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Oggi vi parlerò di AMORE.

Post n°50 pubblicato il 29 Maggio 2006 da ipermarco1
 
Foto di ipermarco1

Ben trovati CyberArguti e CyberArgute.

Qualcuno mi accusa di essere pornografico e sinceramente non ne comprendo il motivo.
Forse si riferivano alla foto della pollastra... ma se ci scandalizziamo per una foto "artistica" di una pollastra in vetrina, figuriamoci per quello che sto per raccontarvi oggi!!!

Oggi parlerò d'amore, di intrighi e di mistero...che il Codice da Vinci vi sembrerà un giornalino per bambini.

Ma non vi racconterò di amore poetico e palpitante ma di una SCABROSA opera scritta a cavallo dell'anno zero.

Un poema composto oltre 2.000 anni fà, ma attualissimo, sopratutto per chi ne cerca le dolci fraganze in questo mondo virtuale.

3 libri maledetti amati ed odiati 3 libri che narrano di seduzione. Si, l'arte del sedurre di abbindolare, uomo o donna, istigati dai propri lascivi intendimenti. Una consuetudine vecchia come il mondo, ma del resto da quando il mondo esiste anche a mangiare non si è mai del tutto rinunciato.

AMORE quella sostanza impalpabile verso cui tende l'esistenza umana, che da sempre prova a comprendere l'incommensurabilità del mistero racchiuso nella ricerca dell'altrui sesso. Ma non sesso inteso come contrapposizione uomo/donna ma ricerca del SESSO come espressione anatomica, simbolo dell'ego ancestrale.

Allora non é AMORE mi direte, é seduzione, é inganno, amore come mascheramento, come arte non troppo dissimile a quella di un teatrante. Amore minuscolo senza nobiltà, una specie di gioco di società (proprio quel gioco che impera in questa terra di mezzo) che, tentando di sottrarsi alla propria solitudine, la rivela ancor più presente nel desolante vuoto che talvolta costruiamo attorno a noi.

Ma.....restano quella carne e quelle alchemiche reazioni delle quali sono fatti l’uomo e la donna, mentre tentano di oltrepassare la noia e distrarsi dall’oblio. Pulsione virtuale? Digitando spazi sconfinati di fantasie assordanti talvolta accade l’amore… “Con questa parola si spiega tutto, si perdona tutto, si accetta tutto, perché non si cerca mai di conoscerne il contenuto… E’ una parola che mente continuamente e questa menzogna viene accettata da tutti gli uomini con avidità, con le lacrime agli occhi, senza discutere …”

Una MENZOGNA elevata a massima virtù.

Lungi da me ogni morale giudizio (io sono Virgilista!!!) preferisco l'ironia classica di Orazio a queste bizzarie di giovani come Ovidio. Sarò voce narrante di un UOMO e della sua storia.

Siamo a Roma nel periodo Augusteo tra il primo avanti Cristo ed il primo dopo Cristo consoli erano FURIO CAMILO e SESTO NONIO QUINTILIANO mentre APRONIO e VIBIO ABITO sono i due suffectus . A Roma viveva un uomo nato a Sulmona nel 43 avanti Cristo. A 18 anni si trasferì giovanissimo nella capitale dell'Impero col fratello per intraprendere la carriera forense, abbandona presto, dichiarando «vergognoso prostituire la propria lingua per difendere squallidi criminali», e segue la propria vocazione letteraria, accreditandosi rapidamente come poeta di successo. Ricopre qualche modesta carica pubblica nelle magistrature inferiori e viaggia in Grecia e in Oriente. Fa parte dei circoli culturali di Messalla e di Mecenate, dove ha modo d’incontrare i maggiori poeti della classicità: Orazio, Properzio, Gallo e – «conoscendolo di vista» – il mio amato Virgilio.

Il suo nome é PUBLIO OVIDIO NASONE.

OVIDIO ebbe tre mogli: dopo due divorzi (da cui ebbe però una figlia), sposò una giovane fanciulla della "gens Fabi", che amò teneramente sino alla fine. Il legame coniugale non gli impedì di essere il poeta galante, e rinomato amante, cantore di una Roma ormai dimentica delle guerre civili, vogliosa soltanto di vivere e di godere.
In quegli anni compone Opere come gli Amores, le Heroides e soprattutto l’Ars amatoria, composta proprio tra l’1 a.C. e l’1 d.C. Opere che lo consacrano poeta dell’amore, dischiudendogli l’accesso all’alta nobiltà e alla stessa cerchia imperiale.

Ma cosa è scritto in questi libri???
Cosa affascinò e scandalizzò la borghesia dell'epoca?
Perchè dopo 7 anni di gloria si realizzo un'atroce fine?

