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Sogno e realtà

Quando è il momento opportuno tutti siamo in grado di realizzare i nostri sogni

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CORRISPONDENZA D'AMOROSI SENSI

Post n°980 pubblicato il 09 Giugno 2010 da koradgl1
 

Presidelcons «La legge è stata ostacolata da toghe e giornalisti ma adesso basta. Il testo che arriva alla Camera non sarà modificato. E questa è una decisione vincolante per il Pdl»

Presidente della camera «Sono certo che Berlusconi concordi con me sul fatto che la nuova formulazione non contrasti con altri impegni presi con gli elettori: quelli in materia di lotta alla criminalità e di difesa della legalità...  va ad onore di Berlusconi essersi astenuto sul Ddl perché a suo avviso non manterrebbe in toto gli impegni presi con gli elettori in materia di tutela della privacy»

Presidelcons «viene ridotta la possibilità di fuga di notizie con pesanti sanzioni penali e inoltre sarà proibita la pubblicazione sulla stampa del contenuto delle intercettazioni, che poi  come sapete si possono anche cambiare, basta tagliare una frase per arrivare addirittura a capovolgere il suo senso. Con questa legge comincia il lungo cammino per il nostro diritto alla libertà» 

Maximo  «dobbiamo aspettare che il testo arrivi in commissione Giustizia»

Io racchiudo tutto il mio pensiero in una parola FANCULO a governo e finta opposizione che in perfetta alleanza continuano a portare il paese nella feccia più totale.

Le inchieste che non avremmo conosciuto

Nota a margine

Privacy di serie B

Mentre questi soggetti sono occupati a imbavagliare l'informazione e togliere la possibilità alle indagini con la balla della privacy in ottemperanza i deliri senili di chi si preoccupa che siano intercettate "15 fidanzate" il mio sindaco in combutta con la giunta sperpera 700 mila euro per 20 aggeggi di sorveglianza in città, città che in diverse zone manca di acquedotto e rete fognaria. 700 mila euro al grande fratello cittadino, nessun centesimo per i servizi indispensabili.

 
 
 

A fianco di Joy ed Hellen contro Cie e deportazioni

Post n°979 pubblicato il 08 Giugno 2010 da koradgl1
 
Tag: SOCIALE

Milano 8 giugno dalle 14.30 – presidio sotto il tribunale (c.so di Porta Vittoria) per manifestare la nostra solidarietà a Joy ed Hellen in occasione dell'incidente probatorio che, dalle 15.30, le vedrà faccia a faccia con l’ispettore capo del Cie Vittorio Addesso, accusato da Joy di tentata violenza sessuale .

Joy oggi sarà ascoltata in un incidente probatorio come "persona informata sui fatti" mi chiedo come mai non come presunta vittima del tentativo di stupro, ma ahimé sappiano bene come vanno le cose nel nostro paese negli uffici di polizia per gli immigrati e non solo ( vedi Cucchi, Aldovrandi...)
Questa ragazza, la cui sorte ho a cuore come se fosse mia sorella,  è doppiamente vittima. Degli sfruttatori, delle leggi dello stato, dei rappresentanti di questo che si ritiene paese civile ed ormai ha superato anche il detto di repubblica delle banane.
Ma ancor di più dell'indifferenza verso i più deboli.
E' fin troppo facile colpire chi è disarmato in tutti i sensi.
Rabbrividisco all'idea che non solo non abbia giustizia per il crimine di tentato stupro ma anche al processo di crminalizzazione di chi ha osato ribellarsi a un becero quanto deprecabile ordine costituito.
Certo difficile ormai meravigliarsi di qualsiasi cosa, quando si sono inventati pure la lieve entità dei reati di pedofilia.
Ma se meravigliarsi è impossible, indignarsi e ribellarsi è doveroso. 
AGGIORNAMENTO : JOY CONFERMA LA SUA DENUNCIA (L'agi poteva risparmiarsi la precisazione prostituta o se proprio vogliamo doveva dire vittima della tratta)
(AGI) - Milano, 8 giu. - Durante l'incidente probatorio, durato circa 3 ore, che si e' svolto davanti al Gip questo pomeriggio, la prostituta nigeriana di 28 anni Joy O. ha confermato l'accusa di tentata violenza sessuale nei confronti dell'ispettore del Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione) milanese di via Corelli, V.A. A chiedere l'incidente probatorio era stato il pm Marco Ghezzi al quale erano state trasmesse dal Tribunale le dichiarazioni rese dalla ragazza nel processo celebrato nell'agosto dell'anno scorso per una rivolta nel centro. Joy, condannata per i disordini a sei mesi di carcere, aveva raccontato dalla gabbia, nel corso di un'udienza, che una sera di quell'agosto aveva portato il suo materasso fuori nel cortile di via Corelli per fargli prendere aria e si era sistemata nel corridoio dove voleva dormire perche' era piu' fresco. "Lui si e' sdraiato sopra di me - erano state le parole di Joy - e ha cominciato a toccarmi. Io mi sono messa a gridare e lui mi ha detto allora che stava solo scherzando".
  Per verificare l'attendibilita' del racconto, il pm ha convocato oggi anche una testimone, anch'ella nigeriana e ospite del Cie, che, secondo quanto riferito dai legali di Joy, avrebbe confermato la versione fornita dalla 28enne. Ora gli avvocati Mauro Straini ed Eugenio Losco chiedono che Joy, attualmente ospite del Cie di Modena, non venga rispedita in Nigeria. "Finora e' rimasta in Italia perche' doveva essere sentita dal pm - dicono - ma da domani potrebbe essere rispedita nel suo Paese dove la attende una fine certa. I suoi sfruttatori l'hanno 'condannata a morte' dopo che ha cercato di ribellarsi al destino di prostituta. Dal 2008, da quando ha si e' ribellata, le sono stati gia' uccisi, picchiati a morte, il padre, il 15 agosto del 2008, e poi la sorella e un fratello.
  Se dovesse tornare, toccherebbe a lei, gliel'hanno gia' detto".
  Per questo, i suoi avvocati hanno presentato un esposto alla Procura di Brescia, citta' in cui la giovane si prostituiva, per ottenere la sua permanenza in Italia, all'interno di una comunita' protetta gia' offerta da un'associazione di volontariato. (AGI) .

 

 
 
 

Vita di Donna - Dora Maar

Post n°978 pubblicato il 06 Giugno 2010 da koradgl1
 
Tag: donne

Figlie, mogli, amanti, sorelle e persino cugine.
Spesso, ancora oggi,  le Donne nel quotidiano sono etichettate in base ai rapporti di parentela o dei legami affettivi con i maschi.
Quando il legame è con una figura come quella di Picasso anche la caratura d’artista delle immagini di Dora Maar viene offuscata da questa presenza che ha segnato la vita stessa di Dora attirata nella “trappola” della disistima e schiacciata dalla definizione dell’Amante di Picasso, quella musa inquieta che ha ispirato il maggior numero delle sue opere defraudata dell’amore di sé stessa.


Henriette Theodora Markovich (1907-1997) in arte Dora Maar.

Splendida Donna. Grandissima Fotografa di talento smisurato inseparabile dalla sua rolleifex, dotata di curiosità intellettuale che le permetteva di muoversi con sicurezza  in ogni ambito culturale, indipendente, anticonformista.
Di Lei scriveva James Lord
“Si avvertiva immediatamente quando ci si trovava in sua presenza che quella non era una donna comune. Non era bella in senso classico, ma era un tipo che non si dimenticava facilmente. C’era nei suoi occhi una luce, uno sguardo straordinariamente luminoso, limpido come il cielo di primavera. Aveva una bella voce, una voce singolare, unica. Non ho mai conosciuto nessun altro con una voce come la sua. Era come un gorgheggio nel canto degli uccelli.”

Le foto pubblicitarie le servivano per il sostentamento, ma nel tempo libero amava  sperimentare nuove tecniche d’avanguardia per l’epoca e con i mezzi a disposizione. Montaggi di immagine ad effetto: tagli prospettici e deformazioni, doppie esposizioni e collages, insieme con una serie di immagini a sé, in cui ritrae angoli di città e scene di degrado urbano e sociale, strade ove la povertà è evidente, a portata di sguardo: clochards, vecchi mendicanti, volti segnati dalla miseria e dalla fame. Questo sarà un versante sempre aperto della sua personale e continua ricerca.

