi degli ultimi anni, quando una alternativa sembrava essere alla portata di mano nel mondo e i 'Grandi' rispondevano - e continuano a rispondere - con repressione, arresti, celle ad hoc, militarizzazione. Per questo non ci stanchiamo di dire che manca un nome, un colpevole certificato per via legale, nell'omicidio di un ragazzo di 23 anni. La verità storica e quella giudiziaria non sono sovrapponibili, lo sappiamo, ma l'oggettivare sul piano delle garanzie istituzionali un fatto storico è la base per una convivenza pacifica. Resta negli occhi quel grande murales disegnato a Milano con la faccia di Carlo e la scritta grande, enorme: 'No justice no peace'. L'hanno fatto cancellare, le istituzioni. Imbrattava. Nove anni dopo ci permettiamo di ricordare che non sappiamo - nove anni dopo - dove sia finita la cultura dell'ordine pubblico, che cosa si insegni ai giovani sotto le divise, non sappiamo perché non vi siano ancora numeri identificativi sui caschi di chi esercita l'ordine pubblico per le strade, non sappiamo perché il Parlamento si ostini a non riconoscere il reato di tortura nel nostro, fascista, codice penale. Che ha avuto solo tentativi di attualizzazione, mai una vera riforma. Ecco perché anche questo 20 luglio siamo a Genova. Perché al di là del denunciare, dello scrivere e analizzare attraverso le parole, crediamo ancora nella fisicità della presenza, del corpo, degli sguardi e delle mani che stringono mani e che abbracciano chi ha sofferto. Con la consapevolezza che fino a quando non sarà stata scritta, anche su Genova, una parola chiara e condivisa, pur nel rispetto dei diversi punti di vista, non ci si potrà mai davvero riconciliare. |
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"Corre il diciottesimo anno dell’incubo italiano. Il Joker s’affacciava da una nuvola turchina: promette vita comoda, allegra, sicura; manda all’Italia sommesse dichiarazioni d’amore; sorride enchanteur, artefatto dai capelli ai tacchi; spaventa teste deboli agitando fantasmi comunisti; ostenta pose pragmatiche; esibisce patenti cattoliche. Qualche precedente constava, il resto affiora dagli atti giudiziari. Lo pseudouomo nuovo s’era ingrassato nella vecchia politica, i cui rottami eredita: tessera P2 n. 1816; ombre mafiose segnano una carriera le cui matrici tiene ermeticamente nascoste; i soldi gli uscivano dalle orecchie; comprava favori ministeriali; monopolista pirata delle televisioni commerciali, vi pesca i voti che lo proiettano a Palazzo Chigi, col fine manifesto d’evitare rendiconti penali, e apre nuovi cicli d’affari. Non gli servono più costosi patroni: lo Stato diventa roba sua; traffica, blatera, governa, legifera in eversione permanente, furioso contro i relitti dell’antiquata civiltà giuridica. L’estero guarda allibito.....
Rischiava meno l’Italia vestita in nero fascista, esistendo ancora antidoti: adesso avversari molli cedono il passo; finti neutrali rendono servizi volontari; platee snervate guardano.
Dignitari, sgherri, cantori, cappellani, parassiti vari gli strisciano ai piedi: qualunque cosa comandi, la eseguono, fosse anche folle o scellerata; fuggiranno come topi al penultimo atto...."
Anna: «Avevamo le mani alzate e la polizia arrivava correndo. Urlavano bastardi. Ho ricevuto un primo colpo al viso e poi un calcio al mento. Mi sono accorta che avevo perso dei denti. Ero in ginocchio ma con la schiena dritta e avevo le mani vicino alla testa, poi sono stata colpita con il manganello... poi ho subito ancora diversi colpi, ma me ne ricordo solo uno esattamente sulla schiena, e un altro calcio sulla mano... in ospedale mi hanno iniettato dei sedativi nelle labbra superiori, subito dopo senza aspettare due dei miei incisivi che erano rivolti verso l´interno, hanno tentato di rimetterli nella loro posizione nella mandibola... e´ stato molto e c´erano almeno 4 persone che mi tenevano ferma.. ho avuto incubi per sei mesi che non mi consentivano di dormire... nel gennaio dopo l´accaduto, ho dovuto fare una terapia di intervento di crisi nel centro per la gente seviziata.
Melanie: «Ricordo che sono in piedi con le mani alzate e i poliziotti arrivano. Poi non ricordo più niente mi è stata diagnosticata una amnesia retroattiva. I ricordi riprendono in ambulanza dove sono svenuta e poi in ospedale dove ero semincosciente per 24 ore. Ricordo le infermiere che mi pulivano davanti ai poliziotti dopo che mi ero urinata addosso in seguito ad una crisi epilettica».
Ulrich, trauma cranico, naso e dita rotte dai manganelli: «Una mia amica, Julia, era terrorizzata e gridava "questi ora ci ammazzano". Così, come per difenderci, ci siamo abbracciati».
Sono vere e proprie torture e non è un caso se il nostro paese si sia rifiutato di inserire nell'ordinamento giuridico il reato di tortura.