L'opera Ars Amatoria è un poema didascalico o meglio un manuale, dove Ovidio insegna l'arte di amare esponendo in modo sistematico e organico sia l'arte della conquista, che il modo di mantenere quanto ci si è procurato.

Molto vorrei scrivere a riguardo, e non è detto che non lo faccia in altra sede, adesso approfittando dei 3 minuti di attenzione che mi concedete vi sintetizzo il suo pensiero e sopratutto i suoi consigli.

Per gli UOMINI:

nessuna donna è inespugnabile, l'importante e saperla attrarre a se. Ogni donna, anche la più bella del mondo può essere conquistata, salvo sapersi regolare ed applicare le giuste strategie dell'arte di amare. Gli uomini non devono mai supplicarle, non presentarsi troppo in tiro ma nemmeno trascurati, bisogna riuscire a mettere in luce la propria bellezza e virtù naturali.
La donna ama la conversazione, i complimenti, le lusinghe, i giuramenti (anche se falsi, fateli!!), le lacrime e i baci. Fatela piangere, ogni tanto, ma mai con crudeltà o violenza, toccatele il cuore, e poi abbracciatela consolatela fatela sentire protetta. Fatela ridere, non vergognatevi di apparire buffi, per poi mostrare polso nell'amore. Non raccontatele i vostri guai (vi sentirà debole e vi tradirà) ma esaltate le vostre gesta. Mostratevi teneri con lei, fate finta di ascoltarla, non dimenticate di fare sempre il tifo per chi ella preferisce, non contrariatela mai con arroganza. Siate puntuali agli appuntamenti, anche se lei per natura non lo è mai. Di ogni suo difetto non evidenziatelo MAI, semmai fateli passare per pregi. Mentite anche oltre l'evidenza ma fate in modo che creda che sia la cosa più importante per voi. Se la tradite non fateglielo MAI sapere. Questo significa che se anche la conquista può essere stata semplice, se si vuol far durare questo amore per lungo tempo, non e per nulla facile se non si seguono con metodo questi precetti.

Per quanto riguarda le DONNE:

innanzi tutto bisogna essere arrendevoli con gli uomini, e ad avere cura della propria persona evidenziando in modo naturale la bellezza che si possiede, nascondendo solo alcuni difetti della faccia e del corpo. Non esagerare con i trucchi, prima o poi se ne accorgerà e potrebbe rimanere deluso, meglio farglieli accettare poco alla volta ma sempre PRIMA di concedersi. Altro consiglio è poi quello di farsi notare in pubblico, incedere con grazia, passeggiare sotto i portici, visitare i templi, i musei, assistere agli spettacoli, quindi interessarsi di musica, poesia, canto. Apparire desiderata. Gli uomini sono spesso ignoranti (ma non diteglielo MAI) e hanno piacere ad accompagnarsi a donnei gli da loro un "tono". Le mani vanno curate, parlano di voi. Mai essere volgari in pubblico ma non esitare un attimo a concedervi quando si è in privato con lui. E' meglio non farsi accompagnare da serve ed amiche particolarmente belle, e nel caso con queste bisogna passare del tempo in compagnia, ATTENTE, non manifestare le proprie conquiste o intendimenti, perché potrebbero cogliere loro il frutto.

Questa è una concisa sintesi di quanto consiglia OVIDIO nel suo poema composto da 3 libri con 2.330 versi. Versi che tenevano banco, venti secoli fa, nella caput mundi. Validi anche adesso. In essi si identificava una Roma frivola, smaliziata, amorale – più che immorale – nei suoi costumi, eleggendo il nostro ad arbitro dell’elegante arte della seduzione e citandolo, copiandalo (ebbe già in vita emuli fieri di definirsi "ovidiani") in quelli che oggi si chiamerebbero "salotti buoni", o meglio "salotti attaccati alle stanze del potere".
Uno scritto che ebbe grande successo non solo nella Roma contemporanea di Ovidio (quella soprattutto dell'alta società) ma fu tramandata, viva e conosciuta per tutto il medioevo per fiorilegi, ed infine fu ripresa nella famosa composizione di Abelardo nel sec.XI, Carmine Burana, e poi ancora in Spagna con Panphilus de amore, indi nella letteratura francese in lingua d'oil, e perfino da Milton con De arte amandi.

Di OVIDIO si dice che non fosse un uomo particolarmente bello, aveva un naso pronunciato e un viso non armonioso, poeti minori ne narrano con virulenza (e spirito di emulazione) le gesta amorose, pare che gli si attribuiva l'uso di un infallibile filtro magico che attirava a lui le donne (ma nessuno mai ne ha trovato la formulazione). Altri narrano di prestazioni amorose (anche plurime) da far invidia ai giovinetti dell'epoca. Lui preferiva le giovinette di buona famiglia alle schiave. Prestazioni supportate da segretissimi intrugli che egli portò con se dai viaggi in oriente (stiamo parlando di viagra???).