Il suo amante genio crudele diceva: “Le sue fotografie mi ricordano le tele di De Chirico. Rappresentano spesso un lungo tunnel con in fondo la luce e un oggetto piuttosto difficile a identificarsi perché in controluce”

L’incontro con Picasso è ad effetto. L’ingresso di Dora Maar è ad effetto. La donna indossa dei guanti neri, ricamati con dei piccoli fiori rosa, che sfila per prendere un coltello appuntito; lo pianta sul tavolino tra gli spazi delle sue dita, ma manca il colpo per una frazione di millimetro, e ricopre di sangue una delle due mani. Questo basta a Picasso per innamorarsi di Dora Maar e custodire gelosamente i suoi guanti in una vetrina.Ma che fosse amore o ossessione reciproca nessuno può capirlo, di certo una simbiosi di energia che sfocia in un lavoro febbrile. Lui riprende la sua opera e la ritrae continuamente.
Dora ama fotografare Picasso a lavoro, e forse inconsapevolmente riesce a realizzare nella storia dell’arte moderna il primo reportage fotografico di un’opera d’arte in corso di esecuzione “Guernica”, una dei più importanti capolavori del XX secolo di cui segue con precisione ogni fase di lavoro, e ci suggerisce la spiegazione dei forti contrasti di luce che costituiscono la violenza dell’enorme tela.
Ma Dora Maar non ha cambiato la storia dell’arte come Pablo Picasso a nessuna donna sarebbe stato concesso all’epoca uno spazio abbastanza grande e un’autorevolezza abbastanza solida per farlo. E nonostante sia passato così tanto tempo neppure oggi figuriamoci in un'epoca in cui i surrealisti esprimevano la contraddizione tra l’essere (e vivere) all’avanguardia e considerare le donne in modo retrogrado e conservatore calpestando dignità e stima delle loro compagne. André Breton, in particolare, teorizzò la differenza tra femme fatale e femme-enfant. Entrambe, secondo lui, godevano della prerogativa di esprimere le forze primordiali della natura, l’inconscio individuale e collettivo. Ma la prima coincideva in qualche modo con la strega, ed era pericolosa per l’uomo perché aveva il potere di soggiogarlo. Quindi andava tenuta a distanza. Se guardassimo i registri dei manicomi vedremmo quante donne erano rinchiuse perché osavano rivendicare il loro diritto ad essere femmina.
La seconda, la donna-bambina, era la musa per eccellenza: ispiratrice inconsapevole, giocattolo erotico e bambola perversa, canale passivo per permettere al maschio creatore di accedere alle fonti dell’energia creatrice.
E forse per questo Picasso volle tirare nella trappola Dora, facendole lasciare l’attività a lei più congeniale della fotografia in cui poteva brillare ai suoi livelli per convincerla a diventare una mediocre pittrice così da poterla distruggere psicologicamente e ridurla a sua bambola soffocandola ogni giorno di più fino a farle dire
  : “Solo io so quello che lui è (…), è uno strumento di morte, (…) non è un uomo, è una malattia”

Da Malamore esercizi di resistenza al dolore di Concita De Gregorio

 “Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso se lo aspettava. Il motivo principale per non farlo fu privarlo della soddisfazione.”

La casa è buia, le persiane sono chiuse. Fredda, i pochi mobili sono addossati alle pareti come se ci fosse stata una festa da ballo, lì, secoli fa. Alle pareti solo ritratti di lei. Che piange, che verde ha la pelle, che guarda con occhi accecati da spilli, che ha mani lunghe di uccello e artigli scarlatti. Che sta composta con le mani sul grembo, incrociate, della testa manca una parte come se un chirurgo l’avesse asportata, disturbava, era piena di buio e di dolore, mezza testa di meno e labbra tese, lo sguardo diritto e preciso che non sorride mai. Il chirurgo – Lui. …

… … “ho migliaia di ritratti. Me ne ha fatti migliaia… non era me che disegnava… … vedeva qualcosa oltre me, qualcosa di sé. Ho migliaia di ritratti fatti da lui. Nessuno è Dora Maar. Sono tutti Picasso.”

Dora é una sopravvissuta al femminicidio morale, alla distruzione dell’io perpetrata ai suoi danni con continuità. Ma Dora è una Donna che si rialza e benché solo al termine del percorso psicanalitico, ritrova la forza di riprendere in mano la propria esistenza. L’aspetta un altro mezzo secolo di vita. Solo molti anni dopo, già anziana, a settant’anni, si riavvicina alla fotografia, e con un rinnovato spirito di ricerca, utilizzando materiali sempre diversi.
Eppure basterebbe una foto agghiacciante, scattata da Dora del 1936, Père Ubu, che raffigura un cucciolo di armadillo come simbolo del potere dittatoriale, o quelle impronte sulla sabbia come impronte incise nell'anima per riflettere sulla complessità e profondità delle sue intuizioni.
Autonome.

Per Ubu

Empreintes de pieds sur le sable 1931

Il mondo urbano con le sue dissonanze di un silenzio assordante

  

 

   Silence  1935

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Garcon avec un chat dans les bras,  appuye contre une vitrine

 

 

 

 

 

 

 

 


 

I corpi e i nudi artistici visto con la sensibilità dell'occhio femminile

Femme de dos assise devant un miroir 1938

Male Nude with Orb 1935

La doppia esposizione di nuove immagini dove l’elemento inconscio la fa da padrone anche con invenzioni metafisiche

 

 

Assia  1934

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Portrait of Picasso

 
 
 

Un uomo compagno partigiano

Post n°977 pubblicato il 05 Giugno 2010 da koradgl1
 

 

Giorgio Amendola (Roma, 21 novembre 1907Roma, 5 giugno 1980)
partigiano, scrittore e politico italiano.

La sua storia su wikipedia

Il filo rosso della ricerca dell’autonomia su L’unità

A trent’anni dalla sua scomparsa a mepiace ricordare Giorgio Amendola con degli stralci del suo libro “Un’isola” che ho voluto rileggere adesso con la maturità adulta e che mi è apparso come tante isole perché se quella di Ponza, ill carcere fascista, fa forse solo  da sfondo. Ci sono tante isole non meno importanti, le isole ritrovate dei compagni di lotta, dell’amore, della profonda umanità. Oserei dire che forse la vera isola è quella umana filo conduttore delle isole politiche,  culturali, affettive che scalzano perfino il racconto della sofferenza.

 

Le sue idee e le sue scelte possono essere condivise o meno, ma non gli si può certo negare l’onestà intellettuale nel saper analizzare e contrapporsi al fascismo in ogni sua forma.

Disarmante nella sua capacità di riconoscere i tempi, quelli passati e quelli a divenire

Il mondo è sopravvisuto a Hitler, ma riuscirà a salvarsi dal disastro atomico? Potrà farlo se saprà approfittare del breve tempo a disposizione, prima che la sera diventi oscura ed interminabile notte.

E poi l’uomo, il suo amore per Germaine raccontato con l’intensità di chi ha vissuto quei sentimenti

Fu un amore a prima vista, non una favola romanzesca, ma la base stessa della nostra vita. Sono passati 49 anni, io scrivo, lei dipinge, siamo invecchiati assieme, ma tutto è nato allora, in quella calda serata di festa popolare. Più tardi gli amici ci sfotteranno al racconto del nostro primo incontro, accusandoci di aver seguito il copione del film di René Clair. Ma il film di René Clair fu girato dopo il nostro incontro. Il nostro non era stato una scena di un film, ma un momento di vita, che racchiudeva in sé tutto il corso di due esistenze.

Germaine manifestò subito la sua volontà di ottenere il permesso di raggiungermi e di sposarmi. Invano le prospettai le difficoltà della vita al confino.

Sotto un’apparente remissibvità c’era in lei una forza di volontà che si manifestava nelle cose essenziali, una durezza interna anche, la capacità di saper attendere, pur di raggiungere quello che aveva deciso. L’amore non si misurava, per lei, nella molteplicità dei rapporti, valutabili quantitativamente, ma nella loro qualità, intensità, profondità.. Romanticismo? Può darsi. Per me non è un offesa.

Oriana Fallaci depositaria di una sua magistrale intervista ebbe a dire di lui:"V'era in quell'omaccione burbero, sanguigno, sassoso, una delicatezza quasi femminile."

L’ho pensato anch’io leggendo il racconto delle sue passioni.

 

 
 
 

Alzo la voce

Post n°976 pubblicato il 04 Giugno 2010 da koradgl1
 

Che questo paese cammini come il gambero si è capito da tempo immemore ormai.
Che continuino a raccontarci un sacco di balle, pensando di farci fessi, anche e purtroppo con grande rammarico devo ammettere che un gran numero di italiani che si lascia ingannare esiste, ma chi ha ancora conservato uno spirito critico ha l'obbligo morale di dissentire.

Rainews24 è l'unica fonte di informazione della tv pubblica che non ci racconti quanto volte faccia i bisogni Belen Rodriguez,  quante donne cambi Rossano Rubicondi o ci mostri le borse con materiale di riciclo del modico prezzo di 500 euro offesa per chi vive di un reddito di lavoro dipendente medio di 1200 euro mensili e altri simili "scoop" che imperversano indegnamente negli altri tg, così indegnamente da avere l'approvazione e il gradimento di tal Paolo Romani probabilmente accecato dai riflessi della pelata di scondinzolini, quello che non approva la mimica facciale della Grandissima Professionista quale si è rivelata Maria Luisa Busi, ma non esita a sostituire termini tipo "assoluzione" invece di "prescrizione".

Immodestamente credo di aver conservato quello spirito critico, pertanto, mi rifiuto di credere che fosse necessario spostare RAINEWS e che la RAI non trovasse un altra frequenza per il 2 canale di sport, per altro uno era anche più che sufficiente giacché pure quella tecnica di disinformazione si aggiunge a quella politico-economica. In funzione di ciò mi unisco allo sciopero dei giornalisti di questa testata e riporto il comunicato

http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=141596

Presidio a Viale Mazzini

 

 

Roma, 04-06-2010

I giornalisti di Rainews24 sono in sciopero per l'intera giornata di oggi per protestare contro le mancate risposte della Rai sul futuro del canale all-news. Hanno organizzato una presidio davanti alla sede di Viale Mazzini per chiedere ai vertici del servizio pubblico le risposte che da mesi non arrivano. 

Uno sciopero e un presidio, non solo a tutela del nostro lavoro di giornalisti, ma anche in difesa degli utenti e del loro diritto ad essere informati, e in difesa della Rai e del ruolo e della credibilità del servizio pubblico radiotelevisivo. 

Rainews24, infatti, è costretta a lavorare con una carenza di mezzi e risorse che rende molto difficile competere con la concorrenza. 

Inoltre, il grave disservizio che ha causato l’oscuramento di fatto del canale in molte parti d’Italia e all’estero non è ancora risolto, come testimoniano le tantissime mail che continuano ad arrivare alla redazione. 

Da parte della redazione poche e semplici richieste: una promozione specifica del canale all-news; completo ripristino del segnale in Italia e all'estero nelle aree coperte fino a due settimane fa; risorse e mezzi (come studio e fly per le dirette) indispensabili a un canale di informazione 24 ore su 24.

Chiedo inoltre a chi si sentisse defraudato del denaro del canone per questo "disguido tecnico" per usare i loro termini di far sentire la propria voce direttamente su blog di rainews24 e gli interventi saranno letti pubblicamente.

 

Come slogan dello sciopero e della manifestazione di venerdì 4 giugno abbiamo scelto le parole usate da Elio Germano in una nostra intervista, in occasione della premiazione a Cannes come miglior attore protagonista. E’ la stessa domanda che ci hanno rivolto migliaia di utenti che dal 18 maggio non riescono più a vedere il canale all-news della Rai.

E’ il nostro modo per dire che il 4 giugno alle ore 10 saremo davanti a Viale Mazzini non solo a tutela del nostro lavoro di giornalisti, ma anche in difesa degli utenti e del loro diritto ad essere informati, in difesa della Rai e del ruolo e della credibilità del servizio pubblico radiotelevisivo.
Per questo motivo abbiamo invitato al presidio gli utenti, le associazioni, i movimenti, le parti sociali e politiche, che in questi giorni ci hanno manifestato il loro sostegno.

“…che fine ha fatto Rainews24?” è – però – la domanda che da mesi ormai anche noi giornalisti del canale all-news poniamo alla Rai: che fine ha fatto Rainews24 nei progetti aziendali, negli investimenti aziendali, nelle priorità aziendali?

In questi giorni colleghi, amici, utenti, ci hanno chiesto: quali sono le vostre rivendicazioni?
Semplicemente essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il nostro lavoro di giornalisti dell’all-news del servizio pubblico.
Chiediamo le risorse e i mezzi necessari per dare una informazione completa, puntuale e tempestiva.
Chiediamo che non accada mai più – ad esempio - che il canale all-news della Rai non possa dare in diretta la conferenza stampa di dimissioni di un ministro della Repubblica perché non ha i mezzi necessari.
Nel mercato delle all-news dove già oggi c’è un forte e ricco competitor privato come Sky e ben presto ne arriverà un altro come Mediaset, il servizio pubblico deve investire di più e meglio. Nell’interesse di Rainews24. Della Rai. E degli utenti.

Quindi, a quanti – come noi – credono nel ruolo del servizio pubblico e vogliono una Rai più forte, chiediamo di venire venerdì 4 giugno alle ore 10 davanti a Viale Mazzini 14.

Nota a margine per il signor Libero 
Ho usato apposta il termine " farci fessi"
così che abbia una scusa per invitarmi a correggere il post,
se me lo chiedesse sostituirei il termine,
non mi chieda di cambiare invece le critiche a Paolo Romani
perché piuttosto cancello il blog.

 

 

 
 
 

Le dilatate ore della notte...

Post n°975 pubblicato il 03 Giugno 2010 da koradgl1
 
Tag: Me

Di nuovo la notte.
L’interminabile notte.
Si sa, il giorno la vita scorre regolare e liscia, ma la notte spesso la parte follemente riflessiva che è in noi, per dirla alla Nietzsche, dà il meglio di sé. E tra un’occhiata all’orologio, qualche pagina da leggere o una passeggiata  in un cortile illuminato dai raggi della luna, ti ritrovi a a fissare un punto inesistente della parete rincorrendo ipotesi, ricordi, speranze.

Pensare e ripensare. Centellinare porzioni di riflessioni alla ricerca di risposte che spesso non possono esser date. Certe notti i pensieri sembrano rappresentare un balletto senza coreografia. Un'accozzaglia di pensieri belli e pensieri malinconici.

Uno va, l’altro viene.

Pliè.... Relevé...Pliè...

Ce n'è qualcuno che vola in alto, pieno di entusiasmo forse perché respira un'aria di primavera.
Un velo trasparente li lega perché non sfuggano al controllo, come una ragnatela che offre un appiglio sempre diverso. Leggera, come sono le ragnatele. Difficile da seguire in un percorso ordinato mantenendo comunque e sempre i piedi ben piantati per terra.
Il vento passando dalla finestra semiaperta solleva le tende rivelando i colori e i profumi di un giardino in rinascita in questa primavera tardiva esplosa nel rosso dell’amarillis, nel viola delle violette selvatiche e nel fucsia dell’ibisco redivivo dopo le gelate dell’inverno insieme al pungente profumo dell’erba bagnata dalla brina della notte.
Anche il mio corpo riprende energia. Assaporo l’aria calda nelle lunghe passeggiate.
Questa voglia di rinascita mette allegria e può far sentire disponibile a qualche piccola ricompensa.
Forse per la fatica estenuante sostenuta, o forse perché quando hai dato tutta te stessa nell'azione, pensi che una ricompensa ti sia dovuta.
Senti di averne diritto. Dopo aver maturato interessi positivi, impegno, duro lavoro avverti che è arrivato il momento di riscuotere e ti ritrovi insieme cambiata e rimasta uguale.
E io, nel tempo,  sono cambiata, in molte cose: la sicurezza, la determinazione, la forza, l'apertura mentale, la perdite di vecchie paure, ma anche l'acquisizione di nuove. Cambiata negli  aspetti caratteriali un po' più duri a volte e più delicati in altri casi. Cambiata verso la filosofia di vita.
Rimasta la stessa, in tante altre: nei valori e principi che si sono rafforzati, nel modo di pormi, e in fondo sono rimasta bambina dentro e il cuore è sempre fatto della stessa materia.
Ma sono una bambina che non si nasconde più perché ho imparato molte cose e  mi sento pronta a camminare nel mondo
Ho imparato a prendere quello che desidero. Ho imparato a dire qualche no. Ho imparato a dire dei “si” che stantie convinzioni bigotte potrebbero dire riprovevoli.
Ma in queste notti ho scoperto  la cosa più importante: ho imparato a non sentirmi in colpa.
Non è stato facile. Ma una volta imparato forse ci sto prendendo gusto.

Più dei tramonti , più del volo di un uccello,
 la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

(Jack Folla)

 
 
 

2 giugno

Post n°974 pubblicato il 02 Giugno 2010 da koradgl1
 
Foto di koradgl1

il calendario ancora dice 2 giugno Festa della Repubblica Italiana.

"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"
Credo che sia bene ripeterlo in tempi come quelli attuali in cui da più parti i nostri rappresentanti stravolgono l’ordinamento giuridico a proprio piacimento, calpestando quella carta costituzionale così equa che tanti paesi stranieri l’hanno presa ad esempio.
Una Repubblica.
Precisiamo una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Un lavoro che diventa quasi un’utopia visto che quelli che oggi hanno la fortuna di conservarlo sono sempre meno

Da L’Unità  Trecentosettemila posti di lavoro sono andati perduti in un anno, dall’aprile 2009. Divisi per 365 giorni, sono 841 disoccupati in più al giorno. Uomini e donne che si ritrovano a fare i conti con la mancanza di reddito e chiedersi se e quando le cose torneranno alla normalità. Molti di loro sono giovani. Il tasso di disoccupazione tra chi ha meno i 25 anni sfiora ormai il 30%, in un anno ha fatto un balzo in avanti del 4,5%. Troppo. È la quota più alta da quando esistono le serie storiche, cioè dal 2004. Lo dice l’Istat che ieri ha diffuso le stime sui tassi di occupazione e disoccupazione: sono dati impressionanti. Il tasso di disoccupazione tra i lavoratori di ogni età è salito in all’8,9%, sono otto mesi consecutivi che cresce. E ci riporta al massimo mai toccato dal 2001. Sono stati bruciati nove anni di crescita.
I disoccupati (tali sono per l’Istat coloro che cercano lavoro) sono 2 milioni e 220mila le persone che cercano lavoro e sono in crescita dell’1% (+21 mila unità) su base mensile e del 20,1% per cento (+372 mila unità) su base annua. Gli occupati sono 22 milioni 831 mila unità in aumento dello 0,2% (+56 mila unità) rispetto a marzo e inferiore dell'1,3% (-307 mila unità) rispetto ad aprile 2009) continua...