Un play-boy, uno sciupafemmine, un foriero Casanova...sette anni di gloria e grazia, a Roma, e la disgrazia per il resto della vita, con la condanna all’esilio nella barbarica Tomi sul Ponto Eusino nella Scizia (Mar Nero) – quando l’ira di Augusto si abbatterà nell’8 d.C. su di lui, cacciandolo dall’Urbe e mettendo al bando quest’opera dalle biblioteche pubbliche.

Ovidio sarà esiliato in una notte, la cui tristissima immagine lo ossessionerà come un incubo. Non rivedrà più la moglie, che non lo seguirà. I motivi della condanna resteranno oscuri, alimentando un giallo a tutt’oggi irrisolto. Prima di morire, senza avere mai smesso d’implorare – invano – la grazia di una revisione della condanna che nemmeno Tiberio il successore di Augusto gli concesse, il sulmonese, prodigo normalmente di notizie su di sé, farà un’implicita ammissione di colpa parlando di Carmen (componimento, poesia: l’Ars Amatoria, con ogni probabilità) et error, di uno sbaglio, da lui commesso al riguardo; ma non spiegherà mai in che cosa consisteva questo errore.

Sulle vere ragioni dell'esilio, è calata, sin dall'antichità, una fitta e impenetrabile cortina di silenzio ed omertà, la vicenda di Ovidio costituisce ancora oggi un enigma. Tutte le ipotesi sono state avanzate. Qualcuno ha anche sostenuto che era entrato a contatto con un gruppo di congiurati, ma non ci sono prove tangibili. La ragione del suo allontanamento non si conoscerà mai ufficialmente. Il segreto morirà col poeta, nel 17 d.C., in una regione ai confini dell’impero.

MA NON PER NOI miei amati CyberArguti, mai domi e rassegnati, oggi vi svelerò il mistero di OVIDIO...

Nel suo illuminato libro, tra mille e tante strategie ed espedienti ne aveva omesso uno, solo uno che poi gli fu fatale. Un insegnamento che venne poi compreso e diffuso in un'epoca molto successiva alla sua (barocca se non erro) e che fu causa di terribili tragedie, finche uomini e donne non ne fecero tesoro. Quell'insegnamento é:

... GODI E TACI.

Infatto il nostro Publio OVIDIO Nasone imbasti una relazione segreta, confidenziale ed amorosa, con la nipote di AUGUSTO Giulia la Giovane (la quale di lì a poco verrà infatti anch’essa esiliata dallo zio per sfrenatezza di costumi) pare fosse pari alla madre come licenziosità. Ovidio l’aveva ritratta, con la sua complicità, in qualcuna delle "lupe avide di agnelli" dei suoi poemi. Aveva adombrato un episodio relativo alla famiglia imperiale in alcune scene dell’Ars Amandi, dandola in pasto all’Urbe.

Egli difatti, durante il suo esilio, in una elegia dei Tristia  scrive: " "Perché io vidi una cosa? Perché i miei occhi si resero rei? perché la mia imprudenza scopriva una colpa? Atteone vide nuda Diana: egli non sapeva, eppure fu dilaniato dai cani. E' giusto! la colpa, anche se casuale e l'offesa sono per i primi numi di un delitto e si devono scontare. Il giorno in cui il funesto errore mi travolse una casa fu rovinata, piccola ma nobile e decorosa...Non decreto del Senato, non sentenza di giudice mi ha imposto l'esilio: la tua invettiva e un semplice editto di relegazione, mite in apparenza ma crudele nella sostanza, ha vendicate tutte le tue offese. Relegato, sono detto, non esule: le parole del tuo editto sono state invece miti nel qualificare la mia disgrazia!"

Era stato galeotto, con la sua libertina opera, favorendo tresche e vantandosene. Se ne inorgoglì oltre misura, perse di vista la prudenza... perdendo sé stesso. Il sottile fuoco contenuto nei suoi versi si prestò a disegni che lo rovineranno. Il compiacimento per il successo, l’ubriacatura di Roma, lo sfarfallare nei pericolosi meandri del palazzo perderanno questo peligno, a Tomi (attuale Costanza), nel 17 dopo Cristo sul limaccioso Ponto Eusino.

La morale è ovvia e non starò qui a replicarla.

Per gli amanti delle citazioni chiudo con un paio di frasi che usava spesso:
" ... stupisco se non è questo, quello che si chiama Amore"
"... nell'amore non bisogna mai affrettare il piacere"


Vi saluto CyberArguti...
e dei miei insegnamenti...
non faten rifiuti.

 
 
 
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