"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"

La sovranità è del popolo. Un popolo reso indifferente dal susseguirsi dai governi che si sono succeduti e  poco si sono interessati alla gente, in un’escalation che ha portato a quello attuale “ il migliore degli ultimi 150 anni” quello in cui si emanano leggi per il tornaconto personale forse per dare compimento ad un progetto di colpo di stato di matrice piduista giacché nel programma della loggia i fini primari erano il riordino dello stato in senso istituzionale, il ripristino di un'impostazione selettiva dei percorsi sociali, insomma una svolta autoritaria usando come prima forma di propaganda i mass media., lo stesso Gelli diceva:” Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”
Altro punto importante era portare il Consiglio Superiore della Magistratura sotto il controllo dell'esecutivo, separare le carriere dei magistrati, rompere l'unità sindacale e abolire il monopolio della Rai erano altri punti del progetto.
Non sono argomenti di grande attualità oggi? Forse cambia qualcosa per la RAI si è andati oltre il programma: oggi la si controlla in tutto e per tutto e se qualcuno osasse contraddire ecco la telefonata del presidelcons che si dimostra un gran cafone qual’è chiamando in diretta tv.
Già lui Il numero di tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978 anche se una volta ha dichiarato di non averne fatto parte, ma specificando ”E comunque, stando alle sentenze dei tribunali della Repubblica, essere piduista non è un titolo di demerito”

"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"

Nei limiti della Costituzione, quella che i nostri rappresentanti considerano alla stregua di carta straccia. Quella costituzione che ogni cittadino è chiamato a conoscere e difendere. Quella costituzione in cui si respirano valori immensi come democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia. Quei valori base del viver civile per sentirsi umani.

Questo è il 2 giugno per me: difendere la repubblica e la democrazia.
Le parate militari non credo che c’entrino con questo 2 giugno, servono solo a buttare a mare 10 milioni di euro quando solo qualche giorno fa lo stato ha chiamato tutti a fare dei sacrifici. Sacrifici che sarebbero di gran lunga inferiori se avessero cercato i fondi altrove, proprio nelle spese militari per quelle missioni sbandierate come missioni di pace o nei finanziamenti alle scuole private tanto care al Vaticano o nel progetto sicuramente fallimentare del ponte sullo stretto, o nella chiusura dei CIE come suggerisce UNIMONDO in questo articolo del 26 maggio u.s.

Al mio paese è un'altra storia. Il mio sindaco milanese reperibile solo due giorni alla settimana probabilmente aveva altri impegni altrove e a Manduria la festa della repubblica si festeggerà il 6 giugno come mostrano i manifesti affissi in città e che potete vedere ingrandendo l'immagine in alto.

 
 
 

Un piccolo omaggio

Post n°973 pubblicato il 01 Giugno 2010 da koradgl1
 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Louise_Bourgeois

"Nacqui il giorno di natale, rovinando la festa a tutti quanti. Mentre erano intenti a gustare ostriche e champagne, ecco che arrivo io. Mi piantarono in asso. Oggi riesco a raffigurarmi quell'evento ridicolo...non accuso nessuno. E' quindi un senso di sconfitta quello che motiva il mio lavoro, una volontà di rimediare al danno che è stato fatto...non di paura, ma del trauma dell'abbandono."

La più bella che si sia mai vista di Concita De Gregorio

Louise considerava la scultura l’arte principe lo affermava lei stessa quando spiegava perché la pittura fosse la seconda arte e  diceva che la scultura coinvolge il corpo e quindi ha il potere di esorcizzare i demoni; era una specie di guida nella sua ricerca volta a soppesare e valutare i traumi, le paure, le sofferenze. Una ricerca che la portava ad un continuo raffrontarsi con il suo passato, facendo dell'arte un fonte da cui trarre sopravvivenza pur sfidando un mondo di ricordi, alienazione, ansia, angoscia, ossessioni erotiche, solitudine ma anche di vitalità assoluta. Nelle sue opere divengono tangibili le sensazioni astratte, i fantasmi sorti dal più profondo che vivono nella scultura, con tutta la forza della materia e della fisicità tridimensionale. La scultura diventa una pratica liberatoria attraverso la tenacia con cui le mani forgiano la materia.

 La sua vita è completamente presente nelle sue opere

-FEMME-MAISON, un corpo metà donna metà casa
 

 

 "Non sa che è mezza nuda e non sa che sta cercando di nascondersi. Vale dire che si sta rovinando con le sue mani, perché si mostra nel preciso istante in cui pensa di nascondersi."

E' l'immenso mondo emozionale femminile, quello che pudicamente vorremmo proteggere dagli attacchi del mondo esterno, quello che esce sempre con forza dirompente

-TOI ET MOI l’emozione dell’incontro e il confronto con gli altri, ma anche il dolore

-LAIRS la ricerca dell’estrema solitudine e forse del silenzio porta di introspezione

-CELLS, le reti, le catene, gli spazi chiusi, ma pieni di oggetti fatti da lei e a lei familiari, forse simbolo dell’essere più intimo tanto prezioso quanto quasi inarrivabile

-SPIDERS, giganteschi ragni di acciaio

 

"...Io li associo a mia madre, perché il ragno è un animale che va a intrappolarsi negli angoli, gli angoli gli danno sicurezza. Ma lei non è intrappolata, anzi, cerca di intrappolare gli altri."

Tutta l’opera è dialogo interiore così forte da penetrare chi l’osserva destando le sue stesse paure, i suoi demoni per liberarsene in una specie di rito liberatorio

" Tempo - Tempo vissuto, tempo dimenticato, tempo condiviso. Che cosa infligge il tempo - polvere e disgregazione ? I miei ricordi mi aiutano a vivere il presente e io desidero che sopravvivano. Sono prigioniera delle mie emozioni. Devi raccontare la tua storia e poi devi dimenticarla. Dimentichi e perdoni. Questo ti rende libera." 

slide 

 

 
 
 

Questo è Israele

Post n°972 pubblicato il 31 Maggio 2010 da koradgl1
 

In occasione dell'anniversario della NAKBA ponevo l'attenzione sui crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese a cui va la mia più totale solidarietà.

A chi interessasse leggerlo è il post N°963

I fatti recenti di assalto alle navi pacifiste sono un ulteriore vergognosa azione criminale ai danni degli indifesi

L'azione della marina israeliana nella notte contro il convoglio Freedom Flotilla che si stava dirigendo verso la Striscia per forzare il blocco e portare aiuti umanitari. I militari hanno sparato contro una nave turca, le vittime sono almeno 19, tra cui 6 turchi. 26 i feriti, di cui uno grave, e 10 soldati. I militari: "Dalla nave hanno sparato sui commando, trovate armi a bordo". La denuncia delle ong e del governo turco: "Assalto illegale in acque internazionali". Ban Ki-Moon: "Sia fatta indagine completa". Usa: "Rammarico, esaminiamo le circostanze". Proteste ufficiali in Europa, convocati gli ambasciatori. Ankara richiama il suo ambasciatore da Israele. Frattini: "Uccisione di civili deplorevole". Hamas chiama all'Intifada "contro le ambasciate", scontri a Istanbul. Il governo d'Israele accusa "gli organizzatori della flotta" e avverte i cittadini: "Lasciate la Turchia temiamo ritorsioni". La Farnesina: "Non risultano italiani tra le vittime Continua su Repubblica

Sulla piattaforma di Facebook mi è stato segnalato da un'amica un video soggetto a censura che è ancora visionabile perché è stata salvata la pagina, ma non è condivisibile in bacheca.

Non so se riuscirete a vederlo in ogni caso finché c'è questo è l'indirizzo

http://www.facebook.com/video/video.php?v=102183433141363&ref=mf

 
 
 

Piccolo spazio pubblicità... un giovane artista conterraneo

Post n°971 pubblicato il 28 Maggio 2010 da koradgl1
 

Rocco Cardinale nasce a Taranto nel 1981. Sin da bambino entra in contatto con l’arte, circondato, in casa, dai quadri realizzati dal padre e colpito dall’abbondare di arte greca nella sua città natale. Tra i suoi artisti preferiti ci sono Vincent Van Gogh, Pablo Picasso, Salvador Dalí e Antoni Gaudí. Formatosi con studi classici, frequenta il primo anno di “Scienze Diplomatiche Internazionali” presso l’Università di Bologna spinto dalla voglia di vedere il mondo. Due anni dopo, frequenterà il primo anno di “Conservazione dei Beni Culturali” con indirizzo Archeologico, presso l’Università del Salento. I suoi studi vengono interrotti da un irrefrenabile desiderio di viaggiare che lo porterà in giro per il mondo.

Lo stile grafico-pittorico di Rocco Cardinale si sviluppa principalmente per le strade del mondo. I colori e le linee, certamente influenzati dall’arte dei murales, si mescolano nella rappresentazione di un mondo  fatto di uomini, animali e piante e conosciuto nei suoi viaggi durante i quali si è lasciato permeare dalle culture traendo ispirarazione dai paesaggi e dalle consuetudini, vivendo la gente e la natura dei luoghi, alla continua ricerca delle emozioni più nascoste e del senso dell’esistere.

Le raffigurazioni, ora incise con la china ora con il pennarello esplodono dalla superficie bianca della carte o legnosa di un acero, travolgendo l’osservatore nelle sensazioni più disparate che obbligano a sostare perché non basta un’occhiata fugace. L’occhio è catturato da quei volti q umani velati della malinconia espressione di un’umanità moderna che si dimena tra l’instabilità della vita e dei legami.

E la natura stessa personificandosi partecipa alle angosce umane. Gli occhi ben definiti al tratto, quasi sempre semichiusi, ma sproporzionatamente grandi, diventano il fulcro dei quadri e risentono degli influssi parmenidei dell’oriente, riconducendo la memoria alle immagini di antiche divinità e le bocche grandi segnate da orribilanti dentature orride riportano a  terrenità primitive come cenere sopita che cova sotto il fuoco del progresso.

Urlano con forza nella memoria i volti dignitosi di chi vive per strada nei cui occhi silenziosi, ma mai assenti, si può cogliere ora l’infinito ora un fuoco che ancora brucia obbligando a riflettere sulla condzione umana le cui passioni implodono con un rumore sordo nell’anima, ma a volte si ribellano regalando attimi di colorata felicità.

Tutto scorre, tutto respira.

 
 
 

Una finestra sulla vita

Post n°970 pubblicato il 27 Maggio 2010 da koradgl1
 
Tag: Storie

Tutto doveva ricominciare da capo. Tutta la strada fatta fino a quel momento non contava più, tutte le cose imparate, tutte le esperienze vissute era come se non fossero state provate.
Fuggire. Attraversare la strada senza guardare chi passa. Attraversare la vita senza alzare lo sguardo con le auto che sfrecciavano ai lati, poi correre all’incontrario, via il più lontano possibile. Magari sparire per sempre cercando di seminare un dolore le cui cicatrici resteranno sempre nel cuore. Profonde. Come solchi in un campo appena arato. Sempre lì pronte a gonfiarsi nelle giornate di pioggia.
A volte Adele le sfiorava piano e ricordava.
Si ricordava di quel dolore lancinante.
Si ricordava delle paure improvvise che toglievano il respiro, dei fantasmi che si sollevavano dai piedi del letto e le si stringevano intorno.
E  si ricordava della voce che non riusciva a farsi un varco tra le ragnatele opprimenti nelle notti di ansia e follia. Nessun sole all'orizzonte, nessun'alba in procinto di nascere, solo dolore.
Tutto doveva ricominciare da capo.
Non poteva rinnegare i suoi giorni, non poteva dimenticare, ma aveva un impegno, una promessa fatta a quegli occhi che fissava nello specchio d’acqua forse un paradosso:
ricordare per non dimenticare, ma vivere senza ricordare.
Vivere con la consapevolezza di essere.
Vivere lasciando libere d’esprimersi le sue potenzialità
Vivere godendo delle sue imperfezioni
Vivere...

Semplicemente vivere ...
Sollevò lo sguardo e riprese a scattare le sue foto.
Ferma su quello scoglio circondato dal mare con le onde a infrangersi ed il vento a portare gli spruzzi sul suo viso e respirando l’odore del mare assecondò il suo folle desiderio di affondare i piedi nella sabbia umida, chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dalla melodia delle onde e dalla brezza nei capelli ripetendo:
"Si è chiuso il ciclo adesso il mare è pronto per tornare al mare".


Dopo l’istante magico in cui i miei occhi si sono aperti nel mare,
non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima.

(Jacques-Yves Cousteau)

 
 
 

Li vorrei anche solo per un mese a 800 euro come me

Post n°969 pubblicato il 26 Maggio 2010 da koradgl1
 

 

Il ritornello era sempre lo stesso la manovra non sarà punitiva, ce lo chiede l’Europa, lo stato deve costare meno ai cittadini e così via ed io che non mi sento diffidente per natura non ci credevo, perché quando ci si è abituati a dover parare i colpi da più parte è difficile che si possa credere al mandante di quei colpi.

Ed eccola qui la manovrina di aggiustamento dei conti pubblici, quelli che sono stati fatti colare a picco per gli enormi sprechi, per il mancato gettito dell’ICI dei miliardari perché io, proprietaria di una modestissima abitazione e di un oliveto non la pagavo neanche prima o meglio pagavo 10 miseri euro che da qualche anno risparmio. Questa è stata la famosa riduzione delle tasse tanto sbandierata negli anni passati per noi poco più che morti di fame.

Eccola ben imbellettata da Tremonti scortata dalla falsa indignazione del premier, povero martire, sorpassato da un suo ministro, lui che è tanto certo di vivere nel paese dei balocchi dove la crisi non esiste. Martire forse si, ma solo perché nel suo stile che deve favorire l’evasione, per forza di cose non poteva certo accettare la tracciabilità dei capitali. 

Ingioiellata da parole altisonanti come “tagli alle spese” da cui un cittadino si aspetta che siano tagliati certi privilegi della casta. Ma l’asino ci casca sempre, e sempre nello stesso punto: i lavoratori dipendenti. Sono sempre loro i primi a fare le spese di qualsiasi manovrina ed ecco qui la stretta sui dipendenti pubblici che vedranno bloccati i contratti e gli stipendi fino al 2013, e i privati che volendo andare in pensione potranno avere il TFR a rate senza poi parlare della famosa finestra rimasta figlia unica per le pensioni di vecchiaia accompagnata però da una badante d’eccezione l’innalzamento dell’età pensionabile per gli statali.

Poi si premiano sempre i furbetti così ben 2 milioni di immobili vengono “regolarizzati”, ma attenzione non usate il termine condono sia mai che qualcuno capisca che erano costruzioni illegali, si premia il sistema gelatinoso della Protezione civile giacché non si pensa minimamente di controllare le spese in questo campo dove gli scandali recenti hanno portato in luce tutto il marcio che accompagna “i grandi eventi” e le tante necessità straordinarie. Insomma l'alleanza tra Protezione Civile e presidelcons ha vinto. Si è trattato, spiega un servizio dell’agenzia Ansa, di una decisione “politica”, per garantire il proseguimento della ‘mission’ della Protezione Civile che, altrimenti, sarebbe stata stravolta: il cambio di rotta del governo sulle norme che avrebbero dovuto riorganizzare il Dipartimento, in realtà è solo che si è voluto lasciare la possibilità di mangiasoldi con un sistema collaudato di ruberie e mazzette da far impallidire anche i più ingenui.

Ma poi, tornando al vecchio ritornello, è vero che non si aumentano le tasse?

Decisamente no!

A cominciare dalle famose 10 euro per soggiornare negli alberghi della capitale a quelle che sapranno inventarsi in corso d’opera.

Intanto siccome questi brutti ceffi neanche molto tempo fa si sono inventati lo scudo fiscale permettendo a migliaia di evasori di ritornare immacolati versando  allo Stato il 5 per cento dei patrimoni nascosti all'estero portando nelle casse 5 miliardi di euro non sarebbe lecito chiedere il sacrificio  a questi furfanti resi “onesti” per legge? 

Purtroppo non lo faranno mai, perché quelli sono amici o amici degli amici o se volessimo dirla tutta criminali e quelli per lo stato italiano bisogna rispettarli...

 

 
 
 

Il dovere della memoria 23 maggio 1992

Post n°968 pubblicato il 22 Maggio 2010 da koradgl1
 

"E' bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola" (Paolo Borsellino)

Qualche settimana fa ho avuto la fortuna e l’onore di ascoltare il dr. Ayala in occasione di una conferenza tenuta presso la sala consiliare del mio comune tema “Lotta alla mafia ruolo delle isituzioni, dei media e dei cittadini” che faceva da sfondo alla presentazione del suo libro “ Chi ha paura muore ogni giorno”.
Era quasi commovente ascoltare un amico parlare di Giovanni Falcone della sua conosciutissima professionalità, del suo stile di indagini che rivoluzionò la procura, ma ancora di più ascoltare l’emozione della sua voce nel ricordo della Persona Giovanni Falcone nella sua sfera privata.
Diceva il dr. Ayala che scrivere quel libro per lui era inevitabile, gli si parava dinnanzi con ogni forza. Non a caso la sua dedica è " A chi lo dovevo". Un atto dovuto per non dimenticare quello che molti vorrebbero perfino poter cancellare dalla storia buia del nostro paese.
Un paese che si esalta per una gara sportiva, che osanna un tal campione o un tal personaggio dello spettacolo, ma che ostacola chi lotta per il bene e il futuro del paese.
Alla morte di Giovanni Falcone il Congresso degli Stati Uniti all’unanimità dichiarò che la strage di Capaci era un atto che colpiva direttamente gli Stati Uniti d'America; questo perché le indagini di Falcone avevano stroncato il sistema che riforniva le piazze americane di eroina, risultato ottenuto tramite la collaborazione internazionale. Un sistema che giostrava tra la Turchia, la Sicilia e gli Stati Uniti: la morfina base acquistata in Turchia, raffinata a Palermo e rivenduta a New York.

Giovanni Falcone e il pool antimafia avevano rivoluzionato il metodo investigativo ed avevano ottenuto risultati eccezionali come mai nella storia dalla comparsa della mano nera fino ad allora. Eppure mentre il Congresso Americano si dichiarava colpito, le nostre istituzioni, tutte in prima fila ai funerali di Stato, facevano in modo che quelle indagini finissero in fumo.
Ricordava il dr. Ayala di aver visto lui personalmente che nel computer di Giovanni Falcone c’erano numerosi files.

Quel computer era custodito presso il ministero degli interni.

Quel computer fu ritrovato ripulito da ogni informazione.

Diceva Falcone “La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”
Gli fa eco oggi il dr. Ayala con una dichiarazione sconfortante  che dice all'incirca "in dieci anni la mafia non ci ha mai fermato, ci hanno fermato le istituzioni, basta ricordare che ci fu affiancato il miglior amico del miglior amico di Salvo Lima".
Esattamente diciotto anni fa il tritolo uccise degli eroi e parte dello stato volle cancellare le tracce del loro immane lavoro.
Come allora oggi si vogliono fermare le indagini e mentre lo schieramento di maggioranza discute di come limitare un’azione indispensabile nel contrasto alla criminalità, la possibilità di intercettare le telefonate da parte degli inquirenti, ricordiamo i loro nomi uno per uno:
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.
E poiché ricordare è un nostro dovere e ancora di più lo è raccontare a chi allora era troppo giovane per conoscere, consiglio la lettura dell’articolo che segue preso da

Dazebao a firma di Fulvio Lo Cicero

23 maggio 1992. L’”Attentatuni” contro Giovanni Falcone segna anche il destino dei Corleonesi

Diciotto anni dal terribile attentato di Capaci. Ricostruiamo l’ultima giornata di vita di Giovanni Falcone, il desiderio di vedere la “camera della morte” dove i tonni vengono finiti, triste presagio di sangue per un “eroe del nostro tempo”

Prima scena. 16 luglio 1984. È un micidiale pomeriggio romano e il caldo è asfissiante. Quartiere periferico dell’Eur, a Roma. Giovanni Falcone cammina lungo il grande viale che porta agli uffici della Criminalpol. Ha appena preso un caffè con Gianni De Gennaro, il funzionario di polizia che ha svolto un ruolo determinante nell’individuazione di Tommaso Buscetta a Rio de Janeiro e nei suoi primi propositi di spezzare le catene che lo legano a Cosa nostra. Il boss dei boss lo attende in una sala degli uffici di polizia. Falcone è un tipo freddo, razionale, spesso causidico. Il suo sguardo è tagliente e sornione. Quel giorno, però, sente che qualcosa di fondamentale nella sua vita si sta per concretizzare. Sull’aereo, Buscetta si è avvicinato all’orecchio di De Gennaro e gli ha detto: «Avrei due cose da dire a lei e al dottor Falcone». Il boss non dice null’altro ma all’intelligente futuro capo della polizia non serve. Sa che un boss mafioso non direbbe mai una cosa del genere ad uno “sbirro”. Se Buscetta lo fa è perché ha maturato una convinzione dentro di sé ed ora è li, per “dire qualcosa”. Parlerà per 45 giorni di fila davanti a Falcone, spesso da soli, con il giudice che fa fatica a prendere appunti e a seguire le centinaia di racconti del boss dei due mondi. Ma, nonostante il suo coraggio e la sua determinazione, Falcone rimane di ghiaccio quando Buscetta esordirà con queste parole: «L'avverto, signor giudice. Dopo quest'interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai». È solo un momento di smarrimento. Falcone sa di dover fare i conti con una morte violenta, forse ha già in mente la scena e non ha paura. Un eroe del nostro tempo.

Seconda scena. 23 maggio 1992. Un sabato mattina della tarda primavera romana. Falcone ha un desiderio, da autentico siciliano. Assistere alla mattanza dei tonni, nella “camera della morte”, il pezzo di mare dove sono ristretti i tonni a Favignana, oramai terrorizzati e con poco ossigeno a disposizione. Ad uno ad uno, i pescatori li infilzano e, spesso con grande fatica, li issano sulle imbarcazioni. Per questo il giudice sarebbe partito anche il venerdì ed aveva avvertito il suo diretto superiore, il ministro della giustizia Claudio Martelli. Ma dalla Sicilia gli arriva la notizia che i tonni non ci sono e quindi la gita viene rimandata al giorno dopo.

Falcone ha lasciato la Procura palermitana, in mezzo ad un mare di polemiche, l’anno prima. È stanco e sfiduciato. Non è riuscito a prendere il posto di Antonino Caponnetto perché gli hanno preferito Antonino Meli, un onesto giudice più anziano ma senza esperienza di mafia. «Sono morto!» dice appena saputa la notizia, alludendo al fatto che, per i mafiosi, quello era il segnale tangibile del suo isolamento e, dunque, della sua facile eliminazione fisica. Non riesce più a lavorare come ai tempi del “pool”, creato da Rocco Chinnici (il capo dell’ufficio istruzione, dilaniato da un attentato il 29 luglio 1983) anche perché il pool è stato eliminato. Secondo le disposizioni di Meli, Falcone ritorna ad occuparsi anche di scippi e furti con scasso. Nel febbraio del 1991, però, l’ambizioso ministro della giustizia Claudio Martelli gli affida l’incarico di direttore degli affari penali a Roma e lui accetta.

La Croma bianca di Falcone subito dopo l'attentato mortale

Il giudice ha un’intelligenza fuori dal comune e comprende in un attimo che le condizioni politiche sono forse cambiate. Lui potrà continuare a Roma quella battaglia che gli viene impedita in Sicilia ed infatti avviene proprio questo. Falcone, con la determinante copertura politica di Martelli, inventa un nuovo strumento che si rivelerà fondamentale per la lotta alla mafia: la Dia (Direzione investigativa antimafia, una sorta di Fbi) e la Dna (Direzione nazionale antimafia, una procura nazionale che si occupa soltanto di mafia). Ma proprio per questo le ombre della morte si allungano sempre di più su di lui.

Terza scena. Venerdì  15 maggio. Palermo, le otto di mattina. Sono due giorni che piove a dirotto ma quel giorno è sereno. Due operai scendono da casa con le loro tute dell’Anas nuove di zecca. Prendono una macchina e si avviano verso l’autostrada che collega Palermo alla parte meridionale della Sicilia. Alcuni automobilisti li notano vicino allo svincolo di Capaci, località Isola delle Femmine. Scavano lungo un tunnel di scolo posto sotto il manto stradale, togliendo detriti ed altro e collocando cinque quintali di tritolo e polvere T4. Non viene innescato il timer, che sarà attivato solo in prossimità dell’arrivo del giudice antimafia e della sua scorta. L’operazione viene condotta da un “pool” di mafiosi, diretti da Giovanni Brusca, capomandamento di San Giovanni Jato e fedele esecutore degli ordini di Totò Riina e da un’altra nutrita cerchia di “picciotti”: Antonino Gioè, Gioacchino La Barbera, i fratelli Ganci, Nino Troia, Salvatore Biondino, Salvatore  Cancemi, Santino Di Matteo.

Quarta scena. Sono le 16.40 di sabato. Il Falcon 50 decolla da Ciampino con Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo. Il volo è tranquillo, i coniugi sono rilassati e contenti di trascorrere il week-end nella loro città.

Vito Schifani, agente della scorta di Falcone

Un’ora dopo l’aereo atterra a Punta Raisi.

Quinta scena. 17.02. Squilla il telefonino in un casolare a metà strada fra Capaci e Isola delle Femmine. Appartiene a Giovanni Battaglia, un mafioso marginale. Risponde Gino La Barbera, che sente la voce chiedere: “C’è Mario?”. “No, ha sbagliato”. È il segnale convenuto che le tre Croma (quella bianca blindata di Falcone e le altre due marrone e blu) hanno appena lasciato la questura per dirigersi verso Punta Raisi. A dare la notizia è Domenico Ganci, figlio di Raffaele, boss della Noce. La Barbera sale sulla propria Lancia Delta e si avvia verso l’aeroporto, mentre Nino Gioè e Nino Troia piazzano il timer sotto il tombino a Capaci. Intanto sulla collina sopra l’autostrada sono già riuniti, oltre a Brusca, Ferrante e Biondo, che attendono notizie.

Sesta scena. 17.40. Falcone e la moglie scendono dall’aereo e si dirigono verso la Croma bianca. Falcone, contro ogni criterio di sicurezza, si mette alla guida e Francesca al suo fianco. L’autista, Giuseppe Costanza si siede dietro.

Settima scena. 17.42. La Barbera vede passare il corteo e vi si accoda con la sua Delta. Telefona a Gioè, parlando del più e del meno ma in realtà indicando come stanno andando le cose. Segue Falcone e la scorta fino allo svincolo per Partinico e poi li abbandona. Oramai mancano pochi chilometri al tombino sotto il quale è piazzato l’esplosivo, con l’innesco del timer inserito qualche giorno prima. Gioè telefona a Brusca e lo avverte che il momento sta arrivando.

L'immagine dall'alto della strage in una famosa foto di Massimo Sestini

Ottava scena. 17.57. Avviene un fatto imprevedibile. Falcone si accorge che le chiavi della casa di Palermo sono nel mazzo attaccate al cruscotto della Croma che viaggia ad oltre cento chilometri orari, in mezzo alle auto di scorta. Francesca gliele ha chieste e lui, sorridendo, le ha tranquillamente staccate per prendere quella di casa. Il fatto provoca un improvviso rallentamento della Croma.

Nona Scena. 17.58. Brusca vede arrivare il corteo, ha il telecomando in mano, è nervosissimo. Pigia il bottone e innesca la terribile esplosione, che però, proprio a causa del rallentamento della Croma del giudice antimafia, colpisce in pieno la Croma azzurra, che si frantuma in aria, insieme ai poveri corpi di Antonio Montinari, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, ricadendo in un terreno a circa cento metri di distanza. L’auto di Falcone non è investita in pieno dall’esplosione ma va a schiantarsi contro il muro di cemento e detriti creati dallo scoppio. Né Falcone, né la moglie indossano la cintura di sicurezza e sono scaraventati violentemente contro il parabrezza. L’autista Costanza riporta varie ferite ma si salverà. Probabilmente, la stessa sorte avrebbero avuto Falcone e la moglie se si fossero seduti al suo posto. Gli agenti della terza Croma sono illesi. Circa venti

Totò Riina

persone che transitavano sul luogo sono ferite ma fra di loro non c’è nessun morto. Falcone e la moglie sono ancora vivi quando arrivano i soccorsi. Francesca Morvillo dice in continuazione: “Giovanni, Giovanni”. Li portano all’ospedale Cervello, dove le prime cure sono prestate da Andrea Vassallo, che era stato incriminato proprio da Falcone nel maxi-processo con l’accusa di essere amico dei Corleonesi. Il medico assolverà ai suoi compiti con

solerzia, ma Falcone, un’ora e sette minuti dopo l’attentato, muore per la vasta emorragia interna.

Decima scena. 18.00. Brusca e gli altri mafiosi, che hanno fumato decine di sigarette per l’ansia, aspettano il diradarsi del fumo creato dall’esplosione e, con i binocoli, si rendono conto che l’”attentatuni” è andato a buon fine. Si allontanano scherzando. Sono euforici. Per quella sera hanno preparato i festeggiamenti di rito.

Undicesima scena. 18.02. Paolo Borsellino ha eluso il controllo della scorta, come spesso gli capita di fare e si è recato dal barbiere Paolo Biondo in via Zandonai per farsi radere. Gli squilla il telefonino e un collega gli comunica la notizia dell’attentato. Scappa via con la schiuma ancora sul viso, entra a casa sconvolto, prende le chiavi dell’auto e corre all’ospedale, dove abbraccerà l’amico Giovanni fino alla sua morte.

Dodicesima scena. 15 gennaio 1993. Sono le undici del mattino. Totò Riina “u curtu” posa per la foto di rito nella questura di Palermo, poco dopo la sua cattura, avvenuta nei pressi della sua abitazione palermitana ad opera di una squadra di carabinieri comandata dal capitano Ultimo. Sopra di lui c’è la foto di Giovanni Falcone. L’eroe del nostro tempo e il suo carnefice.

 

 
 
 

Appello contro i lager di stato

Post n°967 pubblicato il 21 Maggio 2010 da koradgl1
 
Tag: SOCIALE

I lager nazisti sono stati un orrendo e compiuto esperimento totalitario contro l'umanità; al loro interno sono stati deportati ebrei, omosessuali, rom, oppositori politici, prostitute e psicopatici. Chiusi agli sguardi di tutto il mondo esterno, dentro di essi si è consumata una delle pagine più buie della storia umana. Oggi i Cie, centri di identificazione ed espulsione, sono strutture in cui i migranti possono essere detenuti fino a sei mesi in attesa di asilo politico, oppure rimpatriati. Il reato di clandestinità è un reato che punisce un individuo con la detenzione per il semplice fatto di essere immigrato e quindi potenzialmente pericoloso, non per aver effetivamente commesso un crimine.
I Cie sono strutture fatiscenti in cui migranti e associazioni umanitarie, da Msf a Amnesty, denunciano carenze igienico-sanitarie, somministrazione di cibo scadente, sovraffolamento, assistenza medica inadeguata, ma anche distribuzione di psicofarmaci, abusi e violenze.

Solo qualche giorno fa Daniele Giovanardi degno fratello del più noto diceva "Lo stupro? In strutture come il CIE può capitare" Commentando un tentativo di stupro avvenuto nel Cie di Modena da parte di tre reclusi nei confronti di un quarto, un giovane nigeriano. Non deve capitare mai! Ma queste parole non a caso giungono a solo tre settimane dall'incidente probatorio previsto per l'8 giugno nel caso di tentato stupro di Joy ed Hellen di fronte a Vittorio Addesso il vigilante accusato dalla donna. Parole che seguono la linea di pensiero razzista secondo cui la violenza fa notizia quando operata dagli stranieri taciuta e coperta quando fatta da italiani ancor più rappresentanti di questo stato con la complicità di molti.

Prego chi, ancora non assuefatto a questo stato di cose, volesse ribellarsi e dichiarare la propria estraneità a queste vergogne italiche di firmare l'appello che segue.

Fonte http://www.nocie.org/

A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà personale – nonché momento estremo del controllo sociale.

Voluti dall’Unione Europea per affermare la propria definizione di fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi in atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e peggiorati dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della politica espressa dal nostro Paese nei confronti degli “stranieri”, in un percorso che dal rifiuto porta alla rimozione, alla negazione dell’altro. Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che introducendo il “reato di clandestinità”, nega il principio di eguaglianza.

Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono chiamati “ospiti”, riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.

Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver varcato una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e aspirare a un futuro migliore. L’esistenza dei Cie si colloca nel disegno di chi vuole uomini e donne migranti in perenne condizione di ricattabilità, impossibilitati ad accedere a percorsi di regolarizzazione, scorie finali di chi è espulso dal circuito produttivo dopo essere stato sfruttato e costretto alla clandestinizzazione.

Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta, furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da queste strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, provvedono a far trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a entrare. Ma basta guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno dietro quelle sbarre, per ritrovarsi in faccia una realtà celata e rimossa.

Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un impegno duraturo.

Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello spettacolo, si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa. Quella di forzare l’omertà che consente tale vergogna e di raccontare.

Raccontare con onestà, non fermandosi all’apparenza ma per comunicare quanto sia importante chiudere tutti i Cie.

Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo istituzionale. Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie diventeranno simboli di una vergogna passata, da visitare per non dimenticare, per non ripetere.

CLICCA QUI per firmare l'appello.

 
 
 

Lucida follia

Post n°966 pubblicato il 21 Maggio 2010 da koradgl1
 
Tag: Me

 

 

 

Un sogno scombinato ha mescolato lineamenti ed idee

rincorro così i miei pensieri in folle estenuante fuga

che urtano piano i lembi di un kaos dell’essere.

Dissonanti

Migliaia di “perché?”

Qualche “perché no?”

 

 

 
 
 

Perché a volte un sogno della notte...

Post n°965 pubblicato il 19 Maggio 2010 da koradgl1
 

 

Magritte nel presentare L’Impero della Luce ebbe a dire: "ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un paesaggio notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere. Chiamo questa forza poesia." 

Ne esistono diverse versioni dove è rappresentata una strada buia, di notte, sullo sfondo di un cielo blu, ricco di luce, cosparso di vaporose nubi cumuliformi. Senza altri elementi inanturali se non la combinazione paradossale del giorno e della notte violando la regola della realtà. La luce del giorno, di solito fonte di chiarezza, qui genera il turbamento e il disagio tradizionalmente associati all’oscurità. La luminosità del cielo diventa sconvolgente e rende la vuota oscurità sottostante ancora più impenetrabile.

Ed io ogni volta che lo guardo resto immobile.

Senza parole. Senza ragione.

Senza fiato di fronte a quella magia.

La notte perfetta sotto. Il cielo luminoso sopra. Un'idea geniale. Tutta una vita di contrasto lì davanti a me. Lì in tutta la magia che il contrasto può generare. Gli occhi volti  alla luce e poi di nuovo nel buio, con quel lampione che si specchia nel laghetto e le luci alla finestra del palazzo nella notte .

“Dobbiamo immaginare oggetti affascinanti capaci di risvegliare in noi stessi ciò che resta dell’istinto del piacere” diceva Magritte e con questa tela per me è entrato nei meandri più intimi dell’animo.

Non nego che queste immagini evocano alla mia mente passaggi importanti del vissuto con ricordi ed emozioni connessi a tali eventi. Un fermo immagine reminiscenza del tempo che è stato, di un sogno fiabesco, una chimera che m’accompagnerà forse per sempre grazie a chi nel buio fitto della mia notte risucì a scorgere il bagliore di un  contrasto oserei dire indispensabile per essere l'impero della luce......

L'ombra della Luce

 

 
 
 

Ancora in braccio come allora

Post n°964 pubblicato il 18 Maggio 2010 da koradgl1
 
Tag: Me

Raccontò che c'erano due strade, per tornare a casa, ma solo in una si sentiva il profumo di more, sempre, anche d'inverno.

Disse che era la più lunga. E che suo padre prendeva sempre quella, anche quando era stanco, anche quand'era vinto.

Spiegò che nessuno deve credere di essere solo, perché in ciascuno vive il sangue di coloro che l'hanno generato, ed è una cosa che va indietro fino alla notte dei tempi.

Così siamo solo la curva di un fiume, che viene da lontano e non si fermerà dopo di noi. (Alessandro Baricco)

Mi manchi

 
 
 

Solidarietà al popolo palestinese!

Post n°963 pubblicato il 15 Maggio 2010 da koradgl1
 

Da indymedia

Sessantadue anni fa, il 15 maggio del 1948, iniziava per i palestinesi la Nakba: la catastrofe.
Da allora questo popolo vive, ogni giorno, sotto una feroce occupazione portata avanti dallo Stato di Israele e uno dei più grandi genocidi della storia. Un'occupazione che si fa via via più aggressiva, estendendo a dismisura i territori occupati dall'esercito israeliano e relegando oramai i palestinesi in piccoli fazzoletti di terra divisi gli uni con gli altri dai villaggi dei coloni e dal muro.
L'aggressione sionista non è portata avanti solo con le violente missioni militari - come l'ultima denominata "Piombo fuso" - capaci di sterminare in pochi giorni migliaia di palestinesi e di radere al suolo la maggior parte delle infrastrutture indispensabili alla loro sopravvivenza; quotidianamente, l'occupazione e la pulizia etnica contro la Palestina avanza con una sistematicità, se è possibile, maggiore, attraverso l'espropriazione delle terre, le incessanti demolizioni delle case, le deportazioni, la distruzione dei mezzi di sostentamento della popolazione, il prosciugamento delle fonti idriche, la segregazione fisica, gli attentati mirati contro la resistenza, la negazione di ogni tipo di diritto.
La striscia di Gaza, sotto assedio per il quarto anno consecutivo, è ridotta ad una "prigione a cielo aperto" per 1.500.000 palestinesi. I tunnel sotterranei sono l'unica strada attraverso cui far entrare cibo e medicinali e cercare di rompere l'assedio e proprio per questo vengono puntualmente distrutti da Israele e dal suo complice egiziano Mubarak, con l'ignobile scusa di voler impedire il passaggio di armi e di terroristi.
Come se non bastasse, in uno dei momenti più cruenti per la storia della Palestina, si cerca di proibirne la memoria attraverso la legge razzista di Israele che vieta di commemorare la Nakba.
Tutto questo è evidentemente possibile grazie al palese appoggio degli USA ed alla complicità dell'Europa (Italia in primis) e dell'ONU e grazie al silenzio dei media internazionali.
Proprio per questo motivo è necessario adesso rilanciare con ancora più forza la mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese, per il diritto al ritorno dai campi profughi, per la fine dell'assedio nella striscia di Gaza, per la fine dell'occupazione sionista e per la riunificazione della Palestina in uno stato unico, democratico e pluralista.

Indipendentemente dalle proprie ragioni e idee c'è un dato di fatto incortrovertibile e cioè che a Gaza si ripetono massacri immani.

Bruciano ancora le immagini dei bambini, le ferite sanguinanti, le braccine mutilate, i volti insaguinati.

Non si può rimanere inermi di fronte alla notizia dell'uso di armi che porterebbero come conseguenze delle mutazioni genetiche.

Riporto i dati da Guerrillaradio  alias Vittorio Arrigoni

Un'analisi realizzata su 16 campioni di tessuto appartenenti a 13 vittime. I campioni che fanno riferimento alle prime quattro persone risalgono al giugno 2006, periodo dell'operazione “Pioggia d'Estate”. Quelli che appartengono alle altre 9 sono state invece raccolti nella prima settimana del gennaio 2009, nel corso dell'operazione “Piombo Fuso”. .

Sono stati individuati quattro tipi di ferite: carbonizzazione, bruciature superficiali, bruciature da fosforo bianco  e amputazioni e sono state rinvenute presenze di

-     alluminio, titanio, rame, stronzio, bario, cobalto, mercurio, vanadio, cesio e stagno nei campioni prelevati dalle persone che hanno subito una amputazione o sono rimaste carbonizzate;

-     alluminio, titanio, rame, stronzio, bario, cobalto e mercurio nelle ferite da fosforo bianco;

-     cobalto, mercurio, cesio e stagno nei campioni di tessuto appartenenti a chi ha subito bruciature superficiali;

-     piombo e uranio in tutti i tipi di ferite;

-     bario, arsenico, manganese, rubidio, cadmio, cromo e zinco in tutti i tipi di ferite salvo che in quelle da fosforo bianco;

-     nichel solo nelle amputazioni.

Alcuni di questi elementi sono carcinogeni (mercurio, arsenico, cadmio, cromo nichel e uranio), altri potenzialmente carcinogeni (cobalto, vanadio), altri ancora fetotossici (alluminio, mercurio, rame, bario, piombo, manganese). I primi sono in grado di produrre mutazioni genetiche; i secondi provocano questo effetto negli animali ma non è dimostrato che facciano altrettanto nell’uomo; i terzi hanno effetti tossici per le persone e provocano danni anche per il nascituro nel caso di donne incinte: sono in grado, in particolare l'alluminio, di oltrepassare la placenta e danneggiare l’embrione o il feto. Tutti i metalli trovati, inoltre, sono capaci anche di causare patologie croniche dell’apparato respiratorio, renale e riproduttivo e della pelle.


 
 
 

Col cuore in mano

Post n°962 pubblicato il 15 Maggio 2010 da koradgl1
 

 

Tendiamo sempre verso ciò che è proibito,

e desideriamo quello che ci è negato.

(Ovidio)

E forse per questo certe radici non usciranno mai dal mio cuore come mi piace pensare ci siano ancora le impronte su questa spiaggia

Buon Compleanno.

Tua Luce

 
 
 

Scatti... guardando le foto di Ballen

Post n°961 pubblicato il 14 Maggio 2010 da koradgl1
 


Le stanze come  luoghi di strane ed inquietanti fantasie e la macchina fotografica l’occhio che sembra spiare di nascosto una scatola degli scherzi, da cui escono inaspettatamente.

Mani nodose, volti urlanti appaiono improvvisamente da vecchi scatoloni e qualche resto di bambola crudelmente giace a ricordare un’unnocenza irrimediabilmente perduta. 

Scatti disarmanti in cui l’imperfezione rivendica il suo posto con dignità e coraggio.

Immagini che accellerano il battito del cuore accompagnandoti nei mendri della follia pur con un  senso di straniamento simbolo di una stridente compenetrazione di realtà e finzione fino a non riuscire a distinguerne i contorni, un po’ come il teatro pirandelliano.

Maschere di sé stessi e della vita o forse dei dolori che accompagnano la vita e da cui a volte si scappa rintanandosi nella follia, in uno spazio fuori da ogni tempo e luogo così impenetrabile come l’immenso labirinto della mente e dell’animo umano.

All’unisono con questa follia sono solita immaginare che queste figure in preda alla loro isteria si sollevino nella danza guaritrice tipica della mia terra che libera da un simbolico avvelenamento del delirio.

  Gocce

La nona goccia foe de l'acqua santa

La decima velenu de Taranta!

La prima de intra all'ecchi li vessìu

E n'addha de la frunte li catiu

La terza de nna nuvola 'rrivàu

La quarta era de sangu e la bruciàu

La quinta era acquatìna de nu fiure

La sesta de dhu a mare l'unda more

La settima e l'ottava su gemelle:

intra la notte lacrime de stelle.

La nona goccia foe de l'acqua santa

La decima velenu de Taranta

 

 
 
 